LAVORI PUBBLICI - 092
Consiglio di Stato, sezione VI, 12 novembre 2002, n. 6255
Nell'aggiudicazione di un contratto pubblico, la preferenza data per il previsto
accollo all’acquirente di oneri particolari è illegittima dovendosi
ipotizzare che il concorrente diminuirà il prezzo per recuperare tale costo,
onde il risparmio di spesa è del tutto fittizio. Infatti, il previsto accollo
del success fee non comporta alcun vantaggio economico per
l'amministrazione e costituisce un elemento del tutto neutrale ai fini della
valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa. Similmente nel
contratto di brokeraggio la mancata previsione di un corrispettivo contrattuale
a carico dell'Amministrazione incaricante è priva di capacità qualificante in
termini di gratuità, perché se la provvigione è formalmente posta a carico
dell'assicuratore e non dell'assicurato, il primo procede tuttavia al recupero
del relativo importo attraverso una corrispondente maggiorazione del premio
dovuto dall'assicurato.
(Nel caso di specie si è preferita un'offerta che prevedeva di accollare al
futuro acquirente il success fee; appare ovvio che l'onere,
apparentemente posto a carico del terzo acquirente sarebbe stato sostenuto
comunque, anche se indirettamente, dalla pubblica amministrazione, in ragione
della sua incidenza sulla quantificazione dell'offerta).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (sezione Sesta)
ha pronunciato la seguente decisione
sul ricorso in appello proposto da C.F.R. - C s.p.a. e R.B.P. s.r.l., ciascuna quale impresa del costituendo raggruppamento tra le medesime, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall' avv.to G.P., ed elettivamente domiciliati presso lo stesso, in ...
contro
Regione Puglia, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall' avv.to L.V., ed elettivamente domiciliato presso lo studio del dott. L.G., in ...
e nei confronti
G. s.p.a., in proprio e quale capogruppo dell’A.T.I. G. s.p.a. - B.P.B. s.c.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall' avv.to P.L.P., ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. G.M., in ...
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione I, n. 1495/2002 pubblicata il 18-3-2002;
Visto il ricorso con i relativi
allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia e della società
controinteressata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 18-10-2002 relatore il Consigliere Roberto Chieppa.
Uditi l'Avv. Pellegrino, l’Avv. Sanino per delega dell’Avv. V. e l'Avv. P.;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
A seguito di incarico affidato
dalla Giunta della Regione Puglia nella seduta del 28 febbraio 2001, il
dirigente del settore provveditorato, economato, contratti e appalti della
Regione Puglia indiceva procedura negoziata ai sensi dell’art.
7 comma primo lettera c) del d.lgs. 17 marzo 1995, n. 157 per l’individuazione
di un consulente finanziario (advisor) cui affidare incarico di
assistenza per l’individuazione della migliore procedura di valorizzazione e
privatizzazione, eventualmente anche tramite quotazione in borsa, della Società
per l’Esercizio degli Aeroporti Pugliesi - S.E.A.P. S.p.A.
Svolta la procedura di gara, cui partecipavano diciassette concorrenti, con
determinazione n. 221 del 19 luglio 2001 il dirigente del settore
provveditorato, economato, contratti e appalti della Regione Puglia provvedeva
ad “…individuare nell’A.T.I. G. s.p.a. e B.P.B. s.c. a r.l., il
raggruppamento cui affidare l’incarico di consulente finanziario (Advisor) che
dovrà assistere la Regione Puglia nella fase di individuazione della migliore
procedura di valorizzazione e privatizzazione della S.E.A.P. S.p.A.”.
Con il ricorso in appello in epigrafe la C.F.R. - C. s.p.a. e la R.B.P. s.r.l., ciascuna quale impresa del costituendo raggruppamento tra le medesime, hanno chiesto l’annullamento della sentenza n. 1495/2002 con la quale il T.A.R. per la Puglia ha respinto il ricorso proposto avverso la menzionata determinazione del 19-7-2001.
