LEGGE REGIONALE 24 marzo 2000, n. 20
Disciplina generale sulla tutela e l'uso del territorio

Art. 1 - Oggetto della legge.

TITOLO I - Princìpi generali della pianificazione

Capo I - Disposizioni generali

Art. 2 - Funzioni ed obiettivi della pianificazione.

Art. 3 - Processo di pianificazione.

Art. 4 - Quadro conoscitivo.

Art. 5 - Valutazione di sostenibilità e monitoraggio dei piani.

Art. 6 - Effetti della pianificazione.

Art. 7 - Perequazione urbanistica.

Art. 7-bis - Concorso alla realizzazione delle politiche di edilizia residenziale sociale.

Art. 7-ter - Misure urbanistiche per incentivare la qualificazione del patrimonio edilizio esistente.

Art. 8 - Partecipazione dei cittadini alla pianificazione.

Capo II - Livelli, strumenti ed efficacia della pianificazione

Art. 9 - Livelli della pianificazione.

Art. 10 - Strumenti della pianificazione generale e settoriale.

Art. 11 - Efficacia delle previsioni dei piani.

Art. 12 - Salvaguardia.

Capo III - Forme di cooperazione e concertazione nella pianificazione

Art. 13 - Metodo della concertazione istituzionale.

Art. 14 - Conferenze e accordi di pianificazione.

Art. 15 - Accordi territoriali.

Art. 16 - Atti di indirizzo e coordinamento.

Art. 17 - Coordinamento e integrazione delle informazioni e utilizzo dei supporti informatici.

Art. 18 - Accordi con i privati.

Capo IV - Semplificazione del sistema della pianificazione

Art. 19 - Carta unica del territorio.

Art. 20 - Pianificazione generale comprensiva della pianificazione settoriale.

Art. 21 - P.T.C.P. con effetti di piani di altre amministrazioni.

Art. 22 - Modificazione della pianificazione sovraordinata.

TITOLO II - Strumenti e contenuti della pianificazione

Capo I - Pianificazione territoriale regionale

Art. 23 - Piano territoriale regionale (P.T.R.).

Art. 24 - Piano territoriale paesistico regionale (P.T.P.R.).

Art. 25 - Procedimento di approvazione del PTR.

Capo II - Pianificazione territoriale provinciale

Art. 26 - Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.).

Art. 27 - Procedimento di approvazione del P.T.C.P.

Art. 27-bis - Procedimento per varianti specifiche al PTCP.

Capo III - Pianificazione urbanistica comunale

Sezione I - Strumenti della pianificazione urbanistica comunale

Art. 28 - Piano Strutturale Comunale (PSC).

Art. 29 - Regolamento urbanistico ed edilizio (R.U.E.).

Art. 30 - Piano operativo comunale (P.O.C.).

Art. 31 - Piani urbanistici attuativi (P.U.A.).

Sezione II - Procedimenti di approvazione

Art. 32 - Procedimento di approvazione del P.S.C.

Art. 32-bis - Procedimento per varianti specifiche al PSC.

Art. 33 - Procedimento di approvazione del R.U.E.

Art. 34 - Procedimento di approvazione del P.O.C.

Art. 35 - Procedimento di approvazione dei P.U.A.

Capo IV - Contenuti della pianificazione

Art. 36 - Contenuti della pianificazione.

TITOLO III - Opere pubbliche e accordi di programma

Art. 36-bis - Localizzazione delle opere pubbliche.

Art. 36-ter - Procedimento unico per l'approvazione dei progetti di opere pubbliche e di interesse pubblico.

Art. 36-quater - Definizioni.

Art. 36-quinquies - Partecipazione.

Art. 36-sexies - Approvazione del progetto preliminare.

Art. 36-septies - Approvazione del progetto definitivo.

Art. 36-octies - Procedimento unico semplificato.

Art. 37 - Localizzazione delle opere di interesse statale.

Art. 38 - Opere di interesse regionale o provinciale.

Art. 39 - Opere di interesse comunale.

Art. 40 - Accordi di programma in variante alla pianificazione territoriale e urbanistica.

TITOLO IV - Disposizioni transitorie e finali

Capo I - Norme transitorie

Art. 41 - Attuazione degli strumenti urbanistici vigenti e loro modificazioni.

Art. 42 - Conclusione dei procedimenti in itinere.

Art. 43 - Adeguamento dei piani provinciali e comunali alla presente legge.

Art. 44 - Norme relative alle concessioni edilizie e agli altri titoli abilitativi.

Capo II - Norme finali

Art. 45 - Conferimento di funzioni in materia di espropriazione per pubblica utilità.

Art. 46 - Conferimento di funzioni in materia di urbanistica e di opere abusive.

Art. 47 - Modifiche all'art. 27 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47.

Art. 48 - Interventi finanziari a favore di Province e Unioni di Comuni.

Art. 49 - Contributi per i progetti di tutela, recupero e valorizzazione.

Art. 50 - Norma finanziaria.

Art. 50-bis - Osservatorio del territorio.

Art. 51 - Monitoraggio e bilancio della pianificazione - Istituzione dell'Archivio regionale della pianificazione.

Art. 52 - Abrogazioni.

Allegato - Contenuti della pianificazione

Capo A-I - Contenuti strategici

Art. A-1 - Sistema ambientale.

Art. A-2 - Pianificazione degli ambiti interessati dai rischi naturali.

Art. A-3 - Pianificazione degli interventi per la sicurezza del territorio.

Art. A-3-bis - Contenuti della pianificazione per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante.

Art. A-4 - Sistema insediativo.

Art. A-5 - Sistema delle infrastrutture per la mobilità.

Art. A-6 - Standard di qualità urbana ed ecologico-ambientale.

Art. A-6-bis - Scelte strategiche per lo sviluppo delle politiche pubbliche per la casa.

Art. A-6-ter - Misure per l'attuazione degli interventi di edilizia residenziale sociale.

Capo A-II - Sistema insediativo storico

Art. A-7 - Centri storici.

Art. A-8 - Insediamenti e infrastrutture storici del territorio rurale.

Art. A-9 - Edifici di valore storica-architettonico, culturale e testimoniale.

Capo A-III - Territorio urbano

Art. A-10 - Ambiti urbani consolidati.

Art. A-11 - Ambiti da riqualificare.

Art. A-12 - Ambiti per i nuovi insediamenti.

Art. A-13 - Ambiti specializzati per attività produttive.

Art. A-14 - Aree ecologicamente attrezzate.

Art. A-14-bis - Misure urbanistiche per favorire lo sviluppo delle attività produttive.

Art. A-15 - Poli funzionali.

Capo A-IV - Territorio rurale

Art. A-16 - Obiettivi della pianificazione nel territorio rurale.

Art. A-17 - Aree di valore naturale e ambientale.

Art. A-18 - Ambiti agricoli di rilievo paesaggistico.

Art. A-19 - Ambiti ad alta vocazione produttiva agricola.

Art. A-20 - Ambiti agricoli periurbani.

Art. A-21 - Interventi edilizi non connessi all'attività agricola.

Capo A-V - Dotazioni territoriali

Art. A-22 - Sistema delle dotazioni territoriali.

Art. A-23 - Infrastrutture per l'urbanizzazione degli insediamenti.

Art. A-24 - Attrezzature e spazi collettivi.

Art. A-25 - Dotazioni ecologiche e ambientali.

Art. A-26 - Concorso nella realizzazione delle dotazioni territoriali.

 

Capo A-VI - Strumenti a supporto della pianificazione

 

Art. A-27 - Strumenti cartografici.

Art. 1. Oggetto della legge.

1. La Regione Emilia-Romagna, in attuazione dei principi della Costituzione e dello Statuto regionale e in conformità alle leggi della Repubblica ed ai principi della L.R. 21 aprile 1999, n. 3, disciplina con la presente legge la tutela e l'uso del territorio al fine di:

a) realizzare un efficace ed efficiente sistema di programmazione e pianificazione territoriale che operi per il risparmio delle risorse territoriali, ambientali ed energetiche al fine del benessere economico, sociale e civile della popolazione regionale, senza pregiudizio per la qualità della vita delle future generazioni;
b) promuovere un uso appropriato delle risorse ambientali, naturali, territoriali e culturali;
c) riorganizzare le competenze esercitate ai diversi livelli istituzionali e promuovere modalità di raccordo funzionale tra gli strumenti di pianificazione, in attuazione del principio di sussidiarietà;
d) favorire la cooperazione tra Regione, province e comuni e valorizzare la concertazione con le forze economiche e sociali nella definizione delle scelte di programmazione e pianificazione;
e) semplificare i procedimenti amministrativi, garantendone la trasparenza e il contraddittorio.

TITOLO I - Princìpi generali della pianificazione

Capo I - Disposizioni generali

Art. 2. Funzioni ed obiettivi della pianificazione.

1. La pianificazione territoriale e urbanistica costituisce funzione fondamentale di governo della Regione, delle province e dei comuni.

2. La pianificazione territoriale e urbanistica si informa ai seguenti obiettivi generali:

a) promuovere un ordinato sviluppo del territorio, dei tessuti urbani e del sistema produttivo,
b) assicurare che i processi di trasformazione siano compatibili con la sicurezza e la tutela dell'integrità fisica e con l'identità culturale del territorio;
c) migliorare la qualità della vita e la salubrità degli insediamenti urbani;
c-bis) salvaguardare le zone ad alto valore ambientale, biologico, paesaggistico e storico;
d) ridurre la pressione degli insediamenti sui sistemi naturali e ambientali anche attraverso opportuni interventi di riduzione e mitigazione degli impatti;
e) promuovere il miglioramento della qualità ambientale, architettonica e sociale del territorio urbano, attraverso interventi di riqualificazione del tessuto esistente;
f) prevedere il consumo di nuovo territorio solo quando non sussistano alternative derivanti dalla sostituzione dei tessuti insediativi esistenti ovvero dalla loro riorganizzazione e riqualificazione;
f-bis) promuovere l'efficienza energetica e l'utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili, allo scopo di contribuire alla protezione dell'ambiente e allo sviluppo sostenibile.

3. Ai fini della presente legge per strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica si intende l'insieme degli atti di pianificazione, disciplinati dalla legislazione regionale, che siano volti a tutelare il territorio ovvero a regolarne l'uso ed i processi di trasformazione.

Art. 3. Processo di pianificazione.

1. La pianificazione territoriale e urbanistica garantisce la coerenza tra le caratteristiche e lo stato del territorio e le destinazioni e gli interventi di trasformazione previsti, verificando nel tempo l'adeguatezza e l'efficacia delle scelte operate.

2. A tal fine la pianificazione si sviluppa attraverso le seguenti azioni, avendo riguardo alla natura ed ai contenuti dei diversi strumenti:

a) l'individuazione degli obiettivi generali di sviluppo economico e sociale, di tutela e riequilibrio del territorio che si intendono perseguire;
b) la formazione di un quadro conoscitivo;
c) la determinazione delle azioni idonee alla realizzazione degli obiettivi individuati;
d) la regolamentazione degli interventi e la programmazione della loro attuazione;
e) il monitoraggio e il bilancio degli effetti sul territorio conseguenti all'attuazione dei piani.

3. Gli strumenti della pianificazione territoriale e urbanistica esplicitano le motivazioni poste a fondamento delle scelte strategiche operate.

Art. 4. Quadro conoscitivo.

1. Il quadro conoscitivo è elemento costitutivo degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica. Esso provvede alla organica rappresentazione e valutazione dello stato del territorio e dei processi evolutivi che lo caratterizzano e costituisce riferimento necessario per la definizione degli obiettivi e dei contenuti del piano e per la valutazione di sostenibilità di cui all'art. 5.

2. Il quadro conoscitivo dei piani generali, in coerenza con i compiti di ciascun livello di pianificazione, ha riguardo:

a) alle dinamiche dei processi di sviluppo economico e sociale;

b) agli aspetti fisici e morfologici;

c) ai valori paesaggistici, culturali e naturalistici;

d) ai sistemi ambientale, insediativo e infrastrutturale;

e) all'utilizzazione dei suoli ed allo stato della pianificazione;

f) alle prescrizioni e ai vincoli territoriali derivanti dalla normativa, dagli strumenti di pianificazione vigenti, da quelli in salvaguardia e dai provvedimenti amministrativi.

2-bis. La Regione, le Province e i Comuni predispongono il quadro conoscitivo dei propri strumenti di pianificazione secondo criteri di massima semplificazione, tenendo conto dei contenuti e del livello di dettaglio richiesto dallo specifico campo di interesse del piano e recependo il quadro conoscitivo dei livelli sovraordinati, per evitare duplicazioni nell'attività conoscitiva e valutativa e di elaborazione dello stesso. In particolare:

a) il quadro conoscitivo del PTR è riferimento necessario per la costruzione degli scenari di sviluppo sostenibile del territorio;

b) il quadro conoscitivo del PTCP è riferimento necessario per i sistemi indicati all'articolo 26, comma 1;

c) il quadro conoscitivo del PSC è riferimento necessario per la pianificazione operativa e attuativa e per ogni altro atto o provvedimento di governo del territorio.

2-ter. I Comuni nella predisposizione del quadro conoscitivo del PSC integrano le informazioni e i dati conoscitivi di cui al comma 2-bis con gli approfondimenti già effettuati e le informazioni ottenute nell'ambito di altri livelli decisionali o altrimenti acquisite ai sensi dell'articolo 17, procedendo alle integrazioni e agli approfondimenti solo nel caso in cui risultino indispensabili per la definizione di specifiche previsioni del piano.

3. I piani settoriali provvedono ad integrare e approfondire il quadro conoscitivo del piano generale del medesimo livello di governo esclusivamente con gli approfondimenti, relativi al loro specifico campo di interesse, che risultino indispensabili.

4. (abrogato)

Art. 5. Valutazione di sostenibilità e monitoraggio dei piani.

1. La Regione, le Province e i Comuni, al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile, nell'elaborazione ed approvazione dei propri piani prendono in considerazione gli effetti significativi sull'ambiente e sul territorio che possono derivare dall'attuazione dei medesimi piani, provvedendo alla Valutazione preventiva della Sostenibilità Ambientale e Territoriale (Valsat) degli stessi, in conformità alla Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001 (Valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente) e alla normativa nazionale e regionale di recepimento della stessa.

2. A tal fine, nel documento preliminare e in un apposito documento di Valsat, costituente parte integrante del piano adottato ed approvato, sono individuati, descritti e valutati i potenziali impatti delle scelte operate e le misure idonee per impedirli, mitigarli o compensarli, alla luce delle possibili alternative e tenendo conto delle caratteristiche del territorio e degli scenari di riferimento descritti dal quadro conoscitivo di cui all'articolo 4 e degli obiettivi di sviluppo sostenibile perseguiti con il medesimo piano. Gli atti con i quali il piano viene approvato danno conto, con la dichiarazione di sintesi, degli esiti della Valsat, illustrano come le considerazioni ambientali e territoriali sono state integrate nel piano e indicano le misure adottate in merito al monitoraggio.

3. Per evitare duplicazioni della valutazione, la Valsat ha ad oggetto le prescrizioni di piano e le direttive per l'attuazione dello stesso, recependo gli esiti della valutazione dei piani sovraordinati e dei piani cui si porti variante, per le previsioni e gli aspetti che sono stati oggetto di tali precedenti valutazioni. Ai fini della Valsat sono utilizzati, se pertinenti, gli approfondimenti e le analisi già effettuati e le informazioni raccolte nell'ambito degli altri livelli di pianificazione o altrimenti acquisite. L'amministrazione procedente, nel predisporre il documento di Valsat dei propri piani può tener conto che talune previsioni e aspetti possono essere più adeguatamente decisi valutati in altri successivi atti di pianificazione di propria competenza, di maggior dettaglio, rinviando agli stessi per i necessari approfondimenti.

4. Allo scopo di evitare la duplicazione della valutazione, la Provincia, nel provvedimento con il quale si esprime sulla compatibilità ambientale del POC, ai sensi del comma 7, lettere b), c) e d), può stabilire che i PUA che non comportino variante al POC non devono essere sottoposti alla procedura di valutazione, in quanto il POC ha integralmente disciplinato ai sensi dell'articolo 30 gli interventi di tutela e valorizzazione, di organizzazione e trasformazione del territorio da esso previsti, valutandone compiutamente gli effetti ambientali ai sensi del presente articolo. Non sono comunque sottoposti alla procedura di valutazione prevista dal presente articolo i PUA attuativi di un POC, dotato di Valsat, se non comportino variante e il POC ha definito l'assetto localizzativo delle nuove previsioni e delle dotazioni territoriali, gli indici di edificabilità, gli usi ammessi e i contenuti planivolumetrici, tipologici e costruttivi degli interventi, dettando i limiti e le condizioni di sostenibilità ambientale delle trasformazioni previste.

5. Sono esclusi dalla procedura di valutazione prevista dal presente articolo le varianti che non riguardano le tutele e le previsioni sugli usi e le trasformazioni dei suoli e del patrimonio edilizio esistente stabiliti dal piano vigente, e che si limitino a introdurre:

a) rettifiche degli errori materiali;

b) modifiche della perimetrazione degli ambiti di intervento, che non incidono in modo significativo sul dimensionamento e la localizzazione degli insediamenti, delle infrastrutture e delle opere ivi previsti;

c) modifiche delle caratteristiche edilizie o dei dettagli costruttivi degli interventi;

d) modifiche necessarie per l'adeguamento del piano alle previsioni localizzative immediatamente cogenti contenute negli strumenti nazionali, regionali o provinciali di pianificazione territoriale, di cui è già stata svolta la valutazione ambientale;

e) varianti localizzative, ai fini dell'apposizione del vincolo espropriativo, per opere già cartograficamente definite e valutate in piani sovraordinati o per la reiterazione del vincolo stesso.

6. Al fine di evitare duplicazioni le fasi procedurali, gli atti e ogni altro adempimento richiesti dalla normativa comunitaria e nazionale per la procedura di valutazione disciplinata dal presente articolo sono integrate nel procedimento di elaborazione e approvazione dei piani disciplinato dalla presente legge, con le seguenti precisazioni ed integrazioni:

a) le procedure di deposito, pubblicazione, partecipazione e consultazione previste per i piani disciplinati dalla presente legge sostituiscono ad ogni effetto gli analoghi adempimenti previsti ai fini della valutazione ambientale;

b) per i POC e i PUA in variante agli stessi, il Comune trasmette il piano adottato ai soggetti competenti in materia ambientale, individuati in collaborazione con la Provincia, per acquisirne il parere, entro i termini e con le modalità per la presentazione delle osservazioni al piano.

7. La Regione e le Province, in veste di autorità competente, si esprimono in merito alla valutazione ambientale rispettivamente dei piani provinciali e comunali nell'ambito dei seguenti provvedimenti di loro competenza, dando specifica evidenza a tale valutazione:

a) per il PTCP e i PSC, nell'ambito dell'intesa, di cui agli articoli 27, comma 10, e 32, comma 10, ovvero, ove sia stato stipulato l'accordo di pianificazione, nell'ambito delle riserve al piano adottato, di cui agli articoli 27, comma 7, e 32, comma 7, previa acquisizione delle osservazioni presentate;

b) per il POC, nell'ambito delle riserve al piano adottato di cui all'articolo 34, comma 6, previa acquisizione delle osservazioni presentate;

c) per i PUA in variante al POC, nell'ambito delle osservazioni al piano adottato, di cui all'articolo 35, comma 4, previa acquisizione delle osservazioni presentate;

d) per gli accordi di programma di cui all'articolo 40 e per le conferenze di servizi, intese o altri atti, comunque denominati, che comportino variante a strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica secondo la legislazione vigente, nell'ambito dell'atto con il quale la Regione o le Province esprimono il proprio assenso alla variante stessa, previa acquisizione delle osservazioni presentate.

