EDILIZIA - 055
T.A.R. Lombardia, sezione Brescia, 9 aprile 2002, n. 622
L'annullamento ministeriale dell'autorizzazione paesistica deve intervenire
entro 60 giorni ma all'interessato può pervenire oltre tale termine.
L'annullamento deve essere preceduto obbligatoriamente dalla comunicazione di
avvio del procedimento con congruo anticipo (nel caso di specie è stato
ritenuto illegittimo l'annullamento preceduto dalla comunicazione di soli tre
giorni).
Contrariamente all'orientamento consolidato sull'autonomia tra concessione
edilizia e autorizzazione paesistica, l'annullamento deve
poter intervenire re adhuc integra, quindi i lavori non potrebbero
iniziare in presenza di concessione
edilizia e autorizzazione paesistica efficaci fino a quando quest'ultima non
abbia superato, anche tacitamente, il controllo di legittimità ministeriale
(sul punto la pronuncia è in linea con Consiglio di Stato,
A.P., 14 dicembre 2001, n. 9).
L'autorità ministeriale può annullare l'autorizzazione paesistica solo per
vizi di legittimità e non può sovrapporre la sua valutazione di merito su
quella già espressa dal competente organo delegato o subdelegato.
L'esame di compatibilità urbanistica deve essere fatto in relazione al singolo
intervento e non può essere esteso (né in sede di autorizzazione né in sede
di annullamento) all'intero comparto di lottizzazione nel quale l'intervento
ricade. In caso di lottizzazione la valutazione di insieme deve essere fatto in
sede di pianificazione, generale o attuativa, ma non può essere richiamata in
occasione dell'autorizzazione del singolo intervento.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Lombardia
Sezione staccata di Brescia
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 487/2001 proposto da E. s.r.l. e I.E. s.r.l. in persona dei loro legali rappresentanti, rappresentate e difese dall’Avv. A.A.G. ed elettivamente presso ...
contro
il MINISTERO per i BENI e le ATTIVITA’ CULTURALI, in persona del Ministro pro-tempore;
e contro
il MINISTERO per i BENI e le ATTIVITA’ CULTURALI, in persona del Direttore Generale pro-tempore dell’Ufficio Centrale per i Beni ambientali e paesaggistici;
e contro
la SOPRINTENDENZA per i BENI AMBIENTALI e ARCHITETTONICI di BRESCIA, in persona del Soprintendente pro- tempore,
tutti rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura dello Stato ed elettivamente domiciliati presso la stessa in Brescia, Via S.Caterina n.6;
e nei confronti
del COMUNE di GARDONE RIVIERA, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituitosi in giudizio;
PER L’ANNULLAMENTO
previa sospensione dell’esecuzione, del decreto 16.02.01 n. 8, col quale il Soprintendente per i Beni ambientali e architettonici di Brescia ha annullato l’autorizzazione paesistica rilasciata a E. s.r.l. dal Comune di Gardone Riviera per la realizzazione di edifici residenziali in località “Le Baite”.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta, alla pubblica udienza del 14.12.01, la
relazione della dr.ssa Rita Tricarico;
Uditi i difensori delle parti;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
E. s.r.l. in località “Le Baite” sita nel
Comune di Gardone Riviera ha la disponibilità del terreno individuato
catastalmente alla fg. n. 19 mapp. nn. 6107 e 6108, di proprietà dell’I.E. s.r.l.
Il terreno citato era stato inserito in un piano di
lottizzazione, predisposto dalla I.E. s.r.l., il quale prevedeva la
realizzazione di un albergo e di alcuni edifici con destinazione residenziale.
Lo stesso era stato adottato con le delibere consiliari
4.6.84, n. 101 e 18.6.84, n. 103.
Inoltre, insistendo sul terreno un vincolo ex legge 29.6.39, n.
1497, esso aveva ricevuto anche il parere favorevole della Giunta comunale sotto
l’aspetto della compatibilità ambientale, espresso con la delibera 15.1.85,
n. 47185.
Infine, era stato approvato con la delibera consiliare
28.2.85, n. 27, cui era seguita, in data 17.12.85, la stipulazione per atto
pubblico di convenzione urbanistica.