L’appello viene proposto per i seguenti motivi:
1) erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui, nel dichiarare l’inammissibilità di alcune delle censure proposte causa la mancata impugnazione della lettera di invito, è stato travisato il significato dei motivi di ricorso, con cui le ricorrenti non si erano lamentate della scelta di procedere a procedura negoziata o delle modalità di svolgimento della stessa previste nella lettera di invito, ma avevano dedotto l’illegittimità degli atti della procedura di gara anche per la violazione della lex specialis della procedura;
2) illegittimità della preferenza accordata alla società controinteressata anche per la fase b) della procedura, in relazione alla quale era chiaramente più conveniente l’offerta della ricorrente (0,50% per ciascuna delle operazioni di cessione delle quote della S.E.A.P.) a fronte di quella della controinteressata (0,85%), non potendo attribuirsi rilievo all’impegno ad accollare all’acquirente il costo del c.d. success fee;
3) in via subordinata, illegittimità della procedura di gara per la mancata preventiva fissazione dei parametri di valutazione delle offerte per i diversi elementi da considerare (competenza, professionalità, indipendenza ed esperienza), per la mancata nomina di una commissione tecnica e per il generico giudizio di equiordinazione di tutte le offerte pervenute sotto il profilo tecnico.
Le società appellanti hanno
anche chiesto la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno
subito, costituito dal mancato conseguimento dell’incarico di advisor
anche sotto il profilo del curriculum aziendale.
La Regione Puglia e la società controinteressata si sono costituite in
giudizio, chiedendo la reiezione dell’appello, ribadendo l’inammissibilità
del ricorso proposto in primo grado.
All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla verifica della legittimità della procedura negoziata svolta dalla Regione Puglia per l’individuazione di un consulente finanziario (advisor) cui affidare incarico di assistenza per l’individuazione della migliore procedura di valorizzazione e privatizzazione, eventualmente anche tramite quotazione in borsa, della Società per l’Esercizio degli Aeroporti Pugliesi - S.E.A.P. S.p.A.
Appare opportuno precisare le modalità di svolgimento della gara, come peraltro correttamente ricostruite dal giudice di primo grado.
Con la lettera di invito l’incarico da affidare era stato diviso in due fasi:
a): “di definizione, nel rispetto della normativa vigente, delle opzioni strategiche per la valorizzazione della Società esercizio Aeroporti Pugliesi (SEAP) S.p.A., delle modalità di realizzazione della privatizzazione, con particolare riferimento alla procedura di dismissione delle partecipazioni pubbliche, individuando le singole opzioni strategiche, evidenziando le caratteristiche (vantaggi/svantaggi) delle varie alternative, la tempistica e le ipotesi di realizzo”;
b): “di assistenza, subordinatamente alle decisioni della Regione Puglia, nella fase attuativa dell’intero progetto di valorizzazione e privatizzazione, eventualmente anche tramite quotazione in borsa”).
La lettera di invito precisava inoltre che la gara sarebbe stata “…aggiudicata con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 23, comma 1 lett. B) del D.Lgs. n. 157/1995, valutabile in base ad elementi diversi, quali, ad esempio la competenza, la professionalità, indipendenza ed esperienza, il prezzo”; prescriveva l’indicazione del compenso quale “…remunerazione complessivamente richiesta per lo svolgimento delle singole fasi dell’incarico…” ed in particolare per la fase a - “comprensivo di tutti gli oneri anche fiscali e le spese necessarie” - da determinare “…in misura fissa…” nonché “…il compenso richiesto per la eventuale realizzazione della fase b”.
La lettera di invito precisava, ancora, la “…riserva di affidare eventualmente la valutazione delle offerte ad apposita commissione…” e che l’offerta non avrebbe vincolato in alcun modo la Regione Puglia “…che rimarrà libera di non affidare gli incarichi sub a) e b) o l’incarico relativo alla sola fase b), secondo la propria piena discrezionalità, senza che alcuna pretesa possa derivare da parte di alcuno degli offerenti anche in relazione al contenuto delle offerte trasmesse” e che “…ove decidesse di affidare l’incarico sub 1) e 2), prima del formale conferimento, si riserva la facoltà di procedere con il soggetto prescelto ad una negoziazione tecnica ed economica dell’offerta selezionata, al fine di migliorarla a vantaggio dell’Amministrazione regionale”.
