REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 19 di A.P. del 2015, proposto da:
Cavecon s.r.l., Greco s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, entrambi rappresentati e difesi dall’avvocato M.D.L., con domicilio eletto presso ...
contro
Consorzio Stabile Grandi Opere Scarl in proprio e in qualità di mandataria
Ati, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata
e difesa dall’avvocato F.S., con domicilio eletto presso ...
Ati-Mas Costruzioni di C.M.;
nei confronti di
Anas Spa;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CALABRIA - CATANZARO: SEZIONE I n. 00903/2015,
resa tra le parti, concernente aggiudicazione appalto lavori di manutenzione
straordinaria per la fornitura e posa in opera di giunti e contestuale
rifacimento delle testate delle solette di impalcato sui viadotti presenti
tra il km 243 521 ed il km 353 450 - Provincia di Cosenza
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Consorzio Stabile Grandi Opere
Scarl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 dicembre 2015 il Cons. Roberto
Giovagnoli e uditi per le parti gli avvocati ...;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I) Il giudizio di primo grado
1. Con bando del 18 luglio 2014 l’ANAS s.p.a. indiceva una procedura di gara
per l’affidamento dei lavori di manutenzione straordinaria per la fornitura
e posa in opera di giunti e contestuale rifacimento delle testate delle
solette di impalcato sui viadotti presenti tra il km 243+521 ed il km
353+450 in provincia di Cosenza.
Partecipavano alla procedura sia la Cavecon (risultata seconda in
graduatoria) sia l’associazione temporanea d’imprese, Consorzio Stabile
Grandi Opere s.c.a.r.l. - MAS Costruzioni (risultata prima), dichiarando la
regolarità della rispettiva posizione contributiva.
Con provvedimento prot. CCZ-0031753-I del 22 settembre 2014 la stazione
appaltante aggiudicava definitivamente l’appalto all’ATI Consorzio Stabile
Grandi Opere s.c.a.r.l. - MAS Costruzioni (di seguito anche solo GOP),
subordinando l’efficacia e l’esecutività dell’aggiudicazione alla verifica
del possesso dei requisiti dichiarati dal concorrente in sede di gara.
2. Con DURC prot. n. 31866431 del 23 settembre 2014, emesso dall’INPS in
data 9 ottobre 2014, l’Ente previdenziale comunicava alla stazione
appaltante che la posizione contributiva dell’impresa MAS Costruzioni non
risultava regolare ai fini del DURC .
Il DURC richiamato, in particolare, chiariva che la posizione della MAS
Costruzioni non risultava regolare in virtù: a) del mancato versamento
all’INAIL dei premi assicurativi per l’anno 2014 per un importo di Euro
305,92; b) del mancato versamento all’INPS del contributi fissi 2013 per un
importo di Euro 372,47.
3. Alla luce di quanto sopra, con note del 16.10.2014 prot. n. CCZ-
0034774-P e prot. n. CCZ-0034776-P, ANAS richiedeva, rispettivamente,
all’INAIL e all’INPS, di voler chiarire se alla data di partecipazione alla
procedura del 27 agosto 2014 la MAS Costruzioni avesse o meno «commesso una
violazione grave e definitivamente accertata».
In tale contesto, con nuovo DURC prot. n. 32338703 del 22.10.2014, emesso
dall’INPS in data 3.11.2014, gli enti previdenziali confermavano
l’irregolarità contributiva della MAS Costruzioni alla data del 27.8.2014,
precisando che detta irregolarità consisteva nel mancato versamento a quella
data «dei premi assicurativi (INAIL) per gli anni 2013-2014 per un importo
di Euro 314,47” e che “una parte del debito (E. 305,89) è stata pagata in
data 24/9/2014».
Con nota del 12.10.2014, quindi, ANAS comunicava al Consorzio l’avvio del
procedimento di revoca dell’aggiudicazione. Con provvedimento del 21.1.2015
revocava l’aggiudicazione disposta in favore dell’ATI Consorzio Stabile
Grandi Opere e disponeva l’aggiudicazione dell’appalto in favore della
società Cavecon s.r.l.
4. Avverso tale provvedimento, il Consorzio GOP proponeva ricorso innanzi al
Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sede di Catanzaro.
La Cavecon, a sua volta, proponeva ricorso incidentale contestando l’atto di
ammissione alla gara del R.T.I. ricorrente, i verbali di gara nella parte in
cui la stazione appaltante non lo aveva escluso, il provvedimento di
aggiudicazione dell’appalto in favore del medesimo R.T.I. (sebbene
condizionato alla successiva verifica del possesso dei requisiti dichiarati
in sede di gara), i correlati provvedimenti concernenti la relativa verifica
dei requisiti, nonché, in parte qua, il successivo provvedimento di revoca
di cui alla nota prot. CCZ-0001882-1 del 21.1.2015.
5. Con la sentenza, in epigrafe indicata, il Tribunale amministrativo regionale ha accolto il ricorso principale e respinto il ricorso incidentale.
II) Il giudizio di appello e l’ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria
6. Per ottenere la riforma di tale sentenza hanno proposto appello le società Cavecon s.r.l. e Greco s.r.l. formulando, in sintesi, le seguenti censure.
7. In via pregiudiziale, le appellanti ripropongono l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per la mancata impugnazione del DURC negativo da parte del Consorzio Stabile Grandi Opere s.c.a.r.l.. Le appellanti deducono che in mancanza di impugnazione dell’atto presupposto (il DURC negativo), la sentenza del Tribunale, amministrativo regionale sarebbe affetta da eccesso di potere giurisdizionale per la violazione dei limiti esterni della giurisdizione in quanto volta a sostituire, anche in assenza della devoluzione della relativa cognizione, l’apprezzamento dell’Amministrazione circa la permanenza del requisito in capo al Consorzio Stabile Grandi Opere.
8. Nel merito le appellanti hanno sostenuto la tesi secondo cui il requisito
della regolarità contributiva deve sussistere al momento della presentazione
della domanda, senza che sia possibile, neanche dopo l’entrata in vigore
dell’art. 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, alcuna forma
di regolarizzazione postuma.
Sempre nel merito, le appellanti hanno, in via subordinata, censurato la
sentenza appellata nella parte in cui ha respinto il ricorso incidentale
proposto in primo grado diretto ad evidenziare in capo al Consorzio Stabile
Grandi Opere la sussistenza di ulteriori ragioni di esclusione.
Si è costituito in giudizio il Consorzio Stabile Grandi Opere chiedendo il
rigetto dell’appello.
9. Con ordinanza 29 settembre 2015, n. 4542, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione, se l’obbligo degli Istituti previdenziali di invitare l’interessato alla regolarizzazione del DURC (c.d. preavviso di DURC negativo), previsto dall’art. 7, comma 3 D.M. 24 ottobre 2007 e ribadito dall’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69 del 2013, sussista anche nel caso in cui la richiesta provenga dalla stazione appaltante in sede di verifica della dichiarazione resa dall’impresa ai sensi dell’art. 38, comma 1, lettera i) del d.lgs. n. 163 del 2006. Se, in altri termini, la mancanza dell’invito alla regolarizzazione impedisca di considerare come “definitivamente accertata” la situazione di irregolarità contributiva.
III) Il contrasto giurisprudenziale in atto
10. La Sezione rimettente evidenzia come sulla questione si sia formato un contrasto giurisprudenziale che può essere così sintetizzato.
10.1. Un primo orientamento, che la stessa Sezione rimettente considera prevalente, ritiene che:
a). per l’accertamento del requisito, oggetto di dichiarazioni sostitutive degli offerenti, debba aversi riguardo al DURC richiesto dalla stazione appaltante in sede di controlli, con riferimento, appunto, all’esatta data della domanda di partecipazione, con conseguente insufficienza, ai fini della prova, di eventuali DURC in possesso degli offerenti ed ancora in corso di validità (sul punto Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1458; sez. V, 10 agosto2010, n. 5556; sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6907; sez. V, 12 ottobre 2011, n. 5531);
b). l’invito alla regolarizzazione (c.d. preavviso di DURC negativo) non si applica in caso di DURC richiesto dalla stazione appaltante, atteso che, l’obbligo dell’INPS di attivare la procedura di regolarizzazione prevista dall’art. 7, comma 3 D.M. 24 ottobre 2007 si scontra con i principi in tema dì procedure di evidenza pubblica che non ammettono regolarizzazioni postume (o, detto diversamente, l’eventuale regolarizzazione postuma non sarebbe comunque idonea ad elidere il dato dell’irregolarità alla data di presentazione dell’offerta). In tal senso, fra le altre, si sono pronunciate: Cons. Stato, Ad. Plen. 4 maggio 2012, n. 8; indirettamente anche Adunanza Plenaria, 20 agosto 2013, n. 20; Cons. Stato, Cons. Stato, IV, 12 marzo 2009 n. 1458; Cons. stato VI, 11 agosto 2009, n. 4928; 6 aprile 2010, n. 1934; 5 luglio 2010, n. 4243; sez. V, 16 settembre 2011, n.5194).
10.2. Un secondo, più recente, ma ancora minoritario orientamento, afferma, invece, che l’obbligo degli Istituti previdenziali di invitare l’interessato alla regolarizzazione sussiste anche ove la richiesta sia fatta in sede di verifica dalla stazione appaltante (Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5064); Cons. Stato, sez. VI 16 febbraio 2015 n. 78). A sostegno di tale conclusione si valorizza la “novità” rappresentata dall’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69 del 2013, che secondo la tesi in esame avrebbe implicitamente ma sostanzialmente modificato, l’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, con la conseguenza che l’irregolarità contributiva potrebbe considerarsi definitivamente accertata solo alla scadenza del termine di quindici giorni assegnato dall’ente previdenziale per la regolarizzazione della posizione contributiva.
IV) La soluzione proposta dall’ordinanza di rimessione
11. Così delineato il contrasto giurisprudenziale, la Sezione rimettente
mostra di condividere la tesi secondo cui l’obbligo del preavviso di
regolarizzazione, previsto sin dal 2007 in via regolamentare (art. 7 del
D.M. 24 ottobre 2007) e dal 2013 in forza di disposizione di legge (art. 31,
comma 8, del d.l. n. 69 del 2013), debba intendersi sussistente anche per il
caso di richiesta proveniente dalla stazione appaltante.
Ciò poiché – si legge nell’ordinanza di rimessione – «in mancanza di avviso
non solo si pone nel nulla il sistema della certificazione di regolarità
conseguita dal privata ed in corso di validità, in violazione del d.m. 24
ottobre 2007, che non distingue in punto di efficacia degli atti di
certificazione a seconda della natura pubblica o privata del richiedente, ma si
violazione il principio di affidamento dei privati, costituzionalmente e
comunitariamente fondato, riconoscendo carattere di definitività ad una
violazione previdenziale che non risulta dal “durc” privato, né è mai stata
previamente comunicata a ricorrente».
La Sezione rimettente evidenzia come tale soluzione interpretativa sia stata
recepita dall’art. 4 D.M. 30 gennaio 2015 e, soprattutto, da una successiva
circolare interpretativa del Ministero del Lavoro (n. 19/2015) nella quale
si afferma espressamente che «le Amministrazioni aggiudicatrici
procederanno, pertanto, a decorrere dal 1° luglio 2015, alla verifica delle
dichiarazioni sostitutive con le stesse modalità di cui all’art. 6 del D.M.
restando precluso, pertanto, dalla medesima data, come precisato nella
circolare ministeriale, la possibilità per le Amministrazioni in fase di
richiesta di specificare la data nella quale ciascuna dichiarazione è stata
resa. Ciò stante l’obbligo generale di invito alla regolarizzazione,
previsto dall’art. 4 del DM, anche ai fini di qualificare come
definitivamente accertate le violazioni gravi alle norme in materia di
contributi previdenziali ai sensi dell’art. 38, comma 1, lettera i) del d.lgs. n. 163
del 2006».
Proprio alla luce di tale circolare, non vi sarebbe dubbio, quindi, secondo
la Sezione rimettente, che dal 1° luglio (data di entrata in vigore del D.M.
30 gennaio 2015), in ragione delle nuove previsioni normative e delle
modalità applicative, il concetto di definitivo accertamento (proprio
dell’ordinamento previdenziale) sia subordinato all’invito a regolarizzare
anche se l’interrogazione sia compiuto dalla stazione appaltante in funzione
di verifica della dichiarazione resa ai sensi dell’art. 38 del d.lgs. n. 163
del 2006
Il dubbio esegetico, quindi, secondo l’impostazione accolta dall’ordinanza
di rimessione, sarebbe circoscritto al periodo antecedente all’entrata in
vigore del D.M. 30 gennaio 2015 e dovrebbe, comunque, risolversi
ritenendo applicabile il preavviso di DURC negativo anche nell’ambito delle
procedure di gara.
V) La questione pregiudiziale dei limiti della cognizione del giudice amministrativo a fronte di un provvedimento di esclusione fondato su un DURC negativo non impugnato
12. In via pregiudiziale, prima di affrontare nel merito la questione
rimessa dalla Quarta Sezione, deve essere esaminata l’eccezione di
inammissibilità del ricorso di primo grado riproposto da Cavecon con
apposito motivo di appello.
Cavecon ha dedotto l’inammissibilità del ricorso di primo grado in ragione
della mancata impugnazione del DURC negativo da parte del Consorzio GOP.
