EDILIZIA E URBANISTICA - 120
T.A.R. per la Calabria, Catanzaro, Sezione Seconda,
7 febbraio 2006, n. 125
La realizzazione abusiva di scale che collegano il piano
abitabile con un sottotetto prima irrilevante a fini urbanistici e poi
utilizzabile (o computabile), costituisce variazione essenziale in relazione al
sensibile aumento di volumetria.
E' pertanto legittima l'ingiunzione a demolire le predette scale con la
comminatoria dell'acquisizione al patrimonio comunale in caso di inottemperanza.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA, Catanzaro - Sezione Seconda
composto dai Signori:
Dott. Vito CARELLA - Presidente
Dott. Giuseppe CHINE’ - Componente
Dott. Roberta CICCHESE - Estensore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 644/2005, proposto da Società “G” s.r.l., rappresentata e difesa dagli Avv.ti G.U. ed E.I., elettivamente domiciliata in ...
contro
il COMUNE DI CORIGLIANO CALABRO, in persona del sindaco, legale rappresentante p.t., e il responsabile del Settore Uso e Assetto del Territorio del Comune di Corigliano Calabro, non costituito
per l’annullamento
- dell’ingiunzione di demolizione n. 106, prot. 12257 dell’11 aprile 2005
con la quale il Responsabile del Settore Uso e Assetto del Territorio del
Comune di Corigliano Calabro ha ordinato alla Società “G.” s.r.l.
di demolire, entro 90 giorni dalla notifica, le seguenti opere: “scala in
muratura ad angolo retto delle dimensioni di mt 3,40x2,30 e m. 1,00 di
larghezza (lato nord-est di via Santo Stefano) posta al primo piano con
accesso al sovrastante sottotetto e lato nord-ovest di via Santo Stefano, in
posizione simmetrica altra scala in muratura delle stesse dimensioni sopra
riportate” ;
- dell’ordinanza di sospensione dei lavori adottata dal Responsabile del
Settore Uso e Assetto del Territorio del Comune di Corigliano Calabro in
data 16 marzo 2005;
- di ogni altro atto connesso, presupposto o consequenziale;
nonché per la condanna
al risarcimento dei danni discendenti dall’illegittima sospensione dei lavori relativi al completamento dell’edificio plurifamiliare in corso di costruzione, con conseguente condanna dell’amministrazione al pagamento della somma di € 100.000,00 o di quella maggiore o minore che sarà accertata in corso di causa.
Nonché, con i motivi aggiunti notificati il 7 ottobre 2005, per l’annullamento
- del silenzio rifiuto formatosi, per inutile decorso del termine di 60
giorni fissato dall’art. 36 del d.P.R. 380/2001, sulla richiesta di permesso
in sanatoria avanzato dalla Società “G.” in data 27 aprile 2005;
- di ogni altro atto connesso, presupposto o consequenziale.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto il ricorso per motivi aggiunti;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 2 dicembre 2005 la dott.ssa Roberta
CICCHESE;
Uditi altresì gli avvocati come da verbale d’udienza.
Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso principale, notificato in data 13 maggio 2005 e depositato il
successivo 7 giugno, la società ricorrente narra di aver edificato, in virtù
di concessione edilizia n. 83/02 e successiva variante 7/2003, un edificio
plurifamiliare consistente in cinque villette a schiera in comune di
Corigliano Calabro.
Mentre erano in corso di ultimazione i lavori relativi a quattro villette
(una era stata infatti già consegnata all’acquirente), il Responsabile del
Settore Uso e Assetto del Territorio del Comune di Corigliano Calabro
ingiungeva l’immediata sospensione dei lavori a seguito della comunicazione
del 10 marzo 2005, ricevuta il successivo 14 marzo, con la quale l’ing.
A.V. rassegnava le proprie dimissioni da direttore dei lavori
(del citato complesso plurifamiliare) per difformità dei lavori stessi dal
progetto approvato con Concessione Edilizia n. 7/2003.
Con successivo provvedimento dell’11 aprile 2005, prot. 12257 il
Responsabile del Settore Uso e Assetto del Territorio del Comune di
Corigliano Calabro “visto il precedente provvedimento n. 70 del 16 marzo
2005, con il quale, in relazione al disposto dall'articolo 27, comma 3, del
T.U. del 6.6.2001 n. 380, veniva ordinato alla società G. s.r.l.
… l'immediata sospensione dei lavori relativi alla realizzazione di un
edificio plurifamiliare, fabbricato B, alla via S. di questo
territorio comunale” … ;
vista la relazione tecnica di sopralluogo prot. 98
del 31.3.2005 e sua integrazione, prot. 105 del 6 aprile 2005 redatto da
personale di questo servizio urbanistico, dalle quali risulta che la
medesima è titolare di concessione edilizia n. 07 del 29 gennaio 2003,
relativa progetto di: variante all'originaria concessione edilizia n. 83
del 10.9.2002, realizzando (sic!) in difformità al predetto progetto: "una
scala in muratura ad angolo retto delle dimensioni di mt 3,40x2.30 e di m.
