REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 199 del 2016, proposto da:
G.Eco S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Di Lascio e Saul
Monzani, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to Carlo Mulé in
Brescia, Via Gramsci n. 28;
contro
Comune di Cologno al Serio, rappresentato e difeso dall’avv.to Mauro Ballerini, con domicilio eletto presso il suo studio in Brescia, Viale della Stazione n. 37;
nei confronti di
Servizi Comunali S.p.A., rappresentata e difesa dall’avv.to Maurizio Zoppolato, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to Chiara Ghidotti in Brescia, Via Solferino n. 59;
per l'annullamento
- DELLA DELIBERAZIONE CONSILIARE IN DATA 10/12/2015 N. 65, RECANTE
L’AFFIDAMENTO ALLA CONTROINTERESSATA DEI SERVIZI DI IGIENE AMBIENTALE;
- DEI DOCUMENTI ALLEGATI ALLA DELIBERAZIONE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO
ALLA RELAZIONE SULLE MODALITA’ DI AFFIDAMENTO DEI SERVIZI DI RACCOLTA,
TRASPORTO, SMALTIMENTO RSU E ASSIMILATI E ALTRI SERVIZI DI IGIENE
AMBIENTALE;
- DELLA COMUNICAZIONE DEL SINDACO IN DATA 25/1/2016.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Cologno al Serio e
di Servizi Comunali S.p.A.;
Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 maggio 2016 il dott. Stefano
Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
FATTO
Riferisce la ricorrente di essere una Società a capitale misto
pubblico-privato, il cui socio privato è stato prescelto mediante gara, che
gestisce i servizi di igiene ambientale a favore di 82 Comuni e di oltre
350.000 abitanti nella Provincia di Bergamo e nelle Provincie limitrofe.
Sostiene dunque di vantare un interesse giuridicamente rilevante a
partecipare a procedure selettive indette dagli Enti locali e a conoscere i
presupposti di altrui affidamenti diretti in house.
Rappresenta G.ECO in punto di fatto che l’intimato Comune ha disposto
l’affidamento diretto del servizio di igiene urbana a favore della Società
controinteressata per 10 anni.
Con l’introdotto gravame, ritualmente notificato e tempestivamente
depositato presso la Segreteria della Sezione, la ricorrente impugna gli
atti di gara in epigrafe, deducendo le seguenti censure in diritto:
a) Violazione dell’art. 34 comma 20 del D.L. 179/2012 conv. in L. 221/2012,
dell’art. 3-bis comma 1-bis del D.L. 138/2011 conv. in L. 148/2011 e
modificato con L. 190/2014, eccesso di potere per carenza di istruttoria,
errore e travisamento dei presupposti di fatto, dato che:
• per assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità degli operatori e l’economicità della gestione, il D.L. 179/2012 impone una relazione (comprendente un piano economico finanziario asseverato) che dia conto delle ragioni e dei requisiti previsti dall’ordinamento comunitario e definisca i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale;
• il PEF asseverato deve contenere la proiezione, per la durata dell’affidamento, dei costi e dei ricavi, degli investimenti e dei relativi finanziamenti, con la definizione dell’assetto economico-patrimoniale, del capitale proprio investito e dell’ammontare dell’indebitamento;
• gli Enti proprietari procedono, contestualmente all’affidamento, ad accantonare in bilancio una somma pari all’impegno finanziario del capitale proprio previsto per il triennio e a redigere il bilancio consolidato con il soggetto affidatario in house;
• la relazione del Comune intimato si limita a comparare il costo medio del servizio per abitante presso i Comuni con caratteristiche similari (pari a 94,71 €) con quello sostenuto dall’Ente locale nel 2014 (di 94,11 €), e con l’offerta di Servizi comunali (che propone 79,97 €);
• il predetto raffronto è lacunoso e inattendibile, e in ogni caso è fuorviante il richiamo della media provinciale, la quale prende a riferimento prestazioni anche molto diverse da Comune a Comune;
• l’accostamento dei valori è scorretto, visto che la spesa pro-capite media del 2014 si riferisce al costo complessivo del Comune per la gestione, mentre la cifra proposta da Servizi comunali comprende il solo corrispettivo spettante all’affidatario, pari a 879.718 € (peraltro in bilancio sono stanziati 1.088.150 €);
• la cifra concordata contempla il solo primo anno di servizio, mentre secondo il disciplinare a partire dagli anni successivi sono previsti molteplici meccanismi di aumento del canone di gestione, con variazioni anche significative (costo per il personale, costi di esercizio, etc.);
