AUTORITA' PER LA VIGILANZA SUI LAVORI PUBBLICI
PROVVEDIMENTO DELL'8 NOVEMBRE 1999
Regolazione degli incarichi di progettazione e direzione lavori ex art. 17, legge 11 febbraio 1994, n.
109, e successive modifiche ed integrazioni
(G.U. n. 268 del 15 novembre 1999)
ATTO DI REGOLAZIONE
Premesso
Con alcuni esposti a questa Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, venivano
segnalati comportamenti di pubbliche amministrazioni che si assumevano contrastanti con
quanto disposto dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e dalle leggi sul pubblico impiego e
successive modificazioni, in appresso indicata come legge quadro, con specifico
riferimento agli incarichi di progettazione e connesse attività di supporto
tecnico-amministrativo.
In relazione alle questioni prospettate, il Consiglio dell'Autorità, nella riunione del
15 giugno 1999, deliberava la predisposizione di un documento di base inteso ad
individuare, con riferimento alle ipotesi denunziate, l'assetto normativo generale di
riferimento e, quindi, verificare "l'osservanza della disciplina legislativa e
regolamentare in materia", compito rimesso all'Autorità dagli articoli 1 e 4 della
legge quadro.
Predisposto il documento indicato, si provvedeva alla sua diffusione e si sollecitavano
alle amministrazioni, agli enti operanti nel settore, agli ordini e alle associazioni
professionali contributi in ordine alle specifiche questioni prospettate.
Si acquisivano, così, memorie e documentazione e si procedeva in data 30 settembre 1999
ad una discussione orale, di cui sono trascritte le conclusioni (tutta la documentazione
è presso gli uffici dell'Autorità e ne è consentito l'accesso) ed il Consiglio
dell'Autorità nelle adunanze del 12 ottobre, 2 e 4 novembre 1999 assumeva la seguente
deliberazione.
Considerato
1. L'art. 17, comma 1,
della legge quadro contiene un'elencazione dei soggetti cui possono essere richieste
dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli altri enti aggiudicatori o realizzatori di
lavori pubblici (di cui all'art. 2 della legge quadro) "le prestazioni relative
alla progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva nonché alla direzione dei lavori
e degli incarichi di supporto tecnico-amministrativo alle attività del responsabile unico
del procedimento e del dirigente competente alla formazione del programma triennale di cui
all'art. 14".
Detta elencazione ricomprende gli uffici tecnici delle stazioni appaltanti, gli uffici
consortili di progettazione e di direzione dei lavori, gli organismi di altre pubbliche
amministrazioni di cui quelle aggiudicatrici possono avvalersi per legge, nonché liberi
professionisti singoli o associati, società di professionisti e quelle di ingegneria ed i
loro raggruppamenti temporanei.
Va premesso che una speciale disciplina per gli appalti nei settori esclusi è contenuta
nell'art. 17, comma 14-septies della
legge quadro e che gli incarichi di cui sopra sono "servizi in materia di
architettura, di ingegneria ed altri servizi tecnici", secondo quanto previsto
alla categoria 12 allegato 1A Direttiva 92/50 CEE del Consiglio del 18 giugno 1992 (numero
di riferimento CPC 867) recepita nell'ordinamento interno col decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157.
Sempre in via preliminare, è da considerare che la formulazione normativa che fa reggere
l'elencazione degli affidatari delle prestazioni relative alla progettazione dal verbo
"sono espletate", dà certezza della tassatività della elencazione, d'altronde
esaustiva, dei possibili soggetti.
E', invece, da definire se detta elencazione indichi anche un ordine per la scelta tra due
ipotesi. La prima in cui le prestazioni vengono riferite ad uffici, e per essi alle
persone fisiche ivi addette, propri delle amministrazioni aggiudicatrici ovvero di altre
amministrazioni pubbliche di cui le prime si possono avvalere (progettazione interna); la
seconda, invece, in cui le stesse, sussistendo determinate condizioni specificamente
individuate, si avvalgono dell'opera professionale di soggetti esterni, singoli privati,
ovvero di persone giuridiche private, comunque estranei all'organizzazione amministrativa
in generale (progettazione esterna).
Per quanto concerne le prestazioni relative alla direzione dei lavori ed al collaudo vi è
specifica regolamentazione (articoli 27 e 28
della legge quadro) che verrà presa in esame in seguito. Va rilevato che nella legge
quadro non sono considerati i problemi riguardanti la generale attività di controllo
sull'uso delle risorse, quando sono concesse da pubbliche amministrazioni ad altri
soggetti operanti nel settore.
2. Il problema in esame va preso, in primo luogo, in considerazione
con riferimento all'attività di progettazione.
Nel testo definitivo dell'art. 17, comma 4,
della legge quadro (così come sostituito dall'art. 6 della legge 18 novembre 1998, n.