1,00 di larghezza (lato nord-est di via S.) posta al primo piano con accesso
al sovrastante sottotetto la cui copertura a una pendenza inferiore al 35%;
mentre lato nord-ovest di via S., in posizione
simmetrica, è stata realizzata altra scala in muratura delle stesse
dimensioni sopra riportate. Il tutto in questo territorio comunale alla via
S.;
considerato quanto sopra, l'abuso di che trattasi si
inquadra nelle opere comportati variazioni essenziali ai sensi degli artt.
31 e 32 del d.P.R. 380/2001, in quanto l’utilizzo del sottotetto collegato
al piano sottostante comporta consistente aumento di volume ai sensi
dell’art. 29 del regolamento edilizio comunale vigente;
visto che nel caso
in esame trovò applicazione l’art. 31, comma 2 del T.U. 380/2001 …;
ritenuto
pertanto che ricorrono i presupposti di Stato di diritto per indulgere
demolizione delle dette opere …” ha ingiunto alla ricorrente di demolire
entro 90 giorni dalla data di notifica le opere sopra indicate, provvedendo
altresì al ripristino dello stato dei luoghi e con l'avvertimento che in
caso di inadempimento sarebbero state acquisite gratuitamente al patrimonio
comunale sia le opere abusive che l’area di sedime.
Avverso i provvedimenti impugnati vengono spiegati i seguenti motivi di doglianza:
1) violazione e falsa applicazione del d.P.R. 380/2001;
2) violazione della legge 241/90;
3) violazione degli strumenti urbanistici comunali;
4) eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità manifesta, difetto di istruttoria, difetto assoluto di motivazione.
Sostiene in sintesi la società ricorrente che erroneamente la difformità tra il progetto assentito e quello realizzato è stata qualificata come variazione essenziale, consistendo invece la stessa nella mera costruzione di una scala; sostiene ancora che del tutto infondata sarebbe l’illazione secondo cui, poiché la scala conduce al sottotetto, essa avrebbe la funzione di rendere quest’ultimo abitabile.
Il sottotetto infatti, in base al
regolamento edilizio comunale e alle altre norme vigenti, non è abitabile,
quindi dalla sua maggiore accessibilità non è possibile evincere la volontà
di mutarne la destinazione, con conseguente aumento della superficie
abitabile.
Non essendo la variazione qualificabile come essenziale
illegittimamente sarebbe stata imposta la demolizione dell’opera.
L’ordinanza di sospensione dei lavori, inoltre, si presenterebbe illegittima
perché a fronte di una difformità estremamente circoscritta e già
sostanzialmente realizzata essa ha inibito lo svolgimento di attività
all’intero cantiere.
L’ordinanza con cui si ingiunge la demolizione sarebbe
poi illegittima nella parte in cui commina l’acquisizione gratuita al
patrimonio comunale dell’intera area sulla quale si estende il complesso.
Ancora l’ordinanza di demolizione non sarebbe stata preceduta dall’avviso di
avvio del procedimento, non sarebbe sorretta da idonea motivazione, si
baserebbe su un’istruttoria carente e sarebbe affetta da illogicità per non
aver considerato che l’opera, a causa della quale era stata ingiunta la
sanzione demolitoria, era suscettibile di sanatoria (sanatoria infatti
richiesta con istanza del 16 aprile 2005).
Con il ricorso per motivi aggiunti viene impugnato il (così in atti)
“silenzio - rifiuto” formatosi in relazione alla richiesta di permesso in
sanatoria presentata in data 27 aprile 2005 ed avente ad oggetto le scale
delle quali era stata ingiunta la demolizione.
Avverso quest’ultimo silenzio vengono dedotti:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.P.R. 380/2001;
2) violazione del regolamento comunale;
3) violazione della deliberazione del Consiglio Comunale di Corigliano Calabro n. 90 del 1998;
4) violazione della legge 241/1990 e successive modificazioni;
5) eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria;
6) difetto assoluto di motivazione.
Il Comune, a giudizio della società ricorrente, avrebbe dovuto emettere, a
fronte della richiesta del privato, un provvedimento espresso, adeguatamente
motivato e basato su un corretto accertamento dei fatti, a seguito del quale
sarebbe stato accertato che l’opera (e cioè la scala) in relazione alla
quale era stata presentata la richiesta di concessione in sanatoria era in
realtà conforme al regolamento comunale, in quanto il sottotetto, benché più
comodamente accessibile, era e restava un volume non abitabile.
