LAVORI PUBBLICI - 007
CORTE DEI CONTI (Sez. Giur. Lombardia) - 2 novembre 1999, n. 1243/99/EL (Pres. Giampaolino - est. Venturini - P.m. Mimmo)
Progettazione e direzione lavori di tecnici esterni alla p.a.: sussiste la giurisdizione contabile - Responsabilità del direttore lavori per insufficienti indagini preliminari - Danni - Risarcimento.
Il direttore lavori non può omettere una ricognizione del luogo dove sarà eseguito il lavoro pubblico - Di tale omissione, come degli errori progettuali, il direttore lavori e   il progettista rispondono degli oneri sopportati dalla p.a.

DIRITTO

1. L’inammissibilità della citazione.

In primo luogo va esaminata – in quanto da questo Collegio ritenuta preliminare ad ogni momento delibatorio, anche inerente la sussistenza di giurisdizione (v. Cass. civ., sez. lav. 19 agosto 1986, n. 50515; C.d.S. Ad. Plen. 7 novembre 1966, n. 22; circa la possibilità, per il giudice, di definire il corretto ordine delle questioni, con esame del caso concreto, al fine di coniugare economia processuale ed esaustività della decisione cfr. Corte dei Conti, Sez. Riun. 2 ottobre 1991, n. 727) l’eccezione di parte convenuta che qualifica improcedibile o nullo l’atto di citazione, poiché, considerato che il già citato comma 1 dell’art. 5 della legge n. 19 del 1994 fissa in 120 giorni – salvo proroga – il tempo, a decorrere dalla scadenza del periodo concesso per fornire deduzioni, per convenire o meno in giudizio il presunto responsabile, nel caso di specie, concessa proroga di 90 giorni, e fissato il termine per le deduzioni al 14.06.97, il termine ultimo per l’emissione della citazione sarebbe da individuare nel giorno 10.01.1998, a fronte di un atto di Procura di data 26.01.1998, depositato il 24.02.1998.

L’esposta eccezione non è condivisibile.

Essa si basa, infatti, come deducibile dal conteggio dei giorni operato da parte resistente, su di un computo che esclude la necessaria considerazione della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, disposta dall’art. 1 della legge n. 742 del 1969: che detta sospensione abbia valenza anche nel caso di specie non pare revocabile in dubbio, considerato che il periodo da assoggettare alla menzionata sospensione, pur non essendo qualificabile come processuale stricto sensu, in quanto non ancora svolgentesi nell’ambito di un rapporto giudiziale già instaurato, è, però, strettamente connesso alla litispendenza, così da essere attratto, secondo l’insegnamento della Consulta (cfr. Corte Cost. n. 380 del 1992 e n. 604 del 1991 la quale ha sostenuto che, a garanzia del diritto di azione ex art. 24 Cost., la sospensione deve applicarsi anche ai termini previsti a pena di decadenza per l’atto introduttivo del giudizio), nella relativa disciplina. L’esposto orientamento trova conforto nella giurisprudenza amministrativa e di questa Corte (cfr. C.d.S., Ad. Plen. n. 5 del 1978, Corte dei conti ,Sez. Campania n. 22 del 1998 e Sez. Sicilia n. 345 del 1998).
Verificata, quindi, l’applicabilità della regola della sospensione dei termini per il periodo che va dal 1 agosto al 15 settembre di ogni anno, appurato che la decorrenza del periodo in cui il Procuratore doveva optare per l’emissione o meno dell’atto di citazione è individuabile a partire 14.06. 1997, lo spazio temporale costituito, nel caso di specie, dagli ordinari 120 giorni più i 90 della concessa proroga, copre senza dubbio il momento del deposito (avvenuto il 26.02.1998) dell’atto introduttivo del presente giudizio.
Ritenuto quindi validamente instauratosi il presente processo, occorre ora valutare la sussistenza della giurisdizione di questa Corte.

