AFFARI ISTITUZIONALI -
025
Consiglio di Stato, sezione IV, 17 gennaio 2002, n. 253
L'affidamento delle concessioni di servizi pubblici anche se non rientra meccanicamente nell'ambito disciplinato dalle direttive
relative agli appalti (92/50/CEE per i servizi, 93/36/CEE e 93/37/CEE
per i lavori), non può essere sottratto alla concorrenza, sulla base
dei principi fondamentali
dell’ordinamento comunitario, quali il
divieto di discriminazione in base alla nazionalità e la trasparenza
delle commesse pubbliche, intesa sia come esigenza di diffondere le
informazioni per consentire alle
imprese di valutare l’opportunità della presentazione di
un’offerta.
Pertanto è necessario un adeguato regime di
pubblicità delle procedure di affidamento di servizi pubblici e l'applicazione
delle regole basilari del confronto competitivo.
In
tema di affidamento, mediante concessione, di servizi pubblici di
rilevanza comunitaria, il rispetto dei principi fondamentali
dell’ordinamento comunitario e dei principi generali che governano la
materia dei contratti pubblici, impone
all'amministrazione procedente di operare con modalità che preservino
la pubblicità degli affidamenti e la non discriminazione delle imprese,
con l'utilizzo di procedure competitive selettive.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso iscritto al NRG 6303/2001, proposto da S.p.A. Autostrada dei Parchi in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A.M. ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in ... - appellante principale
contro
Ministero delle Infrastrutture e Trasporti in persona del Ministro pro tempore, A.N.A.S. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato ex lege domiciliati in ... - resistenti
e nei confronti di
Provincia di Teramo, C.C.I.A.A. di Teramo, C.C.C.I.A.A. di Chieti, C.C.I.A.A. dell'Aquila, ciascuno in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati A.S. e L.M. ed elettivamente domiciliato in ... - appellante incidentale -
Società Autostrade - Concessioni e Costruzioni Autostrade s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati G.G. e M.S. e presso quest'ultimo elettivamente domiciliato, in ... - interventore ad opponendum
per l'annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione III, n. 6227 del 9 luglio 2001.
Visto il ricorso in appello principale;
visto l'atto di costituzione in giudizio del
Ministero delle infrastruttre e dei trasporti e dell'A.N.A.S.;
visto il ricorso in appello incidentale;
visto l'atto di intervento ad opponendum della Società
Autostrade - Concessioni e Costruzioni Autostrade s.p.a.;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno
delle rispettive difese;
visti gli atti tutti della causa;
relatore alla pubblica udienza del 18 dicembre 2001
il consigliere Vito Poli, uditi gli avvocati M., M., S., S., G. e P.;
ritenuto e considerato quanto segue:
FATTO
1. Con atto notificato il 20 e 23 luglio 2001, la s.p.a. Autostrada dei Parchi proponeva appello principale avverso la sentenza del T.A.R. del Lazio, sezione III, n. 6227 del 9 luglio 2001.
2. L'impugnata sentenza, in parte respingeva, ed in parte dichiarava inammissibili, le censure articolate nei confronti:
a) del bando di gara comunitaria - del 24 novembre 2000, pubblicato sulla G.U., foglio inserzioni, del 29 novembre 2000, n. 270 - concernente l'affidamento della concessione di gestione della rete autostradale costituita dalle autostrade Roma – L'Aquila - Traforo del Gran Sasso - Teramo e Torano - Pescara, A24 e A25, nonché per la progettazione e la costruzione della seconda carreggiata del tronco Villa Vomano - Teramo, e dell'adeguamento del tratto a tre corsie dell'autostrada A24, tra via Palmiro Togliatti e la barriera di Roma Est, compreso l'adeguamento della stazione di Lunghezza e l'armonizzazione con la viabilità ordinaria;
b) della nota dell'A.N.A.S. - n. prot. 6216 del 21 dicembre 2000 - con cui si comunica alla società ricorrente l'intervenuta pubblicazione del bando.
3. Con atto notificato il 10 agosto 2001 la Provincia di Teramo e le C.C.I.A.A. di Teramo, Chieti e l'Aquila proponevano appello incidentale, nella sostanza limitandosi a reiterare le argomentazioni poste a sostegno dell'atto di intervento ad adiuvandum articolato in prime cure.