415), è stato espunto il riferimento (introdotto dal decreto-legge 3 aprile 1995,
n. 101, convertito con legge 2 giugno 1995, n. 216, che pure aveva per la prima volta
generalizzato la possibilità per le amministrazioni pubbliche di avvalersi, per
l'espletamento delle prestazioni riguardanti la progettazione, di "collaborazioni
esterne"), alla "assoluta priorità" del ricorso alla utilizzazione dei
propri uffici interni.
Sulla base del testo attualmente in vigore, risulta, quindi, rimosso il disfavore, già
contenuto nella legge 20 marzo 1865, n. 2248,
allegato F ed esplicitamente ribadito nel r.d. dell'8 febbraio 1923, n. 422, art. 1,
nei confronti della progettazione e similari attività tecnico-amministrative commesse a
soggetti estranei e viene resa derogabile la competenza dell'apparato tecnico pubblico in
merito alla realizzazione dei lavori pubblici.
Risulta, altresì, confermata la scelta normativa della legge quadro in ordine alla
possibilità di coinvolgere i privati nell'attività considerata.
Non può, peraltro, ritenersi ammissibile un libero ricorso, alternativo, alla
progettazione interna o esterna, se non altro per la subordinazione, espressamente
stabilita dall'art. 17 in esame, al verificarsi di ipotesi tassative per il ricorso alla
progettazione esterna.
Questi "casi", come li qualifica la norma, non implicano momenti di valutazione
discrezionale della pubblica amministrazione, in quanto si concretano in situazioni di
fatto, individuabili sulla base di ponderazioni solo tecniche e perciò affidate al
tecnico responsabile del procedimento, che le deve compiere e "certificare",
dice la legge, confermando così la carenza di ogni valutazione con connotati di
discrezionalità.
3. La progettazione interna nei primi due casi di cui alla lettere a) e b) dell'art. 17, comma 1, si
concreta in prestazioni da parte di pubblici "uffici", da intendersi - secondo
la nozione comune - come complessi di mezzi e di persone fisiche ad essi addetti e che
sono identificati, o nella particolare articolazione tecnica interna della pubblica
amministrazione, ovvero nella comune struttura tecnica consortile di più enti locali.
La terza ipotesi (lettera c) dell'art. 17,
comma 1, consiste, invece, in un rinvio a tutte le disposizioni di legge che prevedono
la possibilità per le pubbliche amministrazioni di avvalersi, per la progettazione di
lavori pubblici, di altre amministrazioni che utilizzano, a loro volta, propri
"organismi", cioè propri uffici.
La circostanza che le prestazioni relative alla progettazione attengono ad un'attività
umana prettamente intellettiva e di contenuto corrispondente a quello proprio di una
professione liberale, individualmente esercitata, non è idonea a far ritenere che, nel
nostro ordinamento, i tecnici appartenenti ad ufficio pubblico svolgano un'attività di
libera professione in quanto autori delle medesime elaborazioni intellettive proprie delle
professioni liberali. Quel che, invece, è vero, è che l'attività di progettazione
svolta da funzionari pubblici è attività professionalmente qualificata, ma non di libera
professione.
Questa qualificazione professionale è garantita dalla legge quadro col prevedere che gli
addetti ai competenti uffici (art. 17, comma 2),
oltre alla garanzia data dalla selezione per l'accesso all'impiego, debbano possedere per
poter firmare il progetto l'abilitazione all'esercizio della professione, ovvero, per i
tecnici diplomati, il pregresso esercizio di analoghi incarichi, ritenuto equipollente.
E' significativo che in tali sensi si sia modificato il testo originario della norma, come
introdotta dalla legge n. 216/1995 citata e che prevedeva anche la necessità di
iscrizione al competente albo professionale, in quanto tale modifica sta a comprovare il
carattere non decisivo, ai fini dell'oggettiva affidabilità della prestazione, di detta
iscrizione.
Vale, altresì, notare che tutta la problematica relativa alla iscrizione all'albo dei
dipendenti pubblici non ha rilievo sotto il profilo ora in esame; lo può avere in ordine
ai limiti dell'attività dei pubblici dipendenti quali liberi professionisti, in base alle
norme generali sul pubblico impiego. Ciò in quanto il sindacato esercitato dagli ordini
professionali "non si estende genericamente alla professionalità di una
determinata attività", ma riguarda soltanto "coloro che esercitano la
libera professione, esplicando l'attività professionale mediante contratti d'opera
direttamente con il pubblico dei clienti, ovvero, per talune professioni, alle dipendenze
di privati imprenditori", ed esulando quindi dalla competenza di detti ordini
professionali "il controllo dei pubblici funzionari che prestino, alle dipendenze
di pubbliche amministrazioni, attività di contenuto corrispondente a quello di una libera
professione" (Cons. di Stato, sez. V, 23 maggio 1997, n. 527).
