AFFARI
ISTITUZIONALI - 028
Consiglio di Stato, Sez. V, 30 aprile 2002, n. 2300 (identica n. 2297 in
pari data)
E' legittimo l'affidamento diretto di un servizio pubblico ad una società mista
a con capitale (prevalente) pubblico e privato, ai sensi dell'articolo
22, lettera e), della legge n. 142 del 1990. (ora articoli
113, 113-bis e 116 decreto legislativo n. 267 del 2000).
La rilevanza del capitale pubblico per assicurare il vincolo di strumentalità
della società così costituita non può essere intesa nel senso che ciascun
ente pubblico partecipante debba svolgere il ruolo guida della società
(interpretazione che renderebbe la norma priva di senso) bensì nel senso che la
prevalenza pubblica, attraverso la quale si esplica il controllo sulla società,
va riferita all’insieme degli enti e non a ciascuno di essi singolarmente
considerato.
Una diversa applicazione della norma, sotto il profilo logico, non sarebbe
materialmente possibile, giacché la partecipazione prevalente dell'uno esclude
necessariamente la prevalenza dell'altro.
(in termini: Consiglio di Stato, Sez. V,
6 maggio 2002, n. 2418)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Quinta Sezione ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 8539 del 2001, proposto dalla T. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. E.C. e dall'avv. M.C., con domicilio eletto presso quest’ultimo in ...
contro
L’A. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti V.S. ed E.R., presso quest’ultimo elettivamente domiciliato in ...
il comune di Sabbioneta, in persona del sindaco pro tempore, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del T.A.R. per la Lombardia, sezione di Brescia, 14 luglio 2001, n. 598;
Visto il ricorso in appello con i relativi
allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore, alla pubblica udienza dell’11 dicembre 2001, il Consigliere
Aldo Fera;
Uditi per le parti gli Avv.ti C. e R.;
Visto il dispositivo di decisione n. 684 del 18 dicembre 2001;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con la sentenza specificata in rubrica, la
sezione staccata di Brescia del T.A.R. per la Lombardia, in accoglimento del
ricorso proposto dalla società A., ha annullato le deliberazioni n. 72 e n. 74
del 29 novembre 1999, con la quale il consiglio comunale di Sabbioneta aveva
deciso di partecipare al capitale della società T. e di affidarle il servizio
di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
Il primo giudice ha ritenuto fondata la censura con la quale la società
ricorrente aveva affermato che "l'acquisto, da parte del comune, di un
limitato numero di azioni di una società per azioni a capitale pubblico locale
già costituita (da altri enti) non può consentire l'affidamento diretto alla
medesima di un pubblico servizio, con conseguente omissione della procedura
concorsuale."
La società T. impugna la sentenza, sostenendo:
1) l'erronea applicazione delle norme dei
principi in tema di ricevibilità ed ammissibilità dei ricorsi giurisdizionale;
l'eccesso di potere sotto i profili del falso presupposto, dell’illogicità,
del travisamento dei fatti e del difetto di motivazione su questioni decisive.
2) L'erronea applicazione dell'articolo
22, lettera e), della legge n. 142 del 1990; l'eccesso di potere sotto i
profili del travisamento dei fatti, dell'illogicità, del falso presupposto e
della contraddittorietà.
3) L'erronea applicazione delle norme e dei principi in tema di amministrazioni
aggiudicatrici, contenute nel decreto
legislativo n. 157 del 1995, negli articoli 52 e 59 (ora 43 e 49) del
trattato CEE e nell'articolo 116 del
testo unico 18 agosto 2000, n. 267.
Conclude quindi chiedendo, previa riforma della sentenza appellata, il rigetto del ricorso di primo grado.
Resiste all'appello la società A., che controbatte le tesi avversarie e conclude per il rigetto dell'appello.Le parti hanno scambiato memorie per un ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive.
DIRITTO
L’appello proposto dalla società T. è fondato.