Successivamente, la I.E. s.r.l., su indicazione
del Servizio Beni ambientali della Regione Lombardia e di quello del Comune di
Gardone Riviera, predisponeva una variante al detto Piano di Lottizzazione,
riguardante una diversa distribuzione dei fabbricati all’interno del comparto.
Tale variante veniva dapprima adottata dal Comune in
questione con le delibere della Giunta municipale 14.9.93, n. 300 e 3.5.94, n.
192, poi, a seguito di parere favorevole del Servizio Beni ambientali in data
1.8.94, n. 1261, in ragione della natura sovracomunale impressa nel frattempo al
piano di cui trattasi, veniva approvata dalla Giunta regionale 4.10.94, n.
57906.
In data 3.4.95 seguiva la stipulazione per atto pubblico di
nuova convenzione urbanistica del citato P.L.
E. s.r.l. e I.E. s.r.l. predisponevano un
progetto per la costruzione di quattro corpi di fabbrica residenziali, giudicato
dalla Commissione edilizia comunale, in data 28.7.00, non compatibile con la
tutela paesistico-ambientale.
Perciò veniva elaborato un secondo progetto, che potesse
risultare compatibile con le dette esigenze.
Questo nuovo progetto otteneva l’autorizzazione paesistica
ex art. 151 D.Lgs. 29.10.99, n. 490, rilasciata con provvedimento del
Responsabile del Servizio Beni ambientali del Comune di Gardone Riviera 5.12.00,
n. 727, conformemente al parere favorevole della Commissione edilizia in data
30.10.00.
Il provvedimento richiamato, in data 22.12.00, veniva
trasmesso alla Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Brescia
per l’esercizio del potere di vigilanza previsto all’art.151, 4° comma del
citato D.Lgs. n. 490/99.
Il Soprintendente comunicava l’avvio del procedimento di
annullamento dell’autorizzazione paesistica con avviso del 13.2.01, prot. n.
19105, pervenuto a E. s.r.l. solo in data 15.2.01.
Quindi veniva emanato il provvedimento 16.2.01 n. 8, che annullava la detta autorizzazione paesistica.
Il citato provvedimento, notificato a E. s.r.l. il 28.2.01, veniva impugnato col ricorso in epigrafe per i seguenti motivi di doglianza:
1) violazione degli artt. 7 e 8 legge 7.8.90, n. 241- violazione art. 4 D.M. 13.06.94, n. 495 - eccesso di potere;
2) violazione dell’art. 151, 4° comma D. Lgs. 29.10.99, n. 490 e dell’art. 2 D.Dirig. 18.02.96 del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali - eccesso di potere;
3) violazione dell’art. 4 d.P.R. 24.07.77, n. 616 - violazione dell’art. 151 D. Lgs. 29.10.99, n. 490 - violazione dell’art. 5 legge regionale 09.06.97, n.18 - violazione della delibera di G.R.L. 25.07.97 n. 6/30194 - eccesso di potere;
4) violazione dell’art. 4 d.P.R. n. 616/77 - violazione dell’art. 151 D. Lgs. n. 490/99 anche in relazione agli artt. 3 e ss. legge regionale 12.03.84, n. 14 ed all’art. 16 legge regionale n. 18/97- violazione degli artt. 15 e 16 R.D. 03.06.40, n. 1357 - eccesso di potere;
5) violazione dell’art. 151, 4° comma D. Lgs. n. 490/99 - violazione dell’art. 3 legge n. 241/90 - eccesso di potere sotto vari profili;
6) violazione e falsa applicazione dell’art. 151, 4° comma D. Lgs. n. 490/99 sotto ulteriore profilo - sviamento;
7) violazione dell’art. 4 d.P.R. n. 616/77 e dell’art. 151 D.Lgs. n. 490/99 - violazione della delibera di G.R.L. 25.07.97 n. 6/30194 - eccesso di potere.
Si costituivano in giudizio il Ministero per i Beni e le
Attività culturali e la Soprintendenza per i Beni ambientali e architettonici
di Brescia, mentre non si costituiva il Comune di Gardone Riviera.
La domanda di sospensione veniva rinunciata.
