LAVORI PUBBLICI - 129
Consiglio di Stato, sezione V, 31 dicembre 2003, n. 9305
E' legittima la richiesta della stazione appaltante di requisiti ulteriori
rispetto alle semplici iscrizioni nei registri di cui all’art. 15 d. lgs. n. 157/95
o negli elenchi di cui all'art. 17 d. lgs. cit.;
negli appalti di servizi è legittimo richiedere, quale requisito, esperienze
specifiche e coerenti con l'oggetto dell'appalto.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE
GIURISDIZIONALE
Sezione Quinta
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Sul ricorso in appello n. 1261/2003, proposto dall’ Azienda Ospedaliera S. Martino Di Genova e Cliniche Universitarie convenzionate, rappresentati e difesi dagli Avv.ti L.C. e P.V., con domicilio eletto in ...
contro
I. S.p.A., rappresentata e difesa dagli Avv.ti L.A., D.A., M.B. e G.C.D.G., con domicilio eletto in ...
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LIGURIA:
Sezione II. n. 20/2003, in data 8 gennaio 2003;
Visto l’atto di appello con i relativi
allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio
e l’appello incidentale di I. S.p.A.
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 17 Ottobre 2003,
relatore il Consigliere Cons. Carlo Deodato ed udito, altresì, l’Avv.to V.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con la sentenza appellata il T.A.R. della Liguria, in parziale accoglimento del ricorso proposto dalla I. S.p.A. contro la disciplina della gara bandita dall’Azienda Ospedaliera Ospedale S. Martino di Genova e Cliniche Universitarie convenzionate (d’ora innanzi Azienda Ospedaliera) con il metodo della licitazione privata per l’affidamento del servizio di pulizia, sanificazione e disinfezione delle strutture dell’ospedale, annullava il bando nella parte in cui prescriveva, per i lotti 2 e 3, quale requisito di partecipazione alla procedura, la realizzazione del fatturato richiesto nell’esercizio di attività di pulizia svolta in ospedali dotati di più di cinquecento posti letto e nella parte in cui imponeva alle imprese concorrenti di partecipare a un solo lotto dei tre nei quali era stato suddiviso l’appalto.
Avverso tale decisione proponeva rituale appello l’Azienda Ospedaliera, criticando la correttezza del convincimento espresso in prima istanza in merito alla legittimità dei requisiti di partecipazione impugnati dall’originaria ricorrente, deducendo il difetto di interesse di quest’ultima alla contestazione del divieto di partecipazione a più di un lotto ed invocando conclusivamente l’annullamento della pronuncia gravata.
Resisteva la I., contestando la fondatezza dell’appello dell’Azienda Ospedaliera, proponendo impugnazione incidentale avverso il capo della decisione con il quale era stata negata la sufficienza dell’iscrizione dell’impresa nella fascia di classificazione del d.m. n. 274/97 corrispondente al valore dell’appalto in questione a documentarne l’idoneità tecnica e finanziaria (senza che l’amministrazione potesse richiedere requisiti diversi ed ulteriori), riproponendo il primo motivo aggiunto (non esaminato dal T.A.R.) e concludendo conformemente.
Con ordinanza n. 844, resa nella camera di consiglio del 4 marzo 2003, veniva accordata la tutela cautelare invocata dall’appellante, con conseguente sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata.
Entrambe le parti illustravano ulteriormente le loro tesi mediante memorie difensive.
Alla pubblica udienza del 17 ottobre 2003 il ricorso veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
1.- E’ controversa la legittimità di talune prescrizioni contenute nel bando della gara indetta, con il metodo della licitazione privata, dall’Azienda Ospedaliera per l’affidamento del servizio di pulizia, sanificazione e disinfezione delle strutture dell’ospedale, suddiviso in tre lotti, in ragione di livelli crescenti di pericolosità degli ambienti interessati dall’appalto, e con distinti requisiti di partecipazione agli stessi corrispondenti.
La I. aveva, in particolare, impugnato dinanzi al T.A.R. della Liguria il bando di gara, per quanto qui rileva, nelle parti in cui venivano prescritti requisiti di capacità tecnica e finanziaria ulteriori rispetto all’iscrizione dell’impresa nella fascia di classificazione del d.m. n. 274/97 corrispondente al valore dell’appalto, là dove il possesso dei requisiti di fatturato veniva riferito a prestazioni rese in favore di ospedali dotati di più di 500 posti letto e, infine, relativamente al divieto di partecipazione a più di un lotto.