2. La giurisdizione sull’attività del progettista e del direttore dei lavori.

Come si evince dall'esposizione in fatto, i convenuti sono dalla Procura chiamati nel presente giudizio per rispondere di danno causato - in relazione al'esecuzione del IV e V stralcio dei lavori di costruzione dell'Ospedale Bassini di Cinisello Balsamo - a motivo di grave colpa professionale mostrata nella loro duplice qualità di progettisti e direttori dei lavori. Poiché gli arch. D. e S. sono soggetti privati, liberi professionisti, uniti in associazione, agli stessi è stato conferito specifico incarico di carattere contrattuale. Si impone, quindi, come d'altronde sollecitato dalla stessa parte resistente, la predetta verifica della sussistenza della giurisdizione di questa Corte sull'operato dei professionisti convenuti. Com'è noto, la natura di soggetti privati non osta in maniera assoluta ad un siffatto sindacato giurisdizionale, potendosi ravvisare lo stesso quando si venga concretamente a delineare il cd. "rapporto di servizio in senso lato" ovvero l'inserimento del soggetto nell'attività propria dell'apparato amministrativo, con imputazione a questo delle attività poste in essere dai privati e, altresì, con l'utilizzazione delle regole proprie di detto apparato (cfr., ex plurimis, Corte dei conti, Sez. Riun. n. 664 del 1990, Cass. Civ. Sez. Un. n. 6639 del 1994 e n. 2668 del 1993 e, fra le prime, Cass. Sez I, n. 3072 del 1975). Dal piano soggettivo della verifica della natura, privata o pubblica, del convenuto in giudizio nel processo amministrativo contabile, si passa, quindi, ad un esame sui tratti oggettivi dell'operato dello stesso, appurando se in questo sia individuabile un’attività amministrativa che faccia ritenere sussistente l'inserimento del soggetto nell'organizzazione della p.a. Ed un tale inserimento, a parere del Collegio, può anche essere non continuativo, ma soltanto occasionale e temporaneo.
A questo Giudice si pone dunque il compito di valutare la propria giurisdizione con distinto riferimento all’attività di progettazione e di direzione dei lavori di opera pubblica.
Ed il Collegio ritiene che, ambedue le attività, vale a dire sia quella di progettazione che quella di direzione lavori, siano sussumibili a pieno titolo all’interno della funzione amministrativa, ancorché poste in essere da privati professionisti.
Quanto alla prima, al Collegio non sfugge come la problematica non abbia trovato, in sede giurisprudenziale, una risposta univoca; l'orientamento che aliena dal sindacato giurisdizionale della Corte dei conti (v. Corte dei Conti, sez. III, n. 469 del 1996 ) il progettista di opera pubblica argomenta dalla natura di opera professionale che, ai sensi dell’art. 2230 del c.c., viene allo stesso richiesta, configurandosi il contenuto di questa come atto prodromico al vero momento della scelta amministrativa, che si attua nell’approvazione dell’elaborato progettuale.

Questo Collegio è, invece, di contrario avviso.
Anzitutto, il Collegio ricorda che la costruzione dell'opera pubblica - e, comunque, lo svolgimento di un lavoro pubblico - nel loro complesso, nell'insieme, cioè delle attività nelle quali essi consistono al di là del dato materiale, danno luogo ad una complessa attività amministrativa in senso proprio, perché realizzatrice di un interesse pubblico con spendita, di norma, di pubblico denaro, regolata e cadenzata, perciò, con modi, formalità e tempi legislativamente e comunque normativamente previsti.
In questi sensi l'attività di costruzione dell'opera pubblica, o comunque, la realizzazione di un lavoro pubblico, era sostanzialmente configurata dalla più antica e prevalente legislazione vigente in materia nell'ordinamento italiano (legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F; r.d. 25 maggio 1895, n. 350; r.d. 8 febbraio 1923, n. 422; r.d. 18 novembre 1923, n. 2240, ecc. ) e tale è pur sempre rimasta, nella sua più valida essenza, anche nel corso di una successiva più eterogenea e derogatoria legislazione, spesso emergenziale.
In questi sensi, soprattutto, essa è definita (cfr. art. 1, comma 1, legge n. 109 del 1994) dalla più recente legge che alla materia ha voluto dare assetto ed ordine per riportarla ad un qualificato rigore, ritenuto valido rimedio per gravi, conclamate disfunzioni.
Nell'ambito di una tale attività amministrativa, l'attività di progettazione assume, com'è noto, un rilievo peculiare. Essa traduce nell'operatività della concreta intrapresa - e procedendo per gradi fino al dettaglio - l'esigenza pubblica che è stata avvertita e deliberata e configura, quindi, secondo i dettami della legge, la sua realizzazione nelle forme, nei tempi e nelle modalità, condizionando in tal modo l'attività da porre in essere e le entità e le forme dell'impiego delle pubbliche risorse che in guisa puntuale destina ai singoli momenti dell'opera, predisponendo altresì la possibilità di un loro preciso riscontro.
E’ per questo che essa, nell'ambito della normativa dei lavori pubblici, è stata sempre particolarmente disciplinata, con regole generali e prescrizioni dettagliate, imperativamente imposte e conformanti, pertanto, iure imperii, l'attività da porre in essere. Si vedano, in proposito, le disposizioni di cui al d.m. 29 maggio 1895, nonché quelle recenti (art. 16, legge n. 109 del 1994, espressioni di valori, peraltro, come si è detto, già presenti nell'ordinamento) che il giudicante, pur conscio dell'inapplicabilità delle nuove norme alla fattispecie in esame, essendo questa successiva, non può non tener presenti allorchè attualmente esprime la volontà dell'ordinamento in merito alla valutazione del caso concreto.
L’attività di progettazione poi - si deve sempre ricordare – è da ritenersi, in via generale, demandata agli uffici tecnici dell’amministrazione ( cfr. art.1 r.d. 8 febbraio 1923, n. 422; art. 285 T.U.L.C.P. del 1934 ed ora, in epoca susseguente ai fatti che qui si esaminano, art. 17, comma 1, legge n. 109 del 1994).
Una siffatta scelta dell'ordinamennto, com'è noto, è dovuta all'esigenza di trattenere nel dominio dell'amministrazione l'attività che configura in concreto l'opera pubblica e che ha tanto decisivo rilievo sugli oneri e le modalità della sua attuazione, determinandone l'esecuzione e il costo.
La riserva all'amministrazione dell'attività di progettazione, infatti, è stata sempre ritenuta un'esigenza da soddisfare per garanzia dell'amministrazione, tant'è che, allorquando si sono volute riaffermare regole di buona amministrazione per fugare scandali e sperperi manifestatisi in modo diffuso nel settore dei lavori pubblici ( la citata legge 19 febbraio 1994, n. 109) uno dei primi rimedi che si sono indicati, come risulta dai lavori preparatori, e dalla normazione positiva poi avutasi, è stato quello di riportare il più possibile l'attività di progettazione nell'ambito delle pubbliche amministrazioni, prevedendo anche opportune misure organizzatorie ( cfr articoli 16 e 17). E l'esigenza è stata tanto tenuta presente da spingere il legislatore al punto da prevedere una disciplina particolare per le figure professionali, specie collettive, che si dedicano ad un tale tipo di attività per la pubblica amministrazione.
L'attività di progettazione, pertanto, nel campo dei lavori pubblici, si presenta come momento dell'attività amministrativa nella quale la realizzazione dei lavori pubblici stessi si sostanzia ed è oggettivamente regolata da norme di diritto pubblico. Essa, inoltre, anche se è retta dal vincolo giuridico intersoggettivo privatistico del contratto di opera professionale, tuttavia si articola sempre in adempimenti, derivanti da vincoli, cadenze, prescrizioni, poste da norme di diritto pubblico che conformano l'attività di progettazione in modo puntuale, uniformandola, in concreto,alla funzione alla quale inerisce e da rapportare alla p.a.