Alla pubblica udienza del 14.12.01 il ricorso de quo
veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
I motivi di gravame sui quali si fonda il ricorso in epigrafe ineriscono in parte a denunciate violazioni di norme procedimentali (vizi 1 e 2) ed in parte al merito del provvedimento gravato (vizi da 3 a 7).
1. Il Collegio comincia l’esame del ricorso dalla prima tipologia di motivi, ed, in particolare, dalla dedotta violazione degli artt. 7 e 8 legge n. 241/90 e dell’art. 4 d.M. n. 495/94 e dall’eccesso di potere.
1.1 Come noto, la disposizione di cui all’art. 7
legge n.
241/90 stabilisce l’obbligo della comunicazione dell’avvio del procedimento
nei confronti dei soggetti destinatari del provvedimento finale cui tale
procedimento è preordinato, nonché di quei soggetti che per legge devono
intervenirvi ed, infine, di tutti gli altri che, comunque, dal provvedimento
potrebbero ricevere un pregiudizio, purché siano individuati o agevolmente
identificabili.
Il successivo art. 8 della medesima legge indica, poi, il
contenuto di detta comunicazione.
In primo luogo occorre rilevare che le disposizioni citate,
come pure tutte le altre del Capo III della legge n. 241/90, concernenti la
partecipazione al procedimento amministrativo, hanno una portata generalissima
e, come tali, si applicano a tutti i procedimenti amministrativi, in quanto tese
ad assicurare la composizione degli opposti interessi - pubblici e privati -
coinvolti nel procedimento stesso e a prevenire eventuali conflitti in
sede giurisdizionale.
Alla luce di queste considerazioni la quaestio è
stabilire allora, nel caso di specie, se, con riguardo al provvedimento emesso
dal Soprintendente per i beni ambientali e architettonici, quale autorità
statale delegata ad esercitare il potere di cui al sopra citato art. 151, 4°
comma D.Lgs. n. 490/99, sia necessaria la comunicazione dell’avvio del
relativo procedimento.
Più precisamente, si rende necessario verificare se alla
fase inerente l’eventuale emanazione del provvedimento statale debba
attribuirsi o meno carattere autonomo rispetto a quella precedente e necessaria,
conclusasi con l’adozione dell’autorizzazione paesistica regionale.
In proposito è opportuno richiamare ed esaminare la
disposizione di cui all’art. 151 del D. Lgs. n. 490/99, già art. 7 legge
02.09.39, n. 1497.
Si legge che, qualora il bene sul quale s’intende eseguire
una qualsiasi opera sia sottoposto a tutela ambientale, chi sul bene medesimo
abbia titolo deve necessariamente richiedere all’Autorità regionale il
rilascio di relativa autorizzazione, che verifichi la compatibilità dell’opera
in questione con la tutela ambientale in generale ed, in particolare, con quella
specifica cui è preordinato il vincolo ivi apposto.
Si vede come questa fase, che compete alla Regione nel cui
territorio è ubicato il bene di cui trattasi, è assolutamente necessaria.
Le Regioni hanno il più delle volte delegato detto potere
agli enti locali; è quanto ha fatto pure la Regione Lombardia con la legge
regionale
12.03.84, n. 14 prima e con la legge regionale 09.06.97, n. 18 poi.
Al comma 4° dell’art. 151 qui in esame si prevede la fase
successiva e meramente eventuale dell’adozione dell’atto, di competenza
dello Stato, di annullamento dell’autorizzazione regionale.
Detto annullamento, per giurisprudenza stratificata, può
fondarsi esclusivamente su vizi di legittimità, ivi incluso l’eccesso di
potere per eventuale carenza di istruttoria o di motivazione o per manifesta
illogicità o irrazionalità da parte dell’autorità regionale o subdelegata.
Esso deve, comunque intervenire, re adhuc integra,
quando cioè alcuna opera abbia avuto inizio, nel termine perentorio, che
esamineremo successivamente, previsto nella disposizione citata.
Le Regioni sono tenute, in ogni caso, a dare “immediata
comunicazione delle autorizzazioni rilasciate alla competente soprintendenza,
trasmettendo contestualmente la relativa documentazione”.