Il Tribunale amministrativo regionale in primo grado ha disatteso
l’eccezione affermando che il DURC «è un’attestazione concernente il
rapporto obbligatorio previdenziale, che non costituisce espressione di
poteri autoritativi pubblicistici e che non ha, quindi, valenza
provvedimentale, con conseguente insussistenza della giurisdizione rispetto
ad esso del giudice amministrativo».
13. L’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado è infondata.
14. Va precisato che la questione dei limiti entro i quali sussiste la
giurisdizione del giudice amministrativo sulla legittimità del DURC è, a sua
volta, oggetto di un contrasto giurisprudenziale, tanto che recentemente la
Quinta Sezione del Consiglio di Stato ne ha rimesso la risoluzione
all’Adunanza Plenaria (cfr. ordinanza 21 ottobre 2015, n. 4799), insieme,
peraltro, a questioni di diritto sostanziale (sulla corretta interpretazione
dell’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69
del 2013), in gran parte
corrispondenti a quelle oggetto del presente giudizio.
Ai fini del presente giudizio, nel cui ambito la citata questione
processuale non è oggetto di rimessione ma viene in rilievo al solo fine di
decidere sulla pregiudiziale eccezione di inammissibilità del ricorso di
primo grado, è sufficiente richiamare quanto affermato dalle Sezioni Unite
della Corte di Cassazione (cfr. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 11
dicembre 2007, n. 25818 e 9 febbraio 2011, n. 3169), secondo cui la
produzione della certificazione attestante la regolarità contributiva
dell'impresa partecipante alla gara di appalto costituisce uno dei requisiti
posti dalla normativa di settore ai fini dell'ammissione alla gara, sicché
il giudice amministrativo ben può verificare la regolarità di tale
certificazione, sia pure incidenter tantum, cioè con accertamento
privo di efficacia di giudicato nel rapporto previdenziale, ai sensi dell'art. 8 del Cod. proc. amm.
Deve rilevarsi, invero, che il sindacato del giudice amministrativo ha come
oggetto principale la questione relativa alla legittimità dell’atto
amministrativo adottato dalla stazione appaltante sulla base delle
risultante del DURC negativo; rispetto a tale questione, il sindacato sulla
regolarità della posizione contributiva quale attestata dal DURC viene
effettuato in via meramente incidentale e senza efficacia di giudicato, al
solo fine di statuire sulla questione principale, in conformità allo schema
decisorio delineato dall’art. 8 Cod. proc. amm.
In tal modo si riesce ad assicurare l’effettività della tutela (che esclude
che ci possano essere profili dell’azione amministrativi sottratti al
sindacato giurisdizionale), senza invadere i confini della giurisdizione
ordinaria, quali delineati dagli artt. 442, comma 1, e 444, comma 3, del
Cod. proc. civ. che devolvono alla giurisdizione civile le controversie
relative agli obblighi dei datori di lavoro e all'applicazione delle
sanzioni civili per l'inadempimento di tali obblighi.
Diverso è, in definitiva, lo scrutinio compiuto dal giudice ordinario sui
diritti previdenziali del lavoratore che si assumono violati, rispetto al
sindacato effettuato dal giudice amministrativo sul loro corretto
adempimento, attestato dal certificato di regolarità contributiva che le
imprese affidatarie di un appalto pubblico devono presentare alla stazione
appaltante, a pena di esclusione.
Nell'accertare il mancato versamento di contributi dovuti all'Ente di
previdenza, il sindacato del giudice ha per oggetto la sussistenza del
diritto del lavoratore dipendente alla contribuzione in relazione
all'attività prestata ed al diritto al trattamento di quiescenza, mentre,
nelle controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o
forniture da parte di soggetti tenuti al rispetto dei procedimenti di
evidenza pubblica, oggetto di indagine del giudice è la mera regolarità
della certificazione prodotta, attestante la regolarità contributiva
dell'impresa partecipante alla gara di appalto, che rappresenta un requisito
di partecipazione.
In quest’ottica, il giudice amministrativo può conoscere, senza travalicare
i limiti della propria giurisdizione, la questione relativa alla sussistenza
del requisito della regolarità contributiva, senza che occorra l’espressa
impugnazione del DURC, oggetto solo di un sindacato incidenter tantum ai
sensi dell’art. 8 del Cod. proc. amm.
15. Il ricorso deve, dunque, essere esaminato nel merito.
VI) La decisione dell’Adunanza Plenaria sulla questione di merito oggetto di rimessione
16. La questione sottoposta dall’ordinanza di rimessione deve essere risolta
dando continuità, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69
del 2013, all’indirizzo interpretativo secondo cui non
sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale,
dovendo l’impresa deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi
previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e
conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione
e del rapporto con la stazione appaltante, restando, dunque, irrilevante, un
eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva.
Tale principio, già chiaramente espresso dall’Adunanza Plenaria nella
sentenza 4 maggio 2012, n. 8, non risulta superato dalla norma, più volta
richiamata dall’ordinanza di rimessione, introdotta con l’articola 31, comma
8, del decreto legge n. 69 del 2013.
La disposizione in esame testualmente prevede, sotto la rubrica
«Semplificazioni in materia di DURC»: «Ai fini della verifica per il
rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di
mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti
al rilascio, prima dell’emissione del DURC o dell’annullamento del documento
già rilasciato, invitano l’interessato, mediante posta elettronica
certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro
ovvero degli altri soggetti di cui all’articolo 1 della legge 11 gennaio
1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non
superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della
irregolarità».
Tale disposizione, contrariamente a quanto sostenuto nell’ordinanza di
rimessione, non può interpretarsi nel senso di subordinare il carattere
definitivo della violazione previdenziale (che ai sensi dell’art. 38 del d.lgs. n. 163
del 2006 rappresenta un elemento ostativo alla partecipazione alle
gare d’appalto) alla condizione che l’impresa che versi in stato di
irregolarità contributiva al momento della presentazione dell’offerta venga
previamente invitata a regolarizzare la propria posizione previdenziale e
che, nonostante tale invito, perseveri nell’inadempimento dei propri
obblighi contributivi.
L’Adunanza Plenaria ritiene, al contrario, che l’aart. 31, comma 8, del decreto legge n. 69
del 2013 non abbia in alcun modo modificato la disciplina dettata dall’art. 38 del d.lgs. n. 163
del 2006 e che, pertanto, la
regola del previo invito alla regolarizzazione non trovi applicazione nel
caso di DURC richiesto dalla stazione appaltante ai fini della verifica
delle dichiarazioni rese dall’impresa ai fini della partecipazione alla
gara.
L’istituto dell’invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC
negativo) può, dunque, operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente
previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non
anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della
veridicità dell’autodichiarazione.
17. Depongono a favore di tale conclusione, una pluralità di argomenti di carattere letterale, storico e sistematico.
VI) Gli argomenti fondati sul dato letterale
18. Da un punto di vista letterale, risulta significativo il confronto tra
la formulazione del comma 8 dell’articolo 31 e quella dei commi che lo
precedono (in particolare quelli che vanno dal comma 2 al comma 7).
Nel comma 8 (quello oggetto della questione interpretativa rimessa all’esame
dell’Adunanza Plenaria) manca qualsiasi riferimento alla disciplina
dell’evidenza pubblica o dei contratti pubblici e questa mancanza è tanto
più significativa se si considera che, invece, nei commi precedenti (in
tutti quelli che vanno dal comma 2 al comma 7) vi è un riferimento esplicito
a tale disciplina, riferimento enfatizzato anche dalla relativa
collocazione, sempre all’inizio della disposizione.
Più nel dettaglio:
- i commi 3, 4, 6 e 7 si aprono tutti con la stessa locuzione: «Nei
contratti pubblici di lavori, servizi e forniture […]»;
- il comma 2 si apre con la formula: «Al codice di cui al decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti
modificazioni: […]»;
- il comma 7 si apre, a sua volta, con uno specifico riferimento proprio al
«documento unico di regolarità contributiva (DURC) rilasciato per i
contratti pubblici di lavori, servizi e forniture».
Già il dato letterale, rafforzato dal confronto tra i vari commi che
compongono l’articolo in esame, supporta, quindi, la conclusione che laddove
il legislatore del 2013 ha inteso occuparsi dei contratti pubblici,
apportando modifiche alla relativa disciplina, lo ha detto espressamente,
attraverso un richiamo esplicito.
19. L’argomento letterale è
rafforzato dalla considerazione che ai sensi dell’art.
255 d.lgs. 163 del 2006 « [o]gni intervento normativo incidente
sul codice, o sulle materie dallo stesso disciplinate, va attuato mediante
esplicita modifica, integrazione, deroga o sospensione delle specifiche
disposizioni in esso contenute» (c.d. clausola di abrogazione esplicita).
Conformemente a tale previsione normativa, che impone l’abrogazione o la
modifica esplicita delle norme del codice dei contratti pubblici (o delle
norme che incidono sulle materie dallo stesso regolate), l’art. 31, comma 2,
come si è già accennato, contiene l’elenco esplicito delle disposizioni del
decreto legislativo n. 163 del 2006 che sono state modificate.
In questo elenco non è menzionato l’art. 38, comma 1, lettera i), ovvero la
disposizione che prevede come causa ostativa della partecipazione l’aver
commesso «violazioni gravi e definitivamente accertate, alle norme in
materia di contributi previdenziali e assistenziali».
Non è allora sostenibile che una modifica così rilevante come quella che
l’ordinanza di rimessione vorrebbe trarre dal decreto legge n. 69 del 2013
(ossia, la modifica della nozione di “definitivo accertamento” quale fatta
propria dal c.d. diritto vivente di cui è certamente espressione la sentenza
dell’Adunanza Plenaria n. 8 del 2012) possa discendere, in violazione della
clausola dell’abrogazione esplicita, da una disposizione che non solo non lo
dispone espressamente, ma che non contiene nemmeno alcun esplicito
riferimento alla materia dei contratti pubblici ed è per di più inserita in
un articolo che in un diverso comma (il comma 5) elenca in maniera analitica
e puntuale le modifiche apportate alla disciplina dei contratti pubblici.
20. Sempre sotto il profilo letterale, giova evidenziare che il comma 8
dell’art. 31, nel prevedere l’onere del previo invito alla regolarizzazione
fa testualmente riferimento all’attività di «verifica per il rilascio del
documento unico di regolarità contributiva (DURC)» richiesto dal datore di
lavoro. Ben diversa è l’attività che l’Ente previdenziale compie non per
rilasciare il DURC su richiesta dell’impresa, ma per verificare, su
richiesta della stazione appaltante, la veridicità della dichiarazione
sostitutiva relativa al requisito di cui all’aart. 38, comma 1, lettera i) del decreto
legislativo n. 163
del 2006.
La netta distinzione tra le due fattispecie di DURC – quello rilasciato su
richiesta di parte e quello acquisito d’ufficio dalla stazione appaltante
nell’ambito delle procedure di gara (o della successiva fase di esecuzione
del contratto) – trova ancora conferma nel testo dell’articolo 33 del
decreto legge n. 69 del 2103.
Nell’ambito di tale articolo, il DURC relativo all’aggiudicazione e
all’esecuzione dei contratti pubblici è fatto oggetto di specifica
disciplina nei commi 3, 4 e 5, 6 e 7. In questi commi, il legislatore non
prevede mai, neanche implicitamente o indirettamente, la possibilità di
regolarizzazione postuma dell’eventuale inadempienza contributiva che
dovesse essere riscontrata in capo all’impresa che ha partecipato alla gara
o che sta eseguendo il contratto.
Solo il comma 8, che si riferisce però al DURC rilasciato su richiesta di
parte, prevede il previo invito alla regolarizzazione.
La conclusione che si trae, anche alla luce del fondamentale canone
interpretativo ubi lex voluit dixit, ubi nolit tacuit, è univoca: l’invito
alla regolarizzazione è un istituto estraneo alla disciplina
dell’aggiudicazione e dell’esecuzione dei contratti pubblici.
Tale risultato interpretativo è ulteriormente confermato dalla
considerazione che l’art. 38, comma 2, del decreto legislativo n. 163 del
2006 rinvia alle norme dell’ordinamento previdenziale solo per stabilire
quando l’irregolarità contributiva deve considerarsi “grave” (prevedendo
letteralmente che, « ai fini del comma 1, lettera i), si intendono gravi le
violazioni ostative al rilascio del documento unico di regolarità
contributiva»).
Analogo rinvio non è presente, invece, per quanto riguarda l’altra
caratteristica che la violazione contributiva deve avere affinché rilevi
come causa ostativa alla partecipazione alle gare d’appalto (essere appunto
“definitivamente accertata”). Da qui la conclusione che la nozione di
“definitivo accertamento” che viene in rilievo nell’ambito del Codice dei
contratti pubblici debba essere ricostruita in maniera autonoma rispetto
alla disciplina dell’ordinamento previdenziale, e prescinda, pertanto, dalla
necessità della previa attivazione di meccanismi di regolarizzazione
postuma, come quelli di cui si discute nel presente giudizio.
VII) Gli argomenti di sistema
21. Anche da un punto di vista sistematico, non può non considerarsi che il
c.d. invito alla regolarizzazione costituisce una sorte di preavviso di
rigetto (si parla non a caso di preavviso di DURC negativo).
Esso evoca, pertanto, un istituto (la comunicazione dei motivi ostativi
all’accoglimento dell’istanza) previsto in via generale dall’art. 10-bis
legge 7 agosto 1990, n. 241.