Quanto detto trova riscontro in una serie di considerazioni, che vanno dall'analisi della natura dello stesso compito di redazione progettuale: il suo svolgimento, infatti, può essere considerato sotto due profili, uno di carattere ricognitivo, riassumentesi nell’acquisizione degli elementi istruttori relativi alla finalità dell’opera, alle condizioni di localizzazione ed agli aspetti ambientali, nonché alla definizione della normativa urbanistica ed edilizia di riferimento; il secondo, di natura discrezionale, che coinvolge valutazioni di siffatta tipologia – non solo tecnica, ma anche amministrativa – e che si proietta sulle più opportune scelte nell’ambito del binomio "costi – benefici", e dell’impatto dell’opera da effettuare nel contesto socio-ambientale.

Ed importante si mostra questa fase procedimentale anche, come già accennato, sotto l’aspetto della sua tipizzazione normativa: premesso che il primo referente della progettazione come attività necessariamente procedimentalizzata, anche al fine di controllare la spendita del denaro pubblico, è l’art. 97 Cost., che regola l’esercizio della funzione amministrativa, con il suo principio di buon andamento, prima della legge n. 109 del 1994 (susseguente, come già detto, ai fatti in esame), l’art. 322 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F dispone, al comma 1, che " i lavori si eseguiscono in generale sulla base di progetti compilati secondo le norme e le discipline già in vigore e di quelle che potranno essere fissate da appositi regolamenti, per assicurare la regolarità dei progetti medesimi e l’esattezza delle analisi e dei calcoli di perizia"; ancora deve menzionarsi il tuttora vigente d.m. 29.5.1895, per la redazione dei progetti di competenza del Ministero dei lavori pubblici (con valenza generale sussidiaria: inoltre si veda, per le opere militari, il titolo IV del r.d. 17 marzo 1932, n. 365). Pertanto, in sostanza, la già citata legge n. 109 del 1994, all’art. 16, ha contemplato l’attività di progettazione quale inserita nell’alveo del procedimento amministrativo, migliorando ma non innovando un orientamento legislativo già inveterato, in base al quale si può dire che i progetti delle opere pubbliche devono essere redatti in base a precise e peculiari regole volte ad orientarne il contenuto discrezionale ed il procedimento di formazione anche al fine di predisporre e salvaguardare le finali scelte amministrative che vengono poste in essere al momento dell’adozione del progetto da parte dell’Amministrazione, affinché questo non risulti già impropriamente condizionato. Anche l’attuale tripartizione della progettazione in preliminare, definitiva ed esecutiva ( si veda il già menzionato art. 16 legge n. 109 del 1994) trova ascendenti nella precedente bipartizione – progetto di massima e progetto esecutivo – enucleabile dall’art. 3 della legge n. 2359 del 1865 così come dal citato d.m. 29 maggio 1895. Quest’ultima fonte normativa dà una chiara definizione della progettazione di massima, prevedendo che questa deve contenere una rappresentazione grafica o una descrizione dell’opera, l’area, lo stato dei luoghi, le modalità costruttive, una previsione di spesa, le difficoltà di esecuzione, le possibili diverse soluzioni.
L’attività del progettista, dunque, non è solo diligente ossequio ai canoni propri dell’arte di cui si tratta, ma anche, si ripete, rispetto della disciplina pubblicistica in materia, e anzitutto , dei principi di imparzialità, buona amministrazione ed economicità. E tutto questo perché si tratta di attività che, ancorché posta in essere da privati professionisti, è espressione di esigenze pubblicistiche; si inquadra, come fase peculiare, in una complessa attività amministrativa qual è la costruzione di un'opera pubblica o, comunque, lo svolgimento di un lavoro pubblico; è direttamente imputabile all'amministrazione competente per la quale, l'approvazione del progetto, attesi i vincoli che regolano l'attività di progettazione, ha non soltanto la funzione di far proprie le scelte del progettista, ma altresì quella di ratificare l'attività da questo posta in essere in adempimento di precise prescrizioni di legge.