Né ha valore, ai fini di assimilare la progettazione interna all'attività libero
professionale, la circostanza che sia richiesta al dipendente pubblico la firma del
progetto (art. 17, comma 2).
Tale firma comporta, come per ogni attività propria del pubblico impiego, l'assunzione
della responsabilità penale e contabile, perché si tratta di responsabilità a carattere
"personale". A queste si aggiunge soltanto - sempre nel presupposto che se ne
verifichino le condizioni - la responsabilità civile verso terzi del progettista,
solidale con quella dell'amministrazione di appartenenza, a termini delle norme generali
sul pubblico impiego. Ed ai rischi specificamente connessi a quest'ultima responsabilità
si riferisce, quanto meno, la polizza assicurativa da stipularsi, ai sensi del successivo comma 3, dell'art. 17, con aggravio delle
relative spese all'amministrazione di dipendenza.
4. Deriva da tali premesse la conseguenza che, nel caso della progettazione interna,
come in precedenza individuata, la relativa prestazione dei dipendenti, addetti ai
competenti uffici, per essere riferita direttamente alla amministrazione di appartenenza,
è da considerare svolta "ratione offici" e non "intuitu
personae" e si risolve "in una modalità di svolgimento del rapporto di
pubblico impiego" (Cass. Civ. Sez. Un. 2 aprile 1998, n. 3386), nell'ambito
della cui disciplina normativa e sulla base della contrattazione collettiva ed individuale
vanno pertanto individuati i termini della relativa retribuzione.
In tale prospettiva è, quindi, da inquadrare la previsione riguardante l'incentivazione
di cui all'art. 18, comma 1 e 2, della legge
quadro, nel testo fissato dall'art. 13, comma 4, della legge 17 maggio 1999, n. 144 e
concernente l'obbligo di corrispondere un compenso da ripartire tra i dipendenti più
specificamente interessati, con finalità incentivante e premiale per l'espletamento di
servizi propri dell'ufficio di appartenenza, con conseguente espressa abrogazione
dell'art. 62, comma 4 e 5 del r.d. 23 ottobre 1925, n. 2537, che erano divenuti
incompatibili con il delineato sistema.
Rimane ovviamente salva la percezione di compensi per il possibile conferimento di altri e
diversi incarichi che, previa autorizzazione, possono avere i tecnici come tutti gli altri
dipendenti pubblici ai sensi dell'art. 58 del
decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni.
5. Ai sensi dell'art. 17, comma 4, della
legge quadro, si può ricorrere alla progettazione "esterna" "in
caso di carenza in organico di personale tecnico nelle stazioni appaltanti, ovvero di
difficoltà di rispettare i tempi della programmazione dei lavori o di svolgere le
funzioni di istituto, ovvero in caso di lavori di speciale complessità o di rilevanza
architettonica o ambientale o in caso di necessità di predisporre progetti integrali,
così come definiti dal regolamento, che richiedano l'apporto di una pluralità di
competenze".
Nella definitiva formulazione della norma, quale fissata dalla legge n. 415/1998, il
ricorso alla progettazione esterna è consentito, oltre che nel caso di carenza di
organico delle stazioni appaltanti, come stabilito nel testo precedente, anche nel caso di
particolare complessità delle relative elaborazioni progettuali.
Per potervi fare ricorso è necessario, come precisato, la sussistenza di alcuna delle
ipotesi indicate, accertata e certificata dal responsabile unico del procedimento.
Possibili affidatari dell'incarico di progettazione esterna sono alternativamente: i
liberi professionisti singoli o associati nelle forme di cui alla legge 23 novembre 1939,
n. 1815 e successive modificazioni, le società di professionisti e le società di
ingegneria come disciplinate dall'art. 17,
comma 6 e 7, nonché relativi raggruppamenti temporanei (art. 17, comma 1, lettere d, e, f, g).
L'incarico di progettazione esterna in generale dovrà essere conferito a mezzo di
convenzione (art. 17, comma 12-bis)
conseguente ad un appalto di servizi da aggiudicarsi nel rispetto di specifiche procedure
che implicano: l'applicazione della direttiva CEE 92/50, come recepita nell'ordinamento
interno, per gli appalti di importo superiore alla soglia di 200.000 Ecu; il ricorso - in
attesa di specifica ulteriore disciplina regolamentare - ad una valutazione comparativa
dei curricula presentati dai progettisti, per gli appalti ricompresi nella soglia di
40.000 e 200.000 Ecu; in via fiduciaria nel caso di appalti il cui importo stimato sia
inferiore a 40.000 Ecu (art. 17, commi 10,
11 e 12).
