AFFARI ISTITUZIONALI -
075
Consiglio di Stato,
Sezione V, 23 ottobre 2012, n. 5409
Servizi a rilevanza economica e servizi non a rilevanza economica: criteri
distintivi - Illuminazione votiva: è un servizio a rilevanza economica
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
- Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6129 del 2011,
proposto da:
Ditta S.F. S.a.s. di P.L.P. & C. e
G.G. s.r.l., rappresentate e difese dagli avvocati ...
per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE I, n.
00593/2011, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO
DIRETTO SERVIZIO DI GESTIONE IMPIANTI DI ILLUMINAZIONE
VOTIVA NEL CIMITERO COMUNALE DI SIENA
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio e l’appello
incidentale proposto dal Comune di Siena;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 aprile 2012 il
Consigliere Doris Durante;
Uditi per le parti gli avvocati ...;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Il Comune di Siena deliberava la riassunzione in forma diretta del servizio di gestione degli impianti di illuminazione votiva dei cimiteri comunali a partire dal 1°gennaio 2010 (delibera GM n. 624 del 23 dicembre 2009). La scelta era motivata sulla considerazione che la gestione in forma diretta rappresentava sulla base delle esperienze passate e dell’attuale gestione di altri comuni toscani di dimensioni comparabili l’opzione economicamente più conveniente ed idonea ad assicurare all’utenza un servizio di adeguata qualità e che poteva essere gestita integrando le relative attività con quelle svolte dalle direzioni edilizie e dalla direzione risorse finanziarie.
2.- Le società appellanti operanti nel campo del settore dell’illuminazione votiva all’interno dei cimiteri comunali, con ricorso al TAR Toscana impugnavano la suddetta delibera e gli atti conseguenti, lamentando con unico articolato motivo di censura violazione e falsa applicazione degli artt. 113 e 113-bis del d. lgv. n. 267 del 2000; dell’art. 23-bis del d. l. n. 112 del 2008; difetto assoluto di motivazione; violazione del giusto procedimento e del principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., nonché eccesso di potere sotto diversi profili, in quanto in violazione della citata normativa, il servizio non era stato messo sul mercato e affidato con procedura ad evidenza pubblica.
3.- Il TAR Toscana, con sentenza n. 593 del 2011, dichiarava infondato il ricorso e lo respingeva.
4.- Con l’atto di appello in esame, le società hanno impugnato la suddetta sentenza, di cui chiedono l’annullamento o la riforma perché erronea, illogica e gravemente contraddittoria alla stregua dei motivi di violazione e falsa applicazione degli artt. 113 e 113-bis del d. lgs. n. 267 del 2000 e ss.mm.ii; dell’art. 23-bis del d.l. 25 giugno 2008, n. 112; difetto assoluto di motivazione; violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 7 della l. n. 241 del 1990 e ss.mm.ii.; violazione del principio del giusto procedimento e di buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione; eccesso di potere per difetto di motivazione, di istruttoria e difetto dei presupposti.
5.- Si è costituito in giudizio il Comune di Siena che ha proposto anche appello incidentale condizionato, per la riforma della sentenza nella parte in cui avrebbe erroneamente qualificato il servizio di illuminazione votiva come servizio pubblico economico.
6.- Le parti hanno depositato memorie difensive e, alla pubblica udienza del 24 aprile 2012, il giudizio è stato assunto in decisione.
7.- Con l’appello principale le imprese ricorrenti lamentano
in sostanza che il Comune di Siena con l’assunzione diretta
del servizio pubblico di illuminazione votiva avrebbe
sottratto al mercato e alla concorrenza un servizio pubblico
a rilevanza economica, in violazione di principi comunitari
recepiti nell’ordinamento italiano con le norme di legge su
riportate.
Il riferimento è, dunque, all’art. 23-bis del d. l. n. 112
del 2008, vigente al momento dell’adozione da parte del
Comune di Siena del provvedimento impugnato.
La censura è fondata.
7.1- L’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, al comma 1
dispone “Le disposizioni del presente articolo disciplinano
l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di
rilevanza economica, in applicazione della disciplina
comunitaria e al fine di favorire la più ampia diffusione
dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di
libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori
economici interessati alla gestione di servizi di interesse
generale in ambito locale…
Le disposizioni contenute nel presente articolo si applicano
a tutti i servizi pubblici locali e prevalgono sulle
relative discipline di settore con esse incompatibili”.