Ed invero, anche la Suprema Corte di Cassazione (Cass. pen., sez. VI, 17 giugno 1994) ha ritenuto il progettista pubblico ufficiale in virtù del dovere che allo stesso incombe di seguire i canoni dell’azione amministrativa.
La Suprema Corte, infatti, ha affermato che l’elaborazione progettuale è oggettivamente regolata da disposizioni pubblicistiche, di guisa che la stessa non può essere affidata alla libera determinazione del progettista, ma soggiace ai principi dell’art. 97 Cost e 1 legge n. 241 del 1990.
Nell’affermazione della sussistenza della giurisdizione della Corte dei Conti nei confronti del progettista professionista privato, questo Collegio è affiancato da altre decisioni nello stesso senso ( cfr. Corte dei conti, Sez. Sardegna, 27 giugno 1995, n.1, Sez. Sicilia, n.88 del 1993), le cui argomentazioni qui si danno per riprese.
E’inoltre da far rilevare, nell’esporre la casistica giurisprudenziale sulla questione, come nel caso dell’unione nello stesso soggetto dei compiti del progettista e del direttore dei lavori sia univoco l’orientamento della giurisprudenza circa l’assoggettabilità dello stesso alla giurisdizione della Corte dei conti (Cass. Sez. Un., n. 3358 del 1994 e n. 4060 del 1993; Corte dei conti, Sez.Riun. n. 593 del 1988), come pure è indubbia la soggezione al processo amministrativo-contabile del direttore dei lavori: il direttore dei lavori, infatti, in ragione delle attività sia autoritative che di scelta amministrativa che pone in essere (ordini, certificazioni, atti di urgenza, proposte di variante) è indubbiamente sottoposto al giudizio innanzi la Corte dei conti, secondo pressoché univoca giurisprudenza (cfr. ex multis, Cass. Sez. Un. n. 3358 del 1994 e, da ultimo Cass. Sez. Un. 26 marzo 1999, n. 188; Corte dei conti, Sez.Riun. n. 934/a/94, n. 817/93; sez. II, n. 65 del 1993, n. 40 del 1994, n. 101 del 1986) dalla quale non vi è motivo di discostarsi.

Conclusivamente, in questa sede si vuole affermare, stante quanto sino ad ora si è detto, che i convenuti D. e S. sono sottoposti a questo giudizio sotto il duplice titolo soggettivo di progettisti e di direttori dei lavori in relazione all’opera pubblica di completamento dell’ospedale "Bassini" di Cinisello Balsamo. Poiché gli illeciti prospettati dalla Procura coinvolgono responsabilità che possono essere differentemente analizzate, sotto i profili attinenti le due tipologie di competenze, la verifica della esistenza degli stessi, dunque, è doppiamente radicata in capo a questa Corte.
E l’esposta, doppia, legittimazione per il correto esercizio della funzione giurisdizionale di questa Corte assume un particolare rilievo per un compiuto ed esaustivo vaglio degli addebiti rivolti ai professionisti convenuti.