Si tratta di un istituto che, come è noto, è stato previsto, nell’ambito
della disciplina del procedimento amministrativo, solo con riferimento ai
procedimenti ad istanza di parte, risultando incompatibile con i
procedimenti d’ufficio, dove, in effetti, non vi è un’istanza di parte e,
quindi, non vi è un onere di preventiva comunicazione dei motivi ostativi al
suo accoglimento.
Merita considerazione anche il rilievo che lo stesso
art. 10-bis della legge
n. 241 del 1990, introduce due deroghe espresse alla regola del c.d.
preavviso di rigetto. Le deroghe si riferiscono:
1) alle procedure concorsuali;
2) ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali.
Entrambe le deroghe offrono elementi d’interesse ai fini della risoluzione
della questione oggetto del presente giudizio.
La deroga alle procedure concorsuali (a prescindere dalla difficoltà di
considerare, a rigore, la procedura concorsuale un procedimento ad istanza
di parte) si riferisce a tutte le procedure caratterizzate dal principio
della concorsualità e, quindi, anche alle procedure di evidenza pubblica per
l’aggiudicazione di contratti pubblici.
La deroga relativa ai procedimenti previdenziali fa specifico riferimento a
quelli sorti a seguito ad istanza di parte. Se il procedimento previdenziale
inizia d’ufficio (come è nel caso di cui ci si occupa nel presente giudizio)
l’art. 10-bis della legge
n. 241 del 1990 non ha nemmeno previsto la deroga,
sul presupposto che tali procedimenti sono, per la loro stessa natura,
estranei all’ambito di applicazione del c.d. preavviso di rigetto.
Rispetto alle previsioni dell’art. 10-bis della legge
n. 241 del 1990,
l’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69
del 2013, introduce un elemento
di novità: una sorta di “deroga alla deroga” per effetto della quale un
meccanismo analogo al preavviso di rigetto è ora previsto per un particolare
procedimento previdenziale: quello ad istanza di parte per il rilascio del DURC.
Al di fuori di questa specifica ipotesi, tuttavia, torna ad operare la
disciplina generale, che appunto esclude il preavviso di rigetto nell’ambito
sia delle procedure concorsuali sia dei procedimenti previdenziali che
iniziano d’ufficio.
22. Sempre da un punto di vista sistematico, l’esclusione del c.d. preavviso di DURC negativo nell’ambito del procedimento d’ufficio per la verifica della veridicità delle dichiarazioni sostitutive rese in sede ai fini della partecipazione alla gara, si pone in linea con alcuni principi fondamentali che governano appunto le procedure di gara: i principi di parità di trattamento e di autoresponsabilità e il principio di continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione alla gara.
22.1. Per quanto riguarda il principio della parità di trattamento e
dell’autoresponsabilità (per i quali si rinvia alla fondamentale sentenza di
questa Adunanza Plenaria 25 febbraio 2014, n. 9), è fin troppo evidente che
l’applicazione della “regolarizzazione postuma” finirebbe per consentire ad
una impresa di partecipare alla gara senza preoccuparsi dell’esistenza a
proprio carico di una irregolarità contributiva, potendo essa confidare
sulla possibilità di sanare il proprio inadempimento in caso di
aggiudicazione (e, dunque, a seconda della convenienza).
Si arriverebbe, in tal modo, a consentire all’offerente – che pur a
conoscenza di una irregolarità contributiva abbia reso una dichiarazione
volta ad attestare falsamente il contrario – di beneficiare di una facoltà
di regolarizzazione postuma della sua posizione, andando così a sanare, non
una mera irregolarità formale, ma la mancanza di un requisito sostanziale,
mancanza aggravata dall’aver reso una dichiarazione oggettivamente falsa in
ordine al possesso del requisito.
Una simile generalizzata possibilità di sanatoria – della dichiarazione
falsa e della mancanza del requisito sostanziale – darebbe vita ad una
palese violazione del principio della parità di trattamento e
dell’autoresponsabilità dei concorrenti, in forza del quale ciascuno di essi
sopporta le conseguenze di errori, omissione e, a fortiori, delle falsità,
commesse nella formulazione dell’offerta e nella presentazione delle
dichiarazioni (cfr. ancora Ad. Plen. 25 febbraio 2014, n. 9).
Va richiamato a tale proposto anche quanto autorevolmente e
condivisibilmente affermato dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC)
nella
Determinazione n. 1 dell’8 gennaio 2015 (Criteri interpretativi in
ordine alle disposizioni dell’art. 38, comma
2-bis, e dell’art. 46, comma 1-ter, del decreto
legislativo n. 163
del 2006).
In quella sede l’ANAC, proprio delimitando il campo di applicazione
dell’istituto del soccorso istruttorio in materia di appalti pubblici [in
seguito alla modifiche apportate al Codice dei contratti pubblici dal
decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e
la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari),
convertito, con modificazioni in legge 11 agosto 2014, n. 114] ha
giustamente precisato che il nuovo istituto del soccorso istruttorio «non
può, in ogni caso, essere strumentalmente utilizzato per l’acquisizione, in
gara, di un requisito o di una condizione di partecipazione, mancante alla
scadenza del termine di presentazione dell’offerta. Resta fermo, in
sostanza, il principio per cui i requisiti di partecipazione devono essere
posseduti dal concorrente - che deve essere, altresì, in regola con tutte le
altre condizioni di partecipazioni - alla scadenza del termine fissato nel
bando per la presentazione dell’offerta o della domanda di partecipazione,
senza possibilità di acquisirli successivamente».
E con particolare riferimento alle dichiarazioni false, la citata
determinazione precisa che «La novella in esame, infatti, non incide sulla
disciplina delle false dichiarazioni in gara, che resta confermata. Pertanto
ai sensi dell’art. 38, comma 1-ter del Codice, ove la stazione appaltante
accerti che il concorrente abbia presentato una falsa dichiarazione o una
falsa documentazione, si dà luogo al procedimento definito nel citato comma
1-ter dell’art. 38 ed alla comunicazione del caso all’Autorità per
l’applicazione delle sanzioni interdittive e pecuniarie fissate nella
disciplina di riferimento (art. 38, comma 1-ter e art. 6, comma 11, del
Codice)».
L’Adunanza Plenaria condivide e fa proprie tali conclusioni, dovendosi
ribadire anche in questa sede l’inammissibilità di qualsiasi forma di
regolarizzazione postuma della carenza del requisito sostanziale o della
falsa dichiarazione.
22.2. Deve, inoltre, richiamarsi il principio di continuità nel possesso dei requisiti (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2014, n. 8), che non possono essere persi dal concorrente neanche temporaneamente nel corso della procedura. A voler seguire, invece, il principio della regolarizzazione postuma dovrebbe allora sostanzialmente consentirsi al soggetto che abbia perso e poi riacquisito il requisito di conseguire l’aggiudicazione, in netto contrasto con quanto chiaramente affermato da questa Adunanza Plenaria nella sentenza n. 8 del 2015.
VIII) Gli argomenti legati all’evoluzione storico-normativa e alla relativa interpretazione giurisprudenziale
23. L’asserita portata innovativa che si vorrebbe riconoscere all’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69
del 2013 risulta sensibilmente
ridimensionata anche da considerazioni legate all’osservazione
dell’evoluzione storico-normativa e della relativa interpretazione
giurisprudenziale.
Deve osservarsi, invero, che una regola di portata analoga a quella ora
recepita a livello legislativo dall’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69
del 2013, già esisteva nell’ordinamento, sia pure posta da una fonte
regolamentare.
Si fa riferimento all’art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 (peraltro
applicabile ratione temporis alla procedura di gara oggetto del presente
giudizio) il quale, appunto prevedeva:«In mancanza dei requisiti di cui
all’art. 5 gli Istituti, le Casse edili e gli Enti bilaterali, prima
dell’emissione del DURC o dell’annullamento del documento già rilasciato ai
sensi dell’art. 3, invitano l’interessato a regolarizzare la propria
posizione entro un termine non superiore a quindici giorni.».
Nell’interpretazione di questa norma non si è mai dubitato che la regola del
previo invito alla regolarizzazione non trovasse applicazione nel caso di
richiesta della certificazione preordinata alle verifiche effettuate dalla
stazione appaltante ai fini della partecipazione alle gare d’appalto.
Vanno riportare sotto tale profilo i chiarissimi principi enunciati da
questa Adunanza Plenaria nella già citata sentenza 20 maggio 2012, n. 8, in
cui si legge: «Quanto alla questione del momento in cui deve sussistere la
regolarità contributiva e della possibile sanatoria dell’irregolarità in
corso di gara, la giurisprudenza di questo Consesso ha affermato che
l’assenza del requisito della regolarità contributiva, costituendo
condizione di partecipazione alla gara, se non posseduto alla data di
scadenza del termine di presentazione dell’offerta, non può che comportare
la esclusione del concorrente non adempiente, non potendo valere la
regolarizzazione postuma.
L’impresa infatti deve essere in regola con i relativi obblighi fin dalla
presentazione della domanda e conservare tale regolarità per tutto lo
svolgimento della procedura. Costituisce principio pacifico che poiché il
momento in cui va verificata la sussistenza del requisito della regolarità
contributiva e previdenziale è quello di presentazione della domanda di
partecipazione alla gara, la eventuale regolarizzazione successiva, se vale
a eliminare il contenzioso tra l’impresa e l’ente previdenziale non può
comportare ex post il venir meno della causa di esclusione [Cons. St., sez.
IV, 12 aprile 2011, n. 2284; Id., sez. V, 23 ottobre 2007, n. 5575]
Deve escludersi la rilevanza di un eventuale adempimento tardivo
dell’obbligazione contributiva, quand’anche ricondotto retroattivamente,
quanto ad efficacia, al momento della scadenza del termine di pagamento
[Cons. St., sez. IV, n. 1458/2009].
Si tratta, del resto, di un corollario del più generale principio (già
affermato nella giurisprudenza della Corte di giustizia UE con la pronuncia
del 9 febbraio 1996, in cause riunite C-226/04 e C-228/04) secondo cui la
sussistenza del requisito della regolarità fiscale e contributiva (che,
pure, può essere regolarizzato in base a disposizioni nazionali di
concordato, condono o sanatoria) deve comunque essere riguardata con
riferimento insuperabile al momento ultimo per la presentazione delle
offerte, a nulla rilevando una regolarizzazione successiva la quale,
pertanto, non potrà in alcun modo incidere sul dato dell’irregolarità ai
fini della singola gara [Cons. St., sez. VI, 5 luglio 2010, n. 4243].
La mancanza del requisito della regolarità contributiva alla data di
scadenza del termine previsto dal bando per la presentazione delle offerte,
in definitiva, non é sanato dall’eventuale adempimento tardivo
dell’obbligazione contributiva, atteso che tale tardivo adempimento può
rilevare nelle reciproche relazioni di credito e di debito fra i soggetti
del rapporto obbligatorio e non anche nei confronti dell’Amministrazione
aggiudicatrice che debba accertare la sussistenza del requisito della
regolarità contributiva ai fini dell’ammissione alla gara [Cons. St., sez.
VI, 12 gennaio 2011, n. 104]. ».
L’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69
del 2013 ha determinato una
sorta di “novazione” della fonte della previsione normativa già contenuta
nel decreto ministeriale del 24 ottobre 2007, conferendole rango
legislativo. Ma non vi sono nella disposizione che ora ha rango legislativo
elementi di novità che consentano di superare l’interpretazione “storica”
della precedente norma regolamentare.
24. Nessun argomento in senso contrario può trarsi, diversamente da quanto
ipotizzato nell’ordinanza di rimessione, dal decreto ministeriale 30 gennaio
2015 (comunque inapplicabile ratione temporis perché entrato in vigore il 1°
luglio 2015) e dalla successiva circolare interpretativa del Ministero del
Lavoro – Direzione generale per l’attività ispettiva dell’ 8 giugno 2015, n.
19.
Appurato, infatti, che a livello di normativa primaria, la disciplina
dell’affidamento degli appalti pubblici non consente la regolarizzazione
postuma della irregolarità contributiva, deve certamente escludersi che tale
forma di regolarizzazione possa essere stata introdotta da una fonte di
rango regolamentare, quale è il decreto ministeriale 30 gennaio 2015.
È fin troppo evidente che il generale principio di gerarchia delle fonti
normative non permette ad una norma regolamentare di introdurre una forma di
regolarizzazione incompatibile con la disciplina di rango legislativo.
Una simile interpretazione (dando luogo ad una inammissibile inversione
della gerarchia delle fonti) deve, pertanto, essere disattesa.
IX) La presunta incompatibilità comunitaria
25. In senso contrario alla tesi qui accolta non possono essere invocati neanche presunti profili di incompatibilità con i principi dell’ordinamento comunitario.
25.1. Non viene, in rilievo, innanzitutto, il principio di tutela del
legittimo affidamento, che trova le sue radici anche nell’ordinamento
nazionale.
La tutela dell’affidamento incontra, infatti, il limite
dell’autoresponsabilità e non può allora essere invocato dall’impresa che
volontariamente o colpevolmente si trovi in una situazione di irregolarità
contributiva. In base al già richiamato principio di auto responsabilità (in
forza del quale ciascuno risponde degli errori commessi) non si può
pretendere di superare l’inadempimento storicamente verificatosi in nome
dell’apparenza ingenerata dal precedente rilascio di un documento unico di
regolarità contributiva che va a “fotografare” una situazione di regolarità
non più attuale a causa di errori imputabili alla stessa impresa.