E’ evidente che, tenuto conto e del visto riparto di
competenze e della diversa portata dell’esame attribuito alle autorità
richiamate, si tratta di due fasi ben distinte dotate, perciò, di una propria
autonomia, tali da doversi considerare due procedimenti distinti, seppure
chiaramente ed inequivocabilmente tra di loro collegati.
Ciò posto, anche con riferimento al provvedimento di
annullamento dell’autorizzazione paesistica regionale, si rende necessaria la
comunicazione dell’avvio del relativo procedimento, in applicazione dei visti
principi generali in materia di procedimento amministrativo, ai quali
evidentemente il caso di specie non può sottrarsi.
In tal modo si rende possibile al soggetto titolare della
richiamata autorizzazione, direttamente interessato alla questione, fornire il
proprio apporto alla valutazione posta in essere dal Soprintendente per i beni
ambientali e architettonici territorialmente competente, attraverso la
presentazione di memorie ed osservazioni e di ogni altro elemento utile alla
stessa.
1.2 Va poi evidenziato che il D.M. n. 495/94 contiene il
regolamento concernente le disposizioni di attuazione degli artt. 2 e 4 della
legge
n. 241/90 con specifico riguardo ai procedimenti di competenza dell’Amministrazione
per i Beni culturali e ambientali.
Più precisamente, l’ambito di applicazione è individuato
in quei procedimenti elencati nelle tabelle allegate al D.M. stesso, contenenti,
relativamente a ciascuno di essi, il termine per la sua conclusione.
Il provvedimento di annullamento ministeriale in questione è
oggetto di espressa previsione al n. 4 dell’allegata Tabella A.
Orbene, con riguardo a questi procedimenti, l’art. 4
stabilisce l’obbligo della comunicazione dell’avvio del relativo
procedimento nei confronti di quei soggetti già contemplati genericamente nella
legge n. 241/90.
Pertanto, con precipuo riferimento ai procedimenti di
competenza dell’Amministrazione in esame, si tratta di attuazione di quanto
già previsto in via generale per tutti i procedimenti amministrativi.
Resta da vedere se, in concreto, la comunicazione de qua
sia stata posta in essere nei confronti delle ricorrenti.
A tale proposito, per valutare in modo corretto il
comportamento tenuto dall’Amministrazione in questione, occorre non fermarsi
al dato meramente formale, per considerare, al contrario, quanto effettivamente
è accaduto.
In punto di fatto si rileva che il Soprintendente ha
comunicato l’avvio del procedimento di annullamento dell’autorizzazione
paesistica con avviso in data 13.2.01 prot. n. 19105, pervenuto a E. s.r.l. il 15.2.01, mentre ha adottato il provvedimento di annullamento dell’autorizzazione
paesistica in data 16.2.01, perciò appena il giorno successivo.
Ciò significa che, in sostanza, la comunicazione è mancata,
atteso che, in considerazione dell’unico giorno di tempo concesso al
destinatario per partecipare al procedimento, non ha potuto in alcun modo
realizzare la finalità per la quale è prevista e, pertanto, deve ritenersi
meramente apparente.
Né può qualificarsi come equipollente l’avvenuta
trasmissione alla Soprintendenza dell’autorizzazione rilasciata dal Comune di
Gardone Riviera, in quanto in primo luogo essa ex se non porta all’emanazione
del provvedimento statale, meramente eventuale, del cui inizio del procedimento
il destinatario deve essere reso edotto, inoltre solo così si comunicano gli
elementi, elencati all’art. 8 della citata legge n. 241/90, con le relative
garanzie che questi intendono assicurare.
Ne consegue che si è realizzata la dedotta violazione di legge.
2. Il Collegio può ora passare all’esame del secondo motivo di doglianza: violazione dell’art.151, 4° comma D. Lgs. n. 490/99 e dell’art. 2 D. Dirig. 18.02.96 del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali ed eccesso di potere.
2.1 In particolare, si lamenta il superamento del termine di sessanta giorni previsto dal citato art. 151, 4° comma D. Lgs. n. 490/99.