Va quindi esaminata l'eventuale responsabilità per gli eventi che condussero alle sospensioni dei lavori in narrativa elencate con specifica analisi di ogni singolo perido di stasi:
la prima sospensione va dall'11 dicembre 1990 al 4 marzo 1991 e trova ragione in situazioni metereologiche, di carattere prevedibile e disposta secondo prassi nella conduzione dei cantieri, trattandosi di periodi invernali in cui, per cause oggettive, i lavori non possono procedere; identica considerazione va svolta per quanto riguarda la seconda sospensione, che si è protratta dal 9 dicembre 1991 al 10 febbraio 1992.
La terza interruzione dei lavori, di rilevante durata - dall'11 marzo 1992 al 20 aprile 1992 - acquista, ad avviso di questo Giudice, una connotazione patologica, ricollegandosi a fattori non previsti nella progettazione e nel programma di esecuzione dell'opera, fattori relativi all'individuazione, nell'area di intervento, di canalizzazioni precedentemente non accertate, di luce, gas, telefono, con annessi impianti tecnici e alla necessità di reailizzare una cabina elettrica con maggiorata potenza rispetto all'intenzione iniziale.
I cennati imprevisti, in quanto dati non precedentemente valutati non in ragione di una loro imprevedibile insorgenza successiva all'inizio dei lavori, ma a motivo di comportamento negligente ed imperito, concretano una responsabilità dei convenuti per colpa grave.
E ciò sotto due profili, ognuno di essi di per sè condizione sufficiente a sostenere detta affermazione di responsabilità: la direzione dei lavori condotta senza il dovuto ossequio alle regole normative e dell'arte, e l'errata progettazione, carente funditus, proprio nelle sue lineee progettuali portanti.
Gli aspetti di responsabilità afferenti l'attività di direzione dei lavori, anche in ragione di quanto in prosieguo si dirà affrontando gli altri motivi di addebito prospettate dalla Procura, esigono una definizione dei comportamenti, così come previsti dalle specifiche fonti normative, che si attende siano scrupolosamente posti in essere dal direttore dei lavori, con particolare accento a quelle attività che precedono l'inizio effettivo delle opere.
In primo luogo, è bene precisare che le funzioni proprie della figura in questione vanno enucleate dall legge n. 2248 del 1865, all. F , dal Regolamento sui LL.PP., r.d. n. 350 del 1895, dalla legge n. 143 del 1949 e dal Capitolato Generale di appalto del Ministero del Lavori pubblici.
Per quanto dette fonti normative definiscano il ruolo del direttore dei lavori in maniera articolata, i compiti dello stesso si presentano con una tale ampiezza e varietà tanto che, sul punto, in un tentativo di conferire elementi di puntualizzazione a dette mansioni, si sono soffermate, tra le altre, la Circolare n. 6120 del 3 luglio 1963 del Ministero dei LL.PP. (Istruzioni per la direzione e la collaudazione dsell'opera) e le direttive del Consiglio Nazionale degli Ingegneri sulla scorta delle indicazioni della "Commissione per lo studio delle funzioni e dei compiti del direttore dei lavori".
Senza la pretesa di esporre concetti rigidamente codificati si ritiene che, per quanto qui ne occupa, il comportamento che il direttore dei lavori debba assumere prima dell'inizio delle opere - in relazione all'ipotesi di responsabilità che si sta trattando - sia ben scolpito nell'art. 5 del citato Regolamento sui LL. PP. n. 350 del 1895, che impone al direttore dei lavori la verifica dei luoghi e la loro rispondenza al progetto redatto, verifiche che fanno riferimento anche "al terreno, al tracciamento, al sottosuolo, alle cave, alle fornaci, ed a quanto altro occorre per l'esecuzione dell'opera".
Nel ribadire la responsabilità dei sig. ri D. e S. per la condotta tenuta quali direttori dei lavori, si respinge, quindi - in quanto destituita di fondamento, sulla scorta di quanto poc'anzi detto - l'eccezione difensiva degli stessi, secondo la quale la colposa sospensione dei lavori richiamerebbe vizi da rintracciarsi nella progettazione esecutiva redatta dall'impresa aggiudicatrice nell'ambito della procedura dell'appalto concorso. Necessariamente, infatti, l'attività di analisi e di esame preliminare all'inizio dei lavori deve e doveva essere effettuato su elaborati progettuali completi e dettagliati in ogni punto (cfr. Corte dei conti, sez Controllo, 22 febbraio 1957).
E' appena il caso di ribadire che, benché solo con la legge n. 109 del 1994 (successiva ai fatti in esame) si assiste ad una distinzione della fase progettuale in tre livelli (preliminare, definitiva, esecutiva,) con un procedimento "a cascata" che, da momenti di indicazione di direttive generali procede alla definizione esaustiva e dettagliata dei lavori da svolgere, l'obbligo di una progettazione completa cui far riferimento in maniera chiara nell'esecuzione dei lavori era dato normativo già presente: infatti, il Titolo III del d.m. 29 maggio 1895 fa riferimento ai progetti "definitivi", i quali possono essere ritenuti analoghi a quelli oggi qualificati come esecutivi a fronte dei progetti di massima di cui al titolo II del medesimo Regolamento ed ai progetti preliminari previsti dal d.P.R. n. 1930 del 6 novembre 1962.
Se la responsabilità dei direttori dei lavori, nel caso di specie, va ricondotta al mancato, doveroso, sindacato sulle carenze riscontrabili con la diligentia quam suis in relazione agli elaborati progettuali, risulta chiaro, sotto altro verso, che la progettazione dei lavori del V stralcio dell’Ospedale Bassini di Cinisello Balsamo, affidata agli stessi, presentava vistose pecche.

