EDILIZIA - 011
Consiglio di Stato, sez. V, 13 marzo 2000, n. 1311
(pres. Iannotta, cons. estens. Musio)
L'annullamento di una concessione edilizia disposto dall'autorità comunale nell'esercizio del potere di autotutela è legittimo solo col concorso di due condizioni: l'esistenza di un vizio di legittimità, inficiante l'atto che da annullare, e la presenza di uno specifico pubblico interesse, diverso da quello preordinato al ripristino della legalità violata, tale da giustificare il sacrificio imposto al privato, in relazione alla sua posizione giuridica creatasi in seguito alla concessione rilasciata dalla stessa autorità.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente decisione sul ricorso in appello n. 8044/94 proposto da S.p.A. Impresa Edile L.C., rappresentata e difesa dagli Avv.ti E.R. e C.Z. ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in ...

contro

il Comune di Curno, nella persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avv. U.I. e dall'Avv. F.L. ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in ...

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, Sezione di Brescia n. 378 in data 8 luglio 1994.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dei Comune di Curno;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista l'ordinanza 1975/94 con la quale è stata accolta la richiesta di sospensione della esecuzione della sentenza appellata;
Visti gli atti tutti della causa;
Udita alla pubblica udienza del 21 dicembre 1999 la relazione del Consigliere Giorgio Musio e uditi, altresì, l'Avv. R. per l'appellante e l'Avv. L. per il Comune;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

La S.p.A. L.C., in persona del legale rappresentante pro-tempore, impugnava per l'annullamento dinanzi al T.A.R. Lombardia, Sezione di Brescia, il provvedimento prot. 6201, in data 17 giugno 1993, con il quale il Sindaco del Comune di Curno aveva annullato la concessione edilizia n. 44/90 del 24 febbraio 1993, ed ordinato il ripristino dello stato dei luoghi, per avvenuta violazione dell'articolo 18 delle N.T.A. del Piano di Zona ex legge n. 167 del 1962 a seguito della realizzazione di muretto di cinta con cancellata, per il fabbricato costruito dalla stessa impresa edile.

Il T.A.R., con la sentenza in epigrafe, sul presupposto della vigenza della succitata norma, riteneva legittima ed obbligata l'azione repressiva del Comune, non ritenendo fondate le eccepite argomentazioni da parte ricorrente relative al difetto di motivazione del provvedimento impugnato per mancata indicazione delle ragioni di pubblico interesse, che avevano spinto l'amministrazione a intervenire, e per l'illegittimità dello stesso sotto il profilo dell'eccesso di potere, nelle forme della disparità di trattamento e di sviamento di potere.

Il T.A.R., pertanto, respingeva il ricorso e compensava integralmente tra le parti (il Comune si era costituito in giudizio) le spese e gli onorari di giudizio.

Contro la sentenza propone appello la Società ricorrente originaria che, nel reiterare i motivi addotti in primo grado, ne chiede la riforma per seguenti vizi:

1. incongruenza ed inconferenza della motivazione m relazione alle argomentazioni svolte dalla Società ricorrente:

1) il ricorso era ammissibile, anche se non era stata impugnata l'ordinanza di sospensione dei lavori;
2) non è stata mai contestata l'esistenza dell'articolo 18 delle N.T.A, ma, invece, confutato che da detta norma potesse discendere l'annullamento della concessione edilizia a sua tempo rilasciata;
3) che lo stesso Sindaco non aveva dato mai applicazione alla citata norma, forse perché era stata ritenuta illegittima per il contrasto con il disposto di cui all'articolo 241 codice civile;

II. la disparità di trattamento si evince dal contenuto della lettera indirizzata dall'Ufficio tecnico al legale del Comune ed acquisita agli atti, dalla quale risulta che su sei costruzioni realizzate secondo lo stesso Piano di Zona già esistenti nella località, due hanno recinzione in metallo e muratura e quattro hanno recinzione in siepe; pertanto, la disparità di trattamento va individuata nella circostanza che soltanto alla Società ricorrente è stata revocata la concessione ed ordinata la demolizione del manufatto;

III. omessa valutazione del dedotto eccesso di potere per difetto di motivazione del provvedimento impugnato sul punto del pubblico interesse e sotto il profilo dello sviamento di potere, in quanto si può ipotizzare l'esistenza di uno scopo diverso da quello tipico dell'annullamento in sede di autotutela.