Per determinare la fondatezza o meno di detto vizio,
dirimente è stabilire se il richiamato termine di sessanta giorni, il cui dies
a quo è rappresentato pacificamente dalla ricezione, da parte dell’autorità
statale, della comunicazione della rilasciata autorizzazione paesistica, spira
nel giorno di adozione o in quello di notificazione del provvedimento del
Soprintendente.
E’ chiaro che diversa è la soluzione, a seconda che il
provvedimento in questione si qualifichi come recettizio o non recettizio.
La natura recettizia o meno dello stesso ovviamente dipende
dalla funzione svolta e dalla tipologia nella quale inquadrarlo.
Un atto recettizio, il quale, come tale, per poter esplicare
la propria efficacia, deve essere portato a conoscenza del o dei destinatari
dello stesso, è quello in grado di incidere su una posizione soggettiva del
destinatario medesimo, ampliandola o limitandola.
Alla luce della natura dell’atto qui considerato, va visto,
perciò, se debba qualificarsi o meno come recettizio.
La giurisprudenza prevalente del Consiglio di Stato - anche la
più recente - è nel senso di ritenere non recettizio tale provvedimento, in
quanto lo stesso, pur eventualmente emanato a difesa del superiore bene
ambientale che il novellato art.117 Cost. ha mantenuto in capo allo Stato,
comunque non comporta un vero e proprio riesame nel merito della valutazione
della compatibilità ambientale dell’intervento considerato, bensì
esclusivamente un mero accertamento, limitato alla sussistenza di alcuno dei
previsti tre vizi di legittimità nell’autorizzazione paesistica.
Infatti, se questo è il potere riconosciuto in materia allo
Stato, coerentemente il provvedimento emanato nell’esercizio dello stesso non
è produttivo ex se di effetti giuridici, i quali devono, invece,
ricondursi all’autorizzazione regionale adottata o meno legittimamente, e,
pertanto, non può ritenersi che tale provvedimento sia recettizio.
Ne consegue che il termine perentorio di sessanta giorni si
riferisce non già alla notifica dello stesso, bensì alla sua adozione.
D’altra parte, anche la lettera della disposizione
esaminata è chiara in tal senso, essendo detto espressamente che “il
Ministro può in ogni caso annullare, con provvedimento motivato, l’autorizzazione
regionale entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della relativa
comunicazione” ed essendo, invece, assente qualsiasi riferimento alla
notificazione dello stesso.
2.2 Nella detta disposizione si innesta quella di cui all’art.
2 del Decreto dirigenziale del Ministero per i beni culturali e ambientali in
data 18.12.96. Quest’ultima, nell’ambito della delega, ai Soprintendenti,
dei poteri già riconosciuti in capo al Ministro, prevede, al contrario, che i
provvedimenti adottati vadano formalmente comunicati agli interessati entro il
suddetto termine perentorio.
Recente giurisprudenza di questa Sezione, nell’ottica di
una più ampia tutela da riconoscersi ai soggetti interessati al provvedimento de
quo, ha affermato che il termine vada riferito alla comunicazione del
provvedimento, in ossequio alla previsione contenuta nel sopraindicato decreto
dirigenziale.
Tuttavia il Collegio ritiene di poter decidere diversamente,
avendo riguardo al principio di gerarchia delle fonti giuridiche ed alle
implicazioni che il medesimo ha nel caso di specie, nonché alla tipologia ed
alla funzione della fonte considerata in ultimo.
Si è già visto come l’art. 151 D. Lgs. n. 490/99, di
rango legislativo, stabilisca la perentorietà di tale termine con riguardo al
momento di adozione del provvedimento.
Il decreto in data 18.12.96, qualificandosi come decreto
dirigenziale, è chiaramente subordinato al D.Lgs. n. 490/99 e senz’altro in
caso di contrasto tra le disposizioni negli stessi contenute deve attribuirsi
prevalenza a quelle inserite in quest’ultimo.
Ne deriva che il termine di sessanta giorni va riferito all’adozione
dell’atto, restando privo di rilevanza il momento della sua notificazione,
che, pertanto, può intervenire successivamente al suo spirare, senza che ciò
infici minimamente l’atto medesimo.