Anche per questo aspetto dell’incarico professionale dei convenuti, quindi, l’azione della Procura è da approvare, poiché - secondo quanto prima esposto in ordine alle caratteristiche dell’attività di progettazione di opera pubblica – prima di una fase decisionale i progettisti devono procedere ad un’attività istruttorio-ricognitiva che non può non prendere le mosse da una rilevazione dello stato dei terreni e della loro conformazione, eventualmente con l’ausilio – che talvolta è d’obbligo, altre è conseguito dopo scelta discrezionale - di apposita relazione geologica sulla morfologia e natura dei terreni (cfr. Corte dei conti, Sez.Riun. n. 593 del 1988; C.d.S., a.g. 2 giugno 1994, n. 154, sez. V, n. 701 del 1995): l’addebito rivolto agli architetti D. e S. è tale da prescindere dall’indagine circa la qualifica da attribuire al progetto dagli stessi redatto – se di massima, con aspetti esecutivi a carico dell’impresa oppure già definitivo, come sostiene la Procura, o, ancora, come appare più plausibile dall’esame della documentazione processuale, una progettazione di massima con molteplici soluzioni di carattere esecutivo – poiché incide nell’attività di progettazione fin nei suoi requisiti deontologici essenziali. I convenuti hanno eccepito – con riferimento alla vicenda di sospensione lavori ora trattata - che i cavi e gli impianti rilevati come motivo di ostacolo ai lavori sono stati apposti dopo l’adozione del progetto da essi redatto: la contestazione non è provata e, d’altro canto, appare poco plausibile che una serie di attrezzature e di tubazioni di notevole ampiezza, apposte, tra l’altro, a diversi fini e da diversi soggetti, sia stata effettuata nel breve lasso di tempo tra l’approvazione del progetto e l’inizio delle attività esecutive.
Vale comunque ancora precisare che la responsabilità dei signori D. e S. quali progettisti si somma e rafforza un’autonoma - idoneamente suffragata nei presupposti – pretesa di ristoro del danno erariale dagli stessi causato nella loro funzione di direttori dei lavori. Detta responsabilità, già di per sé connotata da colpa grave, acquista poi, sempre nei suoi contenuti di elevata colpevolezza, una pienezza particolare, ove si consideri che l’attività di direzione lavori era facilitata – e, conseguentemente, richiedeva un livello di efficacia di particolare rilievo – nei suoi aspetti di rappresentazione e di valutazione, da quanto anteriormente compiuto sul piano conoscitivo ed ideativo dagli stessi soggetti.

Anche la causa della IV sospensione dei lavori – da rinvenirsi nell’esecuzione di lavori difformi da progetto originario e nella costruzione della sala convegni – iniziata il 20 aprile 1992 e protrattasi sino a tutto il 1995, trova fondamento nell’illecito comportamento degli stessi: la direzione lavori, infatti, aveva proceduto ad ordinare opere in variante senza avere la necessaria autorizzazione preventiva adottata in sede di delibera dall’organo competente: l’amministrazione, sollecitata dai convenuti a provvedere successivamente in sanatoria, per motivi di necessità e urgenza, anche di fronte all’avvenuto blocco dell’attività di cantiere decideva, invece - dopo prime incertezze - di procedere ad un approfondito esame circa la necessità e le cause della variante richesta, proponendosi anche di vagliare la sussistenza di eventuali responsabilità.
Appare sussistente la violazione dei doveri incombenti in capo alla Direzione lavori da parte dei convenuti.
Proseguendo – sempre per ciò che concerne l’oggetto del presente giudizio – nell’esposizione dei compiti di detta figura, va aggiunto che è cura della stessa proporre eventuali varianti, assestamenti, concordare nuovi prezzi, perizie, ma non procedere autonomamente alla valutazione di necessità e all’esecuzione delle stesse (cfr.Corte dei conti ,Sez. controllo n. 93 del 1995 e n. 69 del 1994)