Le offerte pervenute sono state valutate dal dirigente del settore provveditorato, economato, contratti e appalti della Regione Puglia, il quale, dopo aver ritenuto un sostanziale equilibrio tra i concorrenti in relazione ai fattori ‘competenza’, ‘professionalità’, ‘indipendenza ed esperienza’, è passato ad esaminare l’elemento “prezzo”, che in questo modo è risultato quello decisivo ai fini dell’aggiudicazione.
In relazione ai compensi, il dirigente ha ritenuto che “sicuramente per la fase A l’offerta più vantaggiosa per l’Amministrazione Regionale risulta quella presentata dal raggruppamento n. 3 formato da G. s.p.a. e B.P.B. s.c. a r.l. che ha richiesto un compenso forfetario di Lire 96.813.000, oltre IVA”, a fronte della somma di Lire 236.000.000 iva inclusa, offerta dalla odierna appellante.
Quanto alla fase b), il dirigente ha distinto tre gruppi tipologici di compensi:
- un primo (relativo alle offerte delle A.T.I. D. & T. capogruppo, A., B, A.T.I. I. - B s.p.a. capogruppo, I., B.O. a.p.a., A.T.I. R. S.p.A. capogruppo, A.A, s.r.l. capogruppo) ritenuto “…eccessivamente oneroso…anche considerando, per alcune, il minimo da corrispondere e trascurando l’eventuale richiesta in percentuale sul controvalore dell’operazione”;
- un secondo gruppo (relativo alle offerte della S.G., A.T.I. K. s.p.a. capogruppo, A.T.I. B.I. s.p.a.. capogruppo) che seppure “….più contenute in rapporto alle precedenti fanno riferimento al prezzo fisso…a prescindere dal successo dell’operazione di valorizzazione e privatizzazione della S.E.A.P.”, è stato considerato potenzialmente oneroso ove l’operazione non avesse successo e non incentivanti le imprese a conseguire il miglior risultato possibile;
- un terzo gruppo infine (relativo alle offerte della C. s.p.a. / R.B.P. , A.T.I. G. s.p.a. B.P.B. s.c. a r.l. , R. Italia a.p.a./Studio V.R.P.A.) che “…hanno richiesto tutte corrispettivi in percentuale sul controvalore delle operazioni, rispettivamente dello 0,5%, dello 0,85% e dello 0,9%…”.
Tra di esse il dirigente ha ritenuto che la scelta dovesse ricadere “…come per la fase A nel raggruppamento facente capo alla società G. a.p.a., tenuto conto soprattutto che la concorrente si è impegnata a “strutturare e proporre alla Regione Puglia una procedura di privatizzazione che consenta l’integrale accollo da parte dell’acquirente del success fee. In tal caso nulla avranno a pretendere G. s.p.a. e B.P.B. s.c. a r.l. dalla Regione Puglia a titolo di compenso aggiuntivo”
In conclusione il dirigente riteneva che “l’offerta sia per la fase A che per la fase B economicamente più vantaggiosa per la Regione Puglia fosse quella presentata dal raggruppamento n. 3”, odierno controinteressato.
2. Ciò premesso, deve essere esaminato il contenuto dell’impugnata sentenza del T.A.R. per la Puglia, tenuto conto che le parti hanno diversamente interpretato le statuizioni del giudice di primo grado.
Il T.A.R. ha dapprima ritenuto
infondate le eccezioni di inammissibilità del ricorso riferite alla astratta
possibilità di un concorrente partecipante a gara a trattativa privata di
contestare le determinazioni conclusive dell’amministrazione e ha poi ritenuto
la “potenziale inammissibilità sia della domanda di annullamento (con il
prospettato esito di un'aggiudicazione in proprio favore dell'intero incarico o,
almeno, di quello relativo alla fase b), sia della domanda risarcitoria”.
L’inammissibilità deriverebbe, secondo il T.A.R., dalla mancata impugnazione
delle specifiche clausole del bando o della lettera di invito.
Il giudice di primo grado ha
però ritenuto di poter prescindere dal profilo di inammissibilità, peraltro
ritenuto solo potenziale, tenuto conto della infondatezza delle censure
proposte, respingendo quindi il ricorso nel merito con formale statuizione nella
parte dispositiva della sentenza impugnata.