8. Gli atti con i quali Regioni e Province si esprimono in merito alla Valsat, di cui al comma 7, e le indicazioni contenute negli atti di approvazione del piano, di cui al secondo periodo del comma 2, sono resi pubblici, anche attraverso la pubblicazione sui siti web delle autorità interessate.

9. In coerenza con le valutazioni di cui ai commi precedenti, la pianificazione territoriale e urbanistica persegue l'obiettivo della contestuale realizzazione delle previsioni in essa contenute e degli interventi necessari ad assicurarne la sostenibilità ambientale e territoriale.

10. La Regione, le Province e i Comuni provvedono al monitoraggio dell'attuazione dei propri piani e dei loro effetti sui sistemi ambientali e territoriali, anche al fine della revisione o aggiornamento degli stessi.

Art. 6. Effetti della pianificazione.

1. La pianificazione territoriale e urbanistica, oltre a disciplinare l'uso e le trasformazioni del suolo, accerta i limiti e i vincoli agli stessi che derivano:

a) da uno specifico interesse pubblico insito nelle caratteristiche del territorio, stabilito da leggi statali o regionali relative alla tutela dei beni ambientali, paesaggistici e culturali, alla protezione della natura ed alla difesa del suolo;

b) dalle caratteristiche morfologiche o geologiche dei terreni che rendono incompatibile il processo di trasformazione, quali la presenza di infrastrutture per la mobilità, in particolare su ferro, già programmate o esistenti, per favorire la mobilità e ridurre il consumo del territorio;

c) dalla presenza di fattori di rischio ambientale, per la vulnerabilità delle risorse naturali.

2. Al fine di assicurare la sostenibilità ambientale e territoriale, la pianificazione territoriale e urbanistica può subordinare l'attuazione degli interventi di trasformazione:

a) alla contestuale realizzazione di interventi di mitigazione degli impatti negativi o di infrastrutture per l'urbanizzazione degli insediamenti, di attrezzature e spazi collettivi, di dotazioni ecologiche e ambientali, di infrastrutture per la mobilità; ovvero

b) al fatto che si realizzino le condizioni specificamente individuate dal piano, che garantiscono la sostenibilità del nuovo intervento.

3. I vincoli e le condizioni di cui ai commi 1 e 2 sono inerenti alle qualità intrinseche del bene e operano senza alcun limite temporale. Essi sono stabiliti dal Piano strutturale comunale (P.S.C.) ovvero dagli strumenti di pianificazione territoriale generale e settoriale sovraordinati e sono recepiti dal Piano operativo comunale (P.O.C.).

4. Il P.O.C. può inoltre apporre vincoli urbanistici, finalizzati all'acquisizione coattiva di immobili.

Art. 7. Perequazione urbanistica.

1. La perequazione urbanistica persegue l'equa distribuzione, tra i proprietari degli immobili interessati dagli interventi, dei diritti edificatori riconosciuti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali.

2. A tal fine, il P.S.C. può riconoscere la medesima possibilità edificatoria ai diversi ambiti che presentino caratteristiche omogenee.

3. Il P.O.C. e i Piani urbanistici attuativi (P.U.A.), nel disciplinare gli interventi di trasformazione da attuare in forma unitaria, assicurano la ripartizione dei diritti edificatori e dei relativi oneri tra tutti i proprietari degli immobili interessati, indipendentemente dalle destinazioni specifiche assegnate alle singole aree.

4. Il Regolamento urbanistico edilizio (R.U.E.) stabilisce i criteri e i metodi per la determinazione del diritto edificatorio spettante a ciascun proprietario, in ragione del diverso stato di fatto e di diritto in cui si trovano gli immobili al momento della formazione del P.S.C.

Art. 7-bis. Concorso alla realizzazione delle politiche di edilizia residenziale sociale.

1. La pianificazione territoriale e urbanistica concorre alla realizzazione delle politiche pubbliche per la casa, disciplinando l'attuazione degli interventi edilizi, di recupero o in via subordinata di nuova costruzione, diretti a soddisfare il fabbisogno di alloggi per le famiglie meno abbienti, in conformità alla legislazione vigente.

2. In attuazione dei principi di solidarietà e coesione economico sociale stabiliti dall'articolo 42, secondo comma, della Costituzione e di perequazione urbanistica, di cui all'articolo 7, i proprietari degli immobili interessati da nuovi insediamenti e da interventi di riqualificazione concorrono alla realizzazione degli interventi di edilizia residenziale sociale nelle forme stabilite dagli strumenti di pianificazione urbanistica, in conformità a quanto previsto dalla presente legge.

Art. 7-ter. Misure urbanistiche per incentivare la qualificazione del patrimonio edilizio esistente.

1. Ferma restando l'attuazione delle misure straordinarie previste dal Titolo III della legge regionale in materia di governo e riqualificazione solidale del territorio, la pianificazione urbanistica persegue l'obiettivo di favorire la qualificazione e il recupero funzionale del patrimonio edilizio esistente, nel rispetto della disciplina relativa agli edifici di valore storico-architettonico, culturale e testimoniale di cui all'articolo A-9 dell'Allegato e in coerenza con i caratteri storici, paesaggistici, ambientali ed urbanistici degli ambiti ove tali edifici sono ubicati.

2. A tale scopo la pianificazione urbanistica stabilisce incentivi volumetrici e altre forme di premialità progressive e parametrate ai livelli prestazionali raggiunti, per realizzare i seguenti obiettivi di interesse pubblico:

a) promuovere la riqualificazione urbana, anche attraverso interventi edilizi che qualifichino i tessuti urbani e, nel contempo, disincentivare la diffusione insediativi e il consumo di suolo;

b) realizzare un significativo miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici, con l'applicazione integrale dei requisiti di prestazione energetica degli edifici e degli impianti energetici;

c) incentivare la realizzazione di interventi di adeguamento o miglioramento sismico, in applicazione della normativa tecnica per le costruzioni, in special modo nei comuni classificati a media sismicità. La progettazione degli interventi deve tener conto, in presenza di edifici in aggregato edilizio, delle possibili interazioni derivanti dalla contiguità strutturale con gli edifici adiacenti;

d) promuovere l'eliminazione delle barriere architettoniche;

e) assicurare il rispetto dei requisiti igienico sanitari degli abitati e dei locali di abitazione e lavoro, nonché dei requisiti relativi alla sicurezza degli impianti, alla prevenzione degli incendi e alla sicurezza dei cantieri;

f) realizzare la semplificazione e la celerità delle procedure abilitative, pur assicurando lo svolgimento dei necessari controlli sui progetti, sulle opere in corso d'opera e su quelle realizzate.

3. Il Comune nel caso di riconoscimento degli incentivi e delle premialità di cui al presente articolo, verifica specificamente il rispetto dei livelli prestazionali richiesti in sede di esame del progetto, nel corso dei lavori e alla loro conclusione, ai sensi della legge regionale 25 novembre 2002, n. 31 (Disciplina generale dell'edilizia). In caso di difformità, trovano applicazione le sanzioni relative ai lavori realizzati in contrasto con il titolo abilitativo edilizio, di cui alla legge regionale 21 ottobre 2004, n. 23 (Vigilanza e controllo dell'attività edilizia ed applicazione della normativa statale di cui all'articolo 32 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modifiche dalla legge 24 novembre 2003, n. 326).

Art. 8. Partecipazione dei cittadini alla pianificazione.

1. Nei procedimenti di formazione ed approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica sono assicurate:

a) la concertazione con le associazioni economiche e sociali, in merito agli obiettivi strategici e di sviluppo da perseguire;
b) specifiche forme di pubblicità e di consultazione dei cittadini e delle associazioni costituite per la tutela di interessi diffusi, in ordine ai contenuti degli strumenti stessi.

2. Nei medesimi procedimenti, gli enti locali con lo statuto o con appositi regolamenti possono prevedere, ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142 e della legge 7 agosto 1990, n. 241, ulteriori forme di pubblicità e di consultazione dei cittadini oltre a quelle previste dalla presento legge.

3. Nell'ambito della formazione degli strumenti che incidono direttamente su situazioni giuridiche soggettive deve essere garantita la partecipazione dei soggetti interessati al procedimento, attraverso la più ampia pubblicità degli atti e documenti comunque concernenti la pianificazione e assicurando il tempestivo ed adeguato esame delle deduzioni dei soggetti intervenuti e l'indicazione delle motivazioni in merito all'accoglimento o meno delle stesse. Nell'attuazione delle previsioni di vincoli urbanistici preordinati all'esproprio deve essere garantito il diritto al contraddittorio degli interessati con l'amministrazione procedente.

4. Il responsabile del procedimento, di cui all'art. 4 della legge n. 241/1990, cura tutte le attività relative alla pubblicità, all'accesso agli atti e documenti ed alla partecipazione al procedimento di approvazione. Il responsabile è individuato nell'atto di avvio del procedimento di approvazione, anche attraverso l'utilizzazione degli strumenti realizzati con il piano regionale per lo sviluppo telematico di cui alla legge regionale 24 maggio 2004, n. 11 (Sviluppo regionale della società dell'informazione) del piano.

TITOLO I - Princìpi generali della pianificazione

Capo II - Livelli, strumenti ed efficacia della pianificazione

Art. 9. Livelli della pianificazione.

1. La pianificazione territoriale e urbanistica si articola nei tre livelli regionale, provinciale e comunale.

2. Nell'osservanza dei princìpi di sussidiarietà, di adeguatezza e differenziazione, definiti dal comma 3 dell'art. 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59:

a) sono conferite ai comuni tutte le funzioni di governo del territorio non esplicitamente attribuite agli altri livelli di pianificazione sovraordinati;

b) nei casi stabiliti dalla presente legge i comuni di minore dimensione demografica possono esercitare le funzioni pianificatorie in forma associata;

c) sono attribuite alla Regione e alla Provincia soltanto le funzioni di pianificazione riconosciute loro dalla legislazione nazionale e regionale, che attengono alla cura di interessi di livello sovracomunale o che non possono essere efficacemente svolte a livello comunale. In tali casi sono previste forme di partecipazione dei comuni all'esercizio delle funzioni attribuite agli altri livelli di pianificazione sovraordinati.

3. Compete ai comuni, in riferimento alle specifiche situazioni locali, specificare, approfondire e attuare i contenuti propri degli strumenti di pianificazione territoriale sovraordinati.

Art. 10. Strumenti della pianificazione generale e settoriale.

1. Le funzioni di pianificazione territoriale e urbanistica sono esercitate attraverso la predisposizione e approvazione di piani generali e settoriali.

2. Ai fini della presente legge:

a) per piani generali si intendono gli strumenti con i quali ciascun ente pubblico territoriale detta, per l'intero ambito di propria competenza, la disciplina di tutela e uso del territorio;
b) per piani settoriali si intendono gli strumenti con i quali, nei casi espressamente previsti dalla legge, gli enti pubblici territoriali e gli enti pubblici preposti alla tutela di specifici interessi dettano la disciplina di tutela e uso del territorio relativamente ai profili che ineriscono alle proprie funzioni.

3. I piani generali coordinano e portano a sistema l'insieme delle previsioni dei piani sovraordinati vigenti e definiscono prescrizioni, direttive ed indirizzi che dovranno essere osservati dalla pianificazione sottordinata. Con riferimento alla pianificazione settoriale del medesimo livello di pianificazione, il piano generale fissa il quadro di riferimento, in termini conoscitivi e normativi, e stabilisce gli obiettivi prestazionali che dovranno essere perseguiti dagli strumenti settoriali.

4. I piani settoriali sono predisposti ed approvati nel rispetto delle previsioni dei piani sovraordinati e degli obiettivi strategici e delle scelte del piano generale del medesimo livello di pianificazione, sviluppando e specificando gli obiettivi prestazionali di settore ivi stabiliti.

Art. 11. Efficacia delle previsioni dei piani.

1. Ai fini della presente legge, le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica si distinguono in indirizzi, direttive e prescrizioni. In particolare:

a) per indirizzi si intendono le disposizioni volte a fissare obiettivi per la predisposizione dei piani sottordinati e dei piani settoriali del medesimo livello di pianificazione, riconoscendo ambiti di discrezionalità nella specificazione e integrazione delle proprie previsioni e nell'applicazione dei propri contenuti alle specifiche realtà locali;

b) per direttive si intendono le disposizioni che devono essere osservate nella elaborazione dei contenuti dei piani sottordinati e dei piani settoriali del medesimo livello di pianificazione;

c) per prescrizioni si intendono le disposizioni dei piani, predisposte nel rispetto dei principi di cui all'art. 9 e nell'osservanza degli ambiti delle materie di pertinenza dei piani stessi, che incidono direttamente sul regime giuridico dei beni disciplinati, regolando gli usi ammissibili e le trasformazioni consentite.

2. Le prescrizioni devono trovare piena e immediata osservanza ed attuazione da parte di tutti i soggetti pubblici e privati, secondo le modalità previste dal piano, e prevalgono sulle disposizioni incompatibili contenute nei vigenti strumenti di pianificazione e negli atti amministrativi attuativi. Gli enti pubblici provvedono tempestivamente all'adeguamento delle previsioni degli strumenti di pianificazione e degli atti amministrativi non più attuabili per contrasto con le prescrizioni sopravvenute.

3. Gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica esplicitano l'efficacia delle proprie disposizioni, attenendosi a quanto previsto dal comma 1.

Art. 12. Salvaguardia.

1. A decorrere dalla data di adozione di tutti gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica disciplinati dalla presente legge e delle relative varianti, le amministrazioni pubbliche sospendono ogni determinazione in merito:

a) all'autorizzazione di interventi di trasformazione del territorio che siano in contrasto con le prescrizioni dei piani adottati o tali da comprometterne o renderne più gravosa l'attuazione;
b) all'approvazione di strumenti sottordinati di pianificazione territoriale e urbanistica che siano in contrasto con le previsioni del piano adottato.

2. Salvo diversa previsione di legge, la sospensione di cui al comma 1 opera fino alla data di entrata in vigore del piano e comunque per non oltre tre anni dalla data di adozione ovvero cinque anni se lo strumento, entro un anno dall'adozione, è trasmesso ai fini della formulazione delle riserve o delle osservazioni:

a) alla Provincia, nel caso di piani comunali;
b) alla Regione, nel caso di piani provinciali.

Capo III - Forme di cooperazione e concertazione nella pianificazione

Art. 13. Metodo della concertazione istituzionale.

1. La Regione, le province e i comuni, nella formazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, conformano la propria attività al metodo della concertazione con gli altri enti pubblici territoriali e con le altre amministrazioni preposte alla cura degli interessi pubblici coinvolti.

2. Sono strumenti della concertazione istituzionale la conferenza e gli accordi di pianificazione e gli accordi territoriali.

3. Il Piano territoriale regionale (PTR) o il Piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) possono prevedere, previa intesa con le amministrazioni interessate, la necessità di particolari forme di cooperazione nella pianificazione urbanistica e nell'esercizio delle altre funzioni di governo del territorio, per i Comuni che presentano una contiguità insediativa ovvero una stretta connessione funzionale nei sistemi urbani. I Comuni interessati predispongono i loro strumenti di pianificazione urbanistica in forma associata ovvero elaborano ed approvano piani urbanistici intercomunali. Allo scopo di avviare la predisposizione del piano intercomunale essi, con apposito accordo territoriale, designano il Comune capofila, incaricato di redigere il piano intercomunale, e definiscono le forme di partecipazione di ciascun ente all'attività tecnica di predisposizione del piano e alla ripartizione delle relative spese. L'accordo definisce altresì le modalità per l'espressione, da parte dei Consigli comunali interessati, dell'intesa sulle previsioni del piano intercomunale, nel rispetto degli statuti comunali e delle norme statali e regionali che regolano le forme associative.

3-bis. I Comuni che concordano di esercitare le funzioni di pianificazione in forma associata possono predisporre ed approvare piani urbanistici intercomunali, con le modalità individuate al comma 3.

3-ter. Al fine di sviluppare un efficace sistema di governo del territorio multilivello, il PTR, il PTCP e gli altri strumenti di pianificazione e programmazione regionale e provinciale individuano gli elementi e i sistemi territoriali per i quali, l'avvio dei processi di regolazione territoriale e urbanistica richiede la preventiva conclusione di accordi territoriali, ai sensi dell'articolo 15, tra Regione, Provincia e Comune territorialmente interessati. Gli accordi hanno lo scopo di realizzare un migliore coordinamento nella definizione delle politiche territoriali e nella programmazione e attuazione degli interventi attuativi nonché di assicurare l'assunzione negli strumenti di pianificazione di scelte strategiche condivise, anche attraverso la previsione di ulteriori momenti negoziali. Agli accordi territoriali possono essere chiamati a partecipare le altre Regioni ed enti locali interessati alla definizione condivisa delle politiche e delle scelte strategiche oggetto dell'accordo e quelli coinvolti dagli effetti territoriali delle stesse.

Art. 14. Conferenze e accordi di pianificazione.

1. La conferenza di pianificazione ha la finalità di costruire un quadro conoscitivo condiviso del territorio e dei conseguenti limiti e condizioni per il suo sviluppo sostenibile, nonché di esprimere valutazioni preliminari in merito:

a) agli obiettivi strategici che si intendono perseguire con il piano e le scelte generali di assetto del territorio, in relazione alle previsioni degli strumenti di pianificazione di livello sovraordinato;
b) agli effetti significativi sull'ambiente e sul territorio che possono derivare dall'attuazione delle medesime scelte di pianificazione.

2. A tale scopo, l'amministrazione procedente sottopone alla conferenza di pianificazione un unico documento preliminare che, per ciascun sistema o elemento del territorio oggetto del piano, descrive il quadro conoscitivo del territorio, gli obiettivi e scelte di pianificazione che si intendono perseguire e una prima valutazione ambientale delle stesse, individuando i limiti e condizioni per lo sviluppo sostenibile del territorio. Il documento preliminare è predisposto in conformità a quanto disposto dal comma 1 del presente articolo e dagli articoli 4 e 5.

3. Alla conferenza partecipano necessariamente gli enti territoriali e le amministrazioni individuate per ciascun piano dagli articoli 25, 27 e 32. Alla conferenza intervengono inoltre tutte le amministrazioni competenti al rilascio dei pareri, delle intese e degli atti di assenso, comunque denominati, ai sensi del comma 3 dell'art. 34. L'amministrazione procedente può altresì convocare altre amministrazioni coinvolte o interessate dall'esercizio delle funzioni di pianificazione. Nel corso della prima seduta, dopo la verifica della legittimazione dei partecipanti, la conferenza di pianificazione assume le determinazioni relative all'organizzazione dei propri lavori e la data di conclusione degli stessi. I lavori della conferenza non possono superare il termine perentorio di novanta giorni. Decorso tale termine l'amministrazione procedente elabora comunque il verbale conclusivo dei lavori della conferenza di pianificazione svolti fino alla medesima data, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse tempestivamente in quella sede.

4. La conferenza realizza la concertazione con le associazioni economiche e sociali, chiamandole a concorrere alla definizione degli obiettivi e delle scelte strategiche individuati dal documento preliminare, acquisendone le valutazioni e le proposte.

5. L'amministrazione procedente assicura la pubblicità degli esiti della concertazione istituzionale e di quella con le associazioni economiche e sociali, di cui ai commi 3 e 4.

6. Ogni amministrazione partecipa alla conferenza con un unico rappresentante, legittimato dagli organi istituzionalmente competenti ad esprimere definitivamente ed in modo vincolante le valutazioni e la volontà dell'ente.