4 Le singole fonti di danno.

4.1. Danno per oneri e spese conseguenti al fermo cantiere

Valutate le vicende rappresentate dalla Procura quali fonti di danno e individuate quelle ascrivibili a negligenze ed imperizia dei convenuti, occorre ora procedere a considerare il danno alle stesse conseguente, secondo i profili individuativi esposti dall’organo requirente e sui quali il medesimo radica la propria richiesta di condanna.
Un primo profilo viene individuato nel danno per risarcimento oneri di fermo cantiere, corrisposto dall’Amministrazione a seguito di convenzione transattiva. Riguardo tale atto, è bene premettere che, a questo Giudice, lo stesso si presenta come contratto giuridicamente valido ed efficace e, su di questo, in quanto tale, viene ricollegato un giudizio di fondatezza circa l’idoneità e la congruità dell’individuazione del danno prodotto; in altri termini, la transazione in esame non è solo titolo giuridico dal quale deriva un’obbligazione pecuniaria per l’amministrazione, ma va anche considerata nella sua portata di individuazione del danno verificatosi: dell’esposto profilo di individuazione del danno va comunque valutata l’attendibilità.
E’ opinione del Collegio che l’atto transattivo di cui si parla sia, in larga parte, satisfattivo parametro di riferimento – salve le correzioni che tra breve si definiranno - ai fini della quantificazione del danno erariale ricollegabile alla descritta condotta gravemente colposa dei convenuti. Di contro non è criterio attendibile – in quanto priva di ogni carattere di determinatezza – la mera proposta transattiva che parte resistente allega al fine di indicare altra via che l’Amministrazione poteva adottare al fine di comporre la controversia con le imprese costruttrici. Invero, l’accordo definito è idoneamente coerente con i dati concreti della vicenda che qui ne occupa, così come corretta è l’estrapolazione, effettuata dalla Procura, dal contenuto di questa, delle voci di danno ricollegabili all’operato degli architetti D. e S.
Questo Collegio ritiene, però, che sia stato dato un peso inferiore al dovuto – sia nella valutazione dell’Organo requirente, sia nel contenuto della transazione – agli effetti dannosi direttamente ascrivibili al comportamento del soggetto appaltatore, parimenti con riferimento al momento della programmazione dei lavori e della verifica della loro eseguibilità, così come in relazione alle controverse fasi legate alle sospensioni dei lavori.

Ne consegue che, con valutazione equitativa, nell’impossibilità di una determinazione analitica, il danno prospettato dalla Procura in relazione all’addebito individuato sub A) va ridotto alla somma di Lire 1.000.000.000 (un miliardo).

4.2. Danno da revisione prezzi

Se, come poc’anzi trattato, la prima fonte di nocumento è riconducibile – secondo l’impostazione dell’atto introduttivo il presente giudizio - al danno derivato dagli oneri e danni pretesi dall’impresa appaltatrice, e che hanno trovato soluzione in atto transattivo, altro titolo di lesione al pubblico erario è derivato dalla necessaria revisione dei prezzi contrattuali. Detto adeguamento è da qualificarsi come dovuto, se solo si considera che, secondo le originarie previsioni pattizie, i lavori, consegnati in data 29 ottobre 1990, dovevano concludersi entro il 30 lulgio 1992. Il ritardo che si è verificato, con il susseguirsi di reiterate sospensioni dell’attività di cantiere non è in alcun modo riconducibile, salvo le fisiologiche interruzioni legate al sopravvenire del periodo invernale, a fattori qualificabili come imprevisti, ma, all’opposto, a non autorizzate perizie di variante adottate dalla direzione lavori, al fine di porre soluzione ad incongruenze progettuali che manifestavano la loro inidoneità nel momento esecutivo, e, in generale, ad altri comportamenti irregolari nell’espletamento del predetto ufficio di direzione lavori, secondo quanto sopra illustrato in sede di esame della condotta dei convenuti. I periodi di latenza dell’attività di esecuzione dell’appalto di cui si tratta, risultano ricoprire un lasso di tempo talmente ampio che, a tutto il 1995, l'esecuzione dei lavori del V stralcio dell'Ospedale Bassini risultava ancora bloccata, mentre, secondo le iniziali previsioni contrattuali esso doveva essere completato dopo 22 mesi dalla consegna dei lavori. Il depauperamento per il Pubblico Erario è stato correttamente quantificato dalla Procura con automatico metodo matematico consistente nel calcolare gli effetti della revisione prezzi su un ambito temporale di 30 mesi, risultanti dalla differenza tra i 52 mesi decorsi dalla consegna lavori alla ripresa degli stessi dopo la definizione della controversia detratti i 22 previsti contrattualmente.