Il Tribunale ligure riconosceva la sussistenza del potere dell’Azienda Ospedaliera di richiedere attestazioni di esperienza e di capacità diverse dalla mera iscrizione nel registro delle imprese secondo la classificazione definita dal d.m. n. 274/97, ma accertava, altresì, la violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità nella prescrizione che esigeva la realizzazione del fatturato richiesto nell’ambito di prestazioni rese in favore di grandi strutture ospedaliere ed in quella che vietava alle imprese di concorrere per più di un lotto ed annullava, quindi il bando, in parziale accoglimento del ricorso della I., nelle parti ut supra riconosciute illegittime.
L’Azienda Ospedaliera appellante si duole di tale decisione, assumendola erronea nella parte in cui ha omesso di considerare la coerenza della prescrizione relativa ai requisiti di capacità con il dettato dell’art. 13 decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157 e con l’interesse pubblico a conseguire la documentazione di un’esperienza maturata con riferimento a servizi identici a quelli oggetto della gara e nella parte in cui non ha rilevato il difetto di interesse della ricorrente a contestare la clausola limitativa della partecipazione a più lotti, e ne invoca conseguentemente l’annullamento.
La I., di contro, difende il convincimento espresso dai primi giudici in ordine alla irragionevolezza del riferimento dei requisiti di capacità finanziaria ai soli servizi resi in favore di ospedali di grandi dimensioni, appella in via incidentale il capo della decisione con il quale è stata accertata la sussistenza della potestà dell’Azienda di prescrivere requisiti ulteriori rispetto alla mera iscrizione dell’impresa nell’elenco di cui al d.m. n. 274/97, ripropone il primo motivo aggiunto formulato in primo grado (e non esaminato dal T.A.R.) e conclude, in sintesi, per la reiezione dell’appello avversario e per la conferma della statuizione gravata, seppur con diversa motivazione.
2.- Ordine logico impone la preliminare trattazione dell’appello incidentale.
2.1- Con il primo motivo, la I. ribadisce l’assunto, disatteso dal Tribunale di prima istanza ed in relazione al quale conserva un sicuro interesse (quantomeno con riferimento al lotto 1), dell’idoneità della propria iscrizione nel registro delle imprese nella fascia di classificazione corrispondente all’importo dell’appalto in oggetto a legittimarla alla partecipazione alla gara per il suo affidamento e della conseguente impossibilità dell’Azienda Ospedaliera, ai sensi del combinato disposto degli artt. 3 d.m. n. 274/97 e 17 d. lgs. n. 157/95, di prescrivere requisiti di capacità diversi ed ulteriori rispetto a tale iscrizione.
Sostiene, al riguardo, l’appellante incidentale che il peculiare sistema di qualificazione delineato dal d.m. n. 274/97 soddisfa, di per sé, le esigenze di verifica della capacità tecnica e finanziaria delle imprese partecipanti a procedure di affidamento di appalti di servizi di pulizia e che l’iscrizione nella fascia di classificazione corrispondente al valore del contratto attesta automaticamente, ai sensi dell’art. 17, commi 1 e 2, d. lgs. n. 157/95, i requisiti di idoneità necessari alla partecipazione alla gara, senza che rilevi, in senso contrario, l’omessa certificazione di un’esperienza specifica in un ambito peculiare dei servizi di pulizia (anche perché il d.m. n. 274/97 non distingue diversi tipi di servizi, ma tratta unitariamente l’esercizio dell’attività).
L’Azienda Ospedaliera appellata obietta, innanzitutto, che l’elenco di cui al d.m. n. 274/97 va qualificato come registro professionale ai sensi dell’art. 15 d. lgs. n. 157/95 e non come elenco ufficiale di prestatori di servizi ai sensi dell’art. 17 d. lgs. cit. e sostiene, ancora, che, in ogni caso, l’applicazione di quest’ultima disposizione non priva le amministrazioni del potere di richiedere l’attestazione di requisiti di capacità diversi dall’iscrizione nell’elenco.
La tesi sostenuta dall’appellante incidentale è infondata e va disattesa.
Quand’anche, infatti, si intendesse attribuire all’iscrizione della società nel registro delle imprese, secondo il sistema di classificazione descritto dall’art. 3 d.m. n. 274/97, la valenza assegnatagli dall’art. 17, comma 2, d. lgs. n. 157/95, si dovrebbe, comunque, concludere che l’amministrazione aggiudicatrice conserva la potestà di pretendere l’attestazione di requisiti di capacità diversi ed ulteriori dalla semplice iscrizione nell’elenco.