7. In considerazione delle conclusioni della conferenza di pianificazione, la Provincia e la Regione, in caso di PTCP, ovvero il Comune e la Provincia, in caso di PSC, possono stipulare, entro il termine perentorio di novanta giorni dalla chiusura dei lavori della conferenza di pianificazione un accordo di pianificazione che definisca l'insieme degli elementi costituenti parametro per le scelte pianificatorie, secondo quanto previsto rispettivamente dall'articolo 27, comma 3, e dall'articolo 32, comma 3. L'accordo di pianificazione può aver riguardo ai contenuti di altri strumenti di pianificazione ovvero di atti di governo del territorio connessi alle previsioni dei piani in corso di elaborazione.

7-bis. L'accordo di pianificazione relativo al PSC intercomunale predisposto ai sensi dell'articolo 13, comma 3, è stipulato dalla Provincia e dal Comune capofila, previo assenso delle amministrazioni comunali interessate.

8. Nella predisposizione e approvazione del P.T.C.P. o del P.S.C., la Provincia o il Comune tiene comunque conto dei contributi conoscitivi e delle valutazioni espressi in sede di conferenza di pianificazione e si conforma alle determinazioni eventualmente concordate con l'accordo di pianificazione, di cui al comma 7.

Art. 15. Accordi territoriali.

1. I comuni, le province e la Regione possono promuovere accordi territoriali per concordare obiettivi e scelte strategiche comuni ovvero per coordinare l'attuazione delle previsioni dei piani urbanistici, in ragione della sostanziale omogeneità delle caratteristiche e del valore naturale, ambientale e paesaggistico dei territori comunali ovvero della stretta integrazione e interdipendenza degli assetti insediativi, economici e sociali. I comuni possono altresì stipulare accordi territoriali per lo svolgimento in collaborazione di tutte o parte delle funzioni di pianificazione urbanistica, nonché per l'elaborazione in forma associata degli strumenti urbanistici e la costituzione di un apposito ufficio di piano o di altre strutture per la redazione e gestione degli stessi.

1-bis. La Provincia e la Regione partecipano alla stipula degli accordi territoriali che definiscono scelte strategiche di rilievo sovracomunale, di cui all'articolo 13, comma 3-ter, nonché alla stipula degli accordi che prevedono l'avvio di procedure di variante agli strumenti di pianificazione territoriale.

2. Per l'attuazione del P.T.C.P. la Provincia può promuovere accordi territoriali diretti a definire, anche con riguardo alle risorse finanziarie disponibili, gli interventi di livello sovracomunale da realizzare in un arco temporale definito e che attengono:

a) alla realizzazione delle infrastrutture di interesse generale previste dal piano nonché delle infrastrutture, opere o servizi cui è subordinata l'attuazione dei piani urbanistici comunali, a norma del comma 4 dell'art. 26;
b) a interventi di rinaturazione e di riequilibrio ecologico ovvero alla realizzazione di dotazioni ecologiche ed ambientali;
c) a progetti di tutela, recupero e valorizzazione delle risorse paesaggistiche e ambientali del territorio.

3. Gli accordi territoriali di cui ai commi 1 e 2 possono prevedere forme di perequazione territoriale, anche attraverso la costituzione di un fondo finanziato dagli enti locali con risorse proprie o con quote dei proventi degli oneri di urbanizzazione e delle entrate fiscali conseguenti alla realizzazione degli interventi concordati. A tal fine gli accordi definiscono le attività, il finanziamento ed ogni altro adempimento che ciascun soggetto partecipante si impegna a realizzare, con l'indicazione dei relativi tempi e delle modalità di coordinamento. La proposta di accordo territoriale è approvata dalla Giunta regionale, acquisito il parere della Commissione assembleare competente, qualora l'accordo preveda la modifica a piani e atti regionali di competenza dell'Assemblea regionale.

4. Agli accordi territoriali si applica, per quanto non previsto dalla presente legge, la disciplina propria degli accordi tra amministrazioni di cui all'art. 15 della legge n. 241 del 1990.

Art. 16. Atti di indirizzo e coordinamento.

1. Per assicurare lo sviluppo coordinato ed omogeneo delle attività di pianificazione territoriale e urbanistica, la Regione adotta: atti di indirizzo e coordinamento delle funzioni pianificatorie delle province e dei comuni; atti di coordinamento tecnico; direttive relative all'esercizio delle funzioni delegate.

2. Con gli atti di coordinamento tecnico, in particolare, la Regione:

a) detta indirizzi e direttive per l'attuazione della presente legge e per l'integrazione dei suoi contenuti con le disposizioni in materia di pianificazione territoriale e urbanistica previste dalle legislazioni settoriali;

b) specificai contenuti essenziali del documento preliminare, del quadro conoscitivo, della relazione illustrativa, delle norme tecniche e delle tavole di progetto del Piano territoriale di coordinamento provinciale, del Piano strutturale comunale, del Piano operativo comunale e del Piano urbanistico attuativo;

c) stabilisce l'insieme organico delle nozioni, definizioni, modalità di calcolo e di verifica concernenti gli indici, i parametri e le modalità d'uso e di intervento, allo scopo di definire un lessico comune utilizzato nell'intero territorio regionale, che comunque garantisca l'autonomia nelle scelte di pianificazione.

3. Gli atti di cui al comma 1 sono assunti con delibera del Consiglio regionale, su proposta della Giunta previa intesa con la Conferenza Regione - Autonomie locali di cui all'art. 31 della L.R. n. 3/1999. Tali atti sono pubblicati nel Bollettino Ufficiale della Regione.

3-bis. Salvo diversa previsione, gli atti di cui al comma 1 trovano diretta applicazione, prevalendo sulle previsioni con essi incompatibili degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica vigenti al momento della loro approvazione, fino all'adeguamento dei medesimi strumenti di pianificazione.

Art. 17. Coordinamento e integrazione delle informazioni e utilizzo dei supporti informatici.

1. Tutte le amministrazioni pubbliche che svolgono tra i propri compiti istituzionali funzioni di raccolta, elaborazione e aggiornamento di dati conoscitivi e di informazioni relativi al territorio e all'ambiente concorrono all'integrazione e implementazione del quadro conoscitivo del territorio, in occasione della predisposizione dei piani territoriali e urbanistici.

2. La Regione, previa intesa con gli enti locali assunta nell'ambito della Conferenza Regione - Autonomie locali, di cui all'art. 31 della L.R. n. 3/1999, stabilisce le modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici operanti nel settore.

2-bis. Gli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, i progetti delle opere pubbliche nonché i dati conoscitivi e le informazioni di cui al comma 1 sono elaborati anche su supporto informatico e sono trasmessi e resi accessibili utilizzando gli strumenti tecnologici realizzati con il Piano regionale per lo sviluppo telematico di cui alla legge regionale n. 11 del 2004, in ottemperanza a quanto previsto dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell'amministrazione digitale). La Regione, le Province ed i Comuni provvedono, in particolare, a rendere disponibili e agevolmente utilizzabili attraverso gli strumenti tecnologici il quadro conoscitivo e la Valsat dei propri strumenti nonché le analisi, gli approfondimenti e le informazioni utilizzate per la loro elaborazione, al fine di consentire il loro impiego ai sensi dell'articolo 4, commi 2-bis e 2-ter.

Art. 18. Accordi con i privati.

1. Gli enti locali possono concludere accordi con i soggetti privati, nel rispetto dei principi di imparzialità amministrativa, di trasparenza, di parità di trattamento degli operatori, di pubblicità e di partecipazione al procedimento di tutti i soggetti interessati, per assumere in tali strumenti previsioni di assetto del territorio di rilevante interesse per la comunità locale condivise dai soggetti interessati e coerenti con gli obiettivi strategici individuati negli atti di pianificazione. Gli accordi possono attenere al contenuto discrezionale degli atti di pianificazione territoriale e urbanistica, sono stipulati nel rispetto della legislazione e pianificazione sovraordinata vigente e senza pregiudizio dei diritti dei terzi.

2. L'accordo indica le ragioni di rilevante interesse pubblico che giustificano il ricorso allo strumento negoziale e verifica la compatibilità delle scelte di pianificazione concordate, secondo quanto previsto dal comma 3 dell'articolo 3.

3. L'accordo costituisce parte integrante dello strumento di pianificazione cui accede ed è soggetto alle medesime forme di pubblicità e di partecipazione. La stipulazione dell'accordo è preceduta da una determinazione dell'organo esecutivo dell'ente. L'accordo è subordinato alla condizione sospensiva del recepimento dei suoi contenuti nella delibera di adozione dello strumento di pianificazione cui accede e della conferma delle sue previsioni nel piano approvato.

4. Per quanto non disciplinato dalla presente legge trovano applicazione le disposizioni di cui ai commi 2, 4 e 5 dell'art. 11 della legge n. 241/1990.

Capo IV - Semplificazione del sistema della pianificazione

Art. 19. Carta unica del territorio.

1. La pianificazione territoriale e urbanistica recepisce e coordina le prescrizioni relative alla regolazione dell'uso del suolo e delle sue risorse ed i vincoli territoriali, paesaggistici ed ambientali che derivano dai piani sovraordinati, da singoli provvedimenti amministrativi ovvero da previsioni legislative.

2. Quando la pianificazione urbanistica comunale abbia recepito e coordinato integralmente le prescrizioni ed i vincoli di cui al comma 1, essa costituisce la carta unica del territorio ed è l'unico riferimento per la pianificazione attuativa e per la verifica di conformità urbanistica ed edilizia, fatti salvi le prescrizioni ed i vincoli sopravvenuti, anche ai fini dell'autorizzazione per la realizzazione, ampliamento, ristrutturazione o riconversione degli impianti produttivi, ai sensi del D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447.

3. La deliberazione di approvazione del piano comunale dà atto del completo recepimento di cui al comma 2 ovvero del recepimento parziale, indicandone le motivazioni. Dell'approvazione della carta unica del territorio è data informazione ai cittadini anche attraverso lo sportello unico per le attività produttive di cui al D.P.R. n. 447/1998.

Art. 20. Pianificazione generale comprensiva della pianificazione settoriale.

1. La Regione, la Provincia o il Comune, all'atto della adozione, può conferire al proprio piano generale anche il valore e gli effetti di uno o più piani settoriali di propria competenza ovvero di variante agli stessi, qualora esso ne presenti i contenuti essenziali.

2. Al procedimento di approvazione del piano generale di cui al comma 1 si applica la disciplina prevista per essi dal titolo II, con le seguenti integrazioni:

a) negli atti deliberativi, negli avvisi pubblici e in ogni altro mezzo di pubblicità del piano deve essere esplicitamente indicata la sua particolare efficacia;
b) nel corso della predisposizione del piano deve essere comunque acquisito ogni parere richiesto per l'approvazione del piano settoriale.

Art. 21. P.T.C.P. con effetti di piani di altre amministrazioni.

1. Il P.T.C.P. può assumere, su richiesta e d'intesa con i comuni interessati, il valore e gli effetti del P.S.C.

2. Il P.T.C.P. può inoltre assumere, ai sensi dell'art. 57 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, il valore e gli effetti dei piani settoriali di tutela e uso del territorio di competenza di altre amministrazioni, qualora le sue previsioni siano predisposte d'intesa con le amministrazioni interessate.

3. In tali casi, il Presidente della Provincia provvede in via preliminare a stipulare un accordo con il Comune o con le amministrazioni interessate, in merito ai tempi e alle forme di partecipazione all'attività tecnica di predisposizione del piano e alla ripartizione delle relative spese.

4. Le amministrazioni interessate esprimono il proprio assenso all'intesa, ai fini della definizione delle previsioni del P.T.C.P., nell'ambito delle procedure di concertazione stabilite dal comma 9 dell'art. 27.

Art. 22. Modificazione della pianificazione sovraordinata.

1. Per assicurare la flessibilità del sistema della pianificazione territoriale e urbanistica, le deliberazioni di adozione dei piani possono contenere esplicite proposte di modificazione ai piani sovraordinati, nei seguenti casi:

a) il P.T.C.P. e il P.S.C. possono proporre modifiche ad uno o più piani, generali o settoriali, di livello sovraordinato;

b) i P.U.A. possono prevedere modifiche o integrazioni al P.O.C.;

c) i piani settoriali possono proporre, limitatamente alle materie e ai profili di propria competenza, modifiche al piano generale del medesimo livello di pianificazione ovvero ai piani settoriali o generali di livello sovraordinato.

2. Le proposte comunali di modifica delle previsioni dei piani sovraordinati di tutela del territorio e dell'ambiente nei settori del paesaggio, della protezione della natura, delle acque e della difesa del suolo, possono attenere unicamente alla cartografia dei piani.

3. Per l'approvazione dei piani settoriali che contengono proposte di modifica al piano generale dello stesso livello di pianificazione trova applicazione il procedimento previsto per il piano generale.

4. Fuori dai casi di cui al comma 3, per l'approvazione dei piani che propongono modificazioni si applica la disciplina prevista per essi dal titolo II o dalla legislazione di settore, con le seguenti modifiche o integrazioni:

a) negli atti deliberativi di adozione e di approvazione, negli avvisi pubblici e in ogni altro mezzo di pubblicità del piano deve essere esplicitamente indicato lo strumento del quale si propongono modificazioni;

b) vanno seguite le forme di deposito, pubblicità e intervento previste per il piano di cui si propone la variazione, qualora assicurino una maggiore conoscenza e partecipazione degli interessati al procedimento;

c) le proposte di modifica devono essere evidenziate in appositi elaborati tecnici, nei quali devono essere indicati i presupposti conoscitivi e le motivazioni di ciascuna di esse.

c-bis) l'ente titolare dello strumento di pianificazione di cui si propongono modificazioni partecipa alla conferenza e all'accordo di pianificazione. Copia del piano adottato è trasmessa al medesimo ente il quale può formulare osservazioni entro sessanta giorni dal ricevimento dello stesso. Sulle modifiche agli atti di pianificazione territoriale e agli atti di pianificazione settoriale di competenza regionale si esprime l'Assemblea legislativa;

c-ter) nel caso di modifiche ai piani provinciali proposte dal PSC, alla conferenza di pianificazione e all'accordo di pianificazione, ove stipulato, è invitata a partecipare anche la Regione.

5. L'atto di approvazione del piano che contiene le proposte di modificazioni comporta anche la variazione del piano sovraordinato, qualora sulle modifiche sia acquisita l'intesa dell'ente titolare dello strumento. L'intesa può essere raggiunta nell'ambito delle procedure di concertazione previste dalla presente legge.

6. La Regione, le province e i comuni hanno l'onere di aggiornare gli elaborati tecnici dei propri strumenti di pianificazione a seguito dell'atto di intesa di cui al comma 5 o dell'atto di approvazione.

TITOLO II - Strumenti e contenuti della pianificazione

Capo I - Pianificazione territoriale regionale

Art. 23. Piano territoriale regionale (P.T.R.).

1. Il Piano territoriale regionale (P.T.R.) è lo strumento di programmazione con il quale la Regione definisce gli obiettivi per assicurare lo sviluppo e la coesione sociale, accrescere la competitività del sistema territoriale regionale, garantire la riproducibilità, la qualificazione e la valorizzazione delle risorse sociali ed ambientali.

2. Il P.T.R. è predisposto in coerenza con le strategie europee e nazionali di sviluppo del territorio.

3. Il P.T.R. definisce indirizzi e direttive alla pianificazione di settore, ai P.T.C.P. e agli strumenti della programmazione negoziata, per assicurare la realizzazione degli obiettivi di cui ai commi 1 e 2.

4. [Il P.T.R. può contenere prescrizioni, espresse attraverso una rappresentazione grafica atta a individuare puntualmente gli ambiti interessati, che prevalgono sulle diverse previsioni contenute negli strumenti provinciali e comunali di pianificazione territoriale e urbanistica vigenti e adottati].

Art. 24. Piano territoriale paesistico regionale (P.T.P.R.).

1. Il Piano territoriale paesistico regionale (P.T.P.R.) costituisce parte tematica del P.T.R., avente specifica considerazione dei valori paesaggistici, ambientali e culturali del territorio regionale, anche ai fini dell'art. 149 del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.

2. Il P.T.P.R. provvede all'individuazione delle risorse storiche, culturali, paesaggistiche e ambientali del territorio regionale ed alla definizione della disciplina per la loro tutela e valorizzazione.

3. Dall'entrata in vigore della presente legge, i P.T.C.P. che hanno dato o diano piena attuazione alle prescrizioni del P.T.P.R., approvato con la Delib.C.R. 28 gennaio 1993, n. 1338, costituiscono, in materia di pianificazione paesaggistica, l'unico riferimento per gli strumenti comunali di pianificazione e per l'attività amministrativa attuativa.

Art. 25. Procedimento di approvazione del PTR.

1. Il procedimento disciplinato dal presente articolo trova applicazione per l'elaborazione e l'approvazione del PTR e delle varianti allo stesso.

2. La Giunta regionale elabora un documento preliminare, che individua gli obiettivi strategici di sviluppo del sistema economico e sociale che si intendono perseguire e lo comunica all'Assemblea legislativa. Sull'atto della Giunta l'Assemblea legislativa si esprime attraverso l'approvazione di un ordine del giorno. L'atto viene poi trasmesso alle Province, ai Comuni, alle Comunità montane e alle associazioni economiche e sociali per eventuali valutazioni e proposte da esprimere entro 60 giorni. Il documento preliminare è trasmesso altresì per conoscenza alle Regioni contermini e alle amministrazioni statali.

3. La Giunta regionale, tenuto conto delle valutazioni e proposte raccolte ai sensi del comma 2, elabora la proposta di PTR, previo parere della Conferenza Regione – Autonomie locali, di cui alla legge regionale n. 3 del 1999, e la comunica all'Assemblea legislativa. La proposta di piano è depositata presso la sede della Giunta regionale e degli enti territoriali di cui al comma 2, per sessanta giorni dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'avvenuta adozione.

4. Entro la scadenza del termine di deposito di cui al comma 3 possono formulare osservazioni e proposte i seguenti soggetti:

a) gli enti e organismi pubblici;
b) le associazioni economiche e sociali e quelle costituite per la tutela di interessi diffusi.

5. L'Assemblea legislativa, entro i successivi novanta giorni, decide sulle osservazioni ed approva il piano.

6. Copia integrale del piano approvato è depositata per la libera consultazione presso la Regione e le Province ed è altresì consultabile nel sito telematico della Regione. L'avviso dell'avvenuta approvazione è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione. Dell'approvazione è data altresì notizia con avviso su almeno un quotidiano a diffusione regionale.

7. Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso di approvazione, ai sensi del comma 6).

Capo II - Pianificazione territoriale provinciale

Art. 26. Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.).

1. Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) considera la totalità del territorio provinciale ed è lo strumento di pianificazione che articola le linee di azione della programmazione regionale, dando attuazione agli accordi di cui all'articolo 13, comma 3-ter. Il PTCP ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lettera c), definisce l'assetto del territorio limitatamente agli interessi sovracomunali, che attengono:

a) al paesaggio;

b) all'ambiente;

c) alle infrastrutture per la mobilità;

d) ai poli funzionali e agli insediamenti commerciali e produttivi di rilievo sovracomunale;

e) al sistema insediativo e ai servizi territoriali, di interesse provinciale e sovracomunale;

f) ad ogni altra materia per la quale la legge riconosca espressamente alla Provincia funzioni di pianificazione del territorio.