D’altra parte, il decreto dirigenziale de quo attiene alla
mera organizzazione del Ministero e, più precisamente, alla delega di
determinate competenze del Ministro nell’ambito della più vasta ripartizione,
nell’ambito del riordino della Pubblica Amministrazione, tra poteri di
direzione amministrativa gestione e poteri di direzione politica, facente capo
in prima battuta al D.Lgs. 03.02.93, n. 29.
Se mai, l’avvenuta comunicazione formale del provvedimento
ai suoi destinatari, oltre il termine di sessanta giorni, potrebbe avere una
qualche rilevanza solo ai fini della responsabilità dirigenziale, in quanto da
considerare quale parametro per valutare l’efficienza dell’azione
amministrativa, ma non certamente ai fini qui esaminati.
Nel caso di specie, il provvedimento è stato adottato legittimamente nel termine perentorio di sessanta giorni e, conseguentemente, la censura in esame va disattesa.
Esaminati i motivi di doglianza inerenti agli aspetti procedimentali, resta ora al Collegio da valutare quegli altri dedotti con riferimento al contenuto del provvedimento impugnato.
3. Per la connessione riscontratavi, ritiene di poter considerare contestualmente i motivi denunciati come terzo e come sesto.
Preliminarmente va ribadito quanto sopra già accennato in
ordine al tipo di potere attribuito all’organo statuale in sede di
annullamento e, conseguentemente, alla natura dell’esame posto in essere dallo
stesso. In considerazione di quanto affermato dalla Corte Costituzionale ed alla
luce del novellato art.117 Cost., che ha mantenuto in capo allo Stato la
potestà legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, nella quale
si ritiene doversi far rientrare quella del paesaggio, il potere di vigilanza di
cui trattasi non può considerarsi un mero potere di controllo su quello
esercitato dalle Regioni, avendo lo Stato, accanto alla Regione, il compito di
assicurare la tutela dei valori ambientali.
Tuttavia non si deve neppure pensare che il Soprintendente,
una volta intervenuta l’emanazione e la successiva trasmissione nei suoi
confronti dell’autorizzazione paesistica, debba dare luogo ad un nuovo esame
nel merito della compatibilità dell’intervento assentito con l’ambiente nel
quale s’innesta, oggetto di particolare tutela.
Lo stesso, infatti, nella sua funzione di estrema difesa del
vincolo posto appunto a tutela del paesaggio, deve valutare se dall’organo
regionale o da questo subdelegato sia stata posta in essere un’accurata e
compiuta istruttoria e se effettivamente il giudizio di compatibilità in
questione sia stato svolto in maniera logica e coerente, tenendo conto, in
generale, dell’esigenza della detta tutela, ed, in particolare, qualora
sussista, come nel caso di specie, un decreto appositivo del vincolo ad hoc,
della compatibilità dell’intervento con quest’ultimo.
La parte ricorrente, nel lamentare la violazione del più
volte citato art. 151, 4° comma D. Lgs. n. 490/99, nonché dell’art. 4 del
D.P.R. n. 616/77, concernente la competenza dello Stato in materia, asserisce
proprio che il Soprintendente avrebbe “giustapposto proprie valutazioni a
quelle che competono…all’autorità preposta alla tutela del vincolo”.
3.1 Al fine di valutare se in effetti tale giustapposizione sia accaduta, è necessario andare a vedere le censure mosse dal Soprintendente nel provvedimento gravato nell’odierno ricorso e considerarle in relazione all’autorizzazione paesistica con lo stesso annullata, alla luce dell’esame del decreto che ha fissato il vincolo medesimo.
Il provvedimento de quo contesta il progetto per il quale era stata rilasciata l’autorizzazione paesistica sotto quattro profili:
a) rilevante volumetria dell’intervento in relazione al contesto di inserimento;
b) visibilità dal lago e dalle aree circostanti dell’intervento;
c) rilevante alterazione del sistema antropico e del quadro naturale costituito dai terrazzamenti coltivati ad oliveto, causato dalle nuove edificazioni e dagli interventi di urbanizzazione e movimentazione dei terreni ad esse connesse;
d) riduzione e danno al patrimonio arboreo e arbustivo.