4. Si costituivano le intimate amministrazioni deducendo l'infondatezza dei gravami in fatto e diritto.
5. Con atto notificato il 29 e 30 ottobre 2001 - depositato il successivo 2 novembre - interveniva ad opponendum, direttamente in sede di gravame, la Società Autostrade - Concessioni e Costruzioni Autostrade s.p.a. mandataria dell'A.T.I. con la Società Toto, aggiudicataria della gara in contestazione.
6. Con ordinanze collegiali numeri 4749 e 6235 del 2001, veniva respinta la domanda di sospensione della esecuzione dell'impugnata sentenza.
7. La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 18 dicembre 2001.
1. In sede di discussione orale la difesa appellante
ha chiesto la sospensione del presente giudizio ai sensi dell’art. 295
c.p.c. per pendenza di due cause, a suo dire in rapporto di
pregiudizialità con il presente appello (atto di citazione del 2
novembre 1993 proposto davanti al Tribunale di Roma; ricorso al T.A.R. del
Lazio notificato in data 17 luglio 1998).
La richiesta non può essere accolta.
Il collegio ritiene che l’oggetto del presente
giudizio (la contestazione del bando di gara del 24 novembre 2000), e di
quelli sopra richiamati, rendono evidente che la risoluzione dei
precedenti giudizi non si pone come antecedente logico necessario per la
definizione del presente ricorso.
2. Può prescindersi dall'esame delle eccezioni di inammissibilità dell'appello principale, sollevate dalle intimate amministrazioni e dall'interventore ad opponendum, attesa la palese infondatezza delle doglianze poste a base del gravame.
3. Il thema decidendum del presente giudizio è, pertanto, delimitato dai cinque motivi a sostegno del ricorso introduttivo di prime cure nei limiti in cui sono stati riproposti con l'atto di appello.
3.1. Sulla scorta della non contestata ricostruzione storica del contesto economico istituzionale in cui è maturata la vicenda in esame, operata dalla memoria conclusionale dell'Avvocatura dello Stato - del 5 dicembre 2001 - nonché della normativa sancita dal decreto legge n. 19 del 1977, in fatto, giova premettere quanto segue.
3.2. Alla società S.A.R.A. (cui è subentrata
l'odierna appellante) erano stati affidati in concessione, nel periodo
anteriore al 1973, (la prima concessione risale al 1963), la costruzione
e l'esercizio delle Autostrade A24 e A25.
Nel 1976, a seguito della profonda crisi economica
che aveva generato restrizioni nel mercato del credito, la S.A.R.A. non
riusciva a coprire l'intero fabbisogno finanziario annuo per affrontare
le ingenti spese di costruzione in atto (realizzazione del Traforo del
Gran Sasso e completamento della A24 e A25), con il risultato di una
grave insolvenza nel confronti delle imprese appaltatrici dei lavori e
degli istituti mutuanti.
Né sarebbero stati risolutivi interventi da parte
dello Stato nell'ambito del rapporto concessorio considerato il
notevolissimo grado di indebitamento raggiunto.
Le manovre allora consentite per il riequilibrio
della concessione (proroga, maggiorazione delle tariffe e contributi),
avrebbero dovuto essere di portata abnorme e come tali non attuabili,
tenuto conto dei limiti di durata delle concessioni consentiti, nonché
della necessità di mantenere pedaggi nella media della rete.
Quindi, nel caso della S.A.R.A - a differenza di
diverse situazioni di difficoltà finanziarie di altre concessionarie,
che avevano già portato a compimento il proprio programma costruttivo,
e per le quali limitati interventi pubblici che sarebbero stati poi
accordati, (dal 1978 con obbligo di restituzione sulla base delle
risorse future di ciascun piano finanziario), riuscivano a ripristinare
l'equilibrio della concessione - si profilò l'esigenza di ricorrere a
misure eccezionali.
La stessa S.A.R.A, infatti, chiese all'A.N.A.S. ed ai
dicasteri interessati, con atto di significazione del 19 ottobre 1976,
di procedere alla revoca della concessione per l'accertata impossibilità
di continuare non solo alla realizzazione delle opere in corso e di
provvedere a quelle future di completamento, ma anche di sostenere gli
impegni connessi alla gestione delle autostrade in esercizio.