Alla documentazione di quest’ultima consegue, infatti, secondo il regime descritto dal combinato disposto degli artt. 12, 13, 14, 15 e 17 d. lgs. n. 157/95, la sola verifica del possesso dei requisiti minimi (come si desume dal rinvio alle disposizioni sulle condizioni di capacità dei partecipanti contenuto nell’art. 17, comma 3) e non anche, come pretende la I., l’automatica qualificazione alla gara dell’impresa iscritta per la classifica di riferimento e l’impossibilità di configurare in via amministrativa e discrezionale attestazioni di capacità ulteriori rispetto a quelle indispensabili prescritte dalla legge (e presunte, per legge, in favore delle imprese iscritte negli elenchi ufficiali di prestatori di servizi).
La tesi sostenuta dall’appellante incidentale si rivela, in particolare, sprovvista di qualsivoglia riscontro positivo e, anzi, confliggente sia con il dato testuale dell’art. 17 d. lgs. n. 157/95, che si limita a stabilire una presunzione di possesso dei requisiti minimi, sia con l’univoco indirizzo giurisprudenziale secondo cui le amministrazioni aggiudicatrici possono pretendere requisiti di partecipazione ulteriori rispetto a quelli prescritti in via generale ed astratta come indispensabili dal legislatore, che implica logicamente la negazione dell’assunto dell’intangibilità della disciplina legislativa sulle condizioni di capacità delle imprese.
Le conclusioni reiettive appena raggiunte risultano, inoltre, avvalorate e corroborate dal concorrente rilievo che l’elenco di cui al d.m. n. 274/97 omette di distinguere il tipo di servizi svolti dall’impresa iscritta e si limita a trattare l’attività di pulizia unitariamente ed indistintamente, sicché l’assunto della sufficienza della classificazione del prestatore di servizi ad attestare definitivamente e conclusivamente la sua qualificazione contrasta insanabilmente con l’esigenza delle amministrazioni committenti di conseguire la documentazione di un’esperienza specifica nel peculiare tipo di servizio di pulizia che intendono appaltare.
L’assunto della I. finisce, in definitiva, per precludere alle amministrazioni aggiudicatrici di verificare in concreto l’idoneità tecnica e finanziaria delle imprese a svolgere l’attività di pulizia in peculiari ambiti operativi, in conformità, peraltro, al disposto dell’art. 13 lett. c) d. lgs. n. 157/95 e all’indirizzo giurisprudenziale che ha riconosciuto la legittimità, ai fini del rispetto del parametro concettuale dell’identità del servizio, del riferimento dei requisiti di capacità alla tipologia delle strutture destinatarie delle prestazioni (Cons. Stato, sez.V, 15 febbraio 2002, n. 919).
Va, quindi, respinto il primo motivo dell’appello incidentale, con conseguente conferma del capo della decisione con cui è stata accertata la sussistenza del potere dell’Azienda Ospedaliera di pretendere, ai fini della qualificazione delle imprese, l’attestazione di requisiti ulteriori rispetto alla mera iscrizione nell’elenco di cui al d.m. n. 274/97.
2.2- La I. ha, inoltre, formulato, in subordine rispetto al primo motivo, specifica istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, ai sensi dell’art. 234 del Trattato, della questione relativa all’interpretazione della disciplina nazionale di riferimento, onde riceverne indicazioni su una sua esegesi compatibile con i principi comunitari che garantiscono la libera prestazione di servizi e la concorrenza e che vietano l’introduzione di misure indebitamente limitative dell’accesso alle procedure d’appalto, altrimenti vulnerati, ad avviso dell’appellante incidentale, con la lettura sopra privilegiata dalla Sezione.
L’istanza va disattesa, difettando i presupposti per provvedere all’invocato rinvio pregiudiziale.
Basti, al riguardo, rilevare che non sono configurabili, nella fattispecie, dubbi interpretativi su disposizioni del Trattato, che impongono ai sensi dell’art. 234 lett. a (da valersi quale unica ipotesi di rinvio astrattamente configurabile nel caso di specie) la rimessione richiesta, e che i principi, univoci nella loro portata vincolante per gli Stati membri, menzionati dall’appellante incidentale come lesi dall’esegesi sopra illustrata della disciplina nazionale sulla qualificazione delle imprese negli appalti di servizi risultano, viceversa, rispettati, nella misura in cui, come appresso verificato ed argomentato, la prescrizione di requisiti superiori a quelli minimi si rivela coerente con le esigenze di tutela della concorrenza.
2.3- Con il terzo motivo l’appellante incidentale censura la decisione nella parte in cui, in violazione dell’art. 112 c.p.c., i primi giudici hanno omesso di pronunciarsi sul primo motivo aggiunto, riferito al lotto 1, e ripropone, a tal fine, gli argomenti dedotti a sostegno della censura asseritamente non esaminata.