• la ricorrente ha trasmesso la propria proposta economica, prefigurando un risparmio di 35.000 € all’anno e un prezzo costante per un decennio (salvo l’aggiornamento ISTAT), ma la stessa è rimasta ignorata;
• nella relazione di servizio si è omesso qualsiasi approfondimento sui meccanismi di conguaglio e adeguamento dei costi previsti dal disciplinare, con la conseguenza che eventuali incrementi resterebbero a carico del Comune mentre eventuali risparmi avvantaggerebbero unicamente la Società;
• i servizi accessori proposti dalla controinteressata non sono in grado in incidere sensibilmente sui costi complessivi, e in ogni caso G.ECO sarebbe in grado di eseguirli a sua volta senza difficoltà, anche gratuitamente;
b) Violazione dei principi sull’in house per carenza di controllo analogo
effettivo, eccesso di potere per difetto di istruttoria, dato che il
provvedimento impugnato rinvia alle previsioni dello Statuto, che
contemplano il Comitato per il controllo analogo, e tuttavia le stesse
devono essere verificate alla stregua del criterio di effettività, mentre
non sono stati compiuti accertamenti sul concreto funzionamento dei
meccanismi di controllo.
Si sono costituite in giudizio l’amministrazione e la controinteressata,
formulando un’eccezione in rito e chiedendo la reiezione del gravame nel
merito.
In prossimità dell’udienza pubblica di discussione della causa, le parti
hanno dimesso memorie per ribadire le rispettive posizioni.
Alla pubblica udienza del 10/5/2016 il gravame introduttivo è stato chiamato
per la discussione e trattenuto in decisione.
DIRITTO
La ricorrente censura i provvedimenti con i quali il Comune di Cologno al
Serio ha aderito alla Società controinteressata, affidandole in house il
servizio di igiene ambientale.
0. Deve essere preliminarmente vagliata l’eccezione di carenza di interesse
sollevata da Servizi Comunali. Quest’ultima sostiene che G.ECO – la quale
non muove specifiche censure sulla scelta di fondo del meccanismo della
delegazione interorganica – non vanta alcun interesse all’impugnazione,
tenuto conto che il Comune non detiene partecipazioni presso la stessa. Non
è stata comunque tempestivamente contestata la scelta di procedere
all’affidamento diretto in house, assunta già con la deliberazione
consiliare n. 39/2015, mentre G.ECO è Società a capitale misto, e la
presenza di capitale privato è ostativa a tale modello gestionale. In
definitiva, la decisione impugnata non è in realtà contestabile, anche
perché l’eventuale accoglimento del ricorso non determinerebbe, come
automatica conseguenza, l’obbligo di indire una procedura ad evidenza
pubblica.
0.1 L’eccezione è infondata. E’ vero che l’amministrazione sembra aver
escluso l’opzione per il metodo della gara pubblica, mostrando di
prediligere l’in house providing. Tuttavia G.ECO vanta un interesse
strumentale a rimettere in discussione la vicenda: l’accoglimento del
gravame non garantirebbe il bene della vita al quale la ricorrente
principalmente aspira (ossia l’affidamento a suo favore), e tuttavia il
Comune dovrebbe riattivare la procedura, con l’obbligo di osservare le
statuizioni di questo Tribunale. Si tratterebbe, in altri termini, di una
rivalutazione/rimeditazione “guidata” della scelta intrapresa, che
restituirebbe a G.ECO una chance (seppur astratta) per rientrare in gioco, o
attraverso la partecipazione a una gara, o come gestore in house ai sensi
della nuova normativa comunitaria (con affidamento preceduto dall’acquisto
di azioni). Di recente (cfr. T.A.R. Friuli Venezia Giulia – 18/1/2016, n. 15)
è stato affermato che “anche ammettendo che la società … non possieda i
requisiti per un affidamento diretto, va comunque riconosciuto che essa,
quale operatore del settore, ha interesse a che il servizio sia affidato
mediante procedura di evidenza pubblica, in luogo dell'affidamento diretto
alla controinteressata. Essa è, cioè, portatrice di un interesse strumentale
qualificato e differenziato, a contestare davanti a questo Giudice una
scelta che prescinde dallo svolgimento di una pubblica gara nella quale
potrebbe far valere le proprie chances competitive”. In proposito, non sono
emersi profili ostativi alla partecipazione di G.ECO alle gare pubbliche.