Dopo l'emanazione di un primo decreto legge - n. 789 del 1 dicembre 1976 - non convertito per aver tralasciato di risolvere alcuni importanti aspetti relativi all'accertamento di condizioni legate al programma costruttívo, all'utilizzo di parte dei personale, nonché alla costituzione di una commissione tecnico-finanziaria con specifiche competenze, con decreto-legge 10 febbraio 1977, n. 19, convertito nella legge 6 aprile 1997, n. 106, la S.A.R.A. veniva dichiarata decaduta dalla concessione delle due suddette autostrade A24 e A25 (art. 1).
Dall'esame dei lavori parlamentari e della relazione di accompagnamento si evince che il ricorso ad apposito provvedimento legislativo, in luogo della semplice revoca con atto amministrativo, come previsto di consueto nelle convenzioni autostradali, risultava necessario al fine di adottare tutte quelle misure mirate a garantire la prosecuzione del servizio autostradale, nonché per autorizzare specifici stanziamenti in modo da porre l'A.N.A.S. in grado di far fronte alla critica situazione finanziaria ed al completamente delle opere.
L'A.N.A.S., quindi, succedeva in tutti i rapporti
obbligatori in corso già posti in essere dalla concessionaria (art. 2).
Sempre in forza del predetto decreto legge,
l'A.N.A.S., veniva autorizzata ad ultimare i lavori di costruzione
dell'autostrada Torano - Popoli - Pescara, nonché a completare
l'autostrada Roma - L'Aquila (art. 4).
Veniva costituito, inoltre uno speciale ufficio
all'interno dell'A.N.A.S. per la gestione delle attività in precedenza
affidate alla concessionaria ed il controllo sui residui compiti
inerenti al rapporto di custodia affidati a quest'ultima.
Infatti, ai legali rappresentanti della decaduta
concessionaria venivano affidate, in base all'ultimo comma dell'articolo
8 del citato decreto-legge n. 19 del 1977, « ... le funzioni di
custodi di tutti i beni mobili ed immobili compresi gli impianti, le
pertinenze e gli accessori inerenti alla costruzione ed alla gestione
delle autostrade» con obbligo di rendicontazione al direttore
generale dell'A.N.A.S., attribuendo agli stessi rappresentanti il
compimento degli atti di ordinaria amministrazione necessari per
l'esercizio delle stesse autostrade.
Sempre con il predetto decreto legge, l'A.N.A.S.
veniva autorizzata ad affidare in concessione l'esercizio delle
autostrade A24 e A25 (art. 5). L'affidamento della gestione delle due
tratte veniva, successivamente, ribadito dall'art. 4, legge 12 agosto 1982,
n. 531.
All'atto della decadenza della S.A.R.A., erano stati
ultimati 164 chilometri autostradali.
Le opere da eseguirsi, affidate all'A.N.A.S. con il più volte citato decreto-legge n. 19 del 1977, venivano successivamente
realizzate.
Coerentemente, anche la custodia dei nuovi tratti
veniva affidata dall'A.N.A.S. all'ex S.A.R.A. (nelle more posta in
liquidazione), continuando nel tempo ad espletare, sempre attraverso il
predetto ufficio speciale, la funzione di controllo dell'attività della
ex concessionaria.
L'originaria previsione legislativa, intesa a
garantire la continuità del servizio autostradale, si è protratta nel
tempo ed al custode è stata anche delegata (temporaneamente e di volta
in volta), la realizzazione di alcuni interventi di manutenzione,
funzionali all'esercizio delle autostrade, autorizzandosi l'utilizzo
delle disponibilità da pedaggio destinate, ovviamente, a mantenere il
livello del servizio.
Nel frattempo la società S.A.R.A., in liquidazione,
e l'A.N.A.S., venute nella determinazione di definire transattivamente
tutto il contenzioso pendente ed al fine di regolamentare i rapporti
relativi alla gestione dell'esercizio delle autostrade A24 ed A25,
sottoscrivevano apposito atto di transazione in data 19 febbraio 1992.
Con tale atto, tra l'altro, veniva trovato un accordo
per il riconoscimento alla S.A.R.A. delle spese generali direttamente
imputabili alla gestione per conto A.N.A.S. e cioè inerenti
all'esercizio ed alla custodia delle autostrade dettagliatamente
specificate all'art. 5 dell'atto transattivo stesso.