2. Il PTCP è sede di raccordo e verifica delle politiche settoriali della Provincia e strumento di indirizzo e coordinamento per la pianificazione urbanistica comunale, ai fini dell'attuazione di quanto previsto al comma 1. A tal fine il piano:

a) recepisce gli interventi definiti a livello nazionale e regionale, relativamente al sistema infrastrutturale primario e alle opere rilevanti per estensione e natura;

b) individua, in attuazione degli obiettivi della pianificazione regionale, scenari di sviluppo dell'area provinciale, prospettando le conseguenti linee di assetto e di utilizzazione del territorio;

c) definisce i criteri per la localizzazione e il dimensionamento degli insediamenti e dei servizi di cui alle lettere c), d) ed e) del comma 1;

d) definisce le caratteristiche di vulnerabilità, criticità e potenzialità delle singole parti e dei sistemi naturali ed antropici del territorio e le conseguenti tutele paesaggistico ambientali;

e) definisce i bilanci delle risorse territoriali e ambientali, i criteri e le soglie del loro uso, stabilendo per tutto il territorio provinciale le condizioni e i limiti al consumo di territorio non urbanizzato, nell'osservanza del principio generale di cui all'articolo 2, comma 2, lettera f), nonché i requisiti di sostenibilità territoriale e ambientale delle previsioni urbanistiche comunali che comportano rilevanti effetti che esulano dai confini amministrativi di ciascun ente.

3. Il P.T.C.P. specifica ed articola la disciplina delle dotazioni territoriali di cui al capo A-V dell'allegato, indicando a tal fine i diversi ruoli dei centri abitati nel sistema insediativo.

4. Per coordinare un'efficace attuazione delle proprie previsioni, il P.T.C.P. definisce con i comuni modalità e termini per l'adeguamento dei piani comunali. Il P.T.C.P. coordina l'attuazione delle previsioni dei piani urbanistici vigenti con la realizzazione delle infrastrutture, opere e servizi di rilievo sovracomunale, da inserire prioritariamente nel programma triennale delle opere pubbliche della Provincia.

Art. 27. Procedimento di approvazione del P.T.C.P.

1. Il procedimento disciplinato dal presente articolo trova applicazione per l'elaborazione e l'approvazione del P.T.C.P. e delle sue varianti. La medesima disciplina si applica altresì al Piano infraregionale delle attività estrattive (P.I.A.E.) e ai piani settoriali provinciali con valenza territoriale per i quali la legge non detti una specifica disciplina in materia.

2. La Giunta provinciale elabora un documento preliminare del piano. Per l'esame congiunto del documento preliminare il Presidente della Provincia convoca una conferenza di pianificazione ai sensi dell'art. 14, chiamando a parteciparvi la Regione, le province contermini, nonché i comuni, le Comunità montane e gli enti di gestione delle aree naturali protette interessati.

3. A conclusione della conferenza di pianificazione, la Regione e la Provincia possono stipulare un accordo di pianificazione ai sensi del comma 7 dell'art. 14. L'accordo attiene in particolare ai dati conoscitivi e valutativi dei sistemi territoriali e ambientali, ai limiti e condizioni per lo sviluppo sostenibile del territorio provinciale nonché alle indicazioni in merito alle scelte strategiche di assetto dello stesso. La stipula dell'accordo di pianificazione comporta la riduzione della metà dei termini di cui ai commi 7 e 10 e la semplificazione procedurale di cui al comma 11.

4. A seguito delle conclusioni della fase di concertazione di cui ai commi 2 e 3, il Consiglio provinciale adotta il P.T.C.P. Copia del piano adottato è trasmesso alla Giunta regionale, alle province contermini, ai comuni, alle Comunità montane e agli enti di gestione delle aree naturali, protette.

5. Il piano adottato è depositato presso le sedi del Consiglio provinciale e degli enti territoriali di cui al comma 2 per sessanta giorni dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'avvenuta adozione. L'avviso contiene l'indicazione degli enti presso i quali il piano è depositato e dei termini entro i quali chiunque può prenderne visione. L'avviso è pubblicato altresì su almeno un quotidiano a diffusione regionale e la Provincia può attuare ogni altra forma di divulgazione ritenuta opportuna.

6. Entro la scadenza del termine di deposito di cui al comma 5 possono formulare osservazioni e proposte i seguenti soggetti:

a) gli enti e organismi pubblici;

b) le associazioni economiche e sociali e quelle costituite per la tutela di interessi diffusi;

c) i singoli cittadini nei confronti dei quali le previsioni del piano adottato sono destinate a produrre effetti diretti.

7. Entro il termine perentorio di centoventi giorni dal ricevimento del piano, la Giunta regionale può sollevare riserve in merito alla conformità del P.T.C.P. al P.T.R. ed agli altri strumenti della pianificazione regionale nonché alle eventuali determinazioni assunte in sede di accordo di pianificazione di cui al comma 3. Trascorso tale termine il P.T.C.P. si considera valutato positivamente dalla Giunta regionale. Le riserve non formulate nella presente fase non possono essere sollevate in sede di espressione dell'intesa di cui al comma 10.

8. La Provincia, in sede di approvazione del P.T.C.P., è tenuta ad adeguarsi alle riserve ovvero ad esprimersi sulle stesse con motivazioni puntuali e circostanziate.

9. In consiglio provinciale decide sulle osservazioni ed approva il piano, previa acquisizione sulla proposta dell'atto, deliberativo dell'intesa:

a) della Regione in merito alla conformità del P.T.C.P. agli strumenti della pianificazione regionale;
b) delle Amministrazioni interessate nei casi di copianificazione di cui all'art. 21.

10. La Giunta regionale si esprime in merito all'intesa di .cui alla lettera a) del comma 9 entro il termine perentorio di novanta giorni dalla richiesta. L'intesa può essere subordinata all'inserimento nel piano delle eventuali modifiche ritenute indispensabili a soddisfare le riserve di cui al comma. 7, ove le stesse non risultino superate, ovvero delle modifiche necessarie a rendere il piano controdedotto conforme agli strumenti regionali di pianificazione territoriale ed alle determinazioni assunte in sede di accordo di pianificazione di cui al comma 3, ove stipulato. Trascorso inutilmente tale termine l'intesa si intende espressa nel senso dell'accertata conformità del P.T.C.P. alla pianificazione regionale.

11. Qualora sia intervenuto l'accordo di pianificazione, siano state accolte integralmente le eventuali riserve regionali e non siano state introdotte modifiche sostanziali al piano in accoglimento delle osservazioni presentate, il Consiglio provinciale dichiara la conformità agli strumenti della pianificazione di livello sovraordinato e approva il piano, prescindendo dall'intesa di cui alla lettera a) del comma 9.

12. Copia integrale del piano approvato è depositata per la libera consultazione presso la Provincia ed è trasmessa alle Amministrazioni di cui al comma 2. La Regione provvede alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale dell'avviso dell'avvenuta approvazione del piano. Dell'approvazione è data altresì notizia, a cura dell'Amministrazione provinciale, con avviso su almeno un quotidiano a diffusione regionale.

13. Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione dell'avviso dell'approvazione nel Bollettino Ufficiale della Regione, ai sensi del comma 12.

Art. 27-bis. Procedimento per varianti specifiche al PTCP.

1. Il procedimento disciplinato dal presente articolo trova applicazione per l'elaborazione e l'approvazione delle varianti specifiche o tematiche al PTCP nei seguenti casi:

a) adeguamento del piano alle disposizioni di legge, statali e regionali, che abbiano valenza territoriale;

b) recepimento delle previsioni di piani sovraordinati;

c) adeguamento del piano alle previsioni localizzative immediatamente cogenti contenute in programmi di intervento statali o regionali;

d) varianti specifiche di previsioni aventi effetti locali, solo su limitati ambiti del territorio provinciale;

e) modificazioni e aggiornamento del quadro conoscitivo e delle conseguenti previsioni del piano, attinenti alla perimetrazione degli ambiti interessati da vincoli o limiti relativi alla tutela dei beni ambientali, paesaggistici e culturali, alla protezione della natura, alla riduzione dei rischi e alla difesa del suolo;

f) rettifiche di errori materiali presenti nella cartografia di base e nella rappresentazione dello stato di fatto.

2. In luogo della convocazione della conferenza di pianificazione, la consultazione degli enti che svolgono compiti di governo del territorio, ai fini dell'elaborazione della variante, è svolta in forma scritta. A tal fine, copia della proposta di piano da adottare è inviata, anche attraverso apposito supporto informatico, ai soggetti di cui all'articolo 27, comma 2, all'articolo 14, comma 3, secondo e terzo periodo, e comma 4, i quali possono trasmettere i propri contributi istruttori entro il termine perentorio di sessanta giorni dal ricevimento. La Provincia nella adozione e approvazione del PTCP prescinde dall'esame dei contributi presentati tardivamente.

3. Si applica l'articolo 27, commi da 4 a 13, essendo comunque ridotti della metà i termini per il deposito del piano adottato, per la presentazione di osservazioni e per l'espressione delle riserve e dell'intesa da parte della Regione.

Capo III - Pianificazione urbanistica comunale

Sezione I - Strumenti della pianificazione urbanistica comunale

Art. 28. Piano Strutturale Comunale (PSC).

1. Il Piano Strutturale Comunale (PSC) è lo strumento di pianificazione urbanistica generale che deve essere predisposto dal Comune, con riguardo a tutto il proprio territorio, per delineare le scelte strategiche di assetto e sviluppo e per tutelare l'integrità fisica ed ambientale e l'identità culturale dello stesso. Il PSC non attribuisce in nessun caso potestà edificatoria alle aree né conferisce alle stesse una potenzialità edificatoria subordinata all'approvazione del POC ed ha efficacia conformativa del diritto di proprietà limitatamente all'apposizione dei vincoli e condizioni non aventi natura espropriativa, di cui all'articolo 6, commi 1 e 2.

2. Il PSC in particolare:

a) valuta la consistenza, la localizzazione e la vulnerabilità delle risorse naturali ed antropiche presenti nel territorio e ne indica le soglie di criticità;

b) definisce, nell'osservanza del principio generale di cui all'articolo 2, comma 2, lettera f), quali fabbisogni insediativi potranno essere soddisfatti dal POC attraverso la sostituzione dei tessuti insediativi esistenti, ovvero attraverso la loro riorganizzazione, addensamento o riqualificazione, e quali fabbisogni richiedono il consumo di nuovo territorio, non sussistendo alternative insediative nell'ambito del territorio già urbanizzato, nel rispetto dei limiti stabiliti dal PTCP ai sensi dell'articolo 26, comma 2, lettera e);

c) fissa i limiti e le condizioni di sostenibilità degli interventi e delle trasformazioni pianificabili;

d) individua le infrastrutture e le attrezzature di maggiore rilevanza, per dimensione e funzione, e definisce i criteri di massima per la loro localizzazione;

e) classifica il territorio comunale in urbanizzato, urbanizzabile e rurale;

f) individua gli ambiti del territorio comunale secondo quanto disposto dall'Allegato, stabilendone gli obiettivi sociali, funzionali, ambientali e morfologici e i relativi requisiti prestazionali.

3. Le indicazioni del PSC relative: alla puntuale localizzazione delle nuove previsioni insediative, agli indici di edificabilità, alle modalità di intervento, agli usi e ai parametri urbanistici ed edilizi, costituiscono riferimenti di massima circa l'assetto insediativo e infrastrutturale del territorio comunale, la cui puntuale definizione e specificazione è operata dal piano operativo comunale, senza che ciò comporti modificazione del PSC. La disposizione del presente comma prevale sulle previsioni dei PSC vigenti.

4. Nell'ambito delle previsioni di cui ai commi 1 e 2, il PSC si conforma alle prescrizioni e ai vincoli e dà attuazione agli indirizzi e alle direttive contenuti nei piani territoriali sovraordinati nonché a quanto stabilito dagli accordi territoriali di cui all'articolo 13, comma 3-ter.

5. Fino alla elaborazione del PSC intercomunale o in forma associata dell'Unione o delle nuove Comunità montane e comunque entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, i Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti facenti parte di tali forme associative che non siano dotati di PSC, vigente o adottato, possono stabilire, con apposita delibera del Consiglio comunale, assunta d'intesa con la Giunta provinciale, di attribuire al PTCP vigente il valore e gli effetti del PSC, in merito alla:

a) tutela del paesaggio;

b) sistema ambientale comprensivo delle condizioni e limiti al consumo di territorio non urbanizzato, della pianificazione delle aree interessate dai rischi naturali e rischi di incidenti rilevanti;

c) sistema delle infrastrutture per la mobilità;

d) sistema dei poli funzionali, degli insediamenti per attività produttive, ivi comprese le aree commerciali diverse dagli esercizi di vicinato;

e) disciplina generale del territorio rurale e delle aree di valore naturale ed ambientale.

6. I Comuni di cui al comma 5 si dotano di un POC, relativo all'intero territorio comunale, con il quale sono regolati i restanti contenuti del PSC, nell'osservanza della presente legge o delle previsioni del PTCP e della pianificazione sovraordinata. L'approvazione del medesimo POC è subordinata all'acquisizione dell'intesa della Provincia, in merito alla conformità del piano agli strumenti della pianificazione di livello sovraordinato, con le modalità definite dall'articolo 32, comma 10, secondo periodo e seguenti.

2. Il P.S.C. in particolare:

a) valuta la consistenza, la localizzazione e la vulnerabilità delle risorse naturali ed antropiche presenti nel territorio e ne indica le soglie di criticità;

b) fissa i limiti e le condizioni di sostenibilità degli interventi e delle trasformazioni pianificabili;

c) individua le infrastrutture e le attrezzature di maggiore rilevanza, per dimensione e funzione;

d) classifica il territorio comunale in urbanizzato, urbanizzabile e rurale;

e) individua gli ambiti del territorio comunale secondo quanto disposto dall'allegato e definisce le caratteristiche urbanistiche e funzionali degli stessi, stabilendone gli obiettivi sociali, funzionali, ambientali e morfologici e i relativi requisiti prestazionali;

f) definisce le trasformazioni che possono essere attuate attraverso intervento diretto, in conformità alla disciplina generale del R.U.E. di cui al comma 2 dell'art. 29.

3. Nell'ambito delle previsioni di cui ai commi 1 e 2, il P.S.C. si conforma alle prescrizioni e ai vincoli e dà attuazione agli indirizzi e alle direttive contenuti nei piani territoriali sovraordinati.».

Art. 29. Regolamento urbanistico ed edilizio (R.U.E.).

1. Il regolamento urbanistico ed edilizio (R.U.E.) contiene le norme attinenti alle attività di costruzione, di trasformazione fisica e funzionale e di conservazione delle opere edilizie, ivi comprese le norme igieniche di interesse edilizio, nonché la disciplina degli elementi architettonici e urbanistici, degli spazi verdi e degli altri elementi che caratterizzano l'ambiente urbano.

2. Il R.U.E., in conformità alle previsioni del P.S.C., stabilisce la disciplina generale relativa ai seguenti interventi:

a) le trasformazioni negli ambiti consolidati e nel territorio rurale;

b) gli interventi diffusi sul patrimonio edilizio esistente sia nel centro storico sia negli ambiti da riqualificare;

b-bis) le modalità di intervento su edificio e impianti per l'efficienza energetica e le modalità di calcolo degli eventuali incentivi per il raggiungimento di livelli prestazionali superiori al requisito minimo di prestazione energetica previsto dalle norme in vigore;

c) gli interventi negli ambiti specializzati per attività produttive di cui al comma 6 dell'art. A-13 dell'allegato.

2-bis. Il RUE può stabilire, per le parti del territorio specificamente individuate dal PSC, e in conformità alle previsioni del medesimo piano, la disciplina particolareggiata degli usi e delle trasformazioni ammissibili, dettandone i relativi indici e parametri urbanistici ed edilizi.

3. Gli interventi di cui ai commi 2 e 2-bis non sono soggetti al P.O.C. e sono attuati attraverso intervento diretto.

4. Il R.U.E. contiene inoltre:

a) (abrogata)

b) la disciplina degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione;

c) le modalità di calcolo delle monetizzazioni delle dotazioni territoriali.

5. Il R.U.E. è approvato in osservanza degli atti di coordinamento tecnico di cui all'art. 16 ed è valido a tempo indeterminato.

Art. 30. Piano operativo comunale (P.O.C.).

1. Il Piano operativo comunale (P.O.C.) è lo strumento urbanistico che individua e disciplina gli interventi di tutela e valorizzazione, di organizzazione e trasformazione del territorio da realizzare nell'arco temporale di cinque anni. Trascorso tale periodo, cessano di avere efficacia le previsioni del POC non attuate, sia quelle che conferiscono diritti edificatori sia quelle che comportano l'apposizione di vincoli preordinati all'esproprio. In particolare, cessano di avere efficacia le previsioni del POC per le quali, alla data di scadenza del termine quinquennale:

a) nel caso di intervento indiretto, non sia stato adottato o presentato il PUA, prescritto dal POC stesso;

b) nel caso di intervento diretto, non sia stata presentata la denuncia di inizio attività ovvero non sia stata presentata domanda per il rilascio del permesso di costruire;

c) nel caso di vincoli espropriativi, non sia stata dichiarata la pubblica utilità dell'opera ovvero non sia stato avviato il procedimento di approvazione di uno degli atti che comporta dichiarazione di pubblica utilità, secondo la legislazione vigente.

1-bis. Il POC è predisposto in conformità alle previsioni del PSC e non può modificarne i contenuti.

2. Il POC contiene, per gli ambiti di intervento disciplinati:

a) la delimitazione, l'assetto urbanistico, le destinazioni d'uso, gli indici edilizi, anche apportando rettifiche non sostanziali ai perimetri degli ambiti individuati dal PSC, purché non riguardino ambiti soggetti a disciplina di tutela;

a-bis) un apposito elaborato denominato Documento programmatico per la qualità urbana che, per parti significative della città comprensive di quelle disciplinate dal POC stesso, individua i fabbisogni abitativi, di dotazioni territoriali e di infrastrutture per la mobilità, definendo gli elementi di identità territoriale da salvaguardare e perseguendo gli obiettivi del miglioramento dei servizi, della qualificazione degli spazi pubblici, del benessere ambientale e della mobilità sostenibile;

b) le modalità di attuazione degli interventi di trasformazione, nonché di quelli di conservazione;

c) i contenuti fisico-morfologici, sociali ed economici e le modalità di intervento;

d) l'indicazione delle trasformazioni da assoggettare a specifiche valutazioni di sostenibilità e fattibilità e ad interventi di mitigazione e compensazione degli effetti, con la possibilità di avvalersi a tal fine di quanto previsto dal comma 11 del presente articolo per eventuali spostamenti di edificabilità;

e) la definizione delle dotazioni territoriali da realizzare o riqualificare e delle relative aree, nonché gli interventi di integrazione paesaggistica;

e-bis) l'individuazione e la disciplina degli interventi di edilizia residenziale sociale da realizzare in conformità a quanto disposto dagli articoli A-6-bis e A-6-ter dell'Allegato;

f) la localizzazione delle opere e dei servizi pubblici e di interesse pubblico;

f-bis) una relazione sulle condizioni di fattibilità economico-finanziaria dei principali interventi disciplinati, nonché una agenda attinente all'attuazione del piano, che indichi i tempi, le risorse e i soggetti pubblici e privati chiamati ad attuarne le previsioni, con particolare riferimento alle dotazioni territoriali, alle infrastrutture per la mobilità e agli interventi di edilizia residenziale sociale.

2-bis. Per gli ambiti di riqualificazione il POC definisce gli interventi di riqualificazione da realizzare ed i relativi obiettivi di qualità ed è caratterizzato, di norma, dalla pluralità delle funzioni, delle tipologie di intervento e degli operatori nonché dal coinvolgimento di risorse finanziarie pubbliche e private.