L’istanza di sospensione cautelare del provvedimento impugnato è stata
respinta.
Il Comune intimato non si è costituito.
All’udienza del 2 dicembre 2005 il ricorso è stato trattenuto in decisione, sulla base delle conclusione rassegnate in udienza.
DIRITTO
1. Oggetto del ricorso principale sono l’ordinanza di sospensione dei lavori e la successiva ordinanza di demolizione emesse dal Comune di Corigliano Calabro in relazione alla costruzione di due scale interne e il successivo silenzio rigetto formatosi sull’accertamento di conformità richiesto in relazione alle medesime scale.
2. Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
3. Come già affermato in giurisprudenza (cfr. per casi analoghi Cons. Giust. Amm. Sicilia. Sez Giurisd., 22 ottobre 2003, n. 337 e T.A.R. Lombardia, Milano 8 febbraio 1986, n. 93) la realizzazione di una scala la cui funzione è quella di rendere comunicanti il sottotetto e il sottostante piano di una abitazione “è senza alcun dubbio rivelatore dell’intento di rendere abitabile il sottotetti e i vani interessati non possono considerarsi volumi tecnici” .
Le scale abusivamente costruite lungi da avere una
(fantasiosa) funzione estetica o decorativa, avevano come unica logica
funzione quella di rendere comodamente accessibile il sottotetto che in
conseguenza di ciò, benché non abitabile alla stregua del regolamento
edilizio, sarebbe stato in concreto destinato ad una funzione abitativa.
Ora
poiché il sottotetto in quanto tale, cioè utilizzato come mero locale di
sgombero, non viene considerato nella cubatura assentita al momento del
rilascio del titolo autorizzatorio, è chiaro che la sua diversa destinazione
a locale abitato comporti, come ha ritenuto il tecnico comunale, un
(illecito) aumento della cubatura utilizzabile.
E’ questo consistente
aumento di volume utile, e non lo scarso aumento di superficie collegato
all’esistenza dei gradini, che il provvedimento ha sanzionato prima con
l’ordinanza di sospensione dei lavori e poi con l’ingiunzione di
demolizione, atteso che la fattispecie concreta si iscrive perfettamente,
alla luce di una corretta interpretazione, non ingenuamente formale,
nell’ipotesi di cui agli artt. 31 e 32 del T.U. sull’edilizia.
4. Del pari disattesa deve essere la censura relativa al fatto che, benché le opere abusive fossero le sole scale, è stata ingiunta la sospensione delle opere relative all’intero complesso immobiliare. La censura deve essere disattesa in quanto a fronte della denuncia di irregolarità, proveniente peraltro dal direttore dei lavori, correttamente il comune ha sospeso i lavori relativi all’intero cantiere al fine di poter accertare in concreto se le difformità denunciate sussistessero, in che misura fossero presenti e se vi fossero difformità ulteriori non segnalate dal dimissionario direttore dei lavori. Tant’è che all’esito degli accertamenti effettuati nel corso della sospensione è stata accertata la abusiva costruzione delle due scale, in relazione alle quali soltanto è stata ingiunta la demolizione.
5. Viene poi censurata l’ordinanza di demolizione nella parte in cui
commina, per il caso di inottemperanza, la sanzione dell’acquisizione
gratuita al patrimonio comunale della particella iscritta in Catasto del
Comune di Corigliano Calabro al foglio n. 85 particella 1861. Sostiene la
società ricorrente che la sanzione irrogata sia illecita “nella misura in
cui priverebbe il proprietario di un’area su cui insiste un complesso
edilizio realizzato in conformità con il permesso di costruire”.
La lettera
dell’art. 31, che ai commi 3 e 4 disciplina l’istituto dell’acquisizione
gratuita al patrimonio comunale dell’area su cui sia costruita un opera
abusiva, stabilisce che “se il responsabile dell'abuso non provvede la
demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi a e il termine di 90
giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella
necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione
di opere analoghi a cui abusive sono quelli che diritto gratuitamente al
patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a
dieci volte la superficie complessiva utile a abusivamente costruita”.
Ora
se da una parte è vero che è illegittimo il provvedimento con il quale si
dispone l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale di un’area il cui
volume superi un valore pari a 10 volte la superficie occupata dall’opera
abusiva, è altrettanto vero che la società ricorrente non ha dimostrato che
tale valore è stato superato, anzi ad un calcolo approssimativo basato sui
dati desumibili dalle piantine allegate al ricorso, pare che il decuplo
dell’estensione dei due sottotetti e delle due scale, sia pari, all’incirca,
alla superficie dell’intera particella sulla quale l’edificazione è avvenuta.