Inoltre la S.A.R.A. con il predetto atto dichiarava
di rinunciare a qualsiasi pretesa a compenso dell'esercizio della
gestione (ultimo periodo del citato art. 5) e soprattutto prendeva atto
senza alcuna contestazione dell'avvenuta decadenza alla data del 10
dicembre 1976 (ultimo periodo dell'art. 2).
4. Con il primo motivo di appello si reitera la
contestazione della competenza dell'A.N.A.S. di disporre concessioni
relativamente a beni del demanio statale e, conseguentemente, di bandire
la gara per l'affidamento della gestione del servizio autostradale.
La doglianza è infondata sotto un duplice profilo.
La determinazione dell'allora Ministro dei lavori
pubblici - nota prot. 295 del 14 maggio 1998 con cui si invita l'ente ad
espletare una gara comunitaria per l'affidamento delle tratte
autostradali in questione - ed il bando dell'A.N.A.S., unico oggetto del
presente giudizio, sono successivi alla profonda riforma operata dal
decreto legislativo n. 143 del 26 febbraio 1994, che ha investito l'ente
nazionale delle strade trasformato in ente dotato di autonoma personalità
giuridica di diritto pubblico e la cui attività è disciplinata, salvo
norme contrarie, dal codice civile e dalle altre leggi relative alle
persone giuridiche private (art. 1, commi 1 e 2).
Le competenze generali affidate dalla fonte primaria
al Ministro sono limitate all'attività di alta vigilanza e di indirizzo
programmatico (art. 1, comma 4).
Per quanto di interesse ai fini di causa, è
espressamente attribuita all'ente la competenza (art. 2):
I) a gestire le autostrade, nonché a provvedere alla loro manutenzione ordinaria e straordinaria;
II) a migliorare ed adeguare la rete autostradale e la relativa segnaletica;
III) a costruire nuove autostrade sia direttamente che in concessione (come nel caso di specie);
IV) a vigilare sull'esecuzione dei lavori di costruzione delle opere date in concessione e controllare la gestione delle autostrade il cui esercizio sia dato in concessione (come si verifica nel caso di specie).
Nella materia che interessa, al Ministro residuano solo compiti di alta vigilanza e di approvazione delle concessioni di costruzione ed esercizio di autostrade di concerto con il Ministro del tesoro (art. 3, comma 5).
Sotto tale angolazione è evidente che la fonte
primaria successiva - recante la riforma complessiva dell'intera materia
concernente la natura giuridica ed i compiti dell'ente nazionale per le
strade - ha fatto venire meno, per abrogazione ex art. 15, ultimo
periodo, disposizioni preliminari al c.c., tutte le norme precedenti che prevedevano una
diversa ripartizione delle competenze fra Ministro e A.N.A.S.
In ogni caso, anche sulla scorta del tenore letterale
della precedente normativa (art. 5, decreto-legge n. 19 del 1977), deve
escludersi che la competenza al rilascio delle concessioni per
l'esercizio dei tratti autostradali di cui all'art. 4 del medesimo decreto-legge,
fosse attribuita al Ministro.
In senso contrario non giova il richiamo operato
dall'art. 5 cit. all'art. 5 della legge n. 59 del 1961 - dove si prevede,
al terzo comma, che la concessione è disposta mediante decreto del
Ministro dei lavori pubblici di concerto con quello del tesoro - essendo
limitato, tale richiamo, alle semplici modalità del rilascio della
concessione che rimane di competenza dell'A.N.A.S. in forza di una
disposizione di legge speciale e successiva rispetto a quella generale
del 1961.
Quanto alla prospettata questione di
incostituzionalità di una siffatta interpretazione della normativa di
riferimento, sollevata in via subordinata nel primo motivo di appello,
la stessa oltre ad apparire generica, si appalesa manifestamente
infondata alla luce dell'ampia discrezionalità di cui gode il
legislatore nel disegnare i rapporti fra ministeri ed enti sottoposti a
poteri di vigilanza ed indirizzo.
5. Inaccoglibile è anche il secondo motivo di
gravame con cui si contesta la legittimità costituzionale della norma
che ha dichiarato la decadenza della S.A.R.A.
La questione è stata dichiarata manifestamente
infondata dal primo giudice con argomenti persuasivi che non sono
scalfiti dalle generiche deduzioni dell’appellante.
