LAVORI PUBBLICI
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T.A.R. Lazio, sezione I, 8 agosto 2002, n. 7067
E' annullato, con effetto erga omnes, il decreto del Ministro della
Giustizia
4 aprile 2001 (Aggiornamento delle tariffe professionali) per mancata
partecipazione al procedimento di alcune delle categorie interessate.
(Il decreto citato
era già stato annullato da T.A.R. Lazio, sez. I, 23 luglio 2002, n.
6552)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione I,
composto dai Signori:
1) dott. Corrado Calabrò, Presidente
2) dott. Eugenio Mele, Consigliere
3) dott. Nicola Gaviano, Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 7949/2001 Reg. Gen., proposto dai comuni di Venezia, Verona, Torino, Firenze e Genova, in persona dei rispettivi sindaci p.t., nonché dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani - A.N.C.I. e dall’Unione delle Province Italiane - U.P.I., in persona dei loro legali rappresentanti p.t., tutti rappresentati e difesi dall’avv. A.C.
contro
il Ministero della Giustizia ed il Ministero dei Lavori Pubblici - ora delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona dei rispettivi Ministri p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato
e nei confronti
del Consiglio nazionale degli Ingegneri e del Consiglio
nazionale degli Architetti, in persona dei loro legali rappresentanti p.t.,
rappresentati e difesi dagli avv.ti A.M.L. e P.L.;
del Consiglio nazionale degli Geometri, in persona del
legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. S.P.;
del Consiglio nazionale dei Geologi, del Consiglio
nazionale degli Agrotecnici, del Consiglio nazionale dei Periti Industriali,
del Consiglio nazionale dei Periti Agrari e del Consiglio nazionale degli
Agronomi e Forestali, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t.,
n.c.
e con l’intervento ad adiuvandum
della Provincia Autonoma di Bolzano - Alto Adige, in persona del presidente p.t.; del comune di Foggia, in persona del sindaco p.t., entrambi rappresentati e difesi dall’avv. A.C.
per l’annullamento
del decreto del 4 aprile del 2001, pubblicato in Gazzetta
Ufficiale del 26 aprile del 2001, emanato dal Ministro della Giustizia di
concerto con il Ministro dei Lavori Pubblici, recante “Aggiornamento degli
onorari spettanti agli ingegneri e agli architetti”;
di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale.
VISTO il ricorso, i relativi allegati ed il successivo atto
di motivi aggiunti;
VISTI gli atti di costituzione in giudizio delle
Amministrazioni intimate ed altresì dei Consigli nazionali dei Geometri, degli
Ingegneri e degli Architetti;
VISTE le memorie presentate dalle parti costituite a sostegno
delle rispettive ragioni;
VISTI gli atti tutti di causa;
UDITI alla pubblica udienza del 2252002 il relatore ed
altresì gli avv.ti P. per delega di C., M. per delega di P., P. L. e C.;
RITENUTO e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso in esame, notificato in data 22-2562001 e ritualmente depositato, i Comuni di Venezia, Verona, Torino, Firenze e Genova, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani - A.N.C.I. e l’Unione delle Province Italiane - U.P.I. insorgevano avverso il decreto del 4 aprile del 2001 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 26 aprile del 2001) emanato dal Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dei Lavori Pubblici con l’originaria intitolazione “Aggiornamento degli onorari spettanti agli ingegneri e agli architetti”, recante i corrispettivi per le attività di progettazione e per le altre attività previste dall’art. 17, comma 14-bis, della legge 11 febbraio 1994 n. 109 e successive modificazioni ed integrazioni.
I Comuni ricorrenti premettevano di essere amministrazioni aggiudicatrici ai sensi dell’art. 2 della legge n. 109 del 1994, e quindi soggetti tutti direttamente incisi dall’approvazione della nuova tariffa, la quale aveva comportato un sostanziale e generalizzato aumento dei compensi spettanti ad ingegneri ed architetti ed un conseguente notevole aggravio della spesa pubblica; l’Associazione Nazionale Comuni Italiani e l’Unione delle Province Italiane, dal canto loro, esponevano che i propri fini statutari contemplavano anche quello della difesa giudiziale degli interessi degli enti locali rappresentati, dal che sarebbe stato possibile desumere la loro legittimazione all’impugnativa.