1. Passando all’esame del merito, la prima censura è priva di pregio.
1.1 Premette il Collegio che il modello in house costituisce un modo di
gestione ordinario dei servizi pubblici locali, alternativo rispetto
all’affidamento mediante selezione pubblica, per cui non costituisce
un’eccezione alla regola (cfr. T.A.R. Liguria, sez. II – 8/2/2016, n. 120).
Il quinto considerando della direttiva U.E. 24/2014 sugli appalti pubblici,
stabilisce sul punto che “È opportuno rammentare che nessuna disposizione
della presente direttiva obbliga gli Stati membri ad affidare a terzi o a esternalizzare la prestazione di servizi che desiderano prestare essi stessi
o organizzare con strumenti diversi dagli appalti pubblici ai sensi della
presente direttiva”.
1.2 Recentemente il Consiglio di Stato (cfr. sez. V – 15/3/2016 n. 1034) ha
evocato l'orientamento comunitario secondo cui un'autorità pubblica può
adempiere ai compiti di interesse pubblico ad essa incombenti mediante
propri strumenti senza essere obbligata a far ricorso ad entità esterne non
appartenenti ai propri servizi e può farlo altresì in collaborazione con
altre autorità pubbliche (in tal senso: CGUE, sentenza 6 aprile 2006 in
causa C-410/14 (ANAV), e ha richiamato la propria precedente giurisprudenza
la quale ha «a propria volta stabilito che, stante l'abrogazione
referendaria dell' articolo 23-bis del D.L. n. 112 del 2008 e la
declaratoria di incostituzionalità dell'articolo 4 del D.L. n. 138 del 2011
e le ragioni del quesito referendario (lasciare maggiore scelta agli enti
locali sulle forme di gestione dei servizi pubblici locali, anche mediante internalizzazione e società in house), è venuto meno il principio, con tali
disposizioni perseguito, della eccezionalità del modello in house per la
gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (Cons. Stato,
VI, 11 febbraio 2013, n. 762)».
1.3 Anche questo T.A.R. ha statuito (cfr. sentenza sez. II – 22/3/2016 n.
431) che “l'ordinamento non predilige né l'in house, né la piena espansione
della concorrenza nel mercato e per il mercato e neppure il partenariato
pubblico-privato, ma rimette la scelta concreta al singolo Ente affidante
…In definitiva, i servizi pubblici locali di rilevanza economica possono
essere gestiti indifferentemente mediante il mercato (ossia individuando,
all'esito di una gara ad evidenza pubblica, il soggetto affidatario) ovvero
attraverso il c.d. partenariato pubblico-privato (ossia per mezzo di una
Società mista e quindi con una "gara a doppio oggetto" per la scelta del
socio e per la gestione del servizio), ovvero attraverso l'affidamento
diretto, in house …”. In particolare, devono essere osservate le modalità
stabilite all’art. 34 comma 20 del D.L. 18/10/2012 n. 179 conv. in L.