Al comma 11, coerentemente con le premesse, è disposta
l’abrogazione dell’art. 113 del TUEL nelle parti
incompatibili.
Ai commi 2 e 3, è prevista, quale modalità ordinaria, il
conferimento della gestione dei servizi pubblici “…a favore
di imprenditori o di società di qualunque forma costituite
individuati mediante procedure competitive ad evidenza
pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che
istituisce la Comunità europea e dei principi generali
relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei
principi di economicità, efficacia, imparzialità e
trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione,
parità di trattamento, mutuo riconoscimento e
proporzionalità..”.
Quale modalità eccezionale e derogatoria rispetto alle
modalità di affidamento ordinario è previsto l’affidamento a
favore di società a capitale interamente pubblico,
allorquando “a causa di peculiari caratteristiche
economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del
contesto territoriale di riferimento…non permettono un
efficace e utile ricorso al mercato”.
Alla stregua della richiamata normativa, non può che
condividersi quanto assumono le società appellanti in ordine
all’obbligatorietà per l’ente locale di immettere sul
mercato e offrire alla concorrenza mediante le procedure
competitive i servizi pubblici a rilevanza economica.
Invero, l’affidamento alla concorrenza dei servizi pubblici
locali a rilevanza economica risale almeno al 2001, per
effetto della modifica introdotta dall'art. 35 della legge
n. 448 del 2001 all’art. 113 del TUEL approvato con d.lgs.
n. 267 del 2000.
La modifica della stessa rubrica dell’art. 113 del TUEL
“i
servizi pubblici locali di rilevanza economica e privi di
rilevanza economica” in luogo di “servizi pubblici locali di
rilevanza industriale e privi di rilevanza industriale” è
significativa della più limitata libertà di scelta dell’ente
locale circa le modalità di gestione dei servizi pubblici a
rilevanza economica e preclusiva della gestione in economia
per i servizi di rilevanza economica.
Non è, pertanto, condivisibile quanto affermato in sentenza
(“la disciplina dettata dall’art. 23 bis non contiene un
espresso divieto alla gestione dei servizi pubblici locali a
rilevanza economica, né un divieto di tal genere sembra
implicitamente desumibile dal testo della norma…il principio
della concorrenza, a cui è ispirata la disciplina del citato
art. 23 bis (come enunciato nel primo comma) non può
prevalere sui principi di efficienza ed economicità e buon
andamento dell’attività amministrativa, laddove una
ragionevole valutazione induca a ritenere preferibili (come
nel caso in esame, quanto meno in via sperimentale)
soluzioni interne all’amministrazione interessata e dunque
non competitive”.
Quanto al precedente di questa sezione (Cons. Stato, sez.
quinta, 26 gennaio 2011, n. 552), richiamato dal TAR
Toscana, atteso il riferimento in essa contenuto ad attività
di modesto impegno finanziario (ad esempio di poche migliaia
di euro l’anno), esso si riferisce chiaramente alle ipotesi
di servizi pubblici privi di rilevanza economica,
interpretazione avvalorata dal riferimento a mo’ di esempio
ai servizi che notoriamente i comuni possono e gestiscono in
economia “illuminazione pubblica, centri assistenziali, case
di accoglienza, case di riposo, assistenza domiciliare,
asili nido, mense scolastiche, mense scolastiche..”.
In conclusione può affermarsi che in base alla disciplina
dettata dall’art. 23-bis del d. l. n. 112 del 2008 e ss.mm.ii., in caso di servizi pubblici a rilevanza
economica, non ne era consentita la gestione in economia,
salve le deroghe previste dalla normativa richiamata e con
le modalità da essa indicate.
8.- Altra questione è se il servizio di pubblica illuminazione votiva sia sussumibile tra quelli privi di rilevanza economica o se il servizio per come svolto dal Comune di Siena debba qualificarsi quale servizio privo di rilevanza economica, tesi sostenuta dal Comune di Siena con l’appello incidentale.
8.1- In via di principio va considerato che la distinzione
tra attività economiche e non economiche ha carattere
dinamico ed evolutivo, cosicché non è possibile fissare a
priori un elenco definitivo dei servizi di interesse
generale di natura economica (secondo la costante
giurisprudenza comunitaria spetta infatti al giudice
nazionale valutare circostanze e condizioni in cui il
servizio viene prestato, tenendo conto, in particolare,
dell’assenza di uno scopo precipuamente lucrativo, della
mancata assunzione dei rischi connessi a tale attività ed
anche dell'eventuale finanziamento pubblico dell'attività in
questione (Corte di giustizia CE, sentenza 22 maggio 2003,
causa 18/2001).