6. Dalla disciplina come sopra delineata, emerge che il legislatore nazionale, nel
configurare l'istituto della progettazione esterna, continua essenzialmente a considerare
la relativa prestazione con costante riferimento a persone fisiche le quali autonomamente,
con continuità e con assunzione in proprio dei relativi rischi, esercitano la libera
professione.
La circostanza è incontestabile, stante anche il dato testuale, con riferimento alla
ipotesi, che, particolarmente interessa ai fini dell'indagine in esame. L'art. 17, comma
1, lettera d), con l'indicazione relativa ai "liberi professionisti singoli o
associati", si riferisce a soggetti che individualmente tale attività esplicano
senza vincolo di subordinazione con il committente e comunque non occasionalmente. Alla
stessa conclusione si perviene anche con riferimento alla disciplina concernente le
società di professionisti e di ingegneria che - in deroga al principio di cui all'art. 2
della legge n. 1815/1939, contenente il divieto dello svolgimento in forme societarie
delle professioni che richiedono l'iscrizione in albi - sono state previste dalla legge
quadro per un'esigenza di conformazione ai principi comunitari della massima
concorrenzialità e trasparenza e del divieto di ogni discriminazione derivante dalla
configurazione dell'affidatario come persona fisica o giuridica. Detta disciplina, nel
delineare la struttura di dette entità, indica i professionisti iscritti negli appositi
albi professionali; inoltre, nell'art. 17 in esame, al comma 8, si dispone che "indipendentemente
dalla natura giuridica del soggetto affidatario dell'incarico, lo stesso deve essere
espletato da professionisti iscritti negli appositi albi previsti nei vigenti ordinamenti
professionali, personalmente responsabili e nominativamente indicati già in sede di
presentazione dell'offerta, con la specificazione delle rispettive qualificazioni
professionali".
In un siffatto contesto normativo, non vi è riferimento alcuno all'affidamento delle
prestazioni relative alla progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, a dipendenti
delle amministrazioni aggiudicatrici ovvero di quelle di cui esse intendano avvalersi.
Questo mancato riferimento è coerente con la disciplina generale sul pubblico impiego, la
quale con l'art. 58 del decreto legislativo n.
29 del 3 febbraio 1993, nel testo risultante a seguito delle modifiche apportatevi dal
decreto legislativo n. 80 del 31 marzo 1998, estende a tutti i dipendenti pubblici "la
disciplina delle incompatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato
con d.P.R. n. 3 del 10 gennaio 1957"; disciplina implicante specificatamente
la preclusione all'esercizio, oltre che del commercio e dell'industria, di "alcuna
professione ", da intendersi come già chiarito nel senso di attività
libero-professionale.
E ciò in conseguenza della incompatibilità logica prima che giuridica (eccettuate
peraltro alcune specifiche ipotesi relative ad ordinamenti settoriali con regime
particolare e di cui al secondo periodo del comma 1, dell'art. 58 del decreto legislativo n. 29/1993)
tra la professione come in precedenza intesa ed il rapporto di pubblico impiego,
tradizionalmente richiedente una esclusività della prestazione lavorativa in favore
dell'amministrazione di dipendenza, non esigibile da chi svolge anche una libera
professione.
Né a conclusione diversa conduce la normativa sul "conferimento" degli
incarichi ai pubblici dipendenti ed in particolare il secondo comma dello stesso indicato art. 58, secondo il quale "le
pubbliche amministrazioni non possono conferire a dipendenti incarichi, non compresi nei
compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge
o altre fonti normative o che non siano espressamente autorizzati".
Pur ritenendosi, infatti, che la disgiunzione (o) finale, contenuta nella norma, consente
di ipotizzare, in aggiunta a quelli specificatamente previsti per legge, ulteriori
incarichi conferibili al dipendente nel solo presupposto di una espressa loro
autorizzazione da parte della amministrazione, non può non rilevarsi che a siffatta
autorizzazione, tuttavia, potrà pervenirsi soltanto nel caso della saltuarietà ed
occasionalità degli incarichi stessi.
Ma la progettazione esterna, ai sensi dell'art. 17, comma 1 della legge quadro, può
essere commessa, per quanto detto in precedenza, soltanto a soggetti che esercitano
professionalmente la relativa attività e che non possono quindi identificarsi in
generale, tranne espresse eccezioni normative, con coloro che hanno la qualità di
pubblici dipendenti.
7. Senonché - se si può fare riferimento alla disciplina sul pubblico impiego per
ritrovare la conferma della preclusione al conferimento di incarichi professionali a
dipendenti pubblici - non si può prescindere dalla considerazione di tutta la normativa
in essa contenuta per completare il quadro delle regole relative alle attività consentite
ai dipendenti stessi. In altri termini, non sarebbe coerente attestarsi in una posizione
che consideri le norme sui lavori pubblici come disciplina speciale che escluda
l'applicazione delle norme generali che sono, appunto, quelle dettate in materia di
pubblico impiego.