L’affidamento sulle risultanze del precedente DURC in questo caso è
colpevole perché la discrasia tra il DURC e la realtà dipende da omissioni
od errori imputabili proprio all’impresa che tale affidamento invoca.
25.2. Non risulta pertinente neanche il richiamo alle motivazioni sulla cui
base la Quarta Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza 11 marzo 2015,
n. 1236 ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione europea una questione
pregiudiziale circa la compatibilità tra l’articolo 45 della direttiva
18/2004 – interpretato alla luce del principio di ragionevolezza nonché
degli articoli 49 e 56 del TFUE – e una normativa nazionale (quale quella
italiana) che, nell’ambito di una procedura d’appalto sopra soglia, consente
alle stazioni d’appaltanti di richiedere d’ufficio agli istituti
previdenziali il documento unico di regolarità contributiva (DURC) ed
obbliga le medesime stazioni appaltanti ad escludere dalla gara quegli
operatori economici dalla cui certificazione si evince una violazione
contributiva sussistente al momento della partecipazione – anche se da essi
non conosciuta in quanto hanno partecipato in forza di un DURC positivo in
corso di validità – e non più presente al momento dell’aggiudicazione o
della verifica d’ufficio.
In primo luogo, le differenze che si colgono, sul piano fattuale, tra le
relative fattispecie concrete (quella oggetto del presente giudizio e quella
con riferimento alla quale è stata sollevata la questione pregiudiziale),
già esclude la possibilità di “trasferire” automaticamente i medesimi dubbi
di compatibilità comunitaria nell’ambito del presente giudizio.
In ogni caso è dirimente, ed esclude la necessità di una ulteriore
rimessione alla Corte di Giustizia o di una sospensione c.d. impropria del
presente giudizio in attesa della decisione sulla questione pregiudiziale
rimessa dalla Quarta Sezione, la constatazione che la Corte di Giustizia ha
già avuto modo di occuparsi della compatibilità comunitaria della disciplina
legislativa nazionale che preclude rigidamente la partecipazione alle gare
di appalto alle imprese che versino in una situazione grave e
definitivamente accertata di irregolarità contributiva (e delle relative
nozioni di “gravità” e “definitivo accertamento”).
Già nella sentenza 10 luglio 2014, C-358/12, Consorzio Stabile Libor Lavori
Pubblici, la Corte di giustizia, occupandosi anche della presunta
incompatibilità tra la causa di esclusione prevista l’art.38, comma 1,
lettera i) e l’art. 45, paragrafo 2, della direttiva n. 18/2014 ha
statuito(paragrafi 32 e seguenti della motivazione) che:
- l’obiettivo perseguito dalla causa di esclusione dagli appalti pubblici definita dall’articolo 38, paragrafo 1, lettera i), del decreto legislativo n. 163/2006 consiste nell’accertarsi dell’affidabilità, della diligenza e della serietà dell’offerente nonché della correttezza del suo comportamento nei confronti dei suoi dipendenti;
- accertarsi che un offerente possieda tali qualità costituisce un obiettivo legittimo di interesse generale;
- una causa di esclusione come quella prevista dall’articolo 38, paragrafo 1, lettera i), del decreto legislativo n. 163/2006 è idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo perseguito, dato che il mancato versamento delle prestazioni previdenziali da parte di un operatore economico tende a indicare assenza di affidabilità, di diligenza e di serietà di quest’ultimo quanto all’adempimento dei suoi obblighi legali e sociali;
- per quanto riguarda la necessità di una tale misura, la definizione, da parte della normativa nazionale, di una soglia precisa di esclusione alla partecipazione agli appalti pubblici, vale a dire uno scostamento tra le somme dovute a titolo di prestazioni sociali e quelle versate è di un importo superiore, al contempo, a EUR 100 e al 5% delle somme dovute, garantisce non solo la parità di trattamento degli offerenti ma anche la certezza del diritto, principio il cui rispetto costituisce una condizione della proporzionalità di una misura restrittiva (v., in tal senso, sentenza Itelcar, C 282/12, EU:C:2013:629, punto 44);
- per quanto riguarda il livello di tale soglia di esclusione, quale definito dalla normativa nazionale, occorre ricordare che, riguardo agli appalti pubblici che ricadono nella sfera di applicazione della direttiva 2004/18, l’articolo 45, paragrafo 2, di tale direttiva lascia l’applicazione dei casi di esclusione che menziona alla valutazione degli Stati membri, come risulta dall’espressione «può venire escluso dalla partecipazione ad un appalto», che figura all’inizio di detta disposizione, e rinvia esplicitamente, in particolare alle lettere e) e f), alle disposizioni legislative nazionali [v., per quanto riguarda l’articolo 29 della direttiva 92/50/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992 che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1), sentenza La Cascina e a., C 226/04 e C 228/04, EU:C:2006:94, punto 21]. Inoltre, ai sensi del secondo comma di detto articolo 45, paragrafo 2, gli Stati membri precisano, conformemente al rispettivo diritto nazionale e nel rispetto del diritto dell’Unione, le condizioni di applicazione del paragrafo stesso;
- di conseguenza, l’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2004/18 non prevede una uniformità di applicazione delle cause di esclusione ivi indicate a livello dell’Unione, in quanto gli Stati membri hanno la facoltà di non applicare affatto queste cause di esclusione o di inserirle nella normativa nazionale con un grado di rigore che potrebbe variare a seconda dei casi, in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale prevalenti a livello nazionale. In tale ambito, gli Stati membri hanno il potere di attenuare o di rendere più flessibili i criteri stabiliti da tale disposizione (v., per quanto riguarda l’articolo 29 della direttiva 92/50, sentenza La Cascina e a., EU:C:2006:94, punto 23);
- l’articolo 45, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2004/18 consente agli Stati membri di escludere dalla partecipazione a un appalto pubblico ogni operatore economico che non sia in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali, senza che sia previsto un qualsivoglia importo minimo di contributi arretrati. In tale contesto, il fatto di prevedere un siffatto importo minimo nel diritto nazionale costituisce un’attenuazione del criterio di esclusione previsto da tale disposizione e non può, pertanto, ritenersi che vada oltre il necessario.
- gli Stati membri sono liberi di integrare le cause di esclusione previste, in particolare, dall’articolo 45, paragrafo 2, lettere e) e f), di detta direttiva nella normativa nazionale con un grado di rigore che potrebbe variare a seconda dei casi, in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale prevalenti a livello nazionale.
Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, la Corte di giustizia ha, quindi, affermato dichiarato che gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché il principio di proporzionalità vanno interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che, riguardo agli appalti pubblici di lavori il cui valore sia inferiore alla soglia definita all’articolo 7, lettera c), della direttiva 2004/18, obblighi l’amministrazione aggiudicatrice a escludere dalla procedura di aggiudicazione di un tale appalto un offerente responsabile di un’infrazione in materia di versamento di prestazioni previdenziali se lo scostamento tra le somme dovute e quelle versate è di un importo superiore, al contempo, a EUR 100 e al 5% delle somme dovute.
A ciò si deve aggiungere il principio generale affermato nella
giurisprudenza della Corte di giustizia Ce con la pronuncia del 9 febbraio
1996, in cause riunite C-226/04 e C-228/04, secondo cui: «la sussistenza del
requisito della regolarità fiscale e contributiva (che, pure, può essere
regolarizzato in base a disposizioni nazionali di concordato, condono o
sanatoria) deve comunque essere riguardata con riferimento insuperabile al
momento ultimo per la presentazione delle offerte, a nulla rilevando una
regolarizzazione successiva la quale, pertanto, non potrà in alcun modo
incidere sul dato dell’irregolarità ai fini della singola gara».
Nemmeno gli argomenti fondati sul diritto comunitario impongono, quindi, di
dare spazio ad una generalizzata regolarizzazione postuma come quella
prospettata dall’ordinanza di rimessione.
X) Il principio di diritto sulla questione interpretativa rimessa all’Adunanza Plenaria
26. Alla luce delle considerazioni che precedono, la questione
interpretativa sottoposta dall’Adunanza Plenaria deve, pertanto, essere
risolta enunciando il seguente principio di diritto:
«Anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 31, comma 8, del decreto legge 21
giugno 2013 n. 69, (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia),
convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, non sono
consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo
l’impresa deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi
previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e
conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione
e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un
eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva. L’istituto
dell’invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo), già
previsto dall’art. 7, comma3, del decreto ministeriale 24 ottobre 2007 e ora
recepito a livello legislativo dall’art. 31, comma 8, del decreto legge 21
giugno 2013 n. 69 può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente
previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non
anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della
veridicità dell’autodichiarazione resa ai sensi dell’art. 38, comma 1,
lettera i) ai fini della partecipazione alla gara d’appalto».
XI) L’applicazione del principio al caso di specie
27. L’applicazione dell’enunciato principio al caso oggetto del presente
giudizio comporta l’accoglimento dell’appello proposto dalle società Cavecon
e Greco.
Nel caso di specie è pacifico, infatti, che la posizione MAS Costruzioni nel
momento in chi ha reso la dichiarazione ai fini della partecipazione alla
gara non era regolare (cfr. nota Inail del 9 dicembre 2014 che conferma
l’irregolarità contributiva dell’impresa MAS alla data del 27 agosto 2014).
Risulta accertato, quindi, che la concorrente in sede di gara ha attestato,
contrariamente al vero, la regolarità della posizione contributiva e che
solo successivamente alla conoscenza dell’aggiudicazione ha proceduto alla
relativa regolarizzazione.
Nel caso di specie, peraltro, MAS Costruzioni era certamente consapevole
della propria irregolarità contributiva, trattandosi di contributi dovuti in
autoliquidazione, rispetto ai quali l’impresa ha prima chiesto la
rateizzazione, senza poi corrispondere quanto dovuto.
La dichiarazione ex art. 38, comma
1, lettera i), del decreto legislativo n. 163 del
2006 è stata, quindi, resa nella piena consapevolezza della non
corrispondenza al vero.
28. L’appello principale deve, quindi, essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata deve essere respinto il ricorso proposto in primo grado contro la revoca dell’aggiudicazione.
29. La controvertibilità e la complessità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione delle spese del doppio grado giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 dicembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Stefano Baccarini, Presidente
Alessandro Pajno, Presidente
Paolo Numerico, Presidente
Carlo Deodato, Consigliere
Nicola Russo, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore
Raffaele Greco, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Depositata il 29 febbraio 2016
Consiglio di Stato Adunanza plenaria 29/2/2016, n. 5
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 18 di A.P. del 2015, proposto da:
Romeo Gestioni s.p.a. in proprio e quale mandataria RTI, in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati ...
Consorzio Stabile Romeo Facility Service 2010, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati ...
contro
Consip s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dall’avvocato ...
Citelum S.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dall’avvocato ...
nei confronti di
M.D. Group s.r.l., in persona de legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dall’avvocato ...
Finworld s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati ...
Campanale Giovanni & C. Srl, Elettro Servizi Srl;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III n. 10310/2015, resa tra
le parti, concernente affidamento del servizio luce e dei servizi connessi
per le pubbliche amministrazioni;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consip s.p.a., di Citelum
S.A., di M.D. Group s.r.l. e di Finworld s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 dicembre 2015 il Cons. Roberto
Giovagnoli e uditi per le parti gli avvocati ...
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I) Il giudizio di primo grado
1. L’odierna appellante ha partecipato alla gara indetta da Consip S.p.a. con bando del 19 dicembre 2012 per l’affidamento del servizio luce e dei servizi connessi per le Pubbliche Amministrazioni, lotti 5 e 6, classificandosi al primo posto.
2. Con note del 30 ottobre 2014 e del 12 novembre 2014, Consip comunicava che a seguito di verifiche di ufficio sulle dichiarazioni sostitutive rese in gara erano emerse, a carico di alcune consorziate esecutrici del mandante Consorzio Romeo Facility Services 2010, le seguenti irregolarità:
- per Elettro Servizi s.r.l., la dichiarazione del legale rappresentante Amoroso, attestante che nei confronti del preposto alla gestione tecnica non erano stati pronunciati provvedimenti penali definitivi, non era veritiera, in quanto era risultata una sentenza di applicazione della pena su richiesta di parte, emessa in data 3 agosto 1992, per il «reato di furto ex art. 624 c.p.» nei confronti del preposto alla gestione tecnica Gargiulo;
- per Campanale Giovanni s.r.l., il DURC rilasciato a Consip il 28 ottobre 2014 per la verifica della dichiarazione presentata in data 22 febbraio 2013 era risultato negativo in relazione a «premi assicurativi per gli anni 2012-2013 per un importo di e 23.328,00» dovuti all’INAIL;
- per MD Group s.r.l., il DURC rilasciato a Consip il 27 ottobre 2014 per verifica della dichiarazione presentata in data 14.2.2013 era risultato negativo per l'importo di € 600,00.
Con provvedimento del 13 gennaio 2015, Consip disponeva conseguentemente l’esclusione del R.T.I. Romeo.
3. Avverso l’esclusione, l’interessata proponeva ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio deducendo, in sintesi, i seguenti motivi:
1) Il DURC di Campanale rilasciato in data 31.12.2012 e il DURC di M.D. Group rilasciato in data 10 dicembre 2012 risultavano in corso di validità (90 giorni) alla data delle dichiarazioni rese in gara (rispettivamente 22 febbraio 2013 e 14 febbraio 2013). A tale data non sarebbe dunque esistita alcuna violazione contributiva definitivamente accertata, come previsto dall'art. 38, comma 1, lett. i) del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE).