In sostanza, per qualificare un servizio pubblico come
avente rilevanza economica o meno è ragionevole pensare che
si debba prendere in considerazione non solo la tipologia o
caratteristica merceologica del servizio (vi sono attività
meramente erogative come l'assistenza agli indigenti), ma
anche la soluzione organizzativa che l'ente locale, quando
può scegliere, sente più appropriata per rispondere alle
esigenze dei cittadini (ad esempio servizi della cultura e
del tempo libero da erogare, a seconda della scelta
dell'ente pubblico, con o senza copertura dei costi).
Dunque, la distinzione di cui si sta parlando può anzitutto
derivare da due presupposti, in quanto non solo vi può
essere un servizio che ha rilevanza economica o meno in
astratto ma anche uno specifico servizio che, per il modo in
cui è organizzato nel caso di specie, presenta o non
presenta tale rilevanza economica.
Saranno, quindi, privi di rilevanza economica i servizi che
sono resi agli utenti in chiave meramente erogativa e che,
inoltre, non richiedono una organizzazione di impresa in
senso obiettivo (invero, la dicotomia tra servizi a
rilevanza economica e quelli privi di rilevanza economica
può anche essere desunta dalle norme privatistiche,
coincidendo sostanzialmente con i criteri che
contraddistinguono l’attività di impresa nella previsione
dell'art. 2082 Cod. civ. e, per quanto di ragione, dell’art.
2195 o, per differenza, con ciò che non vi può essere ricompreso).
Per gli altri servizi, astrattamente di rilevanza economica,
andrà valutato in concreto se le modalità di erogazione, ne
consentano l’assimilazione a servizi pubblici privi di
rilevanza economica.
8.2- Fermo tanto, quanto al servizio di illuminazione
votiva, è indubbia la rilevanza economica di tale servizio.
In tal senso si è espressa la giurisprudenza con
orientamento univoco (per tutte, Cons. Stato, sez. quinta,
11 agosto 2010, n. 5620; 29 marzo 2010, n. 1790; 5 dicembre
2008, n. 6049; 14 aprile 2008, n. 1600), nonché l’Autorità di
Vigilanza sui Contratti Pubblici in un parere richiesto
dall’ANEILVE (Associazione Nazionale Esercenti Impianti
Lampade Votive Elettriche) ed anche il TAR Toscana, con la
sentenza appellata, inquadra il servizio di illuminazione
votiva all’interno del sistema cimiteriale del Comune di
Siena quale “servizio pubblico a rilevanza economica”.
8.3.- Assume il Comune di Siena, con l’appello incidentale,
che il servizio di cui trattasi, per come è svolto da esso
Comune, è privo di rilevanza economica, avendo una
redditività modesta.
La prospettazione del Comune non appare convincente.
Come si è detto, innanzi tutto la qualificazione di un
servizio pubblico a rilevanza economica è correlata alla
astratta potenzialità di produrre un utile di gestione e,
quindi, di riflettersi sull’assetto concorrenziale del
mercato di settore (cfr. Cons. Stato, n. 5097 del 2009),
sicché non rileva l’irrisorietà dell’utile che in concreto
un servizio per come svolto produca.
Non è significativa, in conseguenza, la circostanza che
l’attività come svolta dal Comune di Siena sia risultata in
concreto caratterizzata da un’esigua redditività (dai
bilanci di previsione degli anni 2010 e 2011 e dal
rendiconto di esercizio dell’anno 2010, a fronte di un
fatturato pari a 220.000,00 euro l’anno si sono registrate
uscite per 206.645,00 euro con un profitto complessivo di
euro 13.000,00 l’anno).
Né risulta, peraltro, che il Comune di Siena abbia offerto
il servizio gratuitamente o sopportandone parte dei costi,
risultando, al contrario, che ha svolto in proprio
un’attività imprenditoriale vera e propria, seppure senza
autonoma organizzazione (il servizio sarebbe stato gestito
integrando le relative attività con quelle svolte dalle
direzioni edilizie e dalla direzione risorse finanziarie).