In particolare, per quanto sopra ricordato, non
emerge alcuna disparità di trattamento in danno della S.A.R.A., sia in
considerazione dell’amplissima discrezionalità di cui gode il
legislatore nell’individuare i rimedi per fronteggiare situazioni di
crisi finanziaria di società per azioni partecipate dalla mano
pubblica; sia a cagione della diversità della situazione finanziaria in
cui versava la S.A.R.A. rispetto alle società concessionarie,
caratterizzata da una ingente esposizione debitoria e dall’incapacità
di farvi fronte.
Anche la pretesa lesione del diritto costituzionale
di difesa è manifestamente infondata come si evince dallo svolgimento
del presente processo e da tutto il contenzioso in corso fra la S.A.R.A.
e l’A.N.A.S.
6. Miglior sorte non tocca al terzo motivo di
ricorso. L’emanazione del bando di gara - ampiamente motivato e
comunque meramente esecutivo della norma sancita dall’art. 5, decreto-legge n.
19 del 1977 e delle disposizioni comunitarie che tutelano la libertà di
concorrenza – non risulta viziata da eccesso di potere sotto il
profilo dello sviamento dalla causa tipica, ravvisato dall’appellante
nell’intento dell’amministrazione di pregiudicare il contenzioso in
corso.
L’autonomia dei giudizi e dei procedimenti
amministrativi presupposti, unitamente all’importanza degli interessi
pubblici e privati curati con la concessione autostradale in
contestazione, rendono palese che lo scopo avuto di mira
dall’amministrazione non è inquinato dalle finalità ulteriori
paventate dall’appellante.
7. Con il quarto motivo l’appellante lamenta la
lesione del proprio affidamento in ordine al mancato rinnovo esplicito
della concessione autostradale in suo favore, comunque desumibile
tacitamente dal verbale di consegna dei lavori e delle opere del 22
dicembre 1977.
Come esattamente rilevato dal primo giudice non è
possibile dedurre l’esistenza di un provvedimento di concessione
autostradale dall’esercizio di fatto di adempimenti astrattamente
riconducibili al contenuto di un siffatto provvedimento.
Ciò deve escludersi sulla scorta di una pluralità
di ragioni.
La prima discende pianamente dall’esame della norma
sancita dall’art. 8, comma 6, decreto-legge n. 19 del 1977, la dove stabilisce,
con una previsione dotata di forza cogente per l’A.N.A.S., che i
rappresentanti legali della S.A.R.A. assumano la funzione di « ... custodi di tutti i beni mobili ed immobili compresi gli impianti, le
pertinenze e gli accessori inerenti alla costruzione ed alla gestione
delle autostrade, e sono tenuti, rendendone conto al direttore generale
dell’A.N.A.S. a compiere gli atti di ordinaria amministrazione
necessari per l’esercizio delle stesse autostrade».
La norma è chiara – ed assolutamente logica -
nell’imporre alla S.A.R.A. obblighi di custodia dinamici degli
impianti, accompagnati da profili gestori, riferibili anche ai nuovi
tronconi autostradali realizzati direttamente dall’A.N.A.S. e
consegnati al custode dei tratti principali, cui accedono sotto il
profilo funzionale e materiale.
L’assunzione della qualità di custode in capo alla
S.A.R.A. esclude in radice, già sul piano astratto della legge, che
possa configurarsi un rapporto concessorio mercé la redazione dei
verbali di consegna dei nuovi tratti autostradali (cfr. anche il verbale
del 9 giugno 1993), nei quali, oltre tutto, la S.A.R.A. interviene nel
dichiarato esercizio delle funzioni custodiali.
Si oppone, inoltre, alla tesi propugnata
dall’appellante, il principio di tipicità degli atti amministrativi
che funge da ostacolo insormontabile alla configurazione dei verbali di
consegna in custodia (obbligatoria ai sensi del decreto-legge n. 19 del 1977),
come atti di affidamento di una nuova concessione alla S.A.R.A., non
fosse altro perché la volontà espressa del legislatore (art. 1, d.l.
n. 19 del 1977), era nel senso di far venir meno la concessione
autostradale in favore della S.A.R.A., proprio allo scopo di ultimare le
opere autostradali, la cui realizzazione era stata sospesa a causa delle
gravi difficoltà economica in cui versava la stessa S.A.R.A.