Tra i motivi proposti contro la sentenza, con la quale la sezione staccata di Brescia del T.A.R. per la Lombardia ha annullato le deliberazioni n. 72 e n. 74 del 29 novembre 1999 di partecipazione al capitale azionario ed affidamento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani alla società T., presenta carattere assorbente quello rubricato al numero due.
Con esso la società appellante denuncia
l'erronea applicazione, da parte del primo giudice, dell'articolo
22, lettera e), della legge n. 142 del 1990.
La norma prevede che i comuni e le province, nell'ambito delle rispettive
competenze, “possono gestire i servizi pubblici" tra l'altro
"a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata a
prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall'ente titolare
del pubblico servizio, qualora sia opportuna in relazione alla natura o
all'ambito territoriale del servizio la partecipazione di più soggetti pubblici
o privati".
E’ appena il caso di ricordare come il modulo organizzativo della società mista rappresenti una delle forme ordinarie attraverso le quali si esplica la gestione diretta di un pubblico servizio. Tanto è vero che "il comune che abbia costituito una società per azioni per l'esercizio di servizi pubblici può affidarglielo senza bisogno di un atto di concessione o di una procedura concorsuale." ( Consiglio Stato sez. VI, 28 ottobre 1998, n. 1478).
D'altro canto, la salvaguardia dei principi di trasparenza dell'azione amministrativa e della libertà di mercato, propri del diritto interno e di quello comunitario, è ugualmente garantita dalle modalità e dalle cautele che accompagnano la scelta del socio privato di minoranza. Tanto che questa "deve essere compiuta dal comune attraverso una apposita procedura concorsuale perché il socio privato è un socio «imprenditore» chiamato a svolgere mediante il suo apporto parte rilevante di un pubblico servizio e ciò esclude che l'amministrazione possa basarsi, nella scelta del socio, su generici apprezzamenti soggettivi e, comunque, di carattere fiduciario perché ciò escluderebbe i principi di buona amministrazione e trasparenza dell'azione amministrativa." ( Consiglio Stato sez. V, 19 febbraio 1998, n. 192).
Ora, secondo la tesi della ricorrente, condivisa
dal primo giudice, il sistema normativo cui si è accennato ruoterebbe intorno
ad un principio cardine il quale imporrebbe all'ente locale partecipante alla
società di detenere una quota dal "capitale sociale rilevante nella
misura atta ad assicurare il vincolo di strumentalità della società così
costituita". La tesi, in sé astrattamente considerata, appare
corretta, ma di certo non può essere tale laddove se ne vorrebbe far discendere
la conseguenza che ciascun ente pubblico partecipante dovrebbe svolgere il ruolo
guida della società.
Infatti, tale modo di ragionare sposta la funzione di controllo dell'organismo
societario dall’insieme della compagine pubblica ai singoli enti partecipanti;
il che non solo da luogo ad una lettura della norma contraria alla sua
formulazione letterale ma la rende priva di senso. Infatti, il significato della
partecipazione dell'ente pubblico a società "a prevalente capitale
pubblico locale costituite o partecipate dall'ente titolare del pubblico
servizio, qualora sia opportuna in relazione alla natura o all'ambito
territoriale del servizio la partecipazione di più soggetti pubblici o privati"
sta nell’apprestare una formula organizzativa che consenta non solo la
cooperazione tra l'interesse delle pubbliche amministrazioni con quello
dell'impresa privata, ma anche l'esercizio in comune di servizi da parte di enti
pubblici aventi interessi omogenei.
Ciò spiega perché la norma, oltre a prevedere la partecipazione di più soggetti pubblici, riferisca la prevalenza del capitale, attraverso la quale si esplica il controllo sulla società, all’insieme degli enti e non a ciascuno di essi singolarmente considerato. Il che poi, sotto il profilo logico, non sarebbe materialmente possibile, giacché la partecipazione prevalente dell'uno escluderebbe necessariamente la prevalenza dell'altro.
Per questi motivi il ricorso in appello deve essere accolto.