Consip avrebbe dovuto considerare che gli enti previdenziali, prima di emettere il DURC negativo hanno l'obbligo, ex art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 e art. 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, di invitare l'interessato a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a 15 giorni.
2) Il legale rappresentante, sottoscrittore della dichiarazione per conto di terzi, risponderebbe solo in relazione a stati qualità o fatti conosciuti o conoscibili. Ma nel caso di specie, il sig. Amoroso, legale rappresentante della Elettro Servizi s.r.l., prima di sottoscrivere la dichiarazione anche per Gargiulo Ugo, responsabile tecnico, si era munito del certificato del casellario del soggetto in questione nella versione accessibile al privato dal quale nulla risultava. Del resto, Gargiulo non ricoprirebbe più la carica di responsabile tecnico sin dal 26 marzo2013, e la condanna non dichiarata rappresenterebbe, comunque, un precedente remoto (1992), che non sarebbe grave, né incidente sulla moralità professionale.
4. Con successivi motivi aggiunti Romeo Gestioni s.p.a. ha altresì impugnato la nota 24 marzo 2015 prot. 8069 con la quale Consip s.p.a., comunicava l’escussione delle fideiussioni presentate dalla ricorrente in sostituzione delle cauzioni provvisorie prescritte per i lotti 5 e 6 della gara de qua, di importo pari a € 1.200.000,00 per il lotto 5 e € 870.000,00 per il lotto 6.
II) La sentenza appellata
5. Il Tribunale amministrativo regionale, con la sentenza in epigrafe
indicata, ha respinto il ricorso introduttivo, affermando in particolare
che: «il concetto di definitività nell'ambito delle gare pubbliche
dev’essere esaminato alla data di scadenza del termine di presentazione
dell'offerta […]» e «non può valere quanto affermato da parte ricorrente
circa l'obbligo dell'Istituto previdenziale di attivare la procedura di
regolarizzazione prevista dall'art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007, in
quanto l’art. 38, comma 8, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 è entrato in
vigore in data successiva rispetto a quella in cui le imprese del
raggruppamento hanno reso le dichiarazioni (14.2.2013 e 22.2.2013) e,
comunque, in data successiva alla pubblicazione del bando di gara
(19.12.2012), per cui non è applicabile in virtù del principio tempus regit
actum; - la procedura di regolarizzazione di cui all’art. 7, comma 3, del DM
24 ottobre 2007 non può essere applicata ai DURC richiesti d’ufficio da
un’amministrazione aggiudicatrice per la verifica ai sensi dell’art. 71 del
d.P.R. 445/2000 della veridicità delle dichiarazioni rese dalle imprese
partecipanti”… “in altri termini, il requisito di cui all’art. 38 del d.lgs.
163/2006 deve sussistere alla data in cui è resa la dichiarazione, non
essendo possibile che lo stesso possa perfezionarsi in un momento successivo
mediante l’invito alla regolarizzazione».
Inoltre, quanto, alla seconda questione controversa, il Tribunale
amministrativo regionale ha affermato che: «il sig. Amoroso non avrebbe
potuto rendere la dichiarazione di cui all’allegato 1 anche per conto di
Gargiulo perché questo non risultava ancora cessato dalla carica; la
dichiarazione resa da Amoroso, inoltre, non è risultata corrispondente ai
dati emergenti dal certificato dal casellario giudiziale riguardante il sig.
Gargiulo. In senso contrario non vale l’invocazione dello stato di “buona
fede” del signor Amoroso, in quanto egli si è assunto la responsabilità di
rendere dichiarazioni su fatti stati di un terzo che, alla data della stessa
dichiarazione, non era ancora cessato dalla carica (cfr. Consiglio di Stato,
Sez. V, 23 giugno 2014, n. 3132) ».
Il Tribunale amministrativo regionale ha, invece, accolto i motivi aggiunti
avverso l’escussione della garanzia fideiussoria, chiarendo che: «il
provvedimento di incameramento della cauzione, stante il suo carattere
indubbiamente afflittivo se non propriamente sanzionatorio, deve essere
ricondotto al carattere di gravità del comportamento dei concorrenti…..”;
nel caso di specie invece “la condotta della ricorrente Romeo Gestioni
S.p.a. (peraltro estranea alle irregolarità che hanno riguardato imprese
partecipanti al raggruppamento) non aveva carattere di gravità” essendo
“intervenuta in un quadro normativo in progressiva evoluzione e nell’ambito
di orientamenti giurisprudenziali non uniformi».
III) Il giudizio di appello e l’ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria
6. Avverso tale sentenza ha proposto appello la Romeo Gestioni s.p.a. articolando le seguenti censure.
6.1. Il primo giudice non avrebbe correttamente inteso il concetto di violazione “definitivamente accertata”, essendo evidente che alla data delle dichiarazioni sostitutive rese le offerenti fossero in possesso di un DURC in corso di validità attestante la propria regolarità contributiva, di per sé solo sufficiente ad escludere violazioni contributive rilevanti.
6.2. Erronea sarebbe altresì la pretesa inapplicabilità ratione temporis
dell’art. 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, bastando
osservare in proposito che trattasi di norme disciplinanti il procedimento
di rilascio del DURC e non certo la procedura di gara. In ogni caso, la
giurisprudenza più recente avrebbe chiarito che l’art. 31, comma 8, del
decreto legge n. del 2013 ha attribuito rango legislativo ad una previsione
regolamentare già contenuta nel D.M. 24 ottobre 2007 secondo la quale il
mancato avviso di regolarizzazione all’interessato preclude l’esclusione
dalla gara, quand’anche il DURC sia richiesto dall’amministrazione in sede
di verifica.
Una diversa interpretazione violerebbe i principi comunitari, come già
rilevato dall’ordinanza 11 marzo 2015, n.1236 con la quale la Sezione Quarta
del Consiglio di Stato ha rimesso analoga questione alla Corte di Giustizia.
6.3. Sulla dichiarazione ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006, il legale rappresentante di Elettroservizi, trovatosi nell’impossibilità di contattare il sig. Gargiulio (che di li a poco si è poi dimesso), si è premurato di acquisire il certificato del casellario e dei carichi pendenti ed ha reso la dichiarazione dopo aver constatato che nulla risultava: da qui l’inconfigurabilità del mendacio. Per il resto, il disciplinare di gara era chiaro nell’equiparare ai soggetti cessati anche i soggetti “sensibili” in carica.
7. Si è costituita in giudizio Consip che, oltre a chiedere il rigetto dell’appello, ha proposto a sua volta appello incidentale per ottenere la riforma della sentenza nella parte che l’ha vista soccombente con riguardo all’escussione della fideiussione.
8. Nel giudizio si sono altresì costituiti MD Group srl e Finworl s.p.a., con argomentazioni a sostegno dell’appello principale, e Citelum s.p.a. in adesione alle tesi di Consip.
9. Con ordinanza 29 settembre 2015, n. 4540, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione, sollevata nel primo motivo dell’appello principale, se l’obbligo degli Istituti previdenziali di invitare l’interessato alla regolarizzazione del DURC (c.d. preavviso di DURC negativo), previsto dall’art. 7, comma 3 D.M. 24 ottobre 2007 e ribadito dall’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69 del 2013, sussista anche nel caso in cui la richiesta provenga dalla stazione appaltante in sede di verifica della dichiarazione resa dall’impresa ai sensi dell’art. 38, comma 1, lettera i) del d.lgs. n. 163 del 2006. Se, in altri termini, la mancanza dell’invito alla regolarizzazione impedisca di considerare come “definitivamente accertata” la situazione di irregolarità contributiva.
IV) Il contrasto giurisprudenziale in atto
10. La Sezione rimettente evidenzia come sulla questione si sia formato un contrasto giurisprudenziale, che può essere così sintetizzato.
10.1. Un primo orientamento, che la stessa Sezione rimettente considera prevalente, ritiene che: a). per l’accertamento del requisito, oggetto di dichiarazioni sostitutive degli offerenti, debba aversi riguardo al DURC richiesto dalla stazione appaltante in sede di controlli, con riferimento, appunto, all’esatta data della domanda di partecipazione, con conseguente insufficienza, ai fini della prova, di eventuali DURC in possesso degli offerenti ed ancora in corso di validità (sul punto Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1458; sez. V, 10 agosto2010, n. 5556; sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6907; sez. V, 12 ottobre 2011, n. 5531); b). l’invito alla regolarizzazione (cd. preavviso di DURC negativo) non si applica in caso di DURC richiesto dalla stazione appaltante, atteso che, l’obbligo dell'INPS di attivare la procedura di regolarizzazione prevista dall’art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 si scontra con i principi in tema dì procedure di evidenza pubblica che non ammettono regolarizzazioni postume (o, detto diversamente, l’eventuale regolarizzazione postuma non sarebbe comunque idonea ad elidere il dato dell’irregolarità alla data di presentazione dell’offerta). In tal senso, fra le altre, si sono pronunciate: Cons. Stato, Ad. Plen. 4 maggio 2012, n. 8; indirettamente anche Adunanza Plenaria, 20 agosto 2013, n. 20; Cons. Stato, Cons. Stato, IV, 12 marzo 2009 n. 1458; Cons. stato VI, 11 agosto 2009, n. 4928; 6 aprile 2010, n. 1934; 5 luglio 2010, n. 4243; sez. V, 16 settembre 2011, n.5194).
10.2. Un secondo, più recente, ma ancora minoritario orientamento, afferma, invece, che l’obbligo degli Istituti previdenziali di invitare l’interessato alla regolarizzazione sussiste anche ove la richiesta sia fatta in sede di verifica dalla stazione appaltante (Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5064); Cons. Stato, sez. VI 16 febbraio 2015 n. 78). A sostegno di tale conclusione si valorizza la “novità” rappresentata dall’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69 del 2013, che, secondo la tesi in esame, avrebbe implicitamente ma sostanzialmente modificato l’art. 38 del d. lgs. n. 163 del 2006, con la conseguenza che l’irregolarità contributiva potrebbe considerarsi definitivamente accertata solo alla scadenza del termine di quindici giorni assegnato dall’ente previdenziale per la regolarizzazione della posizione contributiva.
V) La soluzione proposta dall’ordinanza di rimessione
11. Così delineato il contrasto giurisprudenziale, la Sezione rimettente
mostra di condividere la tesi secondo cui l’obbligo del preavviso di
regolarizzazione, previsto sin dal 2007 in via regolamentare (art. 7 del
D.M. 24 ottobre 2007) e dal 2013 in forza di disposizione i legge (art. 31,
comma 8, del d.l. n. 69 del 2013), debba intendersi sussistente anche per il
caso di richiesta proveniente dalla stazione appaltante.
Ciò poiché – si legge nell’ordinanza di rimessione – «in mancanza di avviso
non solo si pone nel nulla il sistema della certificazione di regolarità
conseguita dal privata ed in corso di validità, in violazione del d.m. 24
ottobre 2007, che non distingue in punto di efficacia degli atti di
certazione a seconda della natura pubblica o privata del richiedente, ma si
violazione il principio di affidamento dei privati, costituzionalmente e
comunitariamente fondato, riconoscendo carattere di definitività ad una
violazione previdenziale che non risulta dal “durc” privato, né è mai stata
previamente comunicata a ricorrente».
La Sezione rimettente evidenzia come tale soluzione interpretativa sia stata
recepita dall’art. 4 D.M. 30 gennaio 2015 e, soprattutto, da una successiva
circolare interpretativa del Ministero del Lavoro (n. 19/2015) nella quale
si afferma espressamente che «le Amministrazioni aggiudicatrici
procederanno, pertanto, a decorrere dal 1° luglio 2015, alla verifica delle
dichiarazioni sostitutive con le stesse modalità di cui all’art. 6 del D.M.
restando precluso, pertanto, dalla medesima data, come precisato nella
circolare ministeriale, la possibilità per le Amministrazioni in fase d
richiesta di specificare la data nella quale ciascuna dichiarazione è stata
resa. Ciò stante l’obbligo generale di invito alla regolarizzazione,
previsto dall’art. 4 del DM, anche ai fini di qualificare come
definitivamente accertate le violazioni gravi alle norme in materia di
contributi previdenziali ai sensi dell’art. 38, comma 1, lettera i), del
d.lgs. n. 163/2006».
Proprio alla luce di tale circolare, non vi sarebbe dubbio, quindi, secondo
la Sezione rimettente, che dal 1° luglio (data di entrata in vigore del D.M.
30 gennaio 2015), in ragione delle nuove previsioni normative e delle
modalità applicative, il concetto di definitivo accertamento (proprio
dell’ordinamento previdenziale) sia subordinato all’invito a regolarizzare,
anche se l’interrogazione sia compiuta dalla stazione appaltante in funzione
di verifica della dichiarazione resa ai sensi dell’art. 38, comma 1, lettera
i) del d.lgs. n. 163 del 2006.
Il dubbio esegetico, quindi, secondo l’impostazione accolta dall’ordinanza
di rimessione, sarebbe circoscritto al periodo antecedente all’entrata in
vigore del D.M. 30 gennaio 2015 e dovrebbe, comunque, risolversi ritenendo
applicabile il preavviso di DURC negativo anche nell’ambito delle procedure
di gara.