Il danno causato all’erario ammonta a Lire 1.780.776.403.
Anche in questo caso, per verità, si dovrebbe tener conto del peso causale della elevata negligenza del soggetto appaltatore, al quale, come sopra già sottolineato, deve essere ascritto un ruolo causale di rilievo: a fronte di tale valutazione si pone però la considerazione che, nel complesso della vicenda, vi sono taluni elementi di nocumento – mancata costruzione della sala convegni, prevista nel progetto iniziale, impossibilità di utilizzare nei tempi previsti parte dell’edificio ospedaliero, con conseguente temporanea carenza dei servizi ritraibili dalla stessa – cui deve essere conferita una valenza nell’insieme dell’esame dell’intera fattispecie, così da compensare, in parte, gli effetti del rilievo che questo Giudice intende attribuire all’illecito comportamento dell’associazione di imprese appaltatrice dei lavori in questione.
Non vi sono in questo caso ragioni, perciò, per procedere ad attenuazioni dell’addebito da rivolgere ai convenuti la cui condanna al ristoro del danno provocato deve essere incrementata – in aggiunta al miliardo di lire precedentemente quantificato - della già individuata somma di Lire 1.780.776.403.

4.3 Esborso per condono edilizio

Quale ulteriore voce di danno (sub C) la Procura contesta ai convenuti l'entità della somma corrisposta dalla U.S.L. committente al Comune di Cinisello Balsamo al fine di sanare gli abusi edilizi che risultano essere stati compiuti nell'atto di dare esecuzione ad opere aggiuntive non autorizzate; si legge infatti più volte negli atti istruttori fascicolati che il Sindaco di detto Comune, visto il rapporto del Settore Tecnico Edilizia Privata, redatto a seguito di sopralluogo di verifica presso il cantiere delle opere in questione, rapporto che segnalava opere edilizie abusive in "parziale difformità rispetto alla concessione edilizia", rilasciata in data 3 settembre 1990, ai sensi, della normativa di cui alla legge n. 47 del 1985, ordinava l'immediata sospensione dei lavori ed avviava il procedimento sanzionatorio relativo ai cennati abusi edilizi.
La responsabilità della Direzione Lavori, nella descritta ipotesi, è difficilmente contestabile, ove si ponga mente che la stessa è tenuta ad un inderogabile rispetto della normativa in materia di edilizia ed urbanistica: vale considerare che il progettista ed il direttore dei lavori sono - proprio al fine di rafforzare con idonei deterrenti il valore di detto obbligo - autonomi soggetti passivi dell'impianto preventivo - sanzionatorio, amministrativo e penale, di cui alla citata legge n. 47 del 1985 (cfr. C.d.S. ,sez. V, n. 178 del 1993). Va altresì aggiunto che gli illeciti poc'anzi menzionati si iscrivono in una vicenda caratterizzata anche - così come sottolineato dalla Commissione di inchiesta amministrativa (v. rel. pag.8 ) - da un caotico ed oscuro procedimento di acquisizione delle aree necessarie all'effettuazione dell'opera.

Stante quanto appena esposto, i convenuti devono rispondere dell'ulteriore danno alla competente Azienda Sanitaria locale, danno consistente nella somma di Lire 34. 859.974.
Per detto profilo di responsabilità non vi è ragione di procedere alla riduzione dell'addebito.

In conclusione, quindi, in ragione delle motivazioni sopra esposte, questo Collegio ritiene i convenuti D. e S. gravemente colpevoli, per rilevante imperizia e negligenza nello svolgimento dei loro compiti di progettisti e di direttori dei lavori nel completamento dell’ospedale "Bassini" di Cinisello Balsamo; di conseguenza devono rispondere del danno, sopra individuato, direttamente ricollegabile alla loro condotta illecita, quantificato nelle somme di Lire 1.000.000.000 (un miliardo, voce A), più Lire1.780.776.403 (unmiliardosettecentottantamilionisettantaseiquattrocentotre, voce B), più Lire 34.859.974(trentaquattromilioniottocentocinquantanovenovecentosettantaquattro, voce C), per un totale di Lire 2.815.636.377 (duemiliardiottocentoquindicimilioni seicentotrentaseimilatrecentosettantasette).

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Lombardia condanna D.L. e S.M. al pagamento della somma di Lire 2.815.636.377 (duemiliardiottocentoquindicimilioniseicentotrentaseimilatrecentosettantasette), più rivalutazione ed interessi dalla condanna al soddisfo.

Condanna altresì alle spese processuali, quantificate in Lire 623.140.

Così deciso in Milano nelle Camere di consiglio dei giorni 11 febbraio e 9 marzo 1999.

IL PRESIDENTE f.f. - F.to Luigi Giampaolino

L’ESTENSORE - F.to Leonardo Venturini

Depositato in segreteria il 2 novembre 1999