3.2 In realtà, dall’esame dell’autorizzazione
annullata si evince che questa ha valutato la compatibilità del progetto con l’ambiente,
con riferimento, in particolare, ai citati elementi, tenendo conto del decreto
del Ministro per la pubblica istruzione in data 6 febbraio 1959, con il quale è
stato apposto il vincolo in questione nell’area considerata ed, inoltre, dei
criteri contenuti nella delibera della Giunta della Regione Lombardia 25.07.97,
n. 6/30194, richiamata dalle ricorrenti e concernente le modalità per la
valutazione della compatibilità paesistica.
Questi ultimi, in particolare, impongono all’autorità
regionale di interpretare, in primo luogo, il contesto paesistico, di
individuarne gli elementi di vulnerabilità e di rischio ed, infine, di valutare
le trasformazioni conseguenti alla realizzazione dell’intervento proposto.
Il sopra richiamato decreto in data 06.11.59 ha fissato il
vincolo in questione sulla base di alcune peculiarità della zona, che si
riassumono in “andamento degradante formante una bellissima conca ricca
delle tipiche e varie essenze della flora gardesana”, che “offre dei
punti di vista accessibili al pubblico dai quali si può godere la visuale dal
lago”.
L’autorizzazione paesistica ha tenuto nel debito conto
questi elementi.
Infatti nella stessa è detto che detta “conca non viene
lesa in quanto i volumi sono posti in maniera sufficientemente defilata”,
che, in ordine all’impatto visivo delle nuove costruzioni, questo è molto
ridotto soprattutto in considerazione dei “volumi che si sviluppano su un
solo piano”, quanto alla tutela della vegetazione esistente, che l’intervento
de quo avrebbe “consentito di riattivare in maniera sostanziale la
vegetazione esistente e di integrare il patrimonio vegetativo con le medesime
essenze locali”, con riferimento, infine, alla modifica morfologica, che i
movimenti di terra non erano particolarmente rilevanti, con conseguente
compatibilità paesistica del progetto.
Si vede come, secondo quanto può desumersi dalla motivazione
ivi contenuta, l’autorità comunale, che ha adottato l’autorizzazione, ha
esaminato tutti gli elementi rilevanti, e lo ha fatto in modo razionale e
logico.
Pertanto illegittimamente l’autorità statale ha sovrapposto il proprio esame di merito a quello già correttamente eseguito dall’autorità comunale.
I vizi terzo e sesto sono fondati.
4. Si può ora passare all’esame del quarto motivo di
doglianza, rappresentato dalla violazione dell’art. 4 d.P.R. n. 616/77, dell’art.151
D.Lgs. n. 490/99, anche in relazione agli artt. 3 e ss. legge regionale n. 14/84 ed all’art.
16 legge regionale n. 18/97, e degli artt. 15 e 16 R.D. n. 1357/40, nonché dall’eccesso
di potere.
In particolare, la parte ricorrente rileva che altro elemento
su cui si basa il decreto di annullamento in oggetto è rappresentato dalla
supposta quasi assente “considerazione dell’impatto paesaggistico
complessivo della lottizzazione in cui il progetto si inserisce”.
Detto decreto prosegue, evidenziando che “la valutazione
del singolo progetto non consentirebbe di cogliere l’effettiva modificazione
dello stato dei luoghi”.
Si richiede, in proposito, una precisazione.
Alle Regioni è stato demandato il compito di tutela del
paesaggio attraverso strumenti di pianificazione.
L’art. 16 legge regionale n. 18/97 prevede funzioni di competenza
comunale in aree sottoposte a specifici vincoli paesistici ed, in particolare,
alla lett. e) contempla interventi in piani attuativi approvati dalla Giunta
regionale o dal Consiglio comunale, secondo la procedura di cui all’art. 4
della legge regionale n. 14/84.
Deve dedursi che la valutazione di insieme contestata nel
decreto qui impugnato deve essere fatta in sede di pianificazione.
Pertanto bene ha fatto, nel caso di specie, l’autorità
comunale a valutare l’impatto del singolo intervento sul paesaggio.
Se, al contrario, la stessa avesse considerato l’impatto
dell’intero comparto contenuto nel Piano di Lottizzazione, avrebbe esorbitato
i propri poteri, disponendo di quelli da esercitare, invece, in sede
pianificatoria.