V) La decisione dell’Adunanza Plenaria
12. La questione sottoposta dall’ordinanza di rimessione deve essere risolta
dando continuità, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 31, comma 8, del
decreto legge n. 69 del 2013, all’indirizzo interpretativo secondo cui non
sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale,
dovendo l’impresa deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi
previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e
conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione
e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un
eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva.
Tale principio, già chiaramente espresso dall’Adunanza Plenaria nella
sentenza 4 maggio 2012, n. 8, non risulta superato dalla norma, più volta
richiamata dall’ordinanza di rimessione, introdotta con l’articolo 31, comma
8, del decreto legge n. 69 del 2013.
13. La disposizione in esame testualmente prevede, sotto la rubrica
“Semplificazioni in materia di DURC”: «Ai fini della verifica per il
rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di
mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti
al rilascio, prima dell'emissione del DURC o dell'annullamento del documento
già rilasciato, invitano l'interessato, mediante posta elettronica
certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro
ovvero degli altri soggetti di cui all'articolo 1 della legge 11 gennaio
1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non
superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della
irregolarità».
Tale disposizione, contrariamente a quanto sostenuto nell’ordinanza di
rimessione, non può interpretarsi nel senso di subordinare il carattere
definitivo della violazione previdenziale (che ai sensi dell’art. 38 d.lgs.
n. 163 del 2006 rappresenta un elemento ostativo alla partecipazione alle
gare d’appalto) alla condizione che l’impresa che versi in stato di
irregolarità contributiva al momento della presentazione dell’offerta venga
previamente invitata a regolarizzare la propria posizione previdenziale e
che nonostante tale invito perseveri nell’inadempimento dei propri obblighi
contributivi.
L’Adunanza Plenaria ritiene, al contrario, che l’art. 31, comma 8, del
decreto legge n. 69 del 2013 non abbia in alcun modo modificato la
disciplina dettata dall’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 e che, pertanto, la
regola del previo invito alla regolarizzazione non trovi applicazione nel
caso di DURC richiesto dalla stazione appaltante ai fini della verifica
delle dichiarazioni rese dall’impresa ai fini della partecipazione alla
gara.
L’istituto dell’invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC
negativo) può, dunque, operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente
previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non
anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della
veridicità dell’autodichiarazione.
14. Depongono a favore di tale conclusione una pluralità di argomenti, di carattere letterale, storico e sistematico.
VI) Gli argomenti fondati sul dato letterale
15. Da un punto di vista letterale, risulta significativo il confronto tra
la formulazione del comma 8 dell’articolo 31 e quella dei commi che lo
precedono (in particolare quelli che vanno dal comma 2 al comma 7).
Nel comma 8 (quello oggetto della questione interpretativa rimessa all’esame
dell’Adunanza Plenaria) manca qualsiasi riferimento alla disciplina
dell’evidenza pubblica o dei contratti pubblici e questa mancanza è tanto
più significativa se si considera che, invece, nei commi precedenti (in
tutti quelli che vanno dal comma 2 al comma 7) vi è un rifermento esplicito
a tale disciplina, riferimento enfatizzato anche dalla relativa
collocazione, sempre all’inizio della disposizione.
Più nel dettaglio:
- i commi 3, 4, 6 e 7 si aprono tutti con la stessa locuzione: «Nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture […]»;
- il comma 2 si apre con la formula: «Al codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni: […]» ;
- il comma 7 si apre, a sua volta, con uno specifico rifermento proprio al «documento unico di regolarità contributiva (DURC) rilasciato per i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture».
Già il dato letterale, rafforzato dal confronto tra i vari commi che
compongono l’articolo in esame, supporta, quindi, la conclusione che laddove
il legislatore del 2013 ha inteso occuparsi dei contratti pubblici,
apportando modifiche alla relativa disciplina, lo ha detto espressamente,
attraverso un richiamo esplicito.
16. L’argomento letterale è rafforzato dalla considerazione che ai sensi
dell’art. 255 d.lgs. 163 del 2006 « [o]gni intervento normativo incidente
sul codice, o sulle materie dallo stesso disciplinate, va attuato mediante
esplicita modifica, integrazione, deroga o sospensione delle specifiche
disposizioni in esso contenute» (c.d. clausola di abrogazione esplicita).
Conformemente a tale previsione normativa, che impone l’abrogazione o la
modifica esplicita delle norme del codice dei contratti pubblici (o delle
norme che incidono sulle materie dallo stesso regolate), l’art. 31, comma 2,
come si è già accennato, contiene l’elenco esplicito delle disposizioni del
decreto legislativo n. 163 del 2006 che sono state modificate.
In questo elenco non è menzionato l’art. 38, comma 1, lettera i), ovvero la
disposizione che prevede come causa ostativa della partecipazione l’aver
commesso “violazioni gravi e definitivamente accertate, alle norme in
materia di contributi previdenziali e assistenziali”.
Non è allora sostenibile che una modifica così rilevante come quella che
l’ordinanza di rimessione vorrebbe trarre dal decreto legge n. 69 del 2013
(ossia, la modifica della nozione di “definitivo accertamento” quale fatta
propria dal c.d. diritto vivente di cui è certamente espressione la sentenza
dell’Adunanza Plenaria n. 8 del 2012) possa discendere, in violazione della
clausola dell’abrogazione esplicita, da una disposizione che non solo non lo
dispone espressamente, ma che non contiene nemmeno alcun esplicito
riferimento alla materia dei contratti pubblici ed è per di più inserita in
un articolo che in un diverso comma (il comma 5) elenca in maniera analitica
e puntuale le modifiche apportate alla disciplina dei contratti pubblici.
17. Sempre sotto il profilo letterale, giova evidenziare che il comma 8
dell’art. 31, nel prevedere l’onere del previo invito alla regolarizzazione
fa testualmente riferimento all’attività di «verifica per il rilascio del
documento unico di regolarità contributiva (DURC) » richiesto dal datore di
lavoro. Ben diversa è l’attività che l’Ente previdenziale compie non per
rilasciare il DURC su richiesta dell’impresa, ma per verificare, su
richiesta della stazione appaltante, la veridicità della dichiarazione
sostitutiva relativa al requisito di cui all'articolo 38, comma 1, lettera
i), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
La netta distinzione tra le due fattispecie di DURC – quello rilasciato su
richiesta di parte e quello acquisito d’ufficio dalla stazione appaltante
nell’ambito delle procedure di gara (o della successiva fase di esecuzione
del contratto) – trova ancora conferma nel testo dell’articolo 33 del
decreto legge n. 69 del 2103.
Nell’ambito di tale articolo, il DURC relativo all’aggiudicazione e
all’esecuzione dei contratti pubblici è fatto oggetto di specifica
disciplina nei commi 3, 4 e 5, 6 e 7. In questi commi, il legislatore non
prevede mai, neanche implicitamente o indirettamente, la possibilità di
regolarizzazione postuma dell’eventuale inadempienza contributiva che
dovesse essere riscontrata in capo all’impresa che ha partecipato alla gara
o che sta eseguendo il contratto.
Solo il comma 8, che si riferisce però al DURC rilasciato su richiesta di
parte, prevede il previo invito alla regolarizzazione.
La conclusione che si trae, anche alla luce del fondamentale canone
interpretativo ubi lex voluit dixit, ubi nolit tacuit, è univoca: l’invito
alla regolarizzazione è un istituto estraneo alla disciplina
dell’aggiudicazione e dell’esecuzione dei contratti pubblici.
Tale risultato interpretativo è ulteriormente confermato dalla
considerazione che l’art. 38, comma 2, del decreto legislativo n. 163 del
2006 rinvia alle norme dell’ordinamento previdenziale solo per stabilire
quando l’irregolarità contributiva deve considerarsi “grave” (prevedendo
letteralmente che, « ai fini del comma 1, lettera i), si intendono gravi le
violazioni ostative al rilascio del documento unico di regolarità
contributiva»).
Analogo rinvio non è presente, invece, per quanto riguarda l’altra
caratteristica che la violazione contributiva deve avere affinché rilevi
come causa ostativa alla partecipazione alle gare d’appalto (essere appunto
“definitivamente accertata”). Da qui la conclusione che la nozione di
“definitivo accertamento” che viene in rilievo nell’ambito del Codice dei
contratti pubblici debba essere ricostruita in maniera autonoma rispetto
alla disciplina dell’ordinamento previdenziale, e prescinda, pertanto, dalla
necessità della previa attivazione di meccanismi di regolarizzazione
postuma, come quelli di cui si discute nel presente giudizio.
VII) Gli argomenti di sistema
18. Anche da un punto di vista sistematico, non può non considerarsi che il
c.d. invito alla regolarizzazione costituisce una sorte di preavviso di
rigetto (si parla non a caso di preavviso di DURC negativo).
Esso evoca, pertanto, un istituto (la comunicazione dei motivi ostativi
all’accoglimento dell’istanza) previsto in via generale dall’art. 10-bis
legge 7 agosto 1990, n. 241.
Si tratta di un istituto che, come è noto, è stato previsto, nell’ambito
della disciplina del procedimento amministrativo, solo con riferimento ai
procedimenti ad istanza di parte, risultando incompatibile con i
procedimenti d’ufficio, dove, in effetti, non vi è un’istanza di parte e,
quindi, non vi è un onere di preventiva comunicazione dei motivi ostativi al
suo accoglimento.
Merita considerazione anche il rilievo che lo stesso art. 10-bis della legge
n. 241 del 1990, introduce due deroghe espresse alla regola del c.d.
preavviso di rigetto. Le deroghe si riferiscono: 1) alle procedure
concorsuali; 2) ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale
sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali.
Entrambe le deroghe offrono elementi d’interesse ai fini della risoluzione
della questione oggetto del presente giudizio.
La deroga alle procedure concorsuali (a prescindere dalla difficoltà di
considerare, a rigore, la procedura concorsuale un procedimento ad istanza
di parte) si riferisce a tutte le procedure caratterizzate dal principio
della concorsualità e, quindi, anche alle procedure di evidenza pubblica per
l’aggiudicazione di contratti pubblici.
La deroga relativa ai procedimenti previdenziali fa specifico riferimento a
quelli sorti a seguito ad istanza di parte. Se il procedimento previdenziale
inizia d’ufficio (come è nel caso di cui ci si occupa nel presente giudizio)
l’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 non ha nemmeno previsto la deroga,
sul presupposto che tali procedimenti sono, per la loro stessa natura,
estranei all’ambito di applicazione del c.d. preavviso di rigetto.
Rispetto alle previsioni dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990,
l’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69 del 2013, introduce un elemento
di novità: una sorta di “deroga alla deroga” per effetto della quale un
meccanismo analogo al preavviso di rigetto è ora previsto per un particolare
procedimento previdenziale: quello ad istanza di parte per il rilascio del
DURC.
Al di fuori di questa specifica ipotesi, tuttavia, torna ad operare la
disciplina generale, che appunto esclude il preavviso di rigetto nell’ambito
sia delle procedure concorsuali sia dei procedimenti previdenziali che
iniziano d’ufficio.
19. Sempre da un punto di vista sistematico, l’esclusione del c.d. preavviso di DURC negativo nell’ambito del procedimento d’ufficio per la verifica della veridicità delle dichiarazioni sostitutive rese in sede ai fini della partecipazione alla gara, si pone in linea con alcuni principi fondamentali che governano appunto le procedure di gara: i principi di parità di trattamento e di autoresponsabilità e il principio di continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione alla gara.
19.1. Per quanto riguarda il principio della parità di trattamento e
dell’autoresponsabilità (per i quali si rinvia alla fondamentale sentenza di
questa Adunanza Plenaria 25 febbraio 2014, n. 9), è fin troppo evidente che
l’applicazione della “regolarizzazione postuma” finirebbe per consentire ad
una impresa di partecipare alla gara senza preoccuparsi dell’esistenza a
proprio carico di una irregolarità contributiva, potendo essa confidare
sulla possibilità di sanare il proprio inadempimento in caso di
aggiudicazione (e, dunque, a seconda della convenienza).
Si arriverebbe, in tal modo, a consentire all’offerente – che pur a
conoscenza di una irregolarità contributiva abbia reso una dichiarazione
volta ad attestare falsamente il contrario – di beneficiare di una facoltà
di regolarizzazione postuma della sua posizione, andando così a sanare, non
una mera irregolarità formale, ma la mancanza di un requisito sostanziale,
mancanza aggravata dall’aver reso una dichiarazione oggettivamente falsa in
ordine al possesso del requisito.
Una simile generalizzata possibilità di sanatoria – della dichiarazione
falsa e della mancanza del requisito sostanziale – darebbe vita ad una
palese violazione del principio della parità di trattamento e
dell’autoresponsabilità dei concorrenti, in forza del quale ciascuno di essi
sopporta le conseguenze di errori, omissione e, a fortiori, delle falsità
commesse nella formulazione dell’offerta e nella presentazione delle
dichiarazioni (cfr. ancora Cons. Stato, Ad. Plen. 25 febbraio 2014, n. 9).
Va richiamato a tale proposto anche quanto autorevolmente e
condivisibilmente affermato dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC)
nella Determinazione n. 1 dell’8 gennaio 2015 (Criteri interpretativi in
ordine alle disposizioni dell’art. 38, comma 2-bis e dell’art. 46, comma
1-ter del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163).