2-ter. L'intervento di riqualificazione urbana disciplinato dal POC è di dimensioni e consistenza tali da incidere sulla riorganizzazione della città e persegue:

a) il miglioramento delle condizioni di salubrità e sicurezza;

b) l'arricchimento della dotazione dei servizi, del verde pubblico e delle opere infrastrutturali occorrenti;

c) la riduzione della congestione urbana, garantendo l'accessibilità nelle sue varie forme;

d) il risparmio dell'uso delle risorse naturali disponibili ed in particolare il contenimento del consumo delle risorse energetiche;

e) la realizzazione di offerta abitativa, con particolare riferimento agli alloggi di edilizia residenziale sociale, nell'osservanza di quanto disposto dagli articoli A-6-bis e A-6-ter dell'Allegato.

2-quater. L'intervento di riqualificazione urbana disciplinato dal POC può destinare gli immobili sedi di attività produttive industriali, dismessi o da dismettere, al soddisfacimento del fabbisogno di dotazioni territoriali e di edilizia residenziale sociale, definito ai sensi dell'art. A-22, comma 3, e dell'art. A-6-bis dell'Allegato, anche attraverso meccanismi perequativi o di permuta o trasferimento di quote del patrimonio edilizio esistente in altre aree idonee destinate all'edificazione con incentivi alla delocalizzazione.

2-quinquies. Per gli ambiti di riqualificazione urbana il POC contiene la dettagliata descrizione degli interventi da realizzare e delle relative tipologie, nonché delle risorse da investire da parte dei soggetti pubblici e privati. Il POC deve comunque prevedere:

a) l'elenco delle unità immobiliari, con l'indicazione delle proprietà e delle destinazioni d'uso, attuali e di progetto;

b) le soluzioni progettuali elaborate in scala adeguata;

c) i costi dell'intervento e la ripartizione degli stessi tra i soggetti partecipanti al programma;

d) i tempi di esecuzione del programma e le diverse fasi temporali di realizzazione degli interventi;

e) gli atti unilaterali d'obbligo ovvero gli accordi di cui all'articolo 18;

f) l'elenco delle proprietà che non partecipano alla realizzazione dell'intervento;

g) l'individuazione delle eventuali varianti agli strumenti urbanistici generali e la definizione dei loro contenuti cartografici o normativi.

3. Nel definire le modalità di attuazione di ciascun nuovo insediamento o intervento di riqualificazione il P.O.C. applica criteri di perequazione ai sensi dell'art. 7.

4. Il P.O.C. programma la contestuale realizzazione e completamento degli interventi di trasformazione e delle connesse dotazioni territoriali e infrastrutture per la mobilità. A tale scopo il piano può assumere, anche in deroga ai limiti temporali definiti dal comma 1, il valore e gli effetti del P.U.A., ovvero individuare le previsioni da sottoporre a pianificazione attuativa, stabilendone indici, usi e parametri.

5. Il P.O.C. può stabilire che gli interventi di trasformazione previsti siano attuati attraverso società aventi come oggetto la trasformazione di aree urbane, di cui all'art. 6 della L.R. 3 luglio 1998, n. 19.

6. Il P.O.C. disciplina inoltre i progetti di tutela, recupero e valorizzazione del territorio rurale di cui all'art. 49 nonché la realizzazione di dotazioni, ecologiche o di servizi ambientali negli ambiti agricoli periurbani ai sensi del comma 4 dell'art. A-20 dell'allegato.

7. Il P.O.C. si coordina con il bilancio pluriennale comunale ed ha il valore e gli effetti del programma pluriennale di attuazione, di cui all'art. 13 della legge 28 gennaio 1977, n. 10. Esso costituisce strumento di indirizzo e coordinamento per il programma triennale delle opere pubbliche e per gli altri strumenti comunali settoriali, previsti da leggi statali e regionali.

8. Il P.O.C. può inoltre assumere il valore e gli effetti:

a) dei progetti di valorizzazione commerciale di aree urbane, di cui all'art. 8 della L.R. 5 luglio 1999, n. 14;
b) dei piani, pluriennali per la mobilità ciclistica, di cui alla legge 19 ottobre 1998, n. 366.

9. Le previsioni del P.O.C. relative alle infrastrutture per la mobilità possono essere modificate e integrate dal Piano urbano del traffico (P.U.T.), approvato ai sensi del comma 4 dell'art. 22.

10. Per selezionare gli ambiti nei quali realizzare nell'arco temporale di cinque anni interventi di nuova urbanizzazione e di sostituzione o riqualificazione tra tutti quelli individuati dal P.S.C., il Comune può attivare un concorso pubblico, per valutare le proposte di intervento che risultano più idonee a soddisfare gli obiettivi e gli standard di qualità urbana ed ecologico-ambientale, definiti dal P.S.C. Al concorso possono prendere parte i proprietari degli immobili situati negli ambiti individuati dal P.S.C. nonché gli operatori interessati a partecipare alla realizzazione degli interventi. Alla conclusione delle procedure concorsuali il Comune stipula, ai sensi dell'art. 18, un accordo con gli aventi titolo alla realizzazione degli interventi. Per gli ambiti di riqualificazione, l'attività di cui al presente comma è svolta, sulla base di quanto previsto dall'articolo 1, comma 1-bis, della legge regionale n. 19 del 1998, assicurando la massima partecipazione e cooperazione dei soggetti pubblici e privati, nelle forme più idonee individuate dall'Amministrazione comunale, con particolare attenzione al coinvolgimento dei cittadini che risiedono o operano nell'ambito da riqualificare ovvero negli ambiti urbani interessati dagli effetti della riqualificazione. La deliberazione di approvazione del POC si esprime sulle specifiche proposte avanzate da amministrazioni, associazioni e parti sociali.

11. Al fine di favorire l'attuazione degli interventi di trasformazione, il P.O.C. può assegnare quote di edificabilità quale equo ristoro del sacrificio imposto ai proprietari con l'apposizione del vincolo di destinazione per le dotazioni territoriali o per le infrastrutture per la mobilità. Per il medesimo scopo lo strumento urbanistico può prevedere, anche attraverso la stipula di accordi di cui all'art. 18, il recupero delle cubature afferenti alle aree da destinare a servizi, su diverse aree del territorio urbano.

12. Per le opere pubbliche e di interesse pubblico, la deliberazione di approvazione del P.O.C. che assume il valore e gli effetti del P.U.A. comporta la dichiarazione di pubblica utilità delle opere ivi previste. Gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità cessano se le opere non hanno inizio entro cinque anni dall'entrata in vigore del P.O.C.

13. L'individuazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi, di cui all'art. 2 del d.P.R. n. 447 del 1998, è attuata dal Comune nell'ambito della predisposizione del P.O.C. o delle sue varianti. I progetti relativi alla realizzazione, ampliamento, ristrutturazione o riconversione degli impianti produttivi possono comportare variazioni al P.O.C., secondo le modalità e i limiti previsti dall'art. 5 del citato d.P.R. n. 447 del 1998.

14. Attraverso il P.O.C. sono individuate le aree per gli impianti di distribuzione dei carburanti, ai sensi del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32.

Art. 31. Piani urbanistici attuativi (P.U.A.).

1. I Piani urbanistici attuativi (P.U.A.) sono gli strumenti urbanistici di dettaglio per dare attuazione agli interventi di nuova urbanizzazione e di riqualificazione, disposti dal P.O.C. qualora esso stesso non ne assuma i contenuti.

2. I P.U.A. possono assumere, in considerazione degli interventi previsti, il valore e gli effetti dei seguenti piani o programmi:

a) i piani particolareggiati e i piani di lottizzazione, di cui agli artt. 13 e 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150;

b) i piani per l'edilizia economica e popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167;

c) i piani delle aree da destinare ad insediamenti produttivi di cui all'art. 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865;

d) i piani di recupero di cui alla legge 5 agosto 1978, n. 457;

e) i programmi integrati di intervento di cui all'art. 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179;

f) i programmi di recupero urbano di cui all'art. 11 del D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, convertito dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493.

2-bis. Per le opere pubbliche e di interesse pubblico la deliberazione di approvazione del P.U.A. comporta la dichiarazione di pubblica utilità delle opere ivi previste.

3. Il Comune può stabilire il ricorso al P.U.A. per dare attuazione ai progetti di valorizzazione commerciale di aree urbane previsti dal P.O.C. ai sensi della lettera a) del comma 8 dell'art. 30.

4. Il programma di riqualificazione urbana, di cui all'art. 4 della L.R. 3 luglio 1998, n. 19, assume il valore e produce gli effetti del P.U.A.

5. In sede di approvazione del P.U.A. il Comune può attribuire all'atto deliberativo valore di concessione edilizia, per tutti o parte degli interventi previsti, a condizione che sussistano tutti i requisiti dell'opera e siano stati ottenuti i pareri, le autorizzazioni ed i nulla osta cui è subordinato il rilascio della concessione edilizia. Le eventuali varianti alle concessioni edilizie, relative a tali interventi, possono essere rilasciate, a norma delle disposizioni vigenti, senza la necessità di pronunce deliberative.

6. Al fine di disciplinare i rapporti derivanti dall'attuazione degli interventi previsti dal P.U.A., è stipulata una apposita convenzione.

Sezione II - Procedimenti di approvazione

Art. 32. Procedimento di approvazione del P.S.C.

1. Il procedimento disciplinato dal presente articolo trova applicazione per l'elaborazione e l'approvazione del P.S.C. e delle sue varianti.

2. La Giunta comunale elabora un documento preliminare del piano. Per l'esame congiunto del documento preliminare il Sindaco convoca una conferenza di pianificazione ai sensi dell'art. 14, alla quale partecipano:

a) la Provincia;

b) i comuni contermini ovvero quelli individuati dal P.T.C.P. ai sensi del comma 3 dell'art. 13;

c) la Comunità montana e gli enti di gestione delle aree naturali protette territorialmente interessati.

2-bis. Qualora il contenuto del documento preliminare implichi scelte strategiche di interesse regionale, il Comune promuove la conclusione di un accordo territoriale, ai sensi dell'articolo 13, comma 3-ter, e provvede all'attuazione di quanto stabilito dall'accordo stesso.

3. Alla conclusione della conferenza di pianificazione la Provincia ed il Comune possono stipulare un accordo di pianificazione ai sensi del comma 7 dell'art. 14. L'accordo attiene in particolare ai dati conoscitivi e valutativi dei sistemi territoriali e ambientali, ai limiti e condizioni per lo sviluppo sostenibile del territorio comunale, nonché alle indicazioni in merito alle scelte strategiche di assetto dello stesso. La stipula dell'accordo di pianificazione comporta la riduzione della metà dei termini di cui ai commi 7 e 10 e la semplificazione procedurale di cui al comma 9.

4. A seguito della conclusione della fase di concertazione, il Consiglio comunale adotta il piano. Copia del piano è trasmessa alla Giunta provinciale e agli enti di cui al comma 2.

5. Il piano adottato è depositato presso la sede del Comune per sessanta giorni dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'avvenuta adozione. L'avviso contiene l'indicazione della sede presso la quale il piano è depositato e dei termini entro i quali chiunque può prenderne visione. L'avviso è pubblicato altresì su almeno un quotidiano a diffusione locale e il Comune può attuare ogni altra forma di divulgazione ritenuta opportuna.

6. Entro la scadenza del termine di deposito di cui al comma 5 possono formulare osservazioni e proposte i seguenti soggetti:

a) gli enti e organismi pubblici;

b) le associazioni economiche e sociali e quelle costituite per la tutela di interessi diffusi;

c) i singoli cittadini nei confronti dei quali le previsioni del piano adottato sono destinate a produrre effetti diretti.

7. Entro il termine perentorio di centoventi giorni dal ricevimento del piano, la Giunta provinciale può sollevare riserve in merito alla conformità del P.S.C. al P.T.C.P. e agli altri strumenti della pianificazione provinciale e regionale, limitatamente agli ambiti delle materie di pertinenza dei piani stessi, nonché alle eventuali determinazioni assunte in sede di accordo di pianificazione di cui al comma 3. Le riserve non formulate nella presente fase non possono essere sollevate in sede di espressione dell'intesa di cui al comma 10.

8. Il Comune, in sede di approvazione del P.S.C., è tenuto ad adeguarsi alle riserve ovvero ad esprimersi sulle stesse con motivazioni puntuali e circostanziate.

9. Qualora sia intervenuto l'accordo di pianificazione, siano state accolte integralmente le eventuali riserve provinciali di cui al comma 7 e non siano introdotte modifiche sostanziali al piano in accoglimento delle osservazioni presentate, il Consiglio comunale decide sulle osservazioni e approva il piano, dichiarandone la conformità agli strumenti di pianificazione di livello sovraordinato.

10. Fuori dal caso di cui al comma 9, l'approvazione del P.S.C. è subordinata all'acquisizione dell'intesa della Provincia in merito alla conformità del piano agli strumenti della pianificazione di livello sovraordinato. La Giunta provinciale esprime l'intesa entro il termine perentorio di novanta giorni dalla richiesta. Trascorso inutilmente tale termine l'intesa si intende espressa nel senso dell'accertata conformità del P.S.C. agli strumenti di pianificazione provinciali e regionali. L'intesa può essere subordinata all'inserimento nel piano delle modifiche necessarie per soddisfare le riserve di cui al comma 7, ove le stesse non risultino superate, ovvero per rendere il piano controdedotto conforme agli strumenti della pianificazione di livello sovraordinato, nonché alle determinazioni assunte in sede di accordo di pianificazione di cui al comma 3, ove stipulato.

11. In assenza dell'intesa della Provincia per talune previsioni del P.S.C., il Consiglio comunale può approvare il piano per tutte le altre parti sulle quali abbia acquisito l'intesa stessa.

12. Copia integrale del piano approvato è trasmessa alla Provincia e alla Regione ed è depositata presso il Comune per la libera consultazione. La Regione provvede alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale dell'avviso dell'avvenuta approvazione del piano. Dell'approvazione è data altresì notizia, a cura dell'Amministrazione comunale, con avviso su almeno un quotidiano a diffusione locale.

13. Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'approvazione, ai sensi del comma 12.

Art. 32-bis. Procedimento per varianti specifiche al PSC.

1. Il procedimento disciplinato dal presente articolo trova applicazione per l'elaborazione e l'approvazione delle varianti specifiche o tematiche al PSC nei seguenti casi:

a) adeguamento del piano alle disposizioni di legge, statali e regionali, che abbiano valenza territoriale;

b) recepimento delle previsioni di piani sovraordinati;

c) adeguamento del piano alle previsioni localizzative immediatamente cogenti contenute in programmi di intervento regionali o provinciali;

d) varianti specifiche che non modifichino le previsioni di cui all'articolo 28, comma 2, lettere a), b), c) ed e);

e) modificazioni e aggiornamento del quadro conoscitivo e delle conseguenti previsioni del piano, attinenti alla perimetrazione degli ambiti interessati da vincoli o limiti relativi alla tutela dei beni ambientali, paesaggistici e culturali, alla protezione della natura, alla riduzione dei rischi e alla difesa del suolo;

f) rettifiche di errori materiali presenti nella cartografia di base e nella rappresentazione dello stato di fatto.

2. In luogo della convocazione della conferenza di pianificazione, la consultazione degli enti che svolgono compiti di governo del territorio, ai fini dell'elaborazione della variante, è svolta in forma scritta. A tal fine, copia della proposta di piano da adottare è inviata, anche attraverso apposito supporto informatico, ai soggetti di cui all'articolo 32, comma 2, all'articolo 14, comma 3, secondo e terzo periodo, e comma 4, i quali possono trasmettere i propri contributi istruttori entro il termine perentorio di sessanta giorni dal ricevimento. Il Comune nell'adozione e approvazione del PSC prescinde dall'esame dei contributi presentati tardivamente.

3. Si applica l'articolo 32, commi da 4 a 13, essendo comunque ridotti della metà i termini per il deposito del piano adottato, per la presentazione di osservazioni e per la espressione delle riserve e dell'intesa da parte della Provincia.

Art. 33. Procedimento di approvazione del R.U.E.

1. Il Comune adotta il R.U.E. e procede al suo deposito presso la propria sede per sessanta giorni, dandone avviso su almeno un quotidiano a diffusione locale. Entro la scadenza del termine di deposito chiunque può formulare osservazioni. Il Comune decide sulle osservazioni presentate ed approva il R.U.E. Il medesimo procedimento si applica anche per le modifiche al R.U.E.

2. Copia integrale del RUE approvato è trasmessa alla Provincia e alla Regione ed è depositata presso il Comune per la libera consultazione. La Regione provvede alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale dell'avviso dell'avvenuta approvazione del piano. Dell'approvazione è data altresì notizia, a cura dell'Amministrazione comunale, con avviso su almeno un quotidiano a diffusione locale.

3. Il R.U.E. entra in vigore dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso di cui al comma 2.

4. Ogni modifica del R.U.E. comporta l'obbligo della sua redazione in forma di testo coordinato.

4-bis. Il RUE, qualora presenti la disciplina particolareggiata di parti del territorio urbanizzato di cui all'articolo 29, comma 2-bis, è adottato ed approvato con il procedimento previsto dall'articolo 34.

Art. 34. Procedimento di approvazione del P.O.C.

1. Il procedimento disciplinato dal presente articolo trova applicazione per l'elaborazione e l'approvazione del P.O.C. e delle sue modifiche. La medesima disciplina si applica altresì al Piano comunale delle attività estrattive (P.A.E.) e ai piani settoriali comunali con valenza territoriale per i quali la legge non detti una specifica disciplina in materia.

2. Nella predisposizione del P.O.C., il Comune attua le forme di consultazione e partecipazione nonché di concertazione con le associazioni economiche e sociali previste dallo statuto o da appositi regolamenti. Per la predisposizione dei POC relativi ad interventi di riqualificazione urbana, il Comune attua speciali modalità di consultazione dei cittadini che risiedono o operano nell'ambito di riqualificazione ovvero negli ambiti urbani interessati dagli effetti della riqualificazione, quali l'istruttoria pubblica e il contradditorio pubblico, nonché le forme di partecipazione degli operatori pubblici e privati, stabilite dall'articolo 30, comma 10.

3. I pareri e gli atti di assenso comunque denominati previsti dalla legislazione vigente in ordine ai piani regolatori generali sono rilasciati dalle amministrazioni competenti in sede di formazione del P.O.C., in coerenza con le valutazioni espresse ai sensi del comma 3 dell'art. 14.

4. Il P.O.C. è adottato dal Consiglio ed è depositato presso la sede del Comune per sessanta giorni dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'avvenuta adozione. L'avviso contiene l'indicazione della sede presso la quale il piano è depositato e dei termini entro i quali chiunque può prenderne visione. L'avviso è pubblicato altresì su almeno un quotidiano a diffusione locale e il Comune può attuare ogni altra forma di divulgazione ritenuta opportuna.

5. Entro la scadenza del termine di deposito di cui al comma 4 chiunque può formulare osservazioni.

6. Contemporaneamente al deposito, il P.O.C. viene trasmesso alla Provincia la quale, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data di ricevimento, può formulare riserve relativamente a previsioni di piano che contrastano con i contenuti del P.S.C. o con le prescrizioni di piani sopravvenuti di livello territoriale superiore. Trascorso inutilmente tale termine si considera espressa una valutazione positiva.

7. Nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 4, il Consiglio comunale decide in merito alle osservazioni presentate, adegua il piano alle riserve formulate ovvero si esprime sulle stesse con motivazioni puntuali e circostanziate ed approva il piano.

8. Copia integrale del piano approvato è trasmessa alla Provincia e alla Regione ed è depositata presso il Comune per la libera consultazione. La Regione provvede alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale dell'avviso dell'avvenuta approvazione del piano. Dell'approvazione è data altresì notizia, a cura dell'Amministrazione comunale, con avviso su almeno un quotidiano a diffusione locale.

9. Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'approvazione, ai sensi del comma 8.

Art. 35. Procedimento di approvazione dei P.U.A.

1. Dopo l'adozione il Comune procede al deposito dei PUA presso la propria sede per sessanta giorni, dandone avviso su almeno un quotidiano a diffusione locale. Per i P.U.A. d'iniziativa privata non si procede ad adozione e gli stessi sono presentati per la pubblicazione nei modi definiti dal Comune, fermo restando che l'atto di autorizzazione o il preavviso di diniego dello stesso sono comunicati agli interessati entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data di presentazione dell'istanza, completa della necessaria documentazione.

2. Entro la scadenza del termine di deposito di cui al comma precedente chiunque può formulare osservazioni.

3. Il Comune decide in merito alle osservazioni presentate ed approva il P.U.A.

4. Il P.U.A. contestualmente al deposito viene trasmesso alla Provincia, la quale, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data di ricevimento, può formulare osservazioni relativamente a previsioni di piano che contrastano con i contenuti del P.S.C. o con le prescrizioni di piani sopravvenuti di livello superiore. [Trascorso inutilmente tale termine si considera espressa una valutazione positiva] . Il Comune è tenuto, in sede di approvazione, ad adeguare, il piano alle osservazioni formulate ovvero ad esprimersi sulle stesse con motivazioni puntuali e circostanziate. Il Comune, qualora non siano stati espressi sul PUA i pareri e gli atti di assenso comunque denominati previsti dalla legislazione vigente, convoca per la loro acquisizione una conferenza di servizi ai sensi dell'articolo 14 e seguenti della legge n. 241 del 1990, prima dell'invio alla Provincia del piano adottato. I lavori della conferenza di servizi sono conclusi comunque entro il termine perentorio di trenta giorni.

4-bis. Copia integrale del piano approvato è depositata presso il Comune per la libera consultazione. L'avviso dell'avvenuta approvazione del piano è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione. Dell'approvazione è data altresì notizia con avviso su almeno un quotidiano a diffusione locale.

4-ter. Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'approvazione, ai sensi del comma 4-bis.

Capo IV - Contenuti della pianificazione

Art. 36. Contenuti della pianificazione.

1. Le disposizioni del presente titolo in merito ai contenuti degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica sono specificate e integrate da quanto disposto dall'allegato che costituisce parte integrante della presente legge.

2. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta d'intesa con la Conferenza Regione-Autonomie locali, può modificare l'allegato di cui al comma 1, per dare attuazione a normative comunitarie o nazionali ovvero per adeguare le sue previsioni anche in considerazione dei risultati dell'applicazione della presente legge.

TITOLO III - Opere pubbliche e accordi di programma

Art. 36-bis. Localizzazione delle opere pubbliche.

1. La localizzazione delle opere pubbliche è operata dagli strumenti di pianificazione urbanistica, ovvero da loro varianti, che ne prevedono la realizzazione. In particolare:

a) il PSC provvede alla previsione dell'opera e alla indicazione di massima della sua localizzazione, attraverso la individuazione degli ambiti idonei e dei corridoi di fattibilità. Esso definisce inoltre i requisiti prestazionali dell'opera e le condizioni di sostenibilità della stessa, indicando le opere di mitigazione o compensazione ambientale ovvero le fasce di ambientazione o le altre dotazioni ecologiche e ambientali ritenute necessarie;
b) il POC stabilisce la puntuale localizzazione dell'opera, con la conseguente apposizione del vincolo preordinato all'esproprio, anche apportando rettifiche non sostanziali ai perimetri degli ambiti idonei ed ai corridoi individuati dal PSC. Esso disciplina altresì le modalità attuative dell'opera e le dotazioni o misure che ne assicurano la sostenibilità ambientale e territoriale, in conformità alle previsioni del PSC.

2. I provvedimenti diretti alla localizzazione delle opere di interesse statale difformi dagli strumenti urbanistici, gli accordi per la localizzazione di opere regionali o provinciali, gli accordi di programma, l'approvazione del progetto di opere pubbliche attraverso il procedimento unico e ogni altro atto cui la legge riconosce l'effetto della localizzazione dell'opera, comportano variante al PSC. I medesimi atti comportano altresì variante al POC qualora prevedano la realizzazione delle opere nei cinque anni successivi alla loro approvazione e presentino gli elaborati richiesti dalla vigente normativa per detto piano.

Art. 36-ter. Procedimento unico per l'approvazione dei progetti di opere pubbliche e di interesse pubblico.

1. Al fine di assicurare la contestuale valutazione di tutti gli interessi, pubblici e privati, coinvolti dall'attuazione delle opere pubbliche e di interesse pubblico e di pervenire alla celere approvazione e realizzazione delle stesse, il Comune, la Provincia e la Regione promuovono lo svolgimento del procedimento unico per l'approvazione dei progetti delle opere pubbliche e delle opere di interesse pubblico di propria competenza. I medesimi Enti, su istanza dei soggetti proponenti, curano lo svolgimento del procedimento unico per le opere che risultino rispettivamente di rilievo comunale, provinciale o regionale, in ragione della dimensione territoriale degli interventi e degli effetti ambientali, urbanistici e infrastrutturali che gli stessi comportano. Per le opere di rilievo comunale e provinciale soggette a procedura di verifica (screening) o a procedura di V.I.A., di competenza di un ente sovraordinato ai sensi dell'articolo 5 della legge regionale 18 maggio 1999, n. 9 (Disciplina della procedura di valutazione dell'impatto ambientale), lo svolgimento del procedimento unico è curato da tale ente. Il procedimento unico trova applicazione anche per le opere ed i lavori oggetto di contratti di partenariato pubblico privato di cui all'articolo 3, comma 15-bis, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione della direttiva 2004/17/CE e della direttiva 2004/18/CE).

2. Il procedimento unico si compone delle seguenti fasi:

a) l'approvazione del progetto preliminare, disciplinata dall'articolo 36-sexies, la quale comporta la localizzazione dell'opera, ove non prevista dagli strumenti di pianificazione urbanistica, e la conseguente apposizione di vincolo preordinato all'esproprio, l'eventuale modifica degli strumenti di pianificazione territoriale, generali o settoriali, che presentino previsioni incompatibili con la realizzazione dell'opera, e comprende la procedura di verifica (screening) nei casi previsti dalla legge regionale n. 9 del 1999;

b) l'approvazione del progetto definitivo, disciplinata dall'articolo 36-septies, la quale comporta la dichiarazione di pubblica utilità, comprende la valutazione di impatto ambientale, nei casi previsti dalla legge regionale n. 9 del 1999, e sostituisce ogni autorizzazione, concessione, nulla osta, parere o atto di assenso, comunque denominato, richiesto dalla normativa vigente per la realizzazione dell'opera, producendone i relativi effetti anche ai fini edilizi.

3. Il procedimento unico si svolge in forma semplificata, nei casi e con le modalità previsti dall'articolo 36-octies.

4. Il ricorso al procedimento unico è facoltativo, fatti salvi i seguenti casi nei quali il medesimo procedimento è obbligatorio:

a) per le opere e infrastrutture strategiche di preminente interesse regionale, individuate dalla Giunta regionale, sentita la Conferenza Regione-Autonomie locali;
b) per le opere pubbliche che non siano conformi agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica e che siano soggette a valutazione di impatto ambientale. (lettera inapplicabile ai sensi dell’art. 64, comma 6, legge reg. n. 6 del 2009 per due anni dall’entrata in vigore della predetta legge)

5. Tutti gli oneri che derivino dall'attuazione degli adempimenti previsti dal procedimento unico sono a carico dell'amministrazione procedente per le proprie opere o del soggetto proponente e sono determinati forfetariamente dall'amministrazione procedente, in relazione al valore dell'opera, secondo i criteri definiti dalla Giunta regionale con apposita direttiva.

6. Per quanto non previsto dagli articoli da 36-quater a 36-octies trova applicazione la disciplina della conferenza di servizi prevista dalla legge n. 241 del 1990.

Art. 36-quater. Definizioni.

1. Ai fini del presente Titolo valgono le seguenti definizioni:

a) amministrazione procedente: la Regione, la Provincia, o il Comune, che promuove lo svolgimento del procedimento unico per le proprie opere ovvero su richiesta del soggetto proponente, ai sensi del comma 1 dell'articolo 36-ter, ed esercita la funzione di impulso e coordinamento dello stesso;
b) soggetto proponente: il soggetto, diverso da Regione, Province e Comuni, cui compete, secondo la legislazione statale o regionale, la realizzazione di un'opera di rilievo regionale, provinciale o comunale. Per le opere pubbliche, il soggetto proponente partecipa al procedimento unico ai soli fini dell'approvazione del progetto preliminare e definitivo; per le opere di interesse pubblico, il soggetto proponente partecipa al procedimento unico senza diritto di voto;
c) enti territoriali: gli enti territoriali che concorrono, assieme all'amministrazione procedente, all'approvazione dell'opera con il procedimento unico. In particolare, costituiscono enti territoriali:

1) per i progetti di opere comunali o di interesse comunale, la Provincia nonché la Regione, nel caso in cui la localizzazione dell'opera comporti variante anche a strumenti di pianificazione territoriale provinciale o regionale ovvero nel caso in cui il progetto sia soggetto a procedura di verifica (screening) o a valutazione di impatto ambientale di competenza regionale;
2) per i progetti di opere provinciali o di interesse provinciale, i Comuni territorialmente interessati dalla localizzazione dell'opera, nonché la Regione nelle ipotesi descritte al precedente punto 1;
3) per i progetti di opere regionali o di interesse regionale, le Province e i Comuni territorialmente interessati dalla localizzazione dell'opera;
4) i rappresentanti degli enti, diversi da quelli indicati dai punti 1), 2) e 3), che siano titolari degli strumenti di pianificazione per i quali l'approvazione del progetto dell'opera comporti variante;

d) soggetti partecipanti: gli enti che partecipano alla conferenza preliminare ed in particolare:

1) gli enti chiamati, a norma dell'articolo 34, comma 3, della presente legge, ad esprimere i pareri e gli atti di assenso comunque denominati, richiesti dalla legislazione vigente per l'approvazione dei piani urbanistici comunali generali, qualora l'approvazione del progetto preliminare comporti la localizzazione dell'opera in variante al POC;
2) tutte le amministrazioni competenti a rilasciare, sul progetto definitivo, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta, parere o atto di assenso comunque denominato, richiesto dalla normativa vigente per la realizzazione dell'opera.

Art. 36-quinquies. Partecipazione.

1. Nel procedimento unico di cui al presente titolo sono garantiti il diritto di accesso alle informazioni che attengono al progetto dell'opera e ai suoi effetti sul territorio e sull'ambiente, la consultazione e la partecipazione al procedimento dei cittadini e delle associazioni costituite per la tutela di interessi diffusi, secondo le modalità indicate negli articoli 36-sexies e 36-septies.

2. L'amministrazione procedente può individuare un garante della comunicazione e della partecipazione, distinto dal responsabile del procedimento, il quale cura l'attuazione dei compiti indicati dal comma 1.

3. Il garante assicura lo svolgimento del percorso partecipativo o dell'Istruttoria pubblica; garantisce la massima accessibilità ai materiali e la trasparenza, anche in via informatica su appositi siti web, della valutazione dei documenti sottoposti al dibattito e della elaborazione di quelli prodotti nel corso del dibattito stesso; cura la conclusione del processo partecipativo, predisponendo la sintesi dei pareri, delle proposte e delle osservazioni avanzate.

Art. 36-sexies. Approvazione del progetto preliminare.

1. Per l'esame e l'approvazione del progetto preliminare dell'opera l'amministrazione procedente convoca una conferenza di servizi secondo quanto disposto dal presente articolo, allegando copia del progetto predisposto ai sensi del comma 3. Il materiale progettuale deve evidenziare in forma grafica, fotografica o elettronica gli effetti dell'opera sul territorio circostante e in particolare sui punti paesaggistici e storici più rilevanti al fine di potere valutare anche visivamente gli impatti relativi.

2. In alternativa all'invio su supporto cartaceo, l'amministrazione procedente ha facoltà di provvedere alla trasmissione del progetto e degli elaborati necessari alla approvazione dello stesso su supporto informatico non modificabile. Le amministrazioni che non dispongono di adeguati mezzi di gestione del supporto informatico possono richiedere l'invio di una copia cartacea.

3. Il progetto preliminare, qualora comporti la localizzazione dell'opera in variante agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, presenta altresì gli elaborati richiesti dalla normativa vigente per la valutazione e approvazione dei medesimi strumenti. Ove i progetti delle opere siano soggetti, ai sensi della legge regionale n. 9 del 1999, a procedura di verifica (screening), il progetto preliminare è corredato dagli elaborati di cui all'articolo 9 della medesima legge.

4. Per progetti di particolare complessità, l'autorità procedente, anche su motivata istanza del soggetto proponente, può convocare la conferenza di servizi di cui al presente articolo, per l'esame dello studio di fattibilità dell'opera pubblica che intende sottoporre al procedimento unico. La conferenza esprime una valutazione di massima sullo studio di fattibilità e fornisce indicazioni in merito alle condizioni per ottenere i necessari atti di assenso nei successivi livelli di progettazione, evidenziando le specifiche modifiche progettuali necessarie. Le valutazioni e le indicazioni sullo studio di fattibilità sono tenute in considerazione per lo svolgimento delle attività della conferenza dei servizi nelle successive fasi del procedimento unico. La convocazione della conferenza di servizi per l'esame dello studio di fattibilità è obbligatoria nel caso in cui i lavori siano da affidare in concessione ai sensi di quanto previsto dall'articolo 153 del decreto legislativo n. 163 del 2006.

5. Alla conferenza di servizi partecipano:

a) l'amministrazione procedente;

b) l'eventuale soggetto proponente;

c) gli enti territoriali;

d) i soggetti partecipanti.

6. Alla conferenza di servizi sono chiamati a partecipare gli eventuali gestori delle opere interferenti che siano state individuate dal progetto o che siano prevedibili, in considerazione delle caratteristiche e della localizzazione dell'opera.

7. Nel caso di progetti di opere sottoposti a procedura di verifica (screening), l'autorità competente ai sensi della legge regionale n. 9 del 1999, si esprime nell'ambito della conferenza di servizi e può accertare la necessità di assoggettare il progetto definitivo a valutazione di impatto ambientale, ai sensi dell'articolo 10 della medesima legge regionale.

8. Contemporaneamente all'invio della convocazione della conferenza di servizi di cui al comma 1, copia del progetto preliminare è depositata presso le sedi degli enti territoriali interessati dalla realizzazione dei lavori a cura dell'amministrazione procedente, per sessanta giorni decorrenti dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'avvio dell'eventuale processo partecipativo e del procedimento nel suo complesso di approvazione del progetto preliminare. Entro la scadenza del termine perentorio di deposito, chiunque può formulare osservazioni e proposte. L'avviso è pubblicato altresì su almeno un quotidiano diffuso nell'ambito territoriale interessato dalla realizzazione dell'opera. Tali adempimenti possono essere delegati dall'amministrazione procedente all'eventuale soggetto proponente. L'avviso contiene, in particolare, l'indicazione:

a) delle sedi presso le quali il progetto è depositato e del termine perentorio entro cui chiunque può prenderne visione, ottenere le informazioni pertinenti e formulare osservazioni e proposte;

b) degli effetti che derivino dall'approvazione del progetto, secondo quanto specificato dall'articolo 36-ter, comma 2, lettera a);

c) del responsabile del procedimento e del garante della comunicazione, ove nominato, e della data di inizio e conclusione del procedimento;

d) della data e del luogo dell'istruttoria pubblica eventualmente prevista, ai sensi del comma 10.

9. Qualora la realizzazione dell'opera comporti la necessità di apporre il vincolo preordinato all'esproprio, l'avviso avente i contenuti di cui al comma 8 è comunicato, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento, a coloro che risultino proprietari delle aree interessate secondo le risultanze dei registri catastali. Qualora, ad esito della conferenza, occorra apportare modifiche localizzative o del tracciato dell'opera che coinvolgano nuovi soggetti, l'amministrazione procedente provvede all'integrazione della comunicazione dell'avviso dell'avvio del procedimento. I proprietari delle aree interessate possono presentare osservazioni entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione.

10. L'amministrazione procedente, anche in considerazione della natura dell'opera da realizzare, ha la facoltà di attuare, anche su richiesta del garante, ulteriori forme di consultazione e di partecipazione dei cittadini al processo di valutazione e approvazione del progetto. In particolare, l'amministrazione procedente può attivare un processo partecipativo o promuovere un'istruttoria pubblica con le amministrazioni, le associazioni, i comitati e i gruppi di cittadini portatori di interessi a carattere non individuale, per fornire una completa informazione sul progetto e acquisire elementi di conoscenza e di giudizio, al fine dell'assunzione delle determinazioni conclusive sul progetto preliminare. L'istruttoria pubblica è sempre promossa nei casi di opere la cui valutazione richiede il necessario coinvolgimento della comunità locale, per i significativi impatti ambientali e territoriali. Qualora lo ritenga opportuno, l'amministrazione procedente può promuovere altresì un contraddittorio pubblico con coloro che hanno presentato osservazioni e proposte, chiamando a parteciparvi anche l'eventuale soggetto proponente.

11. Nel corso della prima seduta, dopo la verifica della legittimazione dei partecipanti, la conferenza di servizi assume le determinazioni relative all'organizzazione dei propri lavori e la data di conclusione degli stessi, successiva alla scadenza dei termini previsti dai commi 8 e 9 e comunque non superiore a sessanta giorni. Su richiesta della maggioranza dei partecipanti il termine è prorogato di altri trenta giorni qualora siano necessari approfondimenti istruttori. Ciascuna amministrazione partecipa alla conferenza con un unico rappresentante, legittimato dagli organi istituzionalmente competenti ad esprimere definitivamente ed in modo vincolante le valutazioni e le volontà dell'ente.

12. Nel corso della conferenza di servizi è acquisito il parere dei soggetti partecipanti di cui all'articolo 36-quater, comma 1, lettera d, punto 1), in merito alle varianti al POC conseguenti all'approvazione del progetto preliminare. I soggetti partecipanti di cui all'articolo 36-quater, comma 1, lettera d), punto 2), esprimono le loro indicazioni in merito agli eventuali elementi che precludono la realizzazione del progetto, ovvero alle condizioni per ottenere sul progetto definitivo le autorizzazioni, le concessioni, i nulla osta, i pareri e gli atti di assenso comunque denominati, richiesti dalla normativa vigente, specificando altresì la documentazione e gli elaborati progettuali necessari per il rilascio dei suddetti atti.

13. A conclusione della conferenza di servizi l'amministrazione procedente, l'eventuale soggetto proponente e gli enti territoriali esprimono la propria determinazione in merito alla decisione sulle osservazioni e proposte presentate e all'approvazione del progetto preliminare, tenendo conto dei contributi istruttori dei soggetti partecipanti di cui al comma 12 e delle risultanze delle eventuali forme di consultazione di cui al comma 10.

14. Il documento conclusivo della conferenza di servizi può stabilire prescrizioni che dovranno essere osservate in sede di predisposizione del progetto definitivo ovvero può apportare modifiche al progetto preliminare originario, senza che ciò comporti la necessità di ulteriori procedure di pubblicità o di comunicazione dell'avvio del procedimento, fermo restando quanto disposto dal secondo periodo del comma 9.