Ne deriva che il motivo in esame va accolto.
5. Passando al quinto motivo di doglianza, la parte
ricorrente lamenta un difetto di motivazione, in quanto la motivazione contenuta
sarebbe stereotipata e, al riguardo, produce in giudizio altri decreti di
annullamento emessi dalla Soprintendenza di Brescia al fine di valutare la
fondatezza di quanto dalla stessa asserito.
In realtà qui, più che di carenza di motivazione, sembra
più corretto parlare di motivazione incongrua.
Per voler meglio precisare, il decreto de quo è
motivato in modo articolato, ma non sembra che quanto indicato quali ragioni
dello stesso in effetti motivi in ordine all’annullamento dell’autorizzazione
paesistica.
Sembra, piuttosto, che siano state indicati dei motivi privi
della necessaria aderenza alla situazione considerata.
Perciò, si è comunque determinata la denunciata violazione
dell’art. 3 legge n. 241/90.
6. Resta, infine, da valutare l’ultimo motivo di censura dedotto nel ricorso in epigrafe: violazione dell’art. 4 d.P.R. n. 616/77 e dell’art. 151 D.Lgs. n. 490/99, nonché della delibera di G.R.L. 25.07.97 n. 6/30194 ed eccesso di potere.
6.1 La delibera citata prescrive l’acquisizione, da parte dell’autorità preposta al rilascio dell’autorizzazione de qua, di una serie di documenti:
a) cartografie ed in particolare:
a1) planimetria quotata nelle scale 1:5000, 1:2000 o 1:1000 con individuazione degli elementi del paesaggio che si ritenga utile considerare;
a2) sezioni ambientali schematiche, con scala 1:500 o 1:1000, rappresentative del rapporto fra l’intervento e il contesto assoggettato a vincolo;b) documentazione fotografica e, specificamente:
b1) documentazione fotografica che rappresenti l’edificio, se intervento su uno già esistente, o l’area oggetto di intervento;
b2) ripresa fotografica della simulazione in loco dell’opera progettata o fotomontaggio.
6.2 Con riguardo alle cartografie, conformemente a quanto
evidenziato dalla parte ricorrente, può rilevarsi che esse sono state tutte
prodotte dalla stessa per consentire l’esame preordinato al rilascio dell’autorizzazione
paesistica.
La circostanza che siano state elaborate in una scala diversa
deve considerarsi una mera irregolarità, come tale non idonea ad inficiare la
legittimità dell’autorizzazione stessa.
Infatti tale evidenziata circostanza non ha impedito l’esame
del progetto e dell’impatto del medesimo sul territorio tutelato dal vincolo
paesaggistico.
Con riguardo alla documentazione fotografica, anch’essa è,
nel caso in esame, completa, in quanto sono state depositate tutte le fotografie
richieste per la valutazione.
Il Soprintendente, poi, apoditticamente, afferma che la
simulazione sarebbe stata realizzata sulla base di una fotografia riferibile ad
altro luogo, senza però, al contempo, fornire una prova in merito.
Deve ritenersi fondato anche quest’ultimo vizio.
Ne consegue che il ricorso in epigrafe, con riguardo a tutti i motivi di censura dedotti, tranne che con riferimento al secondo, è fondato e va accolto.
Le spese di giudizio, ivi compresi le competenze e gli onorari di difesa, restano a carico della parte soccombente e possono essere liquidate in complessive Euro 4.840 (quattromilaottocentoquaranta), oltre ad oneri di legge.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia- Sezione staccata di Brescia - definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’Amministrazione resistente a corrispondere alla
parte ricorrente la somma di Euro 4.840 (quattromilaottocentoquaranta), a titolo di spese, competenze ed onorari di
difesa, oltre ad oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità
amministrativa.
Così deciso, in Brescia, il 14 dicembre 2001, dal Tribunale
Amministrativo Regionale per la Lombardia, in Camera di Consiglio, con
l'intervento dei Signori:
Francesco MARIUZZO - Presidente;
Alessandra FARINA - Giudice;
Rita TRICARICO - Giudice estensore.