Appare tuttavia equo compensare tra le parti la spesa del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, accoglie l’appello e, per l'effetto, respinge il ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 11 dicembre 2001, con l’intervento
dei signori:
Emidio Frascione, Presidente
Corrado Allegretta, Consigliere
Aldo Fera, Consigliere est.
Filoreto D’Agostino, Consigliere
Marco Lipari, Consigliere
AFFARI
ISTITUZIONALI - 028-bis
Consiglio di Stato, Sez. V, 6 maggio 2002, n. 2418
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Quinta Sezione ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 7156 del 2001, proposto dalla SIEM - società intercomunale ecologica mantovana - s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti C.B. e V.S., presso quest’ultimo elettivamente domiciliato in ...
CONTRO
L’A. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti V.S. ed E.R., presso quest’ultimo elettivamente domiciliato in ...
il Comune di Villimpenta, in persona del sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del T.A.R. per la Lombardia, sezione di Brescia, 18 maggio 2001, n. 369;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte
appellata;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle
rispettive difese;
Vista l’ordinanza n. 4176/01 con la quale è stata accolta
la richiesta di sospensione della esecuzione della sentenza appellata;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza dell’11 dicembre 2001 il
Consigliere Aldo Fera;
Uditi per le parti gli Avv.ti B. e R.;
Visto il dispositivo di decisione n. 683 del 18 dicembre
2001;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con la sentenza specificata in rubrica, la sezione staccata di Brescia del T.A.R. per la Lombardia, in accoglimento del ricorso proposto dalla società Aprica, ha annullato la deliberazione n. 9 del 29 febbraio 2000, con la quale il consiglio comunale di Villimpenta aveva affidato il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani alla società Siem, nata dalla trasformazione del Consorzio intercomunale mantovano per l’ecologia ala quale il Comune aveva in precedenza aderito.
Il primo giudice ha ritenuto fondata la censura con la quale la società ricorrente aveva affermato che "l'acquisto, da parte del comune, di un limitato numero di azioni di una società per azioni a capitale pubblico locale già costituita (da altri enti) non può consentire l'affidamento diretto alla medesima di un pubblico servizio, con conseguente omissione della procedura concorsuale."
La società Siem impugna la sentenza, sostenendo:
1) inammissibilità dell'originario ricorso di Aprica e totale assenza di motivazione della sentenza impugnata;
2) violazione dell'articolo 22, lettera e), della legge n. 142 del 1990, illogicità manifesta;
3) violazione degli articoli 22, lettera e, e 60 della legge n. 142/1990, travisamento dei fatti;
4) violazione degli articoli 52 e 59 del trattato CEE;
5) violazione dell'articolo 116 del testo unico n. 267 del 2000 e delle spese di giudizio.
Conclude quindi chiedendo, previa riforma della sentenza appellata, il rigetto del ricorso di primo grado.
Resiste all'appello la società A., che controbatte le tesi avversarie, ribadendo in particolare il motivo il difetto di motivazione assorbito in primo grado, e conclude per il rigetto dell'appello.
Le parti hanno scambiato memorie per un ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive.
DIRITTO
L’appello proposto dalla società Siem è fondato.
Tra i motivi proposti contro la sentenza, con la quale la sezione staccata di Brescia del T.A.R. per la Lombardia ha annullato la deliberazione n. 9 del 29 febbraio 2000, di affidamento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani alla società Siem, presenta carattere assorbente quello rubricato al numero due. Con esso la società appellante denuncia l'erronea applicazione, da parte del primo giudice, dell'articolo 22, comma 3, lettera e), della legge n. 142 del 1990.
La norma prevede che i comuni e le province, nell'ambito
delle rispettive competenze, “possono gestire i servizi pubblici" tra
l'altro "a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata a
prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall'ente titolare
del pubblico servizio, qualora sia opportuna in relazione alla natura o
all'ambito territoriale del servizio la partecipazione di più soggetti pubblici
o privati".