In quella sede l’ANAC, proprio delimitando il campo di applicazione
dell’istituto del soccorso istruttorio in materia di appalti pubblici [in
seguito alla modifiche apportate al Codice dei contratti pubblici dal
decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e
la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari),
convertito, con modificazioni in legge 11 agosto 2014, n. 114] ha
giustamente precisato che il nuovo istituto del soccorso istruttorio «non
può, in ogni caso, essere strumentalmente utilizzato per l’acquisizione, in
gara, di un requisito o di una condizione di partecipazione, mancante alla
scadenza del termine di presentazione dell’offerta. Resta fermo, in
sostanza, il principio per cui i requisiti di partecipazione devono essere
posseduti dal concorrente - che deve essere, altresì, in regola con tutte le
altre condizioni di partecipazioni - alla scadenza del termine fissato nel
bando per la presentazione dell’offerta o della domanda di partecipazione,
senza possibilità di acquisirli successivamente».
E con particolare riferimento alle dichiarazioni false, la citata
determinazione precisa che «La novella in esame, infatti, non incide sulla
disciplina delle false dichiarazioni in gara, che resta confermata. Pertanto
ai sensi dell’art. 38, comma 1-ter del Codice, ove la stazione appaltante
accerti che il concorrente abbia presentato una falsa dichiarazione o una
falsa documentazione, si dà luogo al procedimento definito nel citato comma
1-ter dell’art. 38 ed alla comunicazione del caso all’Autorità per
l’applicazione delle sanzioni interdittive e pecuniarie fissate nella
disciplina di riferimento (art. 38, comma 1-ter e art. 6, comma 11, del
Codice) ».
L’Adunanza Plenaria condivide e fa proprie tali conclusioni, dovendosi
ribadire anche in questa sede l’inammissibilità di qualsiasi forma di
regolarizzazione postuma della carenza del requisito sostanziale o della
falsa dichiarazione.
19.2. Deve, inoltre, richiamarsi il principio di continuità nel possesso dei requisiti (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2014, n. 8), che non possono essere persi dal concorrente neanche temporaneamente nel corso della procedura. A voler seguire, invece, il principio della regolarizzazione postuma dovrebbe allora sostanzialmente consentirsi al soggetto che abbia perso e poi riacquisito il requisito di conseguire l’aggiudicazione, in netto contrasto con quanto chiaramente affermato da questa Adunanza Plenaria nella sentenza n. 8 del 2015.
VIII) Gli argomenti legati all’evoluzione storico-normativa e alla relativa interpretazione giurisprudenziale
20. L’asserita portata innovativa che si vorrebbe riconoscere all’art. 31,
comma 8, del decreto legge n. 69 del 2013 risulta sensibilmente
ridimensionata anche da considerazioni legate all’osservazione
dell’evoluzione storico-normativa e della relativa interpretazione
giurisprudenziale.
Deve osservarsi, invero, che una regola di portata analoga a quella ora
recepita a livello legislativo dall’art. 31, comma 8, del decreto legge n.
69 del 2013, già esisteva nell’ordinamento, sia pure posta da una fonte
regolamentare.
Si fa riferimento all’art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 (peraltro
applicabile ratione temporis alla procedura di gara oggetto del presente
giudizio) il quale, appunto prevedeva:« In mancanza dei requisiti di cui
all'art. 5 gli Istituti, le Casse edili e gli Enti bilaterali, prima
dell'emissione del DURC o dell'annullamento del documento già rilasciato ai
sensi dell'art. 3, invitano l'interessato a regolarizzare la propria
posizione entro un termine non superiore a quindici giorni. ».
Nell’interpretazione di questa norma non si è mai dubitato che la regola del
previo invito alla regolarizzazione non trovasse applicazione nel caso di
richiesta della certificazione preordinata alle verifiche effettuate dalla
stazione appaltante ai fini della partecipazione alle gare d’appalto.
Vanno riportare sotto tale profilo i chiarissimi principi enunciati da
questa Adunanza Plenaria nella già citata sentenza 20 maggio 2012, n. 8, in
cui si legge: «Quanto alla questione del momento in cui deve sussistere la
regolarità contributiva e della possibile sanatoria dell’irregolarità in
corso di gara, la giurisprudenza di questo Consesso ha affermato che
l’assenza del requisito della regolarità contributiva, costituendo
condizione di partecipazione alla gara, se non posseduto alla data di
scadenza del termine di presentazione dell’offerta, non può che comportare
la esclusione del concorrente non adempiente, non potendo valere la
regolarizzazione postuma.
L’impresa infatti deve essere in regola con i relativi obblighi fin dalla
presentazione della domanda e conservare tale regolarità per tutto lo
svolgimento della procedura. Costituisce principio pacifico che poiché il
momento in cui va verificata la sussistenza del requisito della regolarità
contributiva e previdenziale è quello di presentazione della domanda di
partecipazione alla gara, la eventuale regolarizzazione successiva, se vale
a eliminare il contenzioso tra l’impresa e l’ente previdenziale non può
comportare ex post il venir meno della causa di esclusione [Cons. St., sez.
IV, 12 aprile 2011, n. 2284; Id., sez. V, 23 ottobre 2007, n.5575]
Deve escludersi la rilevanza di un eventuale adempimento tardivo
dell’obbligazione contributiva, quand’anche ricondotto retroattivamente,
quanto ad efficacia, al momento della scadenza del termine di pagamento
[Cons. St., sez. IV, n. 1458/2009].
Si tratta, del resto, di un corollario del più generale principio (già
affermato nella giurisprudenza della Corte di giustizia UE con la pronuncia
del 9 febbraio 1996, in cause riunite C-226/04 e C-228/04) secondo cui la
sussistenza del requisito della regolarità fiscale e contributiva (che,
pure, può essere regolarizzato in base a disposizioni nazionali di
concordato, condono o sanatoria) deve comunque essere riguardata con
riferimento insuperabile al momento ultimo per la presentazione delle
offerte, a nulla rilevando una regolarizzazione successiva la quale,
pertanto, non potrà in alcun modo incidere sul dato dell’irregolarità ai
fini della singola gara [Cons. St., sez. VI, 5 luglio 2010, n. 4243].
La mancanza del requisito della regolarità contributiva alla data di
scadenza del termine previsto dal bando per la presentazione delle offerte,
in definitiva, non é sanato dall'eventuale adempimento tardivo
dell'obbligazione contributiva, atteso che tale tardivo adempimento può
rilevare nelle reciproche relazioni di credito e di debito fra i soggetti
del rapporto obbligatorio e non anche nei confronti dell'Amministrazione
aggiudicatrice che debba accertare la sussistenza del requisito della
regolarità contributiva ai fini dell'ammissione alla gara [Cons. St., sez.
VI, 12 gennaio 2011, n.104].»
L’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69 del 2013 ha determinato una
sorta di “novazione” della fonte della previsione normativa già contenuta
nel decreto ministeriale del 24 ottobre 2007, conferendole rango
legislativo. Ma non vi sono nella disposizione che ora ha rango legislativo
elementi di novità che consentano di superare l’interpretazione “storica”
della precedente norma regolamentare.
21. Nessun argomento in senso contrario può trarsi, diversamente da quanto
ipotizzato nell’ordinanza di rimessione, dal decreto ministeriale 30 gennaio
2015 (comunque inapplicabile ratione temporis perché entrato in vigore il 1°
luglio 2015) e dalla successiva circolare interpretativa del Ministero del
Lavoro – Direzione generale per l’attività ispettiva dell’ 8 giugno 2015, n.
19.
Appurato, infatti, che a livello di normativa primaria, la disciplina
dell’affidamento degli appalti pubblici non consente la regolarizzazione
postuma della irregolarità contributiva, deve certamente escludersi che tale
forma di regolarizzazione possa essere stata introdotta da una fonte di
rango regolamentare, quale è il decreto ministeriale 30 gennaio 2015.
È fin troppo evidente che il generale principio di gerarchia delle fonti
normative non permette che norma regolamentare introduca una forma di
regolarizzazione incompatibile con la disciplina di rango legislativo.
Una simile interpretazione (che darebbe luogo ad una inammissibile
inversione della gerarchia delle fonti) deve, pertanto, essere disattesa.
IX) La presunta incompatibilità comunitaria
22. In senso contrario alla tesi qui accolta non possono essere invocati neanche presunti profili di incompatibilità con i principi dell’ordinamento eurounitario.
22.1. Non viene, in rilievo, innanzitutto, il principio di tutela del legittimo affidamento, che trova, peraltro, le sue radici anche, e ancor prima, nell’ordinamento nazionale.
La tutela dell’affidamento incontra, infatti, il limite dell’autoresponsabilità e non può allora essere invocato dall’impresa che volontariamente o colpevolmente si trovi in una situazione di irregolarità contributiva. In base al già richiamato principio di autoresponsabilità (in forza del quale ciascuno risponde degli errori commessi) non si può pretendere di superare l’inadempimento storicamente verificatosi in nome dell’apparenza ingenerata dal precedente rilascio di un documento unico di regolarità contributiva che va a “fotografare” una situazione di regolarità non più attuale a causa di errori imputabili alla stessa impresa.
L’affidamento sulle risultanze del precedente DURC in questo caso è
colpevole perché la discrasia tra il DURC e la realtà dipende da omissioni
od errori imputabili proprio all’impresa che tale affidamento invoca.
22.2. Non risulta pertinente neanche il richiamo alle motivazioni sulla cui
base la Quarta Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza 11 marzo 2015,
n. 1236 ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione europea una questione
pregiudiziale circa la compatibilità tra l’articolo 45 della direttiva
18/2004 – interpretato alla luce del principio di ragionevolezza nonché
degli articoli 49 e 56 del TFUE – e una normativa nazionale (quale quella
italiana) che, nell’ambito di una procedura d’appalto sopra soglia, consente
alle stazioni d’appaltanti di richiedere d’ufficio agli istituti
previdenziali il documento unico di regolarità contributiva (DURC) ed
obbliga le medesime stazioni appaltanti ad escludere dalla gara quegli
operatori economici dalla cui certificazione si evince una violazione
contributiva sussistente al momento della partecipazione – anche se da essi
non conosciuta in quanto hanno partecipato in forza di un DURC positivo in
corso di validità – e non più presente al momento dell’aggiudicazione o
della verifica d’ufficio.
In primo luogo, le differenze che si colgono, sul piano fattuale, tra le
relative fattispecie concrete (quella oggetto del presente giudizio e quella
con riferimento alla quale è stata sollevata la questione pregiudiziale),
già escludono la possibilità di “trasferire” automaticamente i medesimi
dubbi di compatibilità comunitaria nell’ambito del presente giudizio.
In ogni caso è dirimente – ed esclude la necessità di una ulteriore
rimessione alla Corte di Giustizia o di una sospensione c.d. impropria del
presente giudizio in attesa della decisione sulla questione pregiudiziale
rimessa dalla Quarta Sezione – la constatazione che la Corte di Giustizia ha
già avuto modo di occuparsi della compatibilità comunitaria della disciplina
legislativa nazionale che preclude rigidamente la partecipazione alle gare
di appalto alle imprese che versino in una situazione grave e
definitivamente accertata di irregolarità contributiva (e delle relative
nozioni di “gravità” e “definitivo accertamento”).
Già nella sentenza 10 luglio 2014, C-358/12, Consorzio Stabile Libor Lavori
Pubblici, la Corte di giustizia, occupandosi anche della presunta
incompatibilità tra la causa di esclusione prevista l’art. 38, comma 1,
lettera i) e l’art. 45, paragrafo 2, della direttiva n. 18/2014 ha statuito
(paragrafi 32 e seguenti della motivazione) che:
- l’obiettivo perseguito dalla causa di esclusione dagli appalti pubblici definita dall’articolo 38, paragrafo 1, lettera i), del decreto legislativo n. 163/2006 consiste nell’accertarsi dell’affidabilità, della diligenza e della serietà dell’offerente nonché della correttezza del suo comportamento nei confronti dei suoi dipendenti;
- accertarsi che un offerente possieda tali qualità costituisce un obiettivo legittimo di interesse generale;
- una causa di esclusione come quella prevista dall’articolo 38, paragrafo 1, lettera i), del decreto legislativo n. 163/2006 è idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo perseguito, dato che il mancato versamento delle prestazioni previdenziali da parte di un operatore economico tende a indicare assenza di affidabilità, di diligenza e di serietà di quest’ultimo quanto all’adempimento dei suoi obblighi legali e sociali;
- per quanto riguarda la necessità di una tale misura, la definizione, da parte della normativa nazionale, di una soglia precisa di esclusione alla partecipazione agli appalti pubblici, vale a dire uno scostamento tra le somme dovute a titolo di prestazioni sociali e quelle versate è di un importo superiore, al contempo, a EUR 100 e al 5% delle somme dovute, garantisce non solo la parità di trattamento degli offerenti ma anche la certezza del diritto, principio il cui rispetto costituisce una condizione della proporzionalità di una misura restrittiva (v., in tal senso, sentenza Itelcar, C 282/12, EU:C:2013:629, punto 44);
- per quanto riguarda il livello di tale soglia di esclusione, quale definito dalla normativa nazionale, occorre ricordare che, riguardo agli appalti pubblici che ricadono nella sfera di applicazione della direttiva 2004/18, l’articolo 45, paragrafo 2, di tale direttiva lascia l’applicazione dei casi di esclusione che menziona alla valutazione degli Stati membri, come risulta dall’espressione «può venire escluso dalla partecipazione ad un appalto», che figura all’inizio di detta disposizione, e rinvia esplicitamente, in particolare alle lettere e) e f), alle disposizioni legislative nazionali [v., per quanto riguarda l’articolo 29 della direttiva 92/50/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992 che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1), sentenza La Cascina e a., C 226/04 e C 228/04, EU:C:2006:94, punto 21]. Inoltre, ai sensi del secondo comma di detto articolo 45, paragrafo 2, gli Stati membri precisano, conformemente al rispettivo diritto nazionale e nel rispetto del diritto dell’Unione, le condizioni di applicazione del paragrafo stesso;
- di conseguenza, l’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2004/18 non prevede una uniformità di applicazione delle cause di esclusione ivi indicate a livello dell’Unione, in quanto gli Stati membri hanno la facoltà di non applicare affatto queste cause di esclusione o di inserirle nella normativa nazionale con un grado di rigore che potrebbe variare a seconda dei casi, in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale prevalenti a livello nazionale. In tale ambito, gli Stati membri hanno il potere di attenuare o di rendere più flessibili i criteri stabiliti da tale disposizione (v., per quanto riguarda l’articolo 29 della direttiva 92/50, sentenza La Cascina e a., EU:C:2006:94, punto 23);
- l’articolo 45, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2004/18 consente agli Stati membri di escludere dalla partecipazione a un appalto pubblico ogni operatore economico che non sia in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali, senza che sia previsto un qualsivoglia importo minimo di contributi arretrati. In tale contesto, il fatto di prevedere un siffatto importo minimo nel diritto nazionale costituisce un’attenuazione del criterio di esclusione previsto da tale disposizione e non può, pertanto, ritenersi che vada oltre il necessario.