E queste norme generali hanno posto una distinzione tra dipendenti delle pubbliche
amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo pieno e dipendenti delle pubbliche
amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo parziale e con prestazione lavorativa non
inferiore al 50 per cento di quella relativa al tempo pieno.
Per i dipendenti a tempo pieno vale, senza possibilità di deroghe, il divieto di
assegnazione di incarichi del tipo di quelli in esame da parte delle pubbliche
amministrazioni, quali previsti per i liberi professionisti, perché essi, si ripete, non
possono svolgere alcuna "professione".
Per i dipendenti non a tempo pieno la normativa si è così evoluta.
Con la legge 29 dicembre 1988, n. 554 (art. 7), è stata estesa al pubblico impiego la
possibilità, consentita in precedenza per il solo lavoro di diritto privato, di
configurare un rapporto implicante un orario di servizio inferiore a quello ordinario,
facendosi rinvio, ad apposita regolamentazione attuativa, per la specifica, relativa
disciplina.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117, è stato
stabilito poi che, ferma restando anche per tale tipo di rapporto di lavoro l'applicazione
della normativa concernente quello a tempo pieno, fosse consentito "al personale
interessato e cioè con rapporto a tempo definito e previa motivata autorizzazione
dell'amministrazione o ente di appartenenza l'esercizio di altre prestazioni, che non
(arrecassero) pregiudizio alle esigenze di servizio e non (fossero) incompatibili con le
attività di istituto della stessa amministrazione o ente".
Successivamente, con l'art. 1, comma 56, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (collegato
alla finanziaria per il 1997), è stato ulteriormente disposto che, per il dipendente
delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo parziale e con prestazione
non superiore al 50 per cento di quella ordinaria, non si applicavano le norme di cui all'art. 58 del decreto legislativo 3 febbraio 1993,
n. 29, il quale, nel regolare le incompatibilità relative ai dipendenti pubblici,
continuava a precludere - anche per quelli a tempo parziale - il contemporaneo esercizio
dell'attività libero professionale. Disposizione che veniva, poi, ribadita e meglio
specificata con il comma 56-bis aggiunto al detto art. 1 della legge 662/1996 indicata e
come introdotto dall'art. 6 del decreto legge
28 marzo 1997, n. 79, convertito con legge 28 maggio 1997, n. 140 che dispone
esplicitamente l'abrogazione, per i dipendenti a tempo parziale in esame, delle norme che
vietavano l'iscrizione ad albi e l'esercizio di attività libero-professionali; con la
preclusione, tuttavia, per i dipendenti iscritti a tali albi e che svolgevano detta
attività libero-professionale, del "conferimento" di incarichi da parte delle
"amministrazioni pubbliche".
Divieto, quest'ultimo, palesemente inteso ad ovviare ai pericoli di possibili
condizionamenti e favoritismi che potevano, altrimenti, configurarsi in relazione alla
eventualità che l'amministrazione pubblica conferisse (e cioé concedesse
discrezionalmente) incarichi professionali non d'ufficio a soggetti che, sia pure con
orario di lavoro limitato, erano contemporaneamente suoi dipendenti. Tale divieto,
peraltro, è stato ritenuto e deve tuttora ritenersi non operante (ed in tali sensi
concludeva anche la circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento
della funzione pubblica, 18 luglio 1997, n. 6/1997) nel caso in cui l'attribuzione
dell'incarico professionale consegua, non già ad una scelta fiduciaria
dell'amministrazione, bensì ad un meccanismo selettivo conseguente ad un procedimento di
tipo concorsuale per il quale non hanno ragione di essere le preoccupazioni intese ad
evitare i richiamati, possibili condizionamenti o favoritismi e per cui, quindi, non si
poteva parlare di divieto di "conferimento" di incarico.
In tale contesto l'art. 9, comma 30, della legge 18 novembre 1998, n. 415, ha aggiunto i
commi 2-ter ("I pubblici dipendenti che abbiano un rapporto di lavoro a tempo
parziale non possono espletare, nell'ambito territoriale dell'ufficio di appartenenza,
incarichi professionali per conto di pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3
febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, se non conseguenti ai rapporti di
impiego") e 2-quater ("E' vietato l'affidamento di attività di
progettazione, direzione lavori, collaudo, indagine e attività di supporto a mezzo di
contratti a tempo determinato od altre procedure diverse da quelle previste dalla presente
legge") all'art. 18 della legge
quadro.