6. Deve essere ancora disattesa la censura relativa alla mancata
comunicazione di avvio del procedimento: con riferimento all’ordinanza di
sospensione dei lavori, questa, infatti, non era necessaria, attesa la
natura cautelare e le particolari esigenze di celerità sottese all’emissione
del provvedimento di sospensione dei lavori. (Cfr. ex multis T.A.R. Liguria,
sez. I, 8 luglio 2004, n. 1093 “In caso di ordinanza di sospensione dei
lavori l’urgenza del provvedere esonera dalla comunicazione dell’avvio del
procedimento”).
A fronte della segnalazione di difformità dell’opera
eseguita rispetto a quella assentita comunicata da direttore dei lavori, la
p.a. ha, con urgenza, inibito la prosecuzione dei lavori riservandosi
l’adozione del provvedimento finale di demolizione all’esito di un
procedimento, del quale il privato è stato messo a conoscenza, e all’esito
di una istruttoria nel corso della quale sono state accertate
approfonditamente l’importanza della difformità e delle sue conseguenze.
Con
riferimento all’ordinanza di demolizione invece è incongruo sostenere che il
privato, destinatario dell’ordinanza di sospensione dei lavori,
fisiologicamente propedeutica ad un provvedimento definitivo di demolizione,
non fosse a conoscenza dell’esistenza del procedimento.
7. Pure disatteso deve essere il motivo di doglianza con il quale si sostiene che non poteva essere ingiunta la demolizione di un’opera in relazione alla quale poteva essere ottenuta la concessione in sanatoria. Stante la difformità essenziale in cui si è concretizzato l’abuso e stante la sostanziale destinazione a locali abitativi di locali che delle caratteristiche di tale utilizzabilità erano privi, l’abuso non era suscettibile di sanatoria. L’accertamento di conformità, oggi disciplinato dall’art. 36 del T.U. sull’edilizia, prevede infatti tale possibilità solo ove “l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente …”, conformità mancante, nel caso de quo, atteso che il ricorrente stesso sottolinea la non abitabilità delle porzioni di sottotetto che le due scale avevano la funzione di inglobare nell’abitazione.
8. Non sussiste poi il lamentato difetto di motivazione, considerato che i provvedimenti impugnati, ciascuno in relazione al suo contenuto dispositivo e alla funzione svolta, appaiono sufficientemente motivati. L’ordinanza cautelare è infatti motivata con riferimento alla denuncia del direttore dei lavori di irregolarità urbanistiche nella realizzazione dell’opera, e l’ingiunzione di demolizione è invece motivata con riferimento alle difformità tra l’opera assentita e quella realizzata, con ampio richiamo alle norme impugnate e con perfettamente percepibile esplicitazione del ragionamento in base al quale la variazione è stata qualificata come essenziale.
9. Il rigetto del ricorso principale, importa il rigetto della domanda di risarcimento del danno.
10. Venendo all’esame del “silenzio rifiuto” sull’istanza di accertamento di conformità impugnato con i motivi aggiunti devono essere rigettate le doglianze concernenti la mancanza di provvedimento esplicito di conclusione del procedimento e il difetto di motivazione dello stesso. Come è costantemente affermato in giurisprudenza “Pur nel nuovo sistema introdotto dagli art. 2 e 3 legge n. 241 1990, il silenzio serbato dell’amministrazione sull’istanza di accertamento di conformità urbanistica di cui all’art. 13 legge 28 febbraio 1985, n. 47 (ora, art. 36 del d.P.R. 380 del 2001), ha natura di atto tacito di reiezione dell’istanza (e quindi di silenzio - significativo e non di silenzio rifiuto): Ne consegue che tale provvedimento in quanto tacito, è già di per sé privo di motivazione ed è impugnabile non per difetto di motivazione, bensì per il suo contenuto di rigetto” ( cfr ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 5 maggio 2005, n. 5484).
11. Quanto alla dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.P.R. 380/2001 vale quanto già sopra osservato in relazione alla non conformità dell’opera realizzata alle norme urbanistiche ed edilizie vigenti nel Comune di Corigliano Calabro, tenendo anche conto del fatto che nella stessa relazione di accompagnamento dell’istanza di sanatoria il sottotetto viene descritto come stireria e pertanto come locale, che pur tendenzialmente non suscettivo di un uso abitativo continuo, deve essere comunque tale da risultare idoneo alla permanenza non occasionale di persone e per intervalli di tempo comunque significativi.
12. Il ricorso deve essere pertanto respinto.
13. Nulla si dispone sulle spese attesa la mancata costituzione dell’Amministrazione.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria - Catanzaro, Sezione
Seconda , definitivamente decidendo sul ricorso in epigrafe, lo respinge,
Nulla per le spese.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella Camera di Consiglio del 2 dicembre 2005.