Non è quindi vero che il T.A.R. ha dichiarato l'inammissibilità dell'intero
ricorso di primo grado, come invece sostenuto dalle parti appellate.
3. La questione della inammissibilità del ricorso di primo grado, prospettata dalle parti appellate, deve comunque essere qui esaminata, trattandosi peraltro di questione rilevabile anche d'ufficio.
Il collegio ritiene che il ricorso di primo grado sia ammissibile.
Infatti, dalla lettura dello
stesso e dall’atto di appello si desume chiaramente come la parte ricorrente
non abbia in alcun modo inteso contestare né la scelta dell'amministrazione di
procedere all'aggiudicazione del servizio attraverso una procedura negoziata, né
le modalità di svolgimento della procedura previste negli atti di indizione
della stessa, che, quindi, coerentemente con le finalità del ricorso non sono
stati impugnati.
L'inammissibilità del ricorso non deriva neanche dalla circostanza che il tipo
di procedura negoziata prescelto dall'amministrazione lasciava a quest'ultima
ampi margini di discrezionalità nel decidere se affidare l'incarico sub a) e
sub b) nell'ambito delle offerte pervenute ovvero di non affidare gli incarichi
sub a) e b) o l'incarico relativo alla sola fase b), senza che alcuna pretesa
potesse derivare da parte di alcuno degli offerenti anche in relazione al
contenuto delle offerte trasmesse.
Infatti, i menzionati margini di discrezionalità, che l'amministrazione si è
espressamente riservata, non comportano certo l'insindacabilità in sede
giurisdizionale delle operazioni di gara, che, se illegittime, possono
certamente essere contestate dai concorrenti lesi.
Con particolare riferimento alla
posizione della società appellante, l'interesse della stessa non è limitato al
prospettato esito di un'aggiudicazione in proprio favore, come sottolineato dal
T.A.R., ma comprende espressamente l'interesse strumentale ad una rinnovazione
della procedura.
Pertanto, in presenza della dedotta illegittimità della valutazione delle
offerte con specifico riguardo alla fase b), l'odierna appellante ha sicuramente
interesse all'annullamento delle determinazioni impugnate al fine di risultare
il concorrente che ha presentato la migliore offerta almeno per la fase b).
Ciò ovviamente non può comportare alcun accertamento da parte del giudice
della fondatezza della pretesa diretta ad ottenere l'affidamento dell'incarico
per lo svolgimento della fase b), in quanto, in ipotesi di annullamento degli
atti impugnati restano salvi i margini di discrezionalità, sopra descritti, che
l'amministrazione si è riservata, come meglio verrà precisato in seguito.
4. Deve a questo punto essere esaminato il motivo di appello relativo alla valutazione delle offerte per la fase b), tenuto conto che sia nel ricorso in appello sia nella memoria conclusiva il raggruppamento ricorrente ha proposto le ulteriori censure, inerenti la fase a) e lo svolgimento della procedura nel suo complesso in via meramente subordinata, ritenendo quindi pienamente satisfattivo per la propria posizione l'accoglimento del primo motivo proposto (come anche confermato all'odierna udienza dal difensore della ricorrente).
Con il menzionato motivo l’appellante ha dedotto l’illegittimità della preferenza accordata alla società controinteressata anche per la fase b) della procedura, in relazione alla quale era chiaramente più conveniente l’offerta della ricorrente (0,50% per ciascuna delle operazioni di cessione delle quote della S.E.A.P.) a fronte di quella della controinteressata (0,85%), non potendo attribuirsi rilievo all’impegno ad accollare all’acquirente il costo del c.d. success fee.
Riguardo tale ultimo punto il raggruppamento ricorrente ha evidenziato che la preferenza data dall’amministrazione all’offerta della controinteressata in considerazione del previsto accollo all’acquirente del c.d. success fee è:
a) illegittimo perché in realtà dal punto di vista della percentuale offerta dai concorrenti risulta essere neutro, dovendosi ipotizzare che l’acquirente diminuirà il prezzo d’acquisto per recuperare tale costo, onde l’evidenziato risparmio di spesa per la Regione è del tutto fittizio;
b) illegittimo in quanto deontologicamente scorretto prefigurando una violazione del dovere di neutralità dell’advisor;
c) illegittimo perché astrattamente ipotizzabile solo per alcuni tipi di procedimenti di privatizzazione e non per altri, come per esempio il collocamento delle azioni attraverso quotazione in borsa.