Da queste disposizioni si evince l'evidente intento del legislatore di introdurre
ulteriori divieti per tutelare, innanzitutto, l'esigenza di assicurare e rendere visibile
la correttezza e la trasparenza dell'attività amministrativa, esigenza che poteva
risultare compromessa nell'eventualità che un incarico professionale esterno dovesse
svolgersi nell'ambito territoriale dell'ufficio di appartenenza del professionista
pubblico dipendente.
Sicché, si riteneva di dover vietare al pubblico dipendente l'espletamento, in tale
ambito territoriale, di ogni incarico avente natura libero-professionale, sia se affidato
dalla propria amministrazione di appartenenza, sia se affidato da altre amministrazioni
pubbliche; con la precisazione, tuttavia, che allo stesso restava comunque consentito (il
che, peraltro, era già implicito nel sistema) l'espletamento delle attività
corrispondenti a quelle proprie delle professioni, se riferite al rapporto di impiego e
quindi prestate come dovere di ufficio all'interno dello svolgimento del rapporto
medesimo. Si riteneva, poi, di dover esplicitamente intervenire per evitare ogni
possibilità di elusione delle prescrizioni come in precedenza definite; per cui veniva
formulato un divieto (comma 2-quater), per così dire, di chiusura del sistema; divieto
implicante, sia la preclusione all'affidamento degli incarichi di progettazione (nonché
direzione lavori, collaudo e qualunque attività di supporto) ricorrendo a forme di
contratto di lavoro a tempo determinato (che è diverso da quella a tempo definito) sia
utilizzando modalità e procedure di affidamento diverse da quelle esplicitamente previste
dalla legge quadro.
Va rilevato che l'unica attività affidabile con contratto a tempo determinato è quella
del responsabile unico del procedimento.
8. Scaturisce, da quanto esposto al precedente punto 7, che al dipendente a tempo
definito e con orario di lavoro pari o inferiore al 50 per cento del normale - in quanto
ritenuto anche libero professionista - possono essere sicuramente affidati, con i divieti
peraltro di cui alle limitazioni territoriali indicate, incarichi professionali esterni,
per gli importi che implicano il ricorso alle procedure concorsuali ad evidenza pubblica,
come in precedenza definite e con diritto al corrispettivo.
Per gli incarichi di progettazione il cui importo stimato è inferiore ai 40.000 Ecu e per
i quali le amministrazioni aggiudicatrici possono procedere ad una scelta "di loro
fiducia" non è, invece, consentito l'affidamento a dipendenti a tempo definito,
ostando a tale possibilità il perdurante (e non abrogato) divieto al
"conferimento" di incarichi di cui al menzionato art. 1, comma 56-bis, della
legge n. 662/1996.
Ciò in quanto le amministrazioni aggiudicatrici procedono, in tal caso, ad una scelta
"di loro fiducia" per la quale non ricorre la ratio della deroga prima detta al
generale divieto, e cioè che sarebbe improprio escludere a priori una categoria di
professionisti come partecipanti a gare, in quanto incoerente con il principio della
concorrenza. Anzi, emerge nel caso di scelta di "fiducia" una opposta situazione
di possibili violazioni di questi principi per esservi una potenziale posizione di
privilegio nell'accesso a questi incarichi.
Né a diversa conclusione interpretativa, in relazione a tale ultima ipotesi, può
pervenirsi sulla base di una ritenuta specificità ed esaustività della normativa
contenuta negli articoli 17 e 18 della legge
quadro in materia di affidamento degli incarichi professionali; ovvero considerando
che, anche per il conferimento degli incarichi di fiducia, l'amministrazione pubblica è
pur sempre tenuta a motivare la scelta nel rispetto anche dei principi di logicità e
parità di trattamento di cui all'art. 97 della Costituzione.
Quanto alla prima considerazione, non sembra, infatti, pur valutando la specificità della
normativa in esame, che dalla previsione dei due divieti, come introdotti dall'art. 18,
comma 2-ter indicato, sia conseguita una implicita abrogazione del più ampio divieto (al
"conferimento" di incarichi da pubbliche amministrazioni) enunciato nella
normativa generale e concernente il rapporto di lavoro a tempo definito.
Quanto, poi, alla seconda osservazione, va tenuto presente che l'obbligo di motivazione
nel rispetto, anche nel caso delle nomine fiduciarie, dei principi costituzionali
dell'imparzialità e del buon andamento, non consente di ritenere che la loro osservanza
dia luogo ad una procedura di tipo selettivo e concorsuale, al cui sussistere soltanto
può configurarsi la possibilità per i dipendenti a tempo definito di accedere
all'affidamento di incarichi pubblici come definiti al comma 1 dell'art. 17. Soltanto se
una tale procedura sia adottata, per scelta dell'amministrazione anche gli incarichi di
progettazione con importo inferiore a 40.000 Ecu potranno essere conferiti ai tecnici a
tempo definito.
Ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo definito è, poi, consentito, in ogni caso,
ed a prescindere da ogni limitazione territoriale, espletare attività di progettazione
"interna" nell'interesse dell'amministrazione di appartenenza ed in relazione
alle prestazioni inerenti al rapporto di impiego, oltre, ovviamente e senza bisogno di
autorizzazione quale prevista per il dipendente a tempo pieno, di ogni altra attività
libero professionale in ambito e a favore di soggetti diversi dalle pubbliche
amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del
decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni.
9. Per le prestazioni relative alla direzione dei lavori la disciplina normativa è nei
medesimi termini illustrati in ordine alla progettazione (punto 1); si aggiungono le
disposizioni integrative contenute nell'art. 27
della legge quadro, il quale prevede, anzitutto, l'obbligo per le amministrazioni
aggiudicatrici di istituire un ufficio di direzione dei lavori e richiama, poi, le
condizioni, stabilite per le progettazioni, al cui verificarsi è consentito l'affidamento
ad ufficio o soggetto diverso.
In questa norma relativa alla direzione dei lavori, però, la scelta dell'amministrazione
deve seguire "nell'ordine", cioè occorre verificare la possibilità di
utilizzazione di questi soggetti seguendo la elencazione che ne è fatta nella norma
citata.
In ordine alla direzione dei lavori, l'ufficio che le amministrazioni aggiudicatrici
devono istituire è costituito da un direttore dei lavori ed eventualmente da assistenti e
quindi può essere composto anche dal solo direttore dei lavori; nel qual caso mancherà
la organizzazione di persone mentre rimane comunque nella competenza "propria"
dell'unico titolare l'esercizio dei poteri e l'adempimento dei doveri allo stesso
assegnati dalle norme vigenti.
Possono confermarsi anche per gli incarichi di direzione i principi indicati in materia di
progettazione.
L'elencazione dei soggetti cui possono essere richieste dalle amministrazioni
aggiudicatrici e dagli altri enti aggiudicatari o realizzatori di lavori pubblici le
prestazioni relative, nonché le connesse attività di supporto, ha carattere tassativo.
Inoltre gli incarichi di supporto tecnico-amministrativo si riferiscono anche in questo
caso ai servizi in materia di architettura, di ingegneria e di altri servizi tecnici di
cui alla direttiva 92/50/CEE.
Il ricorso alla direzione di lavori "esterna", come la progettazione, è
previsto solo quando ricorrano le ipotesi tassativamente indicate che si concretano in
situazioni di fatto da accertare senza ambiti di discrezionalità amministrativa e da
certificare dal responsabile del procedimento.
La direzione di lavori che comporta esercizio di poteri amministrativi, quando affidata a
uffici delle amministrazioni pubbliche e per esse ai tecnici addetti, costituisce
attività professionale qualificata; è svolta dal tecnico in ragione del suo ufficio
pubblico e concreta una modalità di svolgimento del rapporto di pubblico impiego, per cui
la sua retribuzione è determinata dalle norme di legge e dalla contrattazione collettiva.
L'affidamento della direzione dei lavori "esterna" non comporta scelte, quando
gli incaricati vengono individuati in base alla regola di far coincidere il direttore dei
lavori con il progettista esterno, scelto con l'osservanza delle norme che si sono in
precedenza precisate.
L'ultima ipotesi relativa all'affidamento "esterno" della direzione dei lavori
da considerarsi residuale è attuata con le "procedure" previste nella normativa
nazionale di recepimento delle disposizioni comunitarie in materia e quindi non in via
fiduciaria, coerentemente con le regole della concorrenza e della trasparenza.
Per quanto concerne, infine, gli incarichi ai pubblici dipendenti a tempo pieno o
parziale, valgono le stesse considerazioni svolte per la progettazione.
10. Per quanto riguarda le operazioni di collaudo (art. 28 legge quadro) è previsto
espressamente che è prioritaria la scelta da parte delle amministrazioni aggiudicatrici
del collaudatore nell'ambito delle proprie strutture.
La deroga a questa regola è prevista nel solo caso di carenza di organico accertata e
certificata dal responsabile del procedimento.
Le modalità di scelta del collaudatore "esterno" saranno stabilite dal
regolamento previsto dall'art. 3 della legge quadro.
Per quanto riguarda il regime dei compensi del collaudo esso è affidato al regolamento,
salve restando le espresse disposizioni contenute nell'art. 18, comma 1 e 2-quater della legge quadro.
11. Particolare considerazione merita, infine, l'ipotesi di cui al secondo periodo del comma 3 dell'art. 19 della legge quadro, come
modificato dall'art. 9, comma 32, della legge n. 415 del 1998.