15. Qualora il progetto dell'opera comporti variante agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, l'assenso dei rappresentanti degli enti titolari degli strumenti predetti è subordinato alla preventiva pronuncia dei rispettivi organi consiliari, ovvero è soggetto, a pena di decadenza, a ratifica da parte dei medesimi organi entro trenta giorni dalla conclusione della conferenza di servizi.

16. Nei quindici giorni successivi alla conclusione positiva della conferenza di servizi, ai sensi del comma 13, ovvero successivi alla ratifica da parte degli organi consiliari, nei casi di cui al comma 15, il progetto preliminare è approvato con atto dell'amministrazione procedente. L'atto di approvazione è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione.

17. Qualora non si raggiunga il consenso per i profili che attengono alla localizzazione dell'opera ovvero l'accordo non sia ratificato dagli organi consiliari ai sensi del comma 15, il soggetto proponente o l'amministrazione procedente, per le opere di propria competenza, possono richiedere, entro dieci giorni, una determinazione conclusiva del procedimento alla Regione. La proposta di determinazione conclusiva è elaborata dalla Giunta regionale sentiti il richiedente e l'amministrazione dissenziente, ed è deliberata dall'Assemblea legislativa entro il termine di quarantacinque giorni dal ricevimento. La delibera dell'Assemblea legislativa regionale è pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

18. L'atto di approvazione del progetto preliminare, formato ai sensi dei commi 16 o 17 del presente articolo, è efficace dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione e produce gli effetti previsti dall'articolo 36-ter, comma 2, lettera a).

Art. 36-septies. Approvazione del progetto definitivo.

1. Il progetto definitivo delle opere pubbliche e di interesse pubblico sottoposte al procedimento unico di cui al presente Titolo, è predisposto in conformità alle indicazioni e prescrizioni stabilite dalla conferenza di servizi ai sensi dell'articolo 36-sexies, commi 12 e 14. Il progetto è altresì corredato dallo studio di impatto ambientale, qualora l'opera sia sottoposta a valutazione di impatto ambientale, ai sensi della legge regionale n. 9 del 1999. Il progetto definitivo è elaborato dall'amministrazione procedente, per le opere di propria competenza, ovvero dal soggetto proponente che lo trasmette all'amministrazione procedente per l'avvio del procedimento di approvazione.

2. Per l'approvazione del progetto definitivo l'amministrazione procedente convoca una conferenza di servizi, cui partecipano l'eventuale soggetto proponente, gli enti territoriali e i soggetti partecipanti indicati dall'articolo 36-quater, comma 1, lettera d), punto 2). La convocazione, con la copia del progetto definitivo allegata, deve pervenire almeno trenta giorni prima della data fissata per la prima riunione della conferenza. Trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 36-sexies, comma 2, e, per i progetti sottoposti a procedura di V.I.A., le disposizioni di cui al Titolo III della legge regionale n. 9 del 1999.

3. Nel caso di progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale, trovano applicazione le forme di pubblicità previste dagli articoli 14 e 15 della legge regionale n. 9 del 1999, anche ai fini della dichiarazione di pubblica utilità dell'opera. Per i progetti non sottoposti a valutazione di impatto ambientale, si attuano le forme di pubblicità previste dall'art. 16 della legge regionale 19 dicembre 2002, n. 37 (Disposizioni regionali in materia di espropri). Contemporaneamente alla convocazione della conferenza di servizi, l'amministrazione procedente provvede alle eventuali comunicazioni personali previste dall'articolo 16 della medesima legge regionale n. 37 del 2002.

4. La valutazione di impatto ambientale è espressa dall'autorità competente ai sensi della legge regionale n. 9 del 1999, nell'ambito della conferenza di servizi e comprende e sostituisce la valutazione di incidenza di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche), e ogni atto di autorizzazione, approvazione o parere in campo ambientale, comunque denominato, richiesto per la realizzazione dell'opera.

5. La conferenza di servizi conclude i suoi lavori entro cento giorni dalla data della prima riunione. Su richiesta della maggioranza dei partecipanti, il termine è prorogato di altri sessanta giorni qualora siano necessari approfondimenti istruttori. Prima di pronunciarsi sul progetto definitivo, i soggetti indicati al comma 2 si esprimono congiuntamente sulle osservazioni presentate ai sensi del comma 3. I medesimi soggetti possono presentare motivate proposte di adeguamento del progetto definitivo o di varianti migliorative che non modifichino la localizzazione dell'opera e le caratteristiche essenziali della stessa.

6. L'approvazione del progetto definitivo ai sensi del presente articolo produce gli effetti indicati dall'articolo 36-ter, comma 2, lettera b). Essa contiene l'accertamento di conformità richiesto dall'articolo 7, comma 2, della legge regionale n. 31 del 2002.

7. Qualora l'approvazione del progetto definitivo dell'opera comporti la dichiarazione di pubblica utilità della stessa, l'amministrazione procedente provvede a depositare copia del progetto presso l'ufficio per le espropriazioni e ad effettuare le comunicazioni previste dall'articolo 18, comma 2, della legge regionale n. 37 del 2002.

Art. 36-octies. Procedimento unico semplificato.

1. Il procedimento unico di approvazione del progetto delle opere pubbliche e di interesse pubblico può svolgersi con modalità semplificate, su iniziativa dell'amministrazione procedente per le proprie opere o del soggetto proponente, nei seguenti casi:

a) opere già disciplinate dagli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica che ne stabiliscono la localizzazione;

b) opere di cui all'articolo 12, comma 6, della legge regionale n. 37 del 2002;

c) opere di cui all'articolo 16-bis della legge regionale n. 37 del 2002;

d) opere non ricomprese negli allegati A.1, A.2, A.3, B.1, B.2 e B.3 della legge regionale n. 9 del 1999.

2. Il procedimento unico si svolge e produce i suoi effetti secondo quanto disposto dall'articolo 36-septies, fatto salvo quanto previsto dal successivo comma 3.

3. Nel corso della conferenza di servizi l'amministrazione procedente, l'eventuale soggetto proponente e gli enti territoriali si esprimono preliminarmente in merito alla localizzazione delle opere di cui al comma 1, lettere b) e c). Le eventuali varianti agli strumenti di pianificazione territoriale urbanistica sono subordinate all'assenso dell'organo consigliare degli enti titolari degli strumenti predetti, ai sensi dell'articolo 36-sexies, comma 15. Il dissenso di uno degli enti territoriali sui profili appena richiamati comporta la conclusione del procedimento unico, con la mancata approvazione del progetto dell'opera, fatta salva la possibilità per l'amministrazione procedente, per le opere di propria competenza, o per il soggetto proponente di richiedere la determinazione dell'Assemblea legislativa prevista dall'articolo 36-sexies, comma 17.

Art. 37. Localizzazione delle opere di interesse statale.

1. L'intesa in ordine alla localizzazione delle opere pubbliche di interesse statale non conformi agli strumenti urbanistici, di cui all'art. 81 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, al D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383, nonché all'art. 25 della legge 17 maggio 1985, n. 210, è espressa, anche in sede di conferenza dei servizi:

a) dalla Giunta regionale, per le opere di rilievo nazionale o regionale ovvero che riguardino il territorio di due o più province;
b) dalla Provincia nei restanti casi.

2. L'intesa di cui al comma 1 è espressa sentiti i comuni interessati, i quali si pronunciano entro il termine di trenta giorni dal ricevimento degli atti. Trascorso tale termine, si prescinde dal parere.

3. La Giunta regionale specificai criteri di classificazione delle opere di interesse statale, ai fini della definizione delle competenze di cui al comma 1.

4. Nel caso di opere pubbliche di interesse statale già previste dagli strumenti urbanistici comunali approvati, la dichiarazione di conformità urbanistica resa dal Comune sostituisce l'intesa disciplinata dalle disposizioni richiamate dal comma 1.

5. Per le modifiche ad opere già assentite che derivino da approfondimenti progettuali o da adeguamenti tecnico-funzionali non si dà luogo all'intesa qualora il Comune ne dichiari la conformità urbanistica.

6. Per la localizzazione delle opere pubbliche di interesse statale, le Amministrazioni interessate possono richiedere alla Regione l'attivazione delle procedure di cui all'art. 40.

Art. 38. Opere di interesse regionale o provinciale.

1. Ai fini della realizzazione delle opere pubbliche previste dagli atti di programmazione ovvero dagli strumenti di pianificazione territoriale regionali o provinciali, continua a trovare applicazione quanto disposto dall'art. 158 della L.R. n. 3 del 1999.

Art. 39. Opere di interesse comunale.

1. Il Comune provvede con il P.O.C. alla localizzazione delle opere pubbliche di interesse comunale e di quelle previste dagli strumenti di programmazione e pianificazione territoriale sovraordinati.

2. Compete inoltre al P.O.C. la programmazione delle opere pubbliche comunali da realizzare nell'arco temporale della propria validità, in coerenza con le indicazioni del programma dei lavori pubblici di cui all'art. 14 della legge 11 febbraio 1994, n. 109.

3. (abrogato)

4. Per la definizione e l'attuazione di opere pubbliche di interesse comunale il Sindaco può promuovere la conclusione di un accordo di programma, ai sensi dell'art. 34 del decreto legislativo n. 267 del 2000.

Art. 40. Accordi di programma in variante alla pianificazione territoriale e urbanistica.

1. Le disposizioni dettate dall'art. 34 del decreto legislativo n. 267 del 2000 in merito al procedimento di formazione ed approvazione ed all'efficacia degli accordi di programma, che comportino la variazione di uno o più strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, sono specificate ed integrate da quanto previsto dai seguenti commi.

1-bis. La variazione degli strumenti di pianificazione, prevista dall'accordo di programma, riguarda esclusivamente le aree destinate alla realizzazione delle opere, degli interventi o dei programmi di intervento di rilevante interesse pubblico oggetto dell'accordo.

1-ter. La conclusione di un accordo di programma può essere promossa per la realizzazione, da parte di due o più amministrazioni pubbliche con l'eventuale partecipazione di soggetti privati, di opere, interventi o programmi di intervento di rilevante interesse pubblico.

1-quater. L'accordo di programma è stipulato, oltre che dai soggetti di cui al comma 1-ter, dai rappresentanti:

a) dell'ente titolare dello strumento di pianificazione di cui si propongono modificazioni;

b) della Provincia, nel caso di modifiche a piani comunali;

c) della Provincia e della Regione, nel caso di modifiche a piani sovracomunali.

2. Il Presidente della Regione o il Presidente della Provincia o il Sindaco che intenda promuovere un accordo di programma che comporti variazione di strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica provvede a convocare la conferenza preliminare prevista dal comma 3 dell'art. 34 del decreto legislativo n. 267 del 2000. Ai fini dell'esame e dell'approvazione del progetto delle opere, degli interventi o dei programmi di intervento e delle varianti che gli stessi comportano, l'Amministrazione competente predispone, assieme al progetto definitivo, uno specifico studio degli effetti sul sistema ambientale e territoriale e delle misure necessarie per l'inserimento nel territorio, integrativo della valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale del piano da variare, nonché gli elaborati relativi alla variazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica. L'espressione dell'assenso preliminare all'accordo, da parte dei rappresentanti dei soggetti partecipanti, è preceduto da una determinazione dell'organo istituzionalmente competente.

2-bis. L'amministrazione competente può chiamare a partecipare alla conferenza preliminare gli enti e organismi cui competono le autorizzazioni, i pareri o gli altri atti di assenso, comunque denominati, richiesti dalla legge per la realizzazione delle opere o interventi oggetto dell'accordo. L'amministrazione competente, inoltre, può definire modalità e tempi per l'informazione e la partecipazione dei cittadini residenti e operanti nelle aree interessate dall'intervento.

3. Qualora in sede della conferenza preliminare, prevista dai commi 2 e 2-bis, sia verificata la possibilità di un consenso unanime dei soggetti indicati dai commi 1-ter e 1-quater, la proposta di accordo di programma, corredata dal progetto, dallo studio e dagli elaborati di cui al comma 2, sono depositati presso le sedi degli enti partecipanti all'accordo, per sessanta giorni dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'avvenuta conclusione dell'accordo preliminare. L'avviso contiene l'indicazione degli enti presso i quali il piano, è depositato e determini entro i quali chiunque può prenderne visione. L'avviso è pubblicato altresì su almeno un quotidiano diffuso negli ambiti territoriali interessati dall'accordo.

4. Entro la scadenza del termine di deposito di cui al comma 3 possono formulare osservazioni e proposte:

a) gli enti e organismi pubblici;

b) le associazioni economiche e sociali e quelle costituite per la tutela di interessi diffusi;

c) i singoli cittadini nei confronti dei quali le previsioni dell'accordo sono destinate a produrre effetti diretti.

5. Nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, di cui al comma 4, il Presidente della Regione o il Presidente della Provincia o il Sindaco convoca tutti i soggetti pubblici e privati interessati per la conclusione dell'accordo. I soggetti interessati esprimono le loro determinazioni, tenendo conto anche delle osservazioni o proposte presentate. Qualora siano apportate modifiche sostanziali rispetto alla proposta di accordo assentita dall'organo istituzionale competente ai sensi del comma 2, l'assenso alla conclusione dell'accordo di ciascun soggetto partecipante deve essere preceduto dalla deliberazione del medesimo organo ovvero ratificata dallo stesso entro trenta giorni dalla sottoscrizione, a pena di decadenza.

6. (abrogato)

7. Il decreto di approvazione dell'accordo di programma comporta la variazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio e la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera. Il decreto è emanato dal Presidente della Provincia per gli accordi in variante a strumenti urbanistici comunali, dal Presidente della Regione nei restanti casi di variante. Il decreto di approvazione produce i suoi effetti dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.

8. Il Consiglio comunale esprime l'assenso all'accordo, previo rilascio, da parte dello sportello unico dell'edilizia, dell'atto di accertamento di conformità previsto dall'articolo 7, comma 2, della legge regionale n. 31 del 2002.

9. Qualora l'accordo di programma abbia ad oggetto la realizzazione di un'opera pubblica e non si raggiunga il consenso unanime di tutte le Amministrazioni chiamate ad esprimersi sulla variante, l'Amministrazione procedente può richiedere una determinazione di conclusione del procedimento al Consiglio regionale, che provvede entro il termine di quarantacinque giorni. Tale approvazione produce gli effetti della variante agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica e costituisce dichiarazione di pubblica utilità.

10. Ogni rinvio, disposto dalla legislazione regionale, alla disciplina degli accordi in variante agli strumenti urbanistici dettata dal previgente art. 14 della L.R. 30 gennaio 1995, n. 6 è sostituito dal rinvio al presente articolo.

TITOLO IV - Disposizioni transitorie e finali

Capo I - Norme transitorie

Art. 41. Attuazione degli strumenti urbanistici vigenti e loro modificazioni.

1. Fino all'approvazione del P.S.C., del R.U.E. e del P.O.C. in conformità alla presente legge, i comuni danno attuazione alle previsioni contenute nei vigenti piani regolatori generali.

2. Dall'entrata in vigore della presente legge e fino all'approvazione del P.S.C., del R.U.E. e del P.O.C., possono essere adottati e approvati i seguenti strumenti urbanistici secondo le disposizioni previste dalla legislazione nazionale e da quella regionale previgente:

a) i piani attuativi dei piani regolatori comunali vigenti, anche in variante, di cui all'alt 3 della L.R. 8 novembre 1988, n. 46;
b) le varianti al P.R.G. di cui ai commi 4 e 7 dell'art. 15 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47;
c) le varianti al P.R.G. previste da atti di programmazione negoziata;
d) i programmi pluriennali di attuazione;
e) le varianti specifiche di recepimento delle previsioni dei piani sovraordinati.

3. Fino all'approvazione del P.S.C., del R.U.E. e del P.O.C. i comuni possono inoltre adottare ed approvare, con le procedure previste dai commi 4 e 5 del previgente art. 15 della L.R. n. 47 del 1978, varianti al P.R.G. necessarie per la localizzazione di sedi, attrezzature e presidi delle forze dell'ordine o della polizia municipale nonché per la realizzazione degli interventi diretti a garantire la sicurezza dei cittadini e l'ordine pubblico, definiti dal Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.

4. Entro cinque anni dall'entrata in vigore della presente legge, possono essere altresì adottate, con le procedure previste dalla legislazione previgente, varianti specifiche ai P.R.G. approvati dopo l'entrata in vigore della L.R. n. 6 del 1995, purché conformi ai piani sovraordinati ed alla disciplina sui contenuti della pianificazione stabilita dalla presente legge. Nel rispetto dei termini di cui al comma 4 dell'art. 43 e comunque non oltre tre anni dall'entrata in vigore della presente legge, possono essere sia adottate che approvate entro tale termine, con le procedure previste dalla legislazione previgente, varianti specifiche tali da non introdurre modifiche sostanziali alle scelte di Piano e che prevedono limitati incrementi relativi a nuovi e motivati fabbisogni della capacità insediativa e delle zone omogenee D previsti dal piano vigente, al PRG approvati prima della L.R. n. 6 del 1995. Dette varianti devono essere conformi ai piani sovraordinati e alla disciplina sui contenuti della pianificazione stabilita dalla presente legge. I piani aziendali previsti per le zone agricole nei PRG formati ai sensi della L.R. n. 47 del 1978, sono approvati ai sensi dell'art. 25 della medesima legge regionale.

4-bis. Nel corso dell'elaborazione degli strumenti urbanistici comunali previsti dalla presente legge, i Comuni possono predisporre un'unica variante specifica al PRG, che presenti carattere di urgenza, per comprovate ragioni di interesse pubblico, e che risulti conforme al documento preliminare, ai piani sovraordinati e alla disciplina sui contenuti della pianificazione stabilita dalla presente legge. La variante è esaminata dalla conferenza di pianificazione, congiuntamente alla documentazione attinente al piano strutturale. Essa può essere adottata ed approvata, ai sensi del previgente articolo 14 della legge regionale n. 47 del 1978, a seguito della conclusione della conferenza di pianificazione e della stipula dell'accordo di pianificazione e tenendo conto dei contenuti dell'accordo stesso.

5. Gli artt. 21, 22 e 25 della L.R. n. 47 del 1978 continuano a trovare applicazione per l'adozione e l'approvazione dei piani particolareggiati per le aree destinate ad attività estrattive previsti dall'art. 8 della L.R. 18 luglio 1991, n. 17, secondo quanto disposto dal comma 3 dell'art. 30 della L.R. 18 maggio 1999, n. 9.

Art. 42. Conclusione dei procedimenti in itinere.

1. Gli strumenti comunali, provinciali e regionali di pianificazione territoriale e urbanistica, adottati prima dell'entrata in vigore della presente legge, sono approvati e diventano efficaci secondo le disposizioni stabilite dalla legislazione previgente.

2. La medesima disposizione può trovare applicazione per le varianti generali al P.R.G., per i P.T.C.P. e loro varianti adottati entro 6 mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

Art. 43. Adeguamento dei piani provinciali e comunali alla presente legge.

1. Le province sono tenute ad adottare il P.T.C.P., entro due anni dall'entrata in vigore della presente legge, qualora risultino dotate, alla stessa data, di Piano infraregionale.

2. Le province provvedono entro tre anni dall'entrata in vigore della presente legge ad adeguare il P.T.C.P. approvato in conformità alla previgente L.R. n. 6 del 1995.

3. In sede di prima applicazione della presente legge, la revisione dei piani regolatori generali è effettuata attraverso la contemporanea elaborazione ed adozione del PSC e del RUE. Il PSC, il RUE e il POC possono altresì essere adottati dal Comune contestualmente.

