Circolare del Ministero dell'Interno 8 aprile 1998, n.
4/98
Dimissioni dei consiglieri comunali e provinciali e scioglimento dei relativi consigli
(G.U. n. 99 del 30 aprile 1998)
Ai Prefetti della Repubblica
(omissis)
La legge n. 127/1997 ha introdotto notevoli e rilevanti modifiche alla legge n. 142/1990 anche in merito alle dimissioni dei consiglieri comunali e provinciali e allo scioglimento dei relativi consigli.
Per rispondere in maniera organica e coordinata ai diversi quesiti posti si forniscono, di seguito, taluni chiarimenti.
II testo dell'art. 31 della legge n. 142/1990, come modificato dall'art. 5 della legge n. 127/1997, configura una nuova e diversa procedura in ordine alla presentazione delle dimissioni da parte dei consiglieri comunali e provinciali.
In primo luogo, a differenza del precedente sistema, le dimissioni, oltre ad essere irrevocabili, sono immediatamente efficaci e devono essere assunte al protocollo dell'ente nell'ordine temporale di presentazione.
È fatto obbligo al consiglio di procedere, entro e non oltre dieci giorni, alla surroga dei consiglieri dimissionari, con separate deliberazioni, seguendo l'ordine di presentazione delle dimissioni, quale risulta dal protocollo.
È stato chiesto, in taluni quesiti, se l'inutile decorso del termine di dieci giorni precluda al consiglio la possibilità di procedere - successivamente - alla surroga. Certamente, la soluzione resta problematica, nondimeno potrebbe ritenersi che la surroga sia comunque ammissibile, non essendovi una preclusione esplicita nella disposizione ed essendo intendimento del legislatore la reintegrazione strutturale della assemblea elettiva. Per evitare, peraltro, che l'attività del consiglio possa ritenersi viziata per irregolare composizione del collegio, appare senz'altro opportuno che sia posta ogni cura affinché venga osservato il termine fissato dalla legge.
La rinnovata affermazione dell'irrevocabilità delle dimissioni ribadisce il fine del legislatore di togliere spazio a qualsiasi dilazione, certo non conciliabile con le fondamentali esigenze di «buon andamento della pubblica amministrazione» (art. 97 della Costituzione), mentre la riconduzione dell'efficacia delle dimissioni medesime al momento della loro assunzione al protocollo dell'ente, unitamente all'obbligo dell'organo elettivo di procedere, entro e non oltre il termine di dieci giorni, alla ricostituzione del plenum assembleare secondo la procedura sopra indicata, impedisce che mediante ulteriori dimissioni «pilotate» possa essere tratto da parte di diverse componenti consiliari un non codificato risultato politico susseguente alla situazione venutasi a creare.
Si segnala, altresì, che nella formulazione della norma in commento si pone come limite al principio della surrogazione quello dello scioglimento del consiglio.
Infatti, nel testo novellato dell'art. 31, l'obbligo di surroga non sussiste in concomitanza con la condizione istituzionale - dimissioni contestuali o rese con atti separati contemporaneamente presentati al protocollo dell'ente - di riduzione degli eletti sotto il limite di depauperamento fissato dalla legge.
Si ritiene opportuno, per ogni utile orientamento, fornire alcuni chiarimenti.
II vigente art. 39 prevede due nuove ipotesi di scioglimento del consiglio comunale e provinciale, e precisamente:
comma 2: cessazione dalla carica per dimissioni contestuali ovvero rese con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell'ente, della metà più uno dei membri assegnati non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia;
comma 2-bis: riduzione dell'organo assembleare per impossibilita di surroga alla metà dei componenti del consiglio.
In relazione all'ipotesi di cui al comma 2 sopracitato si ritiene che la contestualità intesa come presentazione nello stesso contesto, ossia mediante «uno actu», delle dimissioni dei consiglieri. In tale fattispecie i consiglieri sottoscrivono le proprie dimissioni apponendo - collettivamente - la firma sullo stesso documento.
Quanto alla contemporaneità delle dimissioni rese con atti separati si ritiene che - per realizzare l'effetto dissolutorio - i diversi atti debbano essere presentati all'ufficio di protocollo contemporaneamente. In buona sostanza ciò che ha rilievo e la contemporaneità della presentazione, della quale la protocollazione rappresenta il momento della constatazione formale.
La conseguenza e che dalle citate dimissioni, una volta pervenute all'ufficio e protocollate, si producono gli effetti qualificati come irreversibili dal legislatore.
In ordine alla ipotesi di cui al comma 2-bis, invece, la legge prevede lo scioglimento del consiglio qualora lo stesso non possa essere ricostituito per impossibilita della surroga ed il numero dei suoi componenti si sia ridotto alla meta.
Sul punto si ritiene - per i motivi che si vedranno appresso - che nel computo dei componenti del consiglio vada conteggiato anche il sindaco.
Conseguentemente, in sede di applicazione pratica della disposizione, si deve ritenere che non si debba procedere allo scioglimento quando rimangano in carica, dopo le dimissioni, la metà dei consiglieri comunali oltre il sindaco.
A tale conclusione si giunge in primo luogo in considerazione del diverso dato testuale che emerge dai citati commi 2 e 2-bis, ove il primo, esplicitamente, esclude dal conteggio il sindaco mentre il secondo si riferisce solo ai componenti del consiglio.
Inoltre non si deve trascurare che in virtù della interpretazione letterale va attribuito alle disposizioni il senso fatto palese dal significato delle parole secondo la loro connessione e dall'intenzione del legislatore. E, conseguentemente, ove il legislatore avesse ritenuto di escludere da tale conteggio il sindaco avrebbe formulato la norma in modo espresso come al sopracitato comma 2.
Il sindaco, peraltro, alla luce di quanto esplicitamente dispongono l'art. 1 e l'art. 16 della legge n. 81/1993 sulla elezione diretta del sindaco, e da ritenersi a tutti gli effetti componente del consiglio comunale casi come tra l'altro e stato confermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 44 del 10-20 febbraio 1997. Si ritiene quindi che la «ratio» ispiratrice del comma 2-bis sia quella di prendere atto di un dato oggettivo, quale e quello della riduzione del consiglio comunale alla meta dei suoi componenti, a causa delle impossibilità della surroga dei consiglieri che ne impedisce la funzionalità.
Diversa invece è la logica della fattispecie di scioglimento per dimissioni che sottintende una scelta politica dei consiglieri dimissionari; ed è a garanzia della effettiva sussistenza di tale scelta che la legge indica il requisito della contestualità e della contemporaneità della presentazione, all'evidente fine di evitare che diverse dimissioni possano raggiungere il quorum dissolutorio senza una corrispondente volontà politica da parte del numero dei consiglieri previsto dalla legge.
Si pregano le SS.LL. di comunicare agli enti interessati il contenuto della presente circolare.
Il direttore generale dell'amministrazione civile GELATI