- gli Stati membri sono liberi di integrare le cause di esclusione previste, in particolare, dall’articolo 45, paragrafo 2, lettere e) e f), di detta direttiva nella normativa nazionale con un grado di rigore che potrebbe variare a seconda dei casi, in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale prevalenti a livello nazionale.
Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, la Corte di
giustizia ha, quindi, affermato che gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché il
principio di proporzionalità vanno interpretati nel senso che non ostano a
una normativa nazionale che, riguardo agli appalti pubblici di lavori il cui
valore sia inferiore alla soglia definita all’articolo 7, lettera c), della
direttiva 2004/18, obblighi l’amministrazione aggiudicatrice a escludere
dalla procedura di aggiudicazione di un tale appalto un offerente
responsabile di un’infrazione in materia di versamento di prestazioni
previdenziali se lo scostamento tra le somme dovute e quelle versate è di un
importo superiore, al contempo, a EUR 100 e al 5% delle somme dovute.
A ciò si deve aggiungere il principio generale affermato nella
giurisprudenza della Corte di giustizia con la pronuncia del 9 febbraio
1996, in cause riunite C-226/04 e C-228/04, secondo cui: «la sussistenza del
requisito della regolarità fiscale e contributiva (che, pure, può essere
regolarizzato in base a disposizioni nazionali di concordato, condono o
sanatoria) deve comunque essere riguardata con riferimento insuperabile al
momento ultimo per la presentazione delle offerte, a nulla rilevando una
regolarizzazione successiva la quale, pertanto, non potrà in alcun modo
incidere sul dato dell’irregolarità ai fini della singola gara».
Nemmeno gli argomenti fondati sul diritto comunitario impongono, quindi, di
dare spazio ad una generalizzata regolarizzazione postuma come quella
prospettata dall’appellante.
X) Il principio di diritto sulla questione interpretativa rimessa all’Adunanza Plenaria
23. Alla luce delle considerazioni che precedono, la questione
interpretativa sottoposta dall’Adunanza Plenaria deve, pertanto, essere
risolta enunciando il seguente principio di diritto:
«Anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 31, comma 8, del decreto legge 21
giugno 2013 n. 69, (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia),
convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, non sono
consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo
l’impresa deve essere in regola con l'assolvimento degli obblighi
previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e
conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione
e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un
eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva. L’istituto
dell’invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo), già
previsto dall’art. 7, comma 3, del decreto ministeriale 24 ottobre 2007 e
ora recepito a livello legislativo dall’art. 31, comma 8, del decreto legge
21 giugno 2013 n. 69, può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente
previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non
anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della
veridicità dell’autodichiarazione resa ai sensi dell’art. 38, comma 1,
lettera i) ai fini della partecipazione alla gara d’appalto».
XI) L’applicazione del principio al caso di specie
24. L’applicazione dell’enunciato principio al caso oggetto del presente giudizio comporta il rigetto dell’appello proposto da Romeo Gestioni s.p.a.
25. Risulta dagli atti che le società consorziate M.D. Group s.r.l. e
Campanale Giovanni & C. s.r.l. hanno reso in sede di presentazione
dell’offerta dichiarazioni di regolarità contributiva che, a seguito delle
attestazioni acquisite da Consip in sede di verifica ai sensi dell’art. 71
d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 sono risultate non veritiere.
I DURC rilasciati a Consip dall’INAIL e dalla Cassa Edile rispettivamente il
28 ottobre 2014 e il 27 ottobre 2014 attestano, infatti, che le imprese
consorziate erano entrambe irregolari alla data della dichiarazione per
l’ammissione alla gara (22 febbraio 2013 e 14 febbraio 2013) e tale
circostanza evidenzia la violazione del principio secondo cui la regolarità
contributiva deve sussistere al momento della domanda di partecipazione e
permanere per tutta la durata della gara sia in capo alle imprese facenti
parte del raggruppamento sia in capo alle singole consorziate, non potendo
in alcun modo rilevare un eventuale adempimento tardivo.
26. Non rileva, in senso contrario, la circostanza, su cui l’appellante insiste, che al momento della presentazione della dichiarazione sia M.D. Group sia l’impresa Campanale erano in possesso di un DURC (emesso in data 10 dicembre 2012 per M.D. Group e in data 31 dicembre 2012 per Campanile), ancora in corso di validità (considerando il termine di 90 giorni previsto dall’art. 7, comma 2, D.M. 24 ottobre 1997), che attestava («allo stato degli atti» e «impregiudicata l’azione per l’accertamento e il recupero di eventuali somme che successivamente risultassero dovute» una situazione di regolarità contributiva: ciò che rileva è esclusivamente la sussistenza di una situazione di effettiva regolarità contributiva al momento della presentazione della domanda (e il continuato possesso del requisito per tutto il corso della gara).
27. L’irregolarità contributiva sussistente al momento della domanda non
solo non può essere sanata da una regolarizzazione postuma, ma non può
nemmeno essere giustificata dal fatto che l’impresa sia in possesso di un
precedente DURC (ottenuto in seguito ad istanza all’ente previdenziale) che
attesti (con riferimento ad una data precedente rispetto a quella di
presentazione della domanda) la sussistenza della regolarità contributiva.
Non giova in senso contrario invocare il termine trimestrale di validità del
DURC precedentemente rilasciato, atteso che l’art. 7, comma 2, del D.M. 24
ottobre 2007 riferisce tale termine di validità al solo settore degli
appalti privati, ai fini dei quanto previsto a carico del committente o del
responsabile dei lavori dall’art. 3, comma 8, decreto legislativo 14 agosto
1996, n. 496 (che prevede fra l’altro la sospensione del titolo abilitativo
edilizio nel caso in cui non venga trasmesso all’Amministrazione concedente
un DURC in corso di validità dell’impresa esecutrice dei lavori).
Il termine di validità del DURC non può, quindi, essere strumentalmente
utilizzato per legittimare la partecipazione alla gara di imprese che al
momento della presentazione della domanda non siano comunque più in regola
con gli obblighi contributivi.
28. Né può invocarsi la lesione dell’affidamento riposto sulle risultanze
del precedente DURC, atteso che, come si è precedentemente rilevato, in base
al già richiamato principio di autoresponsabilità (in forza del quale
ciascuno risponde degli errori commessi) non si può pretendere di superare
l’inadempimento storicamente verificatosi in nome dell’apparenza ingenerata
dal precedente rilascio di un documento unico di regolarità contributiva che
va a “fotografare” una situazione di regolarità non più attuale al momento
della partecipazione alla gara.
29. L’appello principale deve, quindi, essere respinto.
30. La fondatezza del motivo di esclusione fondato sull’esistenza di una
situazione di irregolarità contributiva consente di assorbire le censure
dirette a contestare l’altro motivo posto in via autonoma a fondamento del
provvedimento di esclusione, ovvero quello relativo alla falsità della
dichiarazione sull’assenza di precedenti penali resa dal legale
rappresentante della consorziata Elettro Servizi per il preposto alla
gestione tecnica, signor Gargiulo.
Infatti, seguendo sul punto l’insegnamento della sentenza di questa Adunanza
Plenaria 27 aprile 2015, n. 5, « nel caso in cui il provvedimento impugnato
si fondi su una pluralità di ragioni autonome, il giudice, qualora ritenga
infondate le censure indirizzate verso uno dei motivi assunti a base
dell’atto controverso, idoneo, di per sé, a sostenerne ed a comprovarne la
legittimità, ha la potestà di respingere il ricorso sulla sola base di tale
rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del
provvedimento, in quanto la conservazione dell’atto implica la perdita di
interesse del ricorrente all’esame delle altre».
XII) L’appello incidentale proposto da Consip
31. Può passarsi ora ad esaminare l’appello incidentale proposto da Consip.
32. Come si è ricordato in narrativa, la Consip contesta la parte della
sentenza impugnata che, in parziale accoglimento dei motivi aggiunti al
ricorso di primo grado, ha annullato la nota del 24 marzo 2015, prot. n.
8069, con cui Consip ha escusso le cauzioni provvisorie prescritte per i
lotti 5 e 6, di importo pari ad € 1.200.000,00 per il lotto 5 ed €
870.000,00 per il lotto 6.
Il Tribunale amministrativo regionale ha accolto in questa parte il ricorso
ritenendo che, alla luce della peculiarità della vicenda, «la condotta della
ricorrente Romeo Gestioni s.p.a.a (peraltro estranea alle irregolarità che
hanno riguardato imprese partecipanti al raggruppamento) non rivesta
carattere di gravità, potendo riconoscersi, in capo alla ricorrente, la
scusabilità dell’errore».
Consip critica la sentenza richiamando l’orientamento giurisprudenziale
secondo cui l’escussione della cauzione provvisoria ai sensi dell’art. 48
del decreto legislativo n. 163 del 2006 rappresenta una misura di indole
patrimoniale, priva di carattere sanzionatorio amministrativo, che
costituisce l’automatica conseguenza della violazione di doveri o regole
contrattuali espressamente accertate. Essa, quindi, sarebbe applicabile a
prescindere dalla scusabilità dell’errore, come automatica conseguenza della
violazione riscontrata.
33. L’appello incidentale merita accoglimento.
L’Adunanza Plenaria ritiene di dover dare continuità al consolidato
orientamento giurisprudenziale secondo cui l’incameramento della cauzione
provvisoria previsto dall’art. 48 del Codice dei contratti pubblici,
costituisce una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione,
conte tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo
ai singoli casi concreti. Tale misura, quindi, risulta insensibile ad
eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della
violazione che ha dato causa all’esclusione (cfr., tra le tante, Cons.
Stato, 26 maggio 2015, n. 2638; Cons. Stato, sez. V, 10 settembre 2012, n.
4778; Cons. Stato 18 aprile 2012, n. 2232; Cons. Stato, sez. IV, 16 febbraio
2012, n. 810; Cons. Stato, sez. III, n. 4773 del 2012; Cons. Stato sez. V,
1º ottobre 2010, n. 7263; nonché Corte Cost., ord. n. 211 del 13 luglio
2011).
Già questa Adunanza Plenaria (nella sentenza 4 maggio 2012, n. 8) ha
peraltro riconosciuto che la passibilità di incamerare la cauzione
provvisoria può trovare fondamento anche nell’art. 75, comma 6, del Codice
di contratti pubblici, che riguarda tutte le ipotesi di mancata
sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario, intendendosi per
“fatto dell’affidatario” qualunque ostacolo alla stipulazione a lui
riconducibile, e tra cui anche, come nel caso di specie, il difetto di un
requisito d ordine generale.
Inoltre, anche a prescindere dal condivisibile rigore del citato
orientamento giurisprudenziale nell’applicazione della misura
dell’escussione della cauzione provvisoria, nel caso di specie, la ragione
dell’esclusione (dovuta alla dichiarazione non veritiera sulla esistenza di
una situazione di regolarità contributiva al momento della presentazione
della domanda), non risulta incolpevole o scusabile, atteso che rientra
nell’ordinaria diligenza dell’impresa che partecipa ad una gara di appalto
verificare la sussistenza della propria posizione contributiva con
riferimento alla data di presentazione della domanda.
L’appello incidentale proposto da Consip deve, pertanto, essere accolto e,
per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, deve essere
respinto il ricorso per motivi aggiunti proposto in primo grado avverso la
nota 24 marzo 2015, n. 8069.
34. La controvertibilità e la complessità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando, respinge l’appello principale e accoglie l’appello incidentale.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Stefano Baccarini, Presidente
Alessandro Pajno, Presidente
Paolo Numerico, Presidente
Carlo Deodato, Consigliere
Nicola Russo, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore
Raffaele Greco, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Depositata il 29 febbraio 2016