L'amministrazione resistente contesta l'ammissibilità del ricorso in primo grado per mancata impugnazione del provvedimento sindacale di sospensione dei lavori e dell'articolo 18 delle N.T.A. del Piano di Zona del Comune di Curno.

Per quanto attiene all'interesse pubblico che è sottostante al provvedimento impugnato in primo grado, esso va individuato nell'esigenza di "verde pubblico" soddisfatta dalle siepi.

Pertanto, chiede la reiezione dell'appello

All'udienza del 21 dicembre 1999 la causa veniva trattenuta per la decisione.

DIRITTO

L'appello è fondato

Dalla documentazione acquisita agli atti risulta che, in data 24 febbraio 1993, il Sindaco del Comune di Curno ha rilasciato, ai sensi dell'articolo 9 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 su apposita domanda dell'impresa appellante la concessione edilizia per formazione di nuova recinzione del fabbricato di edilizia popolare, realizzato dalla stessa impresa in quel Comune in Via Abruzzi.

Con provvedimento prot. 6201/1993, impugnato in primo grado, il Sindaco, ritenuto che «la concessione era stata rilasciata sulla base di presupposti erronei ed illegittimi», ne disponeva l'annullamento di ufficio, ordinava la demolizione delle opere realizzate, per le quali era stata preventivamente ingiunta la sospensione dei lavori, nonché il ripristino dello stato dei luoghi.

A motivazione del provvedimento indicava, altresì, la violazione dell'articolo 8 delle N.T.A del Piano di Zona, che vieta la realizzazione di recinzione in area di edilizia economica popolare.

Dagli atti risulta, e non è contestato, che nell'area "Manigolda", nella quale sono stati realizzati diversi edifici di edilizia economica popolare, due avevano recinzioni in metallo o muratura, per le quali non vi sarebbero stati interventi di natura repressiva, come quello in esame, mentre gli altri erano separati da siepi, come indicato nel citato articolo 8 delle N.T.A.

Ciò premesso, si osserva che in una situazione cosi descritta, annullamento di ufficio della concessione edilizia, già rilasciata all'impresa Cividini, avrebbe richiesto, oltre a quanto indicato, una più puntuale specificazione delle ragioni di pubblico interesse, che consideravano adozione del provvedimento.

Infatti, come questo Consiglio ha avuto già modo di rilevare in varie occasioni (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 5 maggio 1990, n. 405), l'esercizio del potere di autotutela è legittimato dal concorso di due condizioni: esistenza di un vizio di legittimità, che infici l'atto che si intende annullare, e la presenza di uno specifico pubblico interesse, diverso da quello finalizzato al ripristino della legalità violata, che giustifichi il particolare sacrificio imposto al privato, in relazione alla sua posizione giuridica, peraltro, creatasi fattispecie per effetto del provvedimento di concessione edilizia, in precedenza rilasciato dalla stessa amministrazione.

A tal riguardo, sarebbe stato sufficiente che le esigenze di verde pubblico, alle quali il Comune resistente ha fatto riferimento nella propria memoria difensiva in data 11 novembre 1994, fossero state riportate in motivazione, oltre che per consentirne la verifica di legittimità, anche per non fare ipotizzare un ulteriore possibile vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento, come eccepito con l'appello in esame.

Infatti, sul punto della esistenza di due recinzioni in metallo e muratura evidentemente ritenute compatibili, l'amministrazione comunale si limita a darne atto, mentre, invece, anche sotto questo profilo sarebbero stati giustificati interventi dettati da ragioni di pubblico interesse.

Sulla base delle suindicate considerazioni, in accoglimento dei motivi di appello di cui ai punti b) e c) ritenuti fondati, l'appello va accolto e, per l'effetto, in riforma della sentenza in epigrafe, va annullato il provvedimento impugnato in primo grado, sotto il profilo del difetto di motivazione in ordine al potere effettivamente esercitato dall'amministrazione.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare tra le parti le spese dei due gradi del giudizio,

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V) accoglie l'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza in epigrafe, annulla il provvedimento impugnato in primo grado.

Spese dei due gradi compensate,

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso a Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 21 dicembre 1999 con intervento

dei Signori:

Raffaele Iannotta, Presidente
Anselmo Di Napoli, Consigliere
Luigi Maruotti, Consigliere
Marco Lipari, Consigliere
Giorgio Musio, Consigliere estensore