Tale circostanza è dirimente per sussumere tale servizio tra
quelli a rilevanza economica con la conseguenza che esso
doveva essere esternalizzato in base al citato art. 23 bis
del d. l. n. 112 del 2008, più volte richiamato, non potendo
essere sottratto al mercato.
Va, in conseguenza respinto l’appello incidentale proposto
dal Comune di Siena.
9.- Quanto sin qui esposto evidenzia la contraddittorietà e illogicità della sentenza appellata, denunciata dalle ditte appellanti, atteso che pur riconoscendo che il servizio votivo integra un servizio pubblico a rilevanza economica, ammette la possibilità del Comune di optare per la gestione diretta.
9.- La sentenza è illogica ed erronea anche sotto altro profilo.
Secondo il TAR, la libera scelta dell’amministrazione
comunale di procedere alla gestione diretta di un servizio
non contrasterebbe con i principi comunitari.
Se pure è vero che la disciplina comunitaria consente, ma
non impone agli stati membri di prevedere con determinate
cautele la gestione diretta del servizio pubblico da parte
dell’ente locale (cfr. Corte Costituzionale n. 325 del 17
novembre 2010), il vincolo normativo dettato dall’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008,
ratione temporis precludeva la
gestione diretta, non rilevando che l’esborso per potersi
procedere a tutte le formalità necessarie per la regolare
indizione di una gara pubblica avrebbe potuto essere ben
maggiore.
Il principio cui è finalizzata la disciplina di cui all’art.
23-bis è la tutela della concorrenza e l’apertura al mercato
per tutte le attività imprenditoriali e non la forma più
economica di gestione dei servizi pubblici locali.
In tale ottica non può trovare ingresso la valutazione del
giudice di primo grado secondo il quale “Appartiene alla
dimensione dell’inverosimile immaginare che un comune di non
eccessiva grandezza non possa gestire direttamente un
servizio come quello dell’illuminazione votiva cimiteriale,
esigente solo l’impegno periodico di una persona e la spesa
annua di qualche migliaio di euro, laddove l’esborso per
potersi procedere a tutte le formalità necessarie per la
regolare indizione di una gara pubblica potrebbe essere ben
maggiore”.
10.- Da ultimo, va considerato che la questione affrontata non è più attuale, atteso che l’art. 23-bis del d. lgs. 112 del 2008, nel testo risultante dalle modificazioni apportate dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 e dall’art. 15, comma 1-ter del d. l. n. 135 convertito con modificazioni dalla l. n. 166 del 2009, è stato abrogato a seguito di referendum popolare del giugno 2011, sostanzialmente riproposto con l’art. 4 del d. l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito in l. n. 148 del 2011, è stato espunto definitivamente dall’ordinamento con sentenza della Corte Costituzionale 20 luglio 2012, n. 199 (la Consulta ha accolto i ricorsi contro la manovra estiva 2011 presentati da alcune regioni, osservando che l’articolo 4 della manovra Tremonti ha violato il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare mediante referendum, desumibile dall’articolo 75 della Costituzione, secondo quanto già riconosciuto da una costante giurisprudenza costituzionale (spiega la Consulta “a seguito della predetta abrogazione, la disciplina applicabile era quella comunitaria, più “favorevole” per le Regioni e per gli enti locali. Pertanto, la reintroduzione da parte del legislatore statale della medesima disciplina oggetto dell’abrogazione referendaria (anzi, di una regolamentazione ancor più restrittiva, frutto di un’interpretazione ancor più estesa dell’ambito di operatività della materia della tutela della concorrenza di competenza statale esclusiva), ledendo la volontà popolare espressa attraverso la consultazione referendaria, avrebbe determinato anche una potenziale lesione delle richiamate sfere di competenza sia delle Regioni che degli enti locali”).
11.- Per quanto sin qui esposto, va accolto l’appello
principale e va respinto l’appello incidentale e, per
l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va accolto
il ricorso di primo grado proposto da Severino Ferri S.a.s.
di Pier Luigi Pelegatti & C. e Ghiretti Giuseppe s.r.l.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le
spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in
epigrafe proposto, accoglie l 'appello principale e, per
l'effetto, in riforma della sentenza di primo grado, annulla
gli atti impugnati con il ricorso di primo grado. Respinge
l’appello incidentale.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 24 aprile 2012 con l'intervento dei
magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Doris Durante, Consigliere, Estensore
Antonio Bianchi, Consigliere