17/12/2012 n. 221, per cui «per i servizi pubblici locali di rilevanza
economica, al fine di assicurare il rispetto della disciplina europea, la
parità tra gli operatori, l'economicità della gestione e di garantire
adeguata informazione alla collettività di riferimento, l'affidamento del
servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito
internet dell'ente affidante, che dà conto delle ragioni e della sussistenza
dei requisiti previsti dall'ordinamento europeo per la forma di affidamento
prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio
pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se
previste». Da ultimo questa Sezione (cfr. sentenza 9/5/2016 n. 639) ha
osservato come “la scelta, espressa da un ente locale, nella specie da un
Comune, nel senso di rendere un dato servizio alla cittadinanza con una
certa modalità organizzativa piuttosto di un’un'altra, ovvero in questo caso
di ricorrere allo in house e non esternalizzare, è ampiamente discrezionale,
e quindi, secondo giurisprudenza assolutamente costante e pacifica, è
sindacabile nella presente sede giurisdizionale nei soli casi di illogicità
manifesta ovvero di altrettanto manifesto travisamento dei fatti: nella
materia dei servizi pubblici, affermano ad esempio il principio in generale
C.d.S. sez. V, 6 maggio 2011, n. 2713 e nel caso specifico della scelta di una
gestione in house TAR Liguria, sez. II, 8 febbraio 2016, n.120 e TAR Puglia,
Bari, sez. I, 12 aprile 2006, n.1318”.
1.4 Sotto altro punto di vista, la relazione che supporta la scelta comunale
di operare mediante affidamento in house (cfr. art. 34 comma 20 del D.L.
179/2012) è finalizzata a rendere trasparenti e conoscibili agli interessati
tanto le operazioni di riscontro delle caratteristiche che fanno dell'affidataria
una società in house, quanto il processo d’individuazione del modello più
efficiente ed economico alla luce di una valutazione comparativa di tutti
gli interessi pubblici e privati coinvolti (T.A.R. Friuli Venezia Giulia –
26/10/2015, n. 468; T.A.R. Abruzzo Pescara – 14/8/2015, n. 349). Anche il
recente D.Lgs. 18/4/2016 n. 50, non applicabile
ratione temporis alla
fattispecie in esame, statuisce all’art. 192, comma 2 che “Ai fini
dell'affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi
disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti
effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica
dell'offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all'oggetto e al valore
della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di
affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei
benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con
riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di
economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle
risorse pubbliche”.
1.5 Nel caso in oggetto, l’esame della relazione tecnico economica
predisposta dal Comune induce il Collegio a ritenere la scelta immune dai
vizi dedotti. La stessa risulta infatti esaustiva per le ragioni che
seguono:
- racchiude una comparazione tra i costi del servizio per abitante, dalla quale affiora la convenienza del prezzo unitario offerto dalla controinteressata (79,97 €) rispetto al valore medio calcolato in 7 Comuni (compreso Cologno al Serio) di dimensioni e territorio analoghi (94,71 €) e alle condizioni praticate all’Ente resistente dal precedente gestore (94,11 €); al riguardo, le rimostranze sull’eterogeneità dei territori e dei dati demografici sono state affermate in modo apodittico dalla ricorrente, senza insinuare dubbi con riscontri oggettivi ed elementi concreti;
- garantisce le prestazioni essenziali del servizio di igiene ambientale, oltre a interventi di carattere accessorio e complementare, tra le quali si possono citare la sensibilizzazione nel progetto di riduzione dei rifiuti da avviare a discarica o inceneritore, mediante laboratori didattici presso le scuole e incontri di aggiornamento della popolazione; ricerca, progettazione e realizzazione di sistemi alternativi di riutilizzo/recupero dei rifiuti; incontri periodici con l’utenza;
- racchiude l’impegno a mantenere attivo l’attuale Sportello front-office per l’intero 2016 (per facilitare i rapporti tra utenti e nuova Società – art. 17 lett. a – allegato A del disciplinare);
- con riguardo al problema della disomogeneità dei dati esibiti, la controinteressata ha sottolineato che la spesa prevista comprende tutte le attività correlate alla gestione del ciclo integrato dei rifiuti, incluse quelle di gestione della TARI;
- Servizi comunali garantisce per 5 anni (quale costo massimo) quello sostenuto dal Comune di Cologno al Serio durante la precedente gestione (art. 17 lett. b – allegato A del disciplinare).