Tanto premesso, a fondamento del gravame le parti ricorrenti deducevano motivi così rubricati:
violazione dell’art. 3 della legge n. 20 del
1994;
violazione e falsa applicazione degli artt. 17, comma 14-quater
della legge n. 109 del 1994, 50, 62 e 64 del d.P.R. n. 554 del
1999, 36 della
direttiva 92/50/CEE, 23 comma 1° lett. a) del d.lgs. n. 157 del
1995;
violazione, sotto altri profili, delle stesse norme e
principi di cui al precedente motivo n. 2;
violazione e falsa applicazione dell’art. 17, comma 14-bis,
della legge n. 1091994, e dell’art. 50 del d.P.R. n. 554 del 1999;
violazione degli artt. 1 e segg. della legge n. 143 del 1949;
violazione e falsa applicazione dell’art. 18, comma
1°, della legge n. 143 del 1949 e dell’art. 17, comma 14-bis,
della legge n. 109 del 1994;
violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost.;
eccesso di potere per disparità di trattamento;
violazione e falsa applicazione dell’art. 17, comma 14-bis,
della legge n. 1091994;
violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 1°,
lett. c), del d.lgs. n. 494 del 1996 e degli artt. 7 nonché 17, comma 14-bis,
della legge n. 109 del 1994;
violazione e falsa applicazione degli artt. 46 e 47 del
d.P.R. n. 554 del 1999;
violazione, sotto altri profili, dell’art. 17, commi
8° e 14-bis, della legge n. 109 del 1994;
violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e segg.
della legge n. 241 del 1990 e di ogni norma e principio in materia di giusto
procedimento.
Nel frattempo, con la Gazzetta Ufficiale del 5 giugno 2001 veniva diffuso un comunicato del Ministero della Giustizia di rettifica della titolazione del suddetto decreto ministeriale, con il quale si informava che il titolo pubblicato era affetto da un errore materiale e che il suo testo corretto era il seguente: “Decreto 4 aprile 2001 - Corrispettivi delle attività di progettazione e delle altre attività, ai sensi dell’art. 17, comma 14-bis, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modifiche”.
A seguito di tanto le parti ricorrenti, assumendo che con la
detta comunicazione era stata realizzata una - illegittima - estensione della
sfera di operatività del decreto ad ulteriori categorie di professionisti,
introducevano motivi aggiunti di ricorso con i quali (ri)proponevano le loro
doglianze anche avverso la menzionata rettifica.
Le argomentazioni dei ricorrenti venivano infine riprese con
l’ausilio di una memoria, con la quale si insisteva per l’annullamento del
decreto in contestazione.
Si costituiva in giudizio per i Ministeri intimati l’Avvocatura Generale dello Stato, deducendo l’infondatezza delle impugnative; resistevano ai ricorsi anche i Consigli nazionali degli ingegneri e degli architetti nonché quello dei geometri, eccependone l’inammissibilità per carenza di interesse e comunque l’infondatezza.
Alla pubblica udienza del 2252002 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il decreto ministeriale che forma oggetto di gravame
riguarda i corrispettivi per le attività di progettazione e per le altre
attività previste dall’art. 17, comma 14-bis, della legge 11 febbraio
1994 n. 109 e successive modificazioni ed integrazioni. Questa disposizione
recita: “I corrispettivi delle attività di progettazione sono calcolati,
ai fini della determinazione dell’importo da porre a base dell’affidamento,
applicando le aliquote che il Ministro di grazia e giustizia, di concerto con il
Ministro dei lavori pubblici, determina, con proprio decreto, ripartendo in tre
aliquote percentuali la somma delle aliquote attualmente fissate, per i livelli
di progettazione, dalle tariffe in vigore per i medesimi livelli. Con lo stesso
decreto sono rideterminate le tabelle dei corrispettivi a percentuale relativi
alle diverse categorie di lavori … e la percentuale per il pagamento dei
corrispettivi per le attività di supporto di cui all’articolo 7, comma
5, nonché le attività del responsabile di progetto e le attività dei
coordinatori in materia di sicurezza ...” .
La diretta incidenza del provvedimento impugnato nella sfera
giuridica delle amministrazioni ricorrenti (che, essendo soggette alla legge n.
109 del 1994, sono tenute a uniformarvisi) e la sensibilità delle sue conseguenze
sui loro conti economici appaiono sufficienti a giustificare l’ammissibilità
del ricorso sotto il profilo della legittimazione della parte ricorrente all’impugnativa.
2. Tanto premesso, con riferimento al merito della controversia si deve subito rilevare che il ricorso merita accoglimento con riferimento alla doglianza, logicamente assorbente, relativa alla dedotta violazione dei principi della partecipazione al procedimento, censura introdotta con il decimo motivo e sviluppata in sede di motivi aggiunti.
2.a. Giova ricordare in proposito che il decreto di cui si
tratta figurava in origine intitolato “Aggiornamento degli onorari
spettanti agli ingegneri e agli architetti”. Questa circostanza, pur priva
di altri elementi di supporto, avrebbe forse potuto suggerire l’idea che l’Esecutivo
avesse inteso procedere in momenti differenziati agli adempimenti previsti dal
citato art. 17, comma 14-bis: dapprima, appunto, per gli ingegneri e gli
architetti, e solo in un momento successivo per le altre categorie professionali
parimenti dotate di competenze per le attività la cui remunerazione è in
questione.
Una illazione del genere è tuttavia preclusa dalla rettifica
apparsa nella Gazzetta Ufficiale del 5 giugno 2001, con la quale un comunicato
del Ministero della Giustizia ha informato che il titolo pubblicato era affetto
da un errore materiale, e che il suo testo corretto era il seguente: “Decreto
4 aprile 2001 - Corrispettivi delle attività di progettazione e delle altre
attività, ai sensi dell’art. 17, comma 14-bis, della legge 11 febbraio 1994,
n. 109, e successive modifiche”.