Deve, anzitutto, rilevarsi che il difetto di pronuncia, agevolmente riscontrabile dall’esame della motivazione della decisione appellata, su una parte delle doglianze addotte a sostegno dell’impugnazione dei requisiti riferiti al lotto 1 impone la loro disamina in questo grado di giudizio.
Premesso di non possedere i requisiti di capacità finanziaria prescritti dal bando per il lotto 1 (fatturato conseguito - in esecuzione di servizi di pulizia in ambiti sanitari – nei tre anni precedenti non inferiore a Euro 1.900.000 di cui Euro 620.000 riferiti al solo anno 2001), la I. ha impugnato la relativa clausola assumendone l’illegittimità sia in quanto contrastante con il sistema di qualificazione delineato dal combinato disposto degli artt. 3 d.m. n. 274/97 e 17 d. lgs. n. 157/95, sia in quanto indebitamente limitativa delle possibilità di accesso alla gara (nella parte in cui riferisce il fatturato richiesto a servizi resi in ambiti sanitari).
La fondatezza della prima ragione d’impugnazione (consistente nell’asserita sufficienza dell’iscrizione nell’elenco al d.m. n. 274/97 ad attestare conclusivamente l’idoneità dell’impresa) può essere negata sulla base dei medesimi argomenti svolti nel precedente punto 2.1.
Quanto, invece, alla presunta irragionevolezza della prescrizione che riferisce il fatturato realizzato nel triennio a servizi di pulizia resi in ambiti sanitari, è sufficiente rilevare che il requisito contestato, oltre a rivelarsi coerente con l’interesse pubblico dell’Azienda Ospedaliera alla verifica di un’esperienza specifica maturata nel settore della pulizia sanitaria (che implica attitudini, capacità e competenze peculiari e diverse da quelle che servono per la gestione del servizio in ambienti diversi da quelli sanitari), risulta anche conforme al dettato dell’art. 13, comma 1, lett. c), d. lgs. n. 157/95, che, laddove riferisce il fatturato necessario a comprovare la capacità economica dell’impresa “ai servizi identici a quello oggetto della gara”, intende evidentemente valorizzare l’acquisizione da parte della concorrente di una peculiare perizia acquisita nell’esercizio della medesima attività appaltata.
L’esplicito riferimento all’identità dei servizi non può, infatti, essere inteso in altro modo che come indicativo della necessità di attestare l’esperienza maturata nell’esercizio delle stesse prestazioni che dovranno essere rese in esecuzione del contratto alla cui stipulazione è preordinata la gara.
L’identità dei servizi, poi, non può essere intesa con esclusivo riferimento all’oggetto indefinito dell’attività (e cioè, nel caso di specie, ai servizi di pulizia), ma va anche riferita alla tipologia delle strutture destinatarie delle prestazioni (e cioè, nel caso di specie, a quelle sanitarie), come, peraltro, ritenuto dall’indirizzo giurisprudenziale di cui sopra si è dato conto.
Diversamente opinando, riferendo, cioè, l’identità dei servizi all’attività di pulizia genericamente intesa, si impedirebbe alla disposizione di realizzare le esigenze alle quali risulta evidentemente preordinata: l’attestazione di un’esperienza specifica che soddisfi le attese di competenza e di professionalità sottese all’esecuzione dell’appalto.
Risulta, allora, agevole concludere che la palese diversità delle implicazioni organizzative e delle attitudini operative connesse alla gestione del servizio di pulizia in un ospedale (rispetto, ad esempio, a quelle relative alla pulizia di una scuola) giustifica senz’altro la contestata richiesta della documentazione del fatturato realizzato nell’esecuzione di appalti di pulizia di ambienti sanitari.
Va, quindi, respinto anche il terzo ed ultimo motivo dell’appello incidentale.
3.- Occorre, adesso, procedere alla disamina dell’appello principale dell’Azienda Ospedaliera.
3.1- Con il primo motivo viene criticata la parte della decisione con la quale, pur ammettendosi, in astratto, la possibilità di dettare requisiti di ammissione ulteriori rispetto a quelli minimi, è stato ritenuto scorretto l’uso della relativa discrezionalità, nella parte in cui, per i lotti 2 e 3, si è irragionevolmente riferito il fatturato a servizi di pulizia di strutture ospedaliere dotate di più di 500 posti letto.
Sostiene, al riguardo, l’appellante che ha errato il T.A.R. nel giudicare violati i principi di ragionevolezza e di proporzionalità e nel trascurare la coerenza dei requisiti contestati dalla I. con il disposto dell’art. 13, comma 1, lett. c), d. lgs. n. 157/95.