Ipotesi relativa alla possibilità, "sulla base di apposito disciplinare" e per
"le amministrazioni aggiudicatrici di cui all'art. 2, comma 2, lettera a), di affidare le
funzioni di stazione appaltante ai Provveditorati alle opere pubbliche od alle
amministrazioni provinciali".
La norma è inserita in un contesto di generale divieto (art. 19, comma 3, primo periodo) di ricorso,
per la realizzazione di lavori pubblici, alla concessione di committenza.
Dalla esaminata disposizione consegue soltanto un'incrementazione (per legge) delle
competenze dei Provveditorati alle OO.PP. e delle amministrazioni provinciali, ancorché
per la sua attivazione si renda necessario uno specifico atto di affidamento, nella forma
del disciplinare convenuto con le amministrazioni aggiudicatrici.
L'anzidetta incrementazione disposta per legge della competenza dei Provveditorati e delle
amministrazioni provinciali sta a significare che il relativo esercizio rientra tra i
doveri di ufficio, e cioè tra gli ordinari doveri dei dipendenti ad essi assegnati.
La qualificazione dei Provveditorati e delle Province come "stazioni appaltanti"
comporta, poi, la possibilità, ove ne sussistano i presupposti, del ricorso ad
affidamenti esterni, nei limiti, condizioni e modalità in precedenza individuate da
retribuirsi, in tal caso, sulla base delle tariffe professionali.
Per quanto riguarda gli aspetti economici è nel disciplinare di concessione che potrà
essere ipotizzato un rimborso di tali spese aggiuntive rispetto a quanto richiesto
dall'ordinario espletamento delle competenze proprie dei Provveditorati e amministrazioni
provinciali indicati.
Inoltre nel caso dell'utilizzazione da parte dei Provveditorati ed amministrazioni
provinciali delle prestazioni dei propri dipendenti interni è da ritenersi ammissibile la
devoluzione della quota del fondo di incentivazione, di cui all'art. 18 della legge quadro.
In base alle suesposte considerazioni e richiamate tutte le premesse in esso contenute:
I. L'attività professionale, di cui all'art. 17 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni, va individuata con riferimento alla descrizione di cui alla categoria 12, numero di riferimento CPC 867, della tabella 1.A della Direttiva CEE 92/50 del Consiglio del 18 giugno 1992, recepita con il decreto legislativo del 17 marzo 1995, n. 157.
II. Le prestazioni di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, di cui all'art. 2 della legge 109/94, nel caso di "progettazione interna", comportano il diritto degli stessi alla corresponsione, in aggiunta al trattamento stipendiale, della sola incentivazione di cui all'art. 18 della legge quadro nella misura e con le modalità ivi stabilite.
III. Il solo compenso incentivante compete nel caso in cui la progettazione sia affidata a dipendenti di amministrazioni diverse da quelle aggiudicatrici e di cui queste ultime si avvalgono; nonché nell'ipotesi di affidamento di funzioni di stazione appaltante ai Provveditorati alle opere pubbliche e alle amministrazioni provinciali.
IV. L'affidamento di incarichi di "progettazione esterna" a pubblici dipendenti aventi un rapporto di impiego a tempo definito ed esercenti, in quanto iscritti al relativo albo, la corrispondente attività libero-professionale, è consentito qualora non si tratti di professionisti direttamente dipendenti dell'amministrazione che affida l'incarico e l'incarico stesso non debba essere espletato nell'ambito territoriale di pertinenza dell'ufficio di dipendenza.
V. Ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo definito possono, peraltro, essere affidati incarichi di progettazione soltanto nel rispetto delle procedure concorsuali e non nel caso, pertanto, di progettazioni di importo inferiore a 40.000 Ecu, salvo che non siano assunte anche in queste fattispecie le anzidette procedure.
VI. Per le prestazioni relative alla direzione dei lavori e salve le specifiche regole per la individuazione dei soggetti cui le stesse possono essere affidate, valgono i principi indicati in tema di progettazione.
VII. Per le prestazioni relative al collaudo vige il regime particolare quale sarà meglio definito nelle disposizioni dell'emanando regolamento.
VIII. Rimangono salvi, per i dipendenti a tempo pieno, lo svolgimento degli incarichi consentiti dalle norme sul pubblico impiego e, per i dipendenti a tempo definito, lo svolgimento degli incarichi che non incorrano nei divieti sopraindicati, nonché, per particolari categorie di dipendenti, l'applicazione di disposizioni che derogano alla disciplina generale sopra esaminata.
IX. Sono da considerarsi compito di istituto l'affidamento, da parte delle amministrazioni aggiudicatrici a propri dipendenti, di attività di controllo sull'uso delle risorse quando da esse concesse ad altri soggetti operanti nel settore.
Roma, 8 novembre 1999
Il presidente: Garri
I componenti
Coletta - Luce - Rizzo - Ricciuto