Con questa rettifica ad opera della competente Amministrazione, della quale il Tribunale non può che prendere atto, è venuto meno l’unico elemento che avrebbe potuto indurre ad attribuire al decreto impugnato una portata limitata alle anzidette due categorie professionali (ingegneri ed architetti). Non pare più possibile alcun dubbio, dunque, sulla circostanza che il decreto, in aderenza all’oggettivo contenuto delle sue disposizioni, detti una disciplina dei compensi applicabile a tutte le categorie professionali abilitate alle attività di cui si occupa il citato art. 17, comma 14-bis, secondo quanto hanno osservato tutte le parti in causa. Lo stesso Ministero dei Lavori Pubblici, del resto, con nota del 23 maggio del 2001 indirizzata al Consiglio nazionale dei Geometri, ha tratto dalla premessa che il decreto era stato adottato in attuazione della disposizione appena richiamata la conclusione che “i corrispettivi ivi indicati si applicano a tutte le attività di progettazione e alle altre prestazioni previste dalla legge quadro sui lavori pubblici, da chiunque effettuate, ivi compresi i geometri, periti industriali, etc., nei limiti, come è ovvio, delle specifiche competenze”.
Il decreto disciplina, quindi, nei limiti del proprio campo di applicazione, anche la remunerazione delle prestazioni di professionisti diversi dagli ingegneri e dagli architetti, quali geologi, periti industriali, agronomi e forestali.
2.b. Avendo il provvedimento, dunque, la funzione di disciplinare i compensi di molteplici categorie professionali, ben si comprende come tutti i loro soggetti istituzionalmente rappresentativi avrebbero dovuto essere coinvolti nel relativo procedimento, laddove ciò è avvenuto unicamente per le organizzazioni esponenziali degli ingegneri e degli architetti. L’Amministrazione, difatti, mentre ha acquisito la proposta dei consigli nazionali riuniti degli ingegneri e degli architetti, non ha fatto partecipare al procedimento - né ha in qualsiasi altro modo assunto in via preventiva il punto di vista degli organi rappresentativi delle altre professioni del pari interessate, le quali sono state sostanzialmente ignorate.
Questa omissione comporta il denunziato vulnus per i canoni della partecipazione al procedimento, la quale, sebbene esclusa a livello di doverosità di principio per gli atti normativi e gli atti amministrativi generali dall’art. 13 della legge n. 241 del 1990, è autonomamente imposta dalle singole leggi professionali per la specifica materia delle tariffe (si vedano l’art. 59 della legge n. 3 del 7-1-1976 per i dottori agronomi e forestali, l’art. 17 della legge n. 616 del 25-7-1966 per i geologi e l’art. 19 R.D. 11 febbraio 1929 n. 275 per i periti industriali; cfr. anche C.G.A., Sez. consultiva, 14 giugno 1999 n. 254), materia su cui il decreto in contestazione indiscutibilmente incide. E la circostanza, appunto, che in questo particolare campo la partecipazione non sia imposta dalla legge n. 241 esclude che ai soggetti ricorrenti possa opporsi il carattere relativo dell’invalidità contemplata dall’art. 8, ultimo comma, di tale legge.
3. La causa di invalidità appena indicata, fatta valere con separati e vittoriosi gravami anche dalle rappresentanze professionali pretermesse, non può non condurre anche all'accoglimento del presente ricorso, con l’assorbimento dei motivi - invero logicamente subordinati - che residuano.
L’annullamento giurisdizionale che da ciò consegue non può che investire integralmente ed erga omnes il decreto che forma oggetto d’impugnativa, attesa la configurazione unitaria impressa al potere di cui esso è espressione dal citato art. 17, comma 14-bis. Il decreto ha infatti natura di atto amministrativo generale: e la norma che ne contempla l’adozione richiede che le regole sui compensi per le attività di cui si tratta siano concepite all’interno di un quadro unitario valido per tutte le categorie professionali interessate.
Resta salvo, peraltro, nelle more del nuovo procedimento che dovrà essere condotto nel pieno rispetto dei principi del contraddittorio, il potere discrezionale dell’Amministrazione di introdurre una regolamentazione di natura transitoria della materia anche, se del caso, differenziata per categorie professionali (come del resto già previsto dal comma 14-ter dello stesso art. 17), a questi limitati fini avvalendosi eventualmente anche dei contenuti del decreto in epigrafe.
Si rinvengono motivi tali da giustificare la compensazione delle spese processuali tra tutte le parti in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione I, accoglie il ricorso in epigrafe, e per l’effetto annulla il decreto ministeriale impugnato.
Spese compensate.
La presente decisione sarà eseguita dall'Autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma, Camera di Consiglio del 22-5-2002.
Il Presidente
L'estensore