Sarebbe stato quindi impensabile per l’A.N.A.S.
riaffidare la concessione autostradale in contestazione, per giunta
all’esito di una fantomatica trattativa privata tacita, allo stesso
soggetto che era stato estromesso ope legis.
8. Anche l’ultimo motivo di appello non è suscettibile di favorevole esame.
Si contesta la declaratoria del primo giudice, di
inammissibilità per carenza di interesse ad agire, dei motivi attinenti
al contenuto del bando.
È pacifico che la società Autostrade dei Parchi non
ha partecipato alla gara indetta con il bando oggetto del presente
giudizio.
È altresí evidente che il bene della vita cui
aspira l’appellante consiste nella rimozione delle procedure di gara e
nel mantenimento della posizione di gestore di fatto - da riconoscersi
successivamente quale concessionario all'esito di un provvedimento
formale - delle autostrade A24 e A25.
Da ciò discende, secondo un consolidato indirizzo di
questo Consiglio che il collegio non intende riconsiderare (cfr. Cons.
St., sez. V, 27 giugno 2001, n. 3507; sez. V, 7 ottobre 1998, n. 1418;
sez. V, 26 maggio 1997, n. 554), che la ricorrente non ha interesse
alcuno alla contestazione delle singole clausole del bando non avendo
partecipato alla gara da questo disciplinata.
Quanto al merito delle doglianze sviluppate contro il
contenuto del bando, in limine il collegio osserva quanto segue in
ordine alla questione principale concernente la doverosità del ricorso
alla procedura selettiva competitiva.
Assumendo che la fattispecie disciplinata dal bando
sia sussumibile nel genus delle concessioni di servizio pubblico, può
convenirsi, in linea di principio, che a tale figura non sia
meccanicamente riferibile il complesso delle norme garantiste divisate
dalla direttiva 92\50 recante la disciplina dei contratti di appalti di
servizi.
Sotto tale angolazione la Corte di giustizia delle
C.E. (cfr. Corte giust., sez. VI, 7 dicembre 2000, causa C-324\98,
Teleaustria; Corte giust., 18 novembre 1999, causa C-275\98, Unitron
Scandinavia, emessa in relazione alla direttiva lavori 93/36), ha
rimarcato l’estraneità delle concessioni di servizi pubblici (intesi
nell’ottica comunitaria quali contratti caratterizzati dal
trasferimento della gestione di un servizio pubblico avente come
corrispettivo il diritto del concessionario di sfruttare economicamente
il servizio medesimo), all’ambito di applicazione della disciplina
sugli appalti.
La stessa Corte, però, ha inteso rimediare in via
pretoria alle delineate lacune normative individuando precetti idonei a
scongiurare, sul piano applicativo, il rischio di sottrarre
completamente al gioco della concorrenza l’intera gamma dei rapporti
concessori.
Per raggiungere tale obbiettivo, la Corte, ponendosi
in una prospettiva sistematica tesa a salvaguardare, anche in relazione
a fattispecie concessorie, il rispetto dei principi fondamentali
dell’ordinamento comunitario, ha fatto leva sulla correlazione fra il
divieto di discriminazione in base alla nazionalità e la trasparenza
delle commesse pubbliche, intesa sia come esigenza di diffondere le
informazioni relative ai contratti da stipulare per consentire alle
imprese di valutare l’opportunità della presentazione di
un’offerta, sia come criterio informatore delle successive fasi delle
procedure di aggiudicazione di cui salvaguardare il corretto
svolgimento.
Cosi
ricostruita nella sua portata applicativa, la
trasparenza appare il logico corollario della parità di trattamento di
cui assicura l’effetto utile garantendo, attraverso l’eguale
possibilità di accesso alle gare e l’obbiettiva ed imparziale
selezione dei candidati, condizioni di concorrenza non falsate.
Tale impostazione ermeneutica, vincolante per le
istituzioni degli stati membri ivi comprese quelle giurisdizionali (sul
punto cfr. ex plurimis, Cass. S.U., 11 novembre 1997, n. 11131;
Corte cost., 18 aprile 1991, n. 168; Corte giust. 13 maggio 1981,
C-66\80, soc. International Chemical and Cosmetics co.), è coerente con
le valutazioni formulate dalla Commissione europea nella comunicazione
interpretativa sulle concessioni adottata il 29 aprile 2000.