L’assunto è fondato.
E’ sufficiente, al riguardo, ribadire le considerazioni svolte in occasione dell’esame dell’appello incidentale, per riscontrare la sicura legittimità dei requisiti in questione.
La lettura sopra esposta della nozione di identità del servizio (come riferita anche alla tipologia delle strutture che ricevono le prestazioni di pulizia) giustifica, innanzitutto, il riferimento del fatturato ad appalti eseguiti in favore di ospedali con più di 500 posti letto, ai fini della documentazione del requisito di capacità finanziaria di cui all’art. 13, lett. c), d. lgs. n. 157/95, tenuto conto delle dimensioni dell’Ospedale S. Martino di Genova.
Quand’anche, tuttavia, dovesse ritenersi improprio il riferimento anche alle dimensioni della struttura sanitaria per attestare il requisito di idoneità in questione, si perverrebbe alle medesime conclusioni reiettive.
Giova, al riguardo, ripetere che, secondo un univoco e consolidato orientamento giurisprudenziale (Cons. St., sez. VI, 30 aprile 2002, n. 2320, sez. V, 1 giugno 2001, n. 2973, sez. VI, 9 maggio 2000, n. 2682), qui condiviso, le amministrazioni possono richiedere alle imprese requisiti di partecipazione e di qualificazione più rigorosi e restrittivi di quelli minimi stabiliti dalla legge, purché, tuttavia, tali ulteriori prescrizioni si rivelino rispettose dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza, non limitino indebitamente l’accesso alla procedura e siano giustificate da specifiche esigenze imposte dal peculiare oggetto dell’appalto.
Così definiti i limiti assegnati dalla giurisprudenza al coretto esercizio della potestà discrezionale di imporre requisiti ulteriori rispetto a quelli minimi stabiliti dalla legge, risulta agevole rilevare che, contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici, il riferimento del fatturato a servizi resi in favore di strutture ospedaliere di grandi dimensioni, lungi dal rivelarsi irragionevole e sproporzionato, risulta, invece, del tutto coerente con le caratteristiche e con le esigenze proprie dell’appalto da affidare nella fattispecie.
Le rilevanti dimensioni dell’Ospedale S. Martino di Genova (definito dall’appellante, con espressione non contestata né smentita dalla controparte, il più grande d’Italia) implicano, infatti, la necessità di selezionare un contraente dotato di comprovata esperienza nell’amministrazione del servizio di pulizia in grandi strutture sanitarie e, quindi, di restringere l’accesso per l’affidamento del relativo appalto alle sole imprese capaci, per la specifica esperienza acquista nel settore, di garantire una corretta gestione della complessa attività organizzativa ed operativa presupposta dalla regolare esecuzione delle prestazioni di sanificazione degli ambienti.
Può, quindi, concludersi, affermando l’immunità delle clausole del bando riferite ai requisiti di capacità finanziaria dai vizi denunciati in primo grado dalla I.
3.2- Con il secondo motivo l’Azienda Ospedaliera appellante contesta il capo della decisione con il quale è stato annullato il divieto di partecipare a più di un lotto.
La riscontrata insussistenza in capo alla impresa originaria ricorrente (esclusa, peraltro, dalla gara, nell’ambito del procedimento riattivato in seguito alla sospensione della sentenza appellata) dei requisiti di partecipazione a tutti e tre i lotti determina l’improcedibilità, per sopravvenuto difetto di interesse, della censura rivolta contro la clausola del bando che limita ad un solo lotto (la I. non può partecipare utilmente neanche per quello) le possibilità di concorso delle imprese interessate.
L’impossibilità della I. di partecipare anche per un solo lotto (e a fortiori per due o tre) esclude, invero, qualsiasi suo interesse a dolersi dell’illegittimità della clausola in questione (che non la pregiudica in alcun modo) ed a pretenderne l’eliminazione
4.- Alle considerazioni che precedono conseguono, in definitiva, la reiezione dell’appello incidentale, l’accoglimento di quello principale e, in riforma della decisione appellata, il rigetto del ricorso proposto in primo grado dalla I.
5.- La complessità delle questioni dibattute giustifica la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello principale e, per l’effetto, in riforma della decisione appellata, respinge il ricorso in primo grado; respinge l’appello incidentale; compensa le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 17 Ottobre 2003 con l’intervento dei Sigg.ri:
Alfonso Quaranta, Presidente
Paolo Buonvino, Consigliere
Goffredo Zaccardi, Consigliere
Francesco D'Ottavi, Consigliere
Carlo Deodato, Consigliere Est.