Il motivo sub a) è fondato, a prescindere da ogni valutazione sulla possibilità tecnica di utilizzare il menzionato accollo del success fee per ogni tipo di procedimento di privatizzazione e ritenendo invece che la società controinteressata non dovesse essere esclusa a causa della descritta previsione contenuta nell’offerta, che non appare violare il dovere di neutralità dell’advisor, non ponendosi in contrasto con alcuno specifico divieto o principio generale, come rilevato dal Tar.
L'amministrazione ha errato nel
ritenere più conveniente l'offerta del raggruppamento controinteressato
rispetto a quella del raggruppamento appellante, nonostante quest'ultimo avesse
offerto una commissione (0,50 %) inferiore a quella offerta dalla ATI G. s.p.a.
- B.P.B. s.c. a r.l. (0,85 %), ritenendo decisiva la previsione dell'accollo del
c.d. success fee da parte dell’acquirente.
Infatti, il previsto accollo del success fee non comporta alcun vantaggio
economico per l'amministrazione e costituisce un elemento del tutto neutrale ai
fini della valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, potendo al
più rilevare in ipotesi, che qui non ricorre, di offerte uguali.
È evidente che l'acquirente, nel formulare e nel convenire il prezzo di
acquisto, terrà conto dell'impegno di corrispondere all’advisor lo
0,85 % del prezzo medesimo.
Riguardo la non dimostrabilità a
priori delle ripercussioni del menzionato accollo sulle future offerte degli
acquirenti, si osserva che in base a regole di normale esperienza non vi può
essere differenza fra prezzo pieno, su cui si deve corrispondere una commissione
all’advisor ed un prezzo al netto di una commissione posta a carico
dell'acquirente.
Del resto, la preferenza accordata dall'amministrazione ad una offerta
percentualmente superiore a quella dell'appellante, basata esclusivamente sull’accollo
della commissione da parte dell'acquirente, condurrebbe all'irragionevole
conclusione, secondo cui l'accollo del c.d. success fee renderebbe più
conveniente qualsiasi offerta anche di gran lunga superiore ad altra, in cui
tale accollo non è previsto.
In via meramente ipotetica, seguendo il ragionamento dell'amministrazione, anche un offerta che preveda per la fase b) una commissione del 50%, con accollo della stessa da parte dell'acquirente, sarebbe, per ciò solo, più vantaggiosa rispetto ad ogni altra offerta, anche percentualmente di gran lunga inferiore. L'esempio, benché paradossale, dimostra come l'accollo del success fee non può non ripercuotersi sul prezzo offerto dagli acquirenti, che sarà necessariamente ridotto in funzione delle somme da corrispondere direttamente all’advisor.
Le precedenti considerazioni sono peraltro conformi ad un precedente giurisprudenziale del Consiglio di Stato, in cui è stato affermato che, anche se in relazione al diverso contratto di “brokeraggio”, la mancata previsione di un corrispettivo contrattuale a carico dell'Amministrazione incaricante è priva di capacità qualificante in termini di gratuità, perché se la provvigione è formalmente posta a carico dell'assicuratore e non dell'assicurato, il primo procede tuttavia al recupero del relativo importo attraverso una corrispondente maggiorazione del premio dovuto dall'assicurato, appunto il «caricamento» (Cons. Stato, IV, n. 1019/2000).
In conclusione, l’impugnata determinazione n. 221 del 19 luglio 2001 è illegittima nella parte in cui, in relazione alla fase b), l'offerta del raggruppamento controinteressato è stata ritenuta più vantaggiosa dell'offerta del raggruppamento appellante.
Non devono pertanto essere esaminati gli ulteriori motivi di ricorso, tenuto conto che, come già detto, gli stessi sono stati proposti in via meramente subordinata dall’appellante.