Essa comporta che l’adozione di adeguati regimi di
pubblicità delle procedure di affidamento di servizi pubblici e la loro
sottoposizione alle regole basilari del confronto competitivo tragga
origine dai principi fondamentali del diritto comunitario enucleabili
dalle norme sancite dai trattati (in particolare artt. 43 e 49), e da
quelle riprodotte nelle fonti derivate (segnatamente le direttive in
materia di appalti di servizi, lavori, forniture e settori esclusi).
Per completezza si segnala che le indicazioni in parte qua vincolanti fornite dalla Corte di Giustizia e dalla Commissione sono state condivise dalla recente circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 19 ottobre 2001, n. 12727 – affidamento a società miste della gestione di servizi pubblici locali – che ha invitato le amministrazioni pubbliche a seguire procedure selettive onde evitare l’apertura (peraltro già verificatasi), di procedure di infrazione per la violazione delle disposizioni comunitarie (nella stessa direzione si muovono il decreto del Ministero dell'Ambiente - 22 novembre 2001 e la connessa circolare applicativa - 17 ottobre 2001, n. GAB\2001\11559\B01 - concernenti le modalità di affidamento in concessione a terzi della gestione del servizio idrico integrato, a norma dell'art. 20, comma 1, legge 5 gennaio 1994, n. 36).
Per concludere sul punto il collegio osserva che in tema di affidamento, mediante concessione, di servizi pubblici di rilevanza comunitaria, il rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento comunitario (ritraibili principalmente dagli artt. 43 e 49 del Trattato C.E.), nonché dei principi generali che governano la materia dei contratti pubblici (enucleabili dalle direttive in materie di appalti di lavori, servizi, forniture e settori esclusi), impone all'amministrazione procedente di operare con modalità che preservino la pubblicità degli affidamenti e la non discriminazione delle imprese, mercé l'utilizzo di procedure competitive selettive.
9. A non diverse conclusioni, in ordine alla necessità
dello svolgimento di una procedura selettiva, si giunge anche volendo
considerare l’affidamento in esame come concessione di costruzione e
gestione di opera pubblica.
È stata, invero, riconosciuta la portata generale
della normativa sulle concessioni di opere pubbliche prevista dalla
legge 11 febbraio 1994, n. 109: più specificamente, la disciplina
dell’art. 19 è stata considerata come lo statuto fondamentale
dell’istituto della concessione di lavori che occorre applicare a
prescindere dal metodo utilizzato per l’affidamento ed anche se la
concessione sia disposta con legge (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 maggio
1997, n. 584; Corte dei Conti sez. contr. Stato, 8 giugno 2000, n. 55,
secondo la quale ai sensi dell’art. 20, comma 2, legge n. 109 del 1994
l’unico sistema per la scelta del concessionario è quello della
licitazione privata).
In evidente adesione alla tesi esposta, di cui costituisce punto di emersione ricognitivo, la legge 24 novembre 2000, n. 340 (art. 21), stabilisce che «per la costruzione e l’affidamento in gestione delle infrastrutture autostradali si applicano le disposizioni che recepiscono nell’ordinamento italiano la normativa comunitaria in materia di lavori o di servizi».
10. Sulla scorta delle rassegnate conclusioni l'appello principale e quello incidentale devono essere respinti.
16. Le spese di giudizio, regolamentate secondo l'ordinario criterio della soccombenza, si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta):
- respinge l'appello proposto, e per l'effetto
conferma la sentenza indicata in epigrafe;
- condanna la S.p.a. Autostrada dei Parchi, la
Provincia di Teramo, la C.C.I.A.A. di Teramo, la
C.C.I.A.A. di Chieti, nonché la
C.C.I.A.A. dell'Aquila in solido fra loro, a rifondere in
favore di ciascuna delle parti intimate - Ministero delle Infrastrutture
e Trasporti, l'A.N.A.S. e la Società Autostrade - Concessioni e
Costruzioni Autostrade s.p.a. - le spese, le competenze e gli onorari
del presente grado di giudizio, che liquida in complessive lire
ventimilioni.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall’Autorità amministrativa.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio del
18 e 20 dicembre 2001, con la partecipazione dei signori:
Gaetano Trotta - Presidente
Raffaele de Lipsis - Consigliere
Cesare Lamberti - Consigliere
Dedi Rulli - Consigliere
Vito Poli - Estensore - Consigliere