E’ appena il caso di ricordare come il modulo organizzativo
della società mista rappresenti una delle forme ordinarie attraverso le quali
si esplica la gestione diretta di un pubblico servizio. Tanto è vero che "il comune che abbia costituito una società per azioni per l'esercizio di
servizi pubblici può affidarglielo senza bisogno di un atto di concessione o di
una procedura concorsuale." (Consiglio Stato sez. VI, 28 ottobre 1998, n.
1478).
D'altro canto, la salvaguardia dei principi di trasparenza dell'azione
amministrativa e della libertà di mercato, propri del diritto interno e di
quello comunitario, è ugualmente garantita dalle modalità e dalle cautele che
accompagnano la scelta del socio privato di minoranza. Tanto che questa "deve essere compiuta dal comune attraverso una apposita procedura concorsuale
perché il socio privato è un socio "imprenditore" chiamato a
svolgere mediante il suo apporto parte rilevante di un pubblico servizio e ciò
esclude che l'amministrazione possa basarsi, nella scelta del socio, su generici
apprezzamenti soggettivi e, comunque, di carattere fiduciario perché ciò escluderebbe i principi di buona amministrazione e trasparenza dell'azione
amministrativa." ( Consiglio Stato sez. V, 19 febbraio 1998, n. 192)
Ora, secondo la tesi della ricorrente, condivisa dal primo giudice, il sistema normativo cui si è accennato ruoterebbe intorno ad un principio cardine il quale imporrebbe all'ente locale partecipante alla società di detenere una quota dal "capitale sociale rilevante nella misura atta ad assicurare il vincolo di strumentalità della società così costituita".
La tesi, in se astrattamente considerata, appare corretta, ma di certo non può
essere tale laddove se ne vorrebbe far discendere la conseguenza che ciascun
ente pubblico partecipante dovrebbe svolgere il ruolo guida della società.
Infatti, tale modo di ragionare sposta la funzione di controllo dell'organismo
societario dall’insieme della compagine pubblica ai singoli enti partecipanti;
il che non solo da luogo ad una lettura della norma contraria alla sua
formulazione letterale ma la rende priva di senso. Infatti, il significato della
partecipazione dell'ente pubblico a società "a prevalente capitale
pubblico locale costituite o partecipate dall'ente titolare del pubblico
servizio, qualora sia opportuna in relazione alla natura o all'ambito
territoriale del servizio la partecipazione di più soggetti pubblici o
privati" sta nell’apprestare una formula organizzativa che consenta non
solo la cooperazione tra l'interesse delle pubbliche amministrazioni con quello
dell'impresa privata, ma anche l'esercizio in comune di servizi da parte di enti
pubblici aventi interessi omogenei.
Ciò spiega perché la norma, oltre a prevedere la partecipazione di più soggetti pubblici, riferisca la prevalenza del capitale, attraverso la quale si esplica il controllo sulla società, all’insieme degli enti e non a ciascuno di essi singolarmente considerato. Il che poi, sotto il profilo logico, non sarebbe materialmente possibile, giacché la partecipazione prevalente dell'uno escluderebbe necessariamente la prevalenza dell'altro.
L’appellata, infine, ripropone, con memoria del 19 luglio
2001, la censura di difetto di motivazione già prospettata in primo grado,
argomentando che comunque il provvedimento impugnato avrebbe dovuto essere
motivato esternando le ragioni per le quali l'amministrazione comunale aveva
scelto di avvalersi di un siffatto modello di gestione.
Ma tale motivazione,
come esattamente osservato dalla difesa dell'appellante, riguarda un momento
diverso della complessa procedura amministrativa e cioè quello nel quale l'ente
locale ha deciso di partecipare alla società in vista di una gestione del
servizio in comune con gli altri enti locali.
Per questi motivi il ricorso in appello deve essere accolto.
Appare tuttavia equo compensare tra le parti la spesa del
giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, accoglie l’appello e, per l'effetto, respinge il ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 11
dicembre 2001, con l’intervento dei signori:
Emidio Frascione, Presidente
Corrado Allegretta, Consigliere
Aldo Fera, Consigliere estensore
Filoreto D’Agostino, Consigliere
Marco Lipari, Consigliere