5. Alla luce di quanto detto in precedenza, l'annullamento dell'impugnata determinazione nel senso sopra indicato non comporta in via automatica l'affidamento dell'incarico per la fase b) al raggruppamento appellante.
Il motivo accolto implica l’accertamento che il raggruppamento appellante ha presentato la migliore offerta per la fase b).
Ciò non significa che al suddetto raggruppamento debba essere necessariamente affidato l'incarico per lo svolgimento della fase b), in quanto, come già detto, restano salvi i margini di discrezionalità, che l'amministrazione si è riservata e che non sono stati contestati (si ricorda che nella lettera di invito era previsto che l’amministrazione “… rimarrà libera di non affidare gli incarichi sub a) e b) o l’incarico relativo alla sola fase b), secondo la propria piena discrezionalità, senza che alcuna pretesa possa derivare da parte di alcuno degli offerenti anche in relazione al contenuto delle offerte trasmesse).
Pertanto, premesso che l'offerta più vantaggiosa per la fase b) è quella del raggruppamento appellante, l'amministrazione non può ovviamente affidare l'incarico per la fase b) al raggruppamento controinteressato, ma resta libera, come lo era al momento di adozione dell'atto impugnato, di decidere se affidare o meno l'incarico relativo alla fase b) e se affidarlo congiuntamente a quello relativo alla fase a).
Ove l'amministrazione decida di affidare separatamente l'incarico per la fase b), la scelta non potrebbe che ricadere sul raggruppamento appellante, che ha presentato l'offerta più vantaggiosa; nell'ipotesi in cui invece l'amministrazione opti per l'affidamento congiunto dell’incarico per le due fasi, sarebbe a questo punto necessario valutare nel complesso le offerte relative alla fase a) e quelle relative alla fase b) attraverso un criterio che rapporti l'offerta in termini percentuali relativa alla fase b) al prezzo fisso offerto per la fase a (dovendosi a tal fine ipotizzare il valore dell'operazione per prevedere il prezzo del c.d. success fee).
Ovviamente l'amministrazione resta libera di decidere di non procedere all'affidamento dell'incarico per la fase b).
6. Le precedenti considerazioni conducono a ritenere inammissibile la domanda di risarcimento del danno, proposta dall'appellante in conseguenza dell'asserito mancato conseguimento dell’incarico di advisor anche sotto il profilo del curriculum aziendale.
Infatti, l'effetto conformativo
dell'annullamento degli atti impugnati consiste nel riesercizio del potere
amministrativo, peraltro, nel caso di specie, fortemente caratterizzato da ampi
margini di discrezionalità riservati all'amministrazione.
Il danno lamentato dall'appellante (mancato conseguimento dell’incarico di advisor)
da un lato non si pone in rapporto di causalità con l'illegittimità
riscontrata nell'odierno giudizio, dall'altro è meramente eventuale in quanto
l'affidamento dell'incarico di advisor dipende dalle future
determinazioni dell'amministrazione, che, come sopra evidenziato, potranno
comportare o l'affidamento dell'incarico all'appellante (con conseguente assenza
di danno), o le diverse scelte in precedenza descritte, solo in relazione alle
quali il mancato conseguimento dell'incarico si potrà eventualmente porre in
rapporto di causalità.
Allo stato, l'interesse del raggruppamento appellante deve ritenersi pienamente soddisfatto dall'annullamento delle determinazioni impugnate nei sensi sopra indicati.
7. In conclusione, l’appello deve essere in parte accolto con conseguente annullamento dell'atto impugnato nei sensi di cui sopra, in riforma della sentenza di primo grado, mentre deve essere dichiarata l'inammissibilità della domanda di risarcimento del danno.
Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie in parte il ricorso in appello indicato in epigrafe e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla il provvedimento impugnato nei sensi di cui in parte motiva. Dichiara inammissibile la domanda di risarcimento del danno.
Compensa tra le parti le spese
del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 18-10-2002 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Mario Egidio SCHINAIA, Presidente
Luigi MARUOTTI, Consigliere
Pietro FALCONE, Consigliere
Giuseppe ROMEO, Consigliere
Roberto CHIEPPA, Consigliere Est.