In altra causa recentemente affrontata da questa Sezione (cfr. sentenza
9/5/2016, n. 639, già citata) si è osservato come la relazione sia esaustiva
qualora dimostri l’efficienza e la convenienza economica dell’affidamento,
sottolineando che un’esposizione che illustri la scelta politica di spingere
verso la raccolta differenziata (adottando nel Comune il metodo della cd.
raccolta “porta a porta” ovvero la “differenziata spinta”) e raffronti i
costi del servizio con quelli di alcuni Comuni ritenuti equivalenti non
riveli illogicità, le quali «secondo la giurisprudenza – in generale ad
esempio C.d.S. sez. V, 11 dicembre 2015, n. 5655 e sez. III, 23 novembre 2015,
n. 5306 - devono essere “abnormi” ovvero “macroscopiche”».
1.6 Per le ragioni illustrate, la scelta dell’amministrazione è
adeguatamente motivata. A fronte di un’ampia discrezionalità, il Comune ha
rispettato le prescrizioni di cui all’art. 34 comma 20 del D.L. 179/2012. La
relazione esplicita in modo sufficientemente esaustivo le ragioni
dell’affidamento, definendo gli obblighi di servizio pubblico in capo alla
Società affidataria. L’economicità della gestione è avvalorata dai dati
esibiti in giudizio, anche mediante il confronto con realtà territoriali
simili. In disparte ogni ulteriore approfondimento sull’attendibilità della
proposta economica formulata da G.ECO (contestata dalle parti resistenti, in
particolare dalla controinteressata con la produzione del costo esibito da
G.ECO presso il Comune di Ponte San Pietro), è opinione del Collegio che una
modesta differenza sui costi complessivi non interferisca sulla bontà
complessiva dell’opzione per il modello in house. Quest’ultimo, infatti,
deve obbedire a canoni di economicità, e tuttavia si differenzia dal sistema
della gara pubblica, per cui anche un prezzo complessivamente (e
moderatamente) superiore non compromette (necessariamente) gli obiettivi di
interesse pubblico perseguiti dall’amministrazione procedente, in presenza
di indicatori positivi rinvenibili nel disciplinare e nel contratto di
servizio.
1.7 Non appare persuasiva la lamentata violazione dell’art. 3-bis comma
1-bis del D.L. 138/2011, dal momento che il Piano economico-finanziario
asseverato è correlato alla necessità di realizzare “interventi
infrastrutturali” da parte del soggetto affidatario. Infatti la disposizione
invocata statuisce che “Al fine di assicurare la realizzazione degli
interventi infrastrutturali necessari da parte del soggetto affidatario, la
relazione deve comprendere un piano economico-finanziario che, fatte salve
le disposizioni di settore, contenga anche la proiezione, per il periodo di
durata dell'affidamento, dei costi e dei ricavi, degli investimenti e dei
relativi finanziamenti, con la specificazione, nell'ipotesi di affidamento
in house, dell'assetto economico-patrimoniale della società, del capitale
proprio investito e dell'ammontare dell'indebitamento da aggiornare ogni
triennio”. Non affiorano dagli atti di causa specifiche tipologie di
investimento da effettuare per “interventi infrastrutturali”.
2. Anche il secondo motivo è infondato.
2.1 E’ noto che, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia
dell’Unione Europea, nel caso in cui il capitale della Società in house sia
suddiviso tra una pluralità di soci pubblici, il controllo analogo può
essere esercitato congiuntamente da tali autorità, non richiedendosi che lo
stesso venga esercitato singolarmente per ciascuna di esse (così Corte di
Giustizia U.E., sez. III – 29/11/2012, n. 182/11): ciò che rileva non è
infatti la configurabilità di un controllo totale ed assoluto di ciascun
ente pubblico sull’intera società, ma che, in forza di idonei strumenti
giuridici, ciascun ente sia in grado di assumere il ruolo di dominus nelle
decisioni operative rilevanti circa il frammento di gestione relativo al
proprio territorio (in tal senso cfr. T.A.R. Brescia, sez. II – 23/9/2013, n.
780). In buona sostanza, sono noti gli approdi cui – nella definizione del
requisito del “controllo analogo” – la giurisprudenza europea ed interna si
è ormai assestata, essendo sul punto sufficiente richiamare le più recenti
pronunce dell’organo di appello, che ha ribadito la necessità che l’ente
societario partecipato sia soggetto ad un controllo di stampo
sostanzialmente organico, tale da rendere irrilevante l’alterità soggettiva
con l’autorità pubblica partecipante. In virtù di un simile atteggiarsi dei
rapporti, spetta quindi a quest’ultima nominare i vertici direttivi e di
controllo, approvare gli indirizzi strategici ed i principali atti di
gestione, svuotando conseguentemente l’autonomia decisionale dell’organo
amministrativo invece riconosciuta dal codice civile alle società di
capitali (Consiglio di Stato, sez. V – 28/7/2015, n. 3716, che richiama le
proprie precedenti sentenze 14/10/2014, n. 5080 e 1373/2014, n. 1181).
2.2 A proposito nell’in house pluripartecipato, il Consiglio di Stato (cfr.
sez. III – 27/4/2015, n. 2154) ha affermato che le amministrazioni pubbliche
in possesso di partecipazioni di minoranza possono esercitare il controllo
analogo in modo congiunto con le altre, a condizione che:
a) gli organi decisionali dell’organismo controllato siano composti da rappresentanti di tutti i soci pubblici partecipanti, ovvero, siano formati tra soggetti che possono rappresentare più o tutti i soci pubblici partecipanti;
b) i soci pubblici siano in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative dell’organismo controllato;
c) l’organismo controllato non persegua interessi contrari a quelli di tutti i soci pubblici partecipanti.
2.3 Anche la recente direttiva appalti n. 24/2014 stabilisce all’art. 12 coma 3 che “Un’amministrazione aggiudicatrice che non eserciti su una persona giuridica di diritto privato o pubblico un controllo ai sensi del paragrafo [ossia un controllo analogo] può nondimeno aggiudicare un appalto pubblico a tale persona giuridica senza applicare la presente direttiva quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
a) l’amministrazione aggiudicatrice esercita congiuntamente con altre amministrazioni aggiudicatrici un controllo sulla persona giuridica di cui trattasi analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi;
b) oltre l’80 % delle attività di tale persona giuridica sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici controllanti o da altre persone giuridiche controllate dalle amministrazioni aggiudicatrici di cui trattasi;
c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata”.
2.4 Dall’esame dello Statuto di Servizi comunali (cfr. doc. 8 ricorrente),
le predette condizioni risultano soddisfatte. L’art. 9 infatti, in aggiunta
a quanto previsto dai singoli contratti/disciplinari di servizio, stabilisce
che i Comuni soci “esercitano congiuntamente i più ampi poteri di direzione,
coordinamento e supervisione sugli organi ed organismi societari”. Il
Comitato unitario per il controllo analogo può impartire direttive
vincolanti all’organo amministrativo sulla politica aziendale (con
particolare riferimento alla qualità dei servizi prodotti e alle
caratteristiche da assicurare per il perseguimento dell’interesse pubblico),
può porre il veto sulle operazioni ritenute non congrue o non compatibili
con gli interessi pubblici della collettività e del territorio; propone
inoltre all’Assemblea una rosa di candidati tra i quali scegliere i membri
del Consiglio di amministrazione e del Collegio sindacale. L’art. 14
garantisce l’effettiva partecipazione dei soci minoritari (il genere meno
rappresentato deve ottenere almeno 1/3 dei componenti del Consiglio di
amministrazione). La disposizione enuclea poi ulteriori meccanismi di tutela
dei Comuni soci (cfr. commi 1, 5 lettere e, f, g, h).
2.5 In definitiva, sono riscontrabili i requisiti individuati dalla
giurisprudenza comunitaria e nazionale perché possa legittimamente disporsi
l’affidamento in house.
In conclusione il gravame introduttivo è privo di fondamento e deve essere
respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da
dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di
Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando respinge il ricorso
introduttivo in epigrafe.
Condanna parte ricorrente a corrispondere al resistente Comune la somma di
3.500 € a titolo di compenso per la difesa tecnica, oltre a oneri di legge.
Condanna parte ricorrente a corrispondere alla Società controinteressata la
somma di 3.500 € a titolo di compenso per la difesa tecnica, oltre a oneri
di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
La presente sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale, che
provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2016
con l'intervento dei magistrati:
Alessandra Farina, Presidente
Stefano Tenca, Consigliere, Estensore
Francesco Gambato Spisani, Consigliere