4. I comuni dotati di P.R.G.:

a) approvato entro il 31 dicembre 1990 sono tenuti ad adeguare lo strumento urbanistico ai contenuti della presente legge entro il 31 dicembre 2002;
b) approvato tra il primo gennaio 1991 ed il 31 dicembre 1992 sono tenuti ad adeguare lo strumento urbanistico ai contenuti della presente legge entro il 31 dicembre 2003;
c) approvato dopo il primo gennaio 1993 sono tenuti ad adeguare lo strumento, urbanistico ai contenuti della presente legge entro dieci anni dalla loro approvazione.

5. I comuni dotati di P.R.G. approvato dopo il primo gennaio 1997 possono stabilire quali previsioni del piano vigente costituiscono il P.S.C., il P.O.C. e quali assumere nella disciplina del R.U.E., in conformità a quanto disposto dagli artt. 28, 29 e 30 della presente legge. A tal fine, i comuni provvedono alla definizione dei contenuti cartografici e normativi dei medesimi strumenti urbanistici senza apportare modifiche sostanziali alle previsioni già contenute nel P.R.G. vigente.

6. (abrogato)

6-bis. Gli strumenti di cui al comma 5 sono approvati con le procedure previste dai commi 4 e 5 del previgente art. 15 della L.R. n. 47 del 1978. Rimane fermo l'obbligo di adeguamento degli strumenti così formati entro dieci anni dalla data di approvazione del PRG ovvero nei termini definiti dal PTCP ai sensi del comma 4 dell'art. 26.

6-ter. I comuni, in sede di adeguamento dei piani urbanistici vigenti, ai sensi dei commi 5 e 6-bis, possono dare atto con la deliberazione di approvazione dei nuovi strumenti di pianificazione che gli stessi costituiscono carta unica del territorio, ai sensi e per gli effetti dell'art. 19, qualora la Provincia, nell'àmbito delle osservazioni di cui all'art. 15, comma 5, della previgente L.R. n. 47 del 1978, dichiari espressamente la conformità degli strumenti comunali alla pianificazione sovraordinata.

Art. 44. Norme relative alle concessioni edilizie e agli altri titoli abilitativi.

1. (abrogato)

2. Al fine di assicurare la semplificazione e l'accelerazione delle procedure amministrative, il Comune coordina e raccorda il rilascio delle concessioni edilizie con i compiti relativi alle autorizzazioni per la realizzazione, ampliamento, ristrutturazione e riconversione degli impianti produttivi, di cui al d.P.R. n. 447 del 1998. A tale scopo il Comune può conferire allo sportello unico per le attività produttive anche le funzioni che attengono alla concessione edilizia, alla denuncia di inizio attività e ad ogni altro titolo abilitativo alla trasformazione del suolo. In tali casi i termini per il rilascio delle concessioni edilizie si coordinano con quelli previsti per le autorizzazioni agli impianti produttivi e, in caso di mancato rispetto dei predetti termini, trova applicazione quanto stabilito dal medesimo d.P.R. n. 447 del 1998.

Capo II - Norme finali

Art. 45. Conferimento di funzioni in materia di espropriazione per pubblica utilità.

(abrogato)

Art. 46. Conferimento di funzioni in materia di urbanistica e di opere abusive.

1. L'autorizzazione a derogare ai regolamenti edilizi comunali per le altezze degli edifici destinati ad uso alberghiero, di cui al R.D.L. 8 novembre 1938, n. 1908, è rilasciata dai comuni unitamente al provvedimento di concessione edilizia.

2. Sono delegati alle province:

a) gli interventi mi via sostitutiva, di cui al comma 8 dell'art. 7, al comma 5 dell'art. 9 e al comma 8 dell'art. 18 della legge n. 47 del 1985;
b) (abrogata)
c) (abrogata)
d) l'esercizio dei poteri sostitutivi e la nomina del commissario ad acta di cui al comma 5 dell'art. 22 della legge 30 aprile 1999, n. 136.

Art. 47. Modifiche all'art. 27 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47.

(omissis)

Art. 48. Interventi finanziari a favore di Province e Unioni di Comuni.

1. La Regione, al fine di promuovere la formazione e approvazione di strumenti di pianificazione urbanistica intercomunali, di cui all'articolo 13, commi 3 e 3-bis, concede contributi alle Unioni dei Comuni e alle Nuove Comunità montane nei cui confronti sia effettuato il conferimento stabile ed integrato anche della funzione comunale di elaborazione, approvazione e gestione degli strumenti di pianificazione urbanistica, ai sensi dell'articolo 14 della legge regionale 30 giugno 2008, n. 10 (Misure per il riordino territoriale, l'autoriforma dell'amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni).

2. La Regione concede inoltre contributi alle Province per favorire la formazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, previsti dalla presente legge, ed in particolare per l'elaborazione del quadro conoscitivo e della Valsat, quali elaborati costitutivi dei PTCP, da rendere disponibili per l'elaborazione degli altri strumenti di pianificazione ai sensi dell'articolo 17.

3. I contributi sono concessi, attraverso apposita convenzione, alle Province oltre che per le finalità di cui al comma 2 anche per promuovere l'adeguamento dei PTCP al sistema di pianificazione regionale. Gli stessi contributi sono concessi nella misura massima del 50 per cento della spesa ritenuta ammissibile.

4. I contributi agli strumenti di pianificazione urbanistica comunale sono concessi alle Unioni di Comuni nella misura massima del 50 per cento della spesa ritenuta ammissibile e sulla base di programmi annuali. Le richieste di contributo sono inoltrate dalle Unioni al Presidente della Regione secondo le modalità e i termini contenuti in un bando pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione, a norma dell'articolo 12, comma 1, della legge n. 241 del 1990.

5. La valutazione delle richieste presentate dai Comuni è effettuata dalla Giunta regionale, che approva il programma di erogazione dei contributi sulla base del seguente ordine di priorità:

a) la dimensione demografica dell'Unione con precedenza alle Unioni con minore popolazione;
b) la data di entrata in vigore dei PRG dei comuni facenti parte dell'Unione, con precedenza per quelli da più tempo vigenti.

Art. 49. Contributi per i progetti di tutela, recupero e valorizzazione.

1. Al fine di favorire l'elaborazione e la realizzazione dei progetti di tutela, recupero e valorizzazione in aree che interessino il territorio di più comuni, la Regione concede contributi per la progettazione degli interventi e per l'elaborazione di studi sugli effetti degli stessi sui sistemi insediativo, ambientale, paesaggistico, sociale ed economico.

2. La Regione promuove a tal fin e la conclusione con gli enti locali interessati di accordi di cui all'art. 15 della legge n. 241 del 1990. Gli accordi devono stabilire:

a) l'oggetto, i contenuti degli interventi che si intendono realizzare e uno studio di fattibilità degli stessi;
b) il programma di lavoro relativo alla progettazione degli interventi e all'elaborazione dello studio degli effetti, con l'indicazione del costo complessivo degli stessi;
c) le forme di partecipazione degli enti contraenti all'attività tecnica di progettazione, i loro rapporti finanziari e i reciproci obblighi e garanzie.

3. I contributi regionali sono concessi nella misura massima del 70% delle spese di progettazione e di elaborazione dello studio degli effetti indicate nell'accordo, sulla base di programmi, annuali o pluriennali. I contributi sono subordinati alla realizzazione degli interventi secondo le modalità definite in sede di accordo.

4. Le proposte di progetti di tutela sono presentate al Presidente della Regione, secondo le modalità ed i termini indicati sull'avviso pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione, a norma del comma 1 dell'art. 12 della legge n. 241 del 1990.

Art. 50. Norma finanziaria.

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione degli interventi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'art. 48 e di cui agli articoli 49, 50-bis e 51, la Regione fa fronte con l'istituzione di appositi capitoli nella parte spesa del bilancio regionale, che verranno dotati della necessaria disponibilità in sede di approvazione della legge annuale di bilancio, a norma di quanto disposto dall'art. 11, comma 1, della L.R. 6 luglio 1977, n. 31 e successive modificazioni.

Art. 50-bis. Osservatorio del territorio.

1. Allo scopo di attuare un significativo processo di semplificazione funzionale e di assicurare il coordinamento delle attività di monitoraggio e l'omogeneità della metodologia di raccolta e trattamento dei dati e una migliore accessibilità agli stessi, la Regione, d'intesa con le Province ed i Comuni, provvede alla costituzione dell'Osservatorio del territorio.

2. L'Osservatorio del territorio, articolato a livello regionale e provinciale, riunisce e coordina l'insieme delle strutture di monitoraggio e raccolta dati nel campo del governo del territorio, comunque denominate, previste dalla legislazione vigente, ivi compresi gli osservatori relativi al paesaggio e alle politiche abitative.

3. L'Osservatorio del territorio, nell'esercizio delle sue funzioni, si raccorda con le altre strutture regionali che svolgono analoghe funzioni di raccolta ed elaborazione di dati attinenti al territorio, con riguardo a specifiche tematiche settoriali, e con quelle che curano la predisposizione e l'aggiornamento della cartografia regionale.

4. Alla definizione delle modalità di funzionamento dell'Osservatorio del territorio si provvede, sentita la Commissione competente, con apposita delibera della Giunta regionale, predisposta previa intesa con la Conferenza Regione - Autonomie locali di cui all'articolo 31 della legge regionale n. 3 del 1999.

Art. 51. Monitoraggio e bilancio della pianificazione - Istituzione dell'Archivio regionale della pianificazione.

1. Per l'emanazione degli atti di indirizzo e coordinamento e per lo svolgimento delle proprie funzioni di programmazione e pianificazione, la Regione promuove, d'intesa con le province, il monitoraggio e la redazione di bilanci della pianificazione territoriale e urbanistica.

2. A tal fine le province provvedono alla raccolta e gestione degli archivi della strumentazione urbanistica comunale e all'aggiornamento periodico del loro stato di attuazione.

3. La Regione raccoglie le informazioni elaborate dalle province ai fini della redazione di un rapporto periodico sullo stato della pianificazione urbanistica e territoriale.

3-bis. Per favorire la conoscenza da parte dei cittadini degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, al fine di promuovere lo sviluppo di una cultura della qualità architettonica, ambientale e paesaggistica dei tessuti urbani, è istituito l'Archivio regionale della pianificazione, che assume la denominazione di "Planning Center".

3-ter. Per l'istituzione e la gestione dell'Archivio regionale della pianificazione, previsto al comma 3-bis, la Regione, quale ente partecipante, si avvale della associazione senza fini di lucro OIKOS Centro Studi, avente quale scopo statutario il perseguimento delle medesime finalità stabilite dal comma 3-bis medesimo. Per far fronte alle spese di costituzione e di gestione dell'Archivio regionale della pianificazione è disposta, per l'esercizio finanziario 2005, una autorizzazione di spesa pari a Euro 300.000,00 a valere su Capitolo 30557, afferente alla U.P.B. 1.4.1.2.12120 - Nuovi strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica.

Art. 52. Abrogazioni.

1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate le seguenti disposizioni:

a) articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 12, 13, 16, 17 e 33 della L.R. 24 marzo 1975, n. 18, recante «Riordinamento delle funzioni amministrative e nuove procedure in materia di urbanistica, di edilizia residenziale, agevolata e convenzionata, nonché di viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale, trasferite o delegate alla Regione ai sensi della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e del D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8. Deleghe in materia di espropriazioni per pubblica utilità»;
b) articoli 1, 2, 3 e 4 della L.R. 1° agosto 1978, n. 26, recante «Modificazioni ed integrazioni della L.R. 24 marzo 1975, n. 18, in materia urbanistica - Norme in materia ambientale»;
c) L.R. 8 marzo 1976, n. 10, recante «Interpretazione autentica di disposizioni relative al settore espropriativo ed urbanistico. Norme provvisorie in materia di urbanistica. Norme integrative e modificative della legge regionale 14 marzo 1975, n. 16 e della legge regionale 24 marzo 1975, n. 18»;
d) L.R. 12 gennaio 1978, n. 2, recante «Programmi pluriennali di attuazione degli strumenti urbanistici di cui alla legge 28 gennaio 1977, n. 10»;
e) L.R. 13 gennaio 1978, n. 5, recante «Modifica alla L.R. 24 marzo 1975, n. 18, relativamente alle deleghe per espropriazione e per occupazione temporanea e di urgenza per pubblica utilità»;
f) L.R. 27 febbraio 1984, n. 6, recante «Norme sul riordino istituzionale»;
g) L.R. 13 novembre 1984, n. 50, recante «Interpretazione autentica dell'art. 23 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47, modificata dalla L.R. 29 marzo 1980, n. 23 e dell'art. 40, settimo comma, della medesima legge nonché dell'art. 44 e dell'art. 46, primo comma, della L.R. 27 febbraio 1984, n. 6»;
h) L.R. 6 maggio 1985, n. 20, recante «Primi adempimenti regionali in materia di controllo dell'attività urbanistico edilizia. Sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive. Applicazione degli articoli 29 e 37 della legge 28 febbraio 1985, n. 47».

2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate le seguenti leggi regionali, fatto salvo quanto disposto dagli articoli 41 e 42:

a) L.R. 5 settembre 1988, n. 36, recante «Disposizioni in materia di programmazione e pianificazione territoriale»;
b) L.R. 28 dicembre 1992, n. 47, recante «Promozione della strumentazione urbanistica generale comunale, di piani regolatori sperimentali e di progetti di tutela e valorizzazione dei beni culturali e ambientali»;
c) L.R. 6 settembre 1993, n. 31, recante «Procedimento di approvazione di strumenti urbanistici comunali che apportino modifiche alla cartografia del Piano territoriale paesistico regionale».

3. Dal termine e nei limiti di cui al comma 2 sono inoltre abrogate le seguenti disposizioni:

a) L.R. 7 dicembre 1978, n. 47, recante «Tutela ed uso del territorio», ad eccezione degli artt. 27, 28, 29, 30, 31 e 54;
b) L.R. 29 marzo 1980, n. 23, recante «Norme per l'acceleramento delle procedure relative agli strumenti urbanistici, nonché norme modificative ed integrative della legge regionale 31 gennaio 1975, n. 12, della legge regionale 24 marzo 1975, n. 18, della legge regionale 12 gennaio 1978, n. 2, della legge regionale 2 maggio 1978, n. 13, della legge regionale 1° agosto 1978, n. 26, della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, della legge regionale 13 marzo 1979, n. 7», ad eccezione degli artt. 21, 22, 23, 24, 25 e 46, dei commi 1 e 5 dell'art. 55 e dell'art. 60;
c) L.R. 8 novembre 1988, n. 46, recante «Disposizioni integrative in materia di controllo delle trasformazioni edilizie ed urbanistiche», ad eccezione degli artt. 1 e 2 e dei commi 1, 2 e 3 dell'art. 6;
d) L.R. 30 gennaio 1995, n. 6, recante «Norme in materia di programmazione e pianificazione territoriale, in attuazione della legge 8 giugno 1990, n. 142, e modifiche e integrazioni alla legislazione urbanistica ed edilizia», ad eccezione del comma 2 dell'art. 10 e degli artt. 16, 20, 21, 22, 23, 24, 25 e 27.

4. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono infine soppresse:

a) al comma 6 dell'art. 3 della L.R. 9 aprile 1990, n. 28, recante «Disciplina del vincolo di destinazione delle aziende ricettive in Emilia-Romagna», le seguenti parole: "che vi provvede sentito il parere della prima Sezione del Comitato consultivo regionale di cui alla L.R. 24 marzo 1975, n. 18, concernente, tra l'altro, norme in materia di urbanistica";
b) al comma 1 dell'art. 2 della L.R. 26 aprile 1990, n. 33, recante «Norme in materia di regolamenti edilizi comunali», le seguenti parole: «sentito il Comitato consultivo regionale - I Sezione, e»;
c) al comma 2 dell'art. 2 della L.R. 26 aprile 1990, n. 33, recante «Norme in materia di regolamenti edilizi comunali», le seguenti parole: «sentito il Comitato consultivo regionale - I Sezione.»;
d) al comma 2, lettera a), punto 2, dell'art. 4 della L.R. 12 aprile 1995, n. 33, recante «Delimitazione territoriale dell'area metropolitana di Bologna e attribuzione di funzioni», le seguenti parole: «, approvando gli strumenti stessi».

Allegato - Contenuti della pianificazione

Capo A-I - Contenuti strategici

Articolo A-1. Sistema ambientale.

1. Gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica concorrono alla salvaguardia del valore naturale, ambientale e paesaggistico del territorio ed al miglioramento dello stato dell'ambiente, come condizione per lo sviluppo dei sistemi insediativi e socio economici. A tale scopo le previsioni dei piani, relative agli usi ed alle trasformazioni del territorio, si informano ai criteri di sostenibilità ambientale e territoriale di cui all'art. 2 e sono sottoposte alla valutazione preventiva dei loro probabili effetti sull'ambiente disciplinata dall'art. 5.

2. Il P.T.C.P., specificando le previsioni del P.T.R. e del P.T.P.R., definisce il quadro delle risorse e dei sistemi ambientali, nonché il loro grado di riproducibilità e vulnerabilità.

3. Il P.T.C.P. definisce inoltre le condizioni di sostenibilità degli insediamenti rispetto alla quantità e qualità delle acque superficiali e sotterranee, alla criticità idraulica ed idrogeologica del territorio, all'approvvigionamento idrico ed alla capacità di smaltimento dei reflui. Il piano prevede altresì indirizzi e direttive per la realizzazione di dotazioni ecologiche ed ambientali negli ambiti urbani e periurbani, di reti ecologiche e di spazi di rigenerazione e compensazione ambientale.

4. Il P.S.C. accerta la consistenza, la localizzazione e la vulnerabilità delle risorse naturali presenti sul territorio comunale, dettando le norme per la loro salvaguardia ed individuando gli interventi di miglioramento e riequilibrio ambientale da realizzare, in conformità alle previsioni del P.T.C.P.

Articolo A-2. Pianificazione degli ambiti interessati dai rischi naturali.

1. Il P.T.C.P. individua, in coerenza con le previsioni dei piani di bacino, gli ambiti territoriali caratterizzati da fenomeni di dissesto idrogeologico, di instabilità geologica potenziale e di pericolosità idraulica o da valanghe.

2. Il P.S.C. approfondisce ed integra i contenuti del P.T.C.P., definendo le azioni volte ad eliminare o ridurre il livello del rischio negli insediamenti esistenti. Negli ambiti di cui al comma 1 sono ammessi gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente e sono vietate le nuove costruzioni e il cambio di destinazione d'uso che aumentino l'esposizione al rischio.

3. Il P.S.C. provvede inoltre a dettare la disciplina generale degli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia nelle zone sottoposte a vincolo idrogeologico ricomprese nei perimetri urbanizzati, secondo quanto disposto dal comma 5 dell'art. 150 della L.R. n. 3 del 1999.

4. Nei territori regionali individuati come zone sismiche, ai sensi dell'art. 145 della L.R. n. 3 del 1999, gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica concorrono alla riduzione ed alla prevenzione del rischio sismico, sulla base delle analisi di pericolosità, vulnerabilità ed esposizione.

Articolo A-3. Pianificazione degli interventi per la sicurezza del territorio.

1. Gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica accertano la compatibilità degli interventi programmati con la sicurezza idraulica del territorio e la loro conformità ai piani e programmi della protezione civile.

2. L'Amministrazione procedente, nell'ambito della conferenza di pianificazione, acquisisce dai soggetti preposti alla cura degli interessi pubblici di cui al comma 1 i dati e le informazioni in loro possesso necessari per la formazione del quadro conoscitivo e le valutazioni in merito agli obiettivi e alle scelte di pianificazione prospettate dal documento preliminare.

3. Gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica subordinano, ove necessario, l'attuazione di talune previsioni alla realizzazione di infrastrutture, opere o servizi per il deflusso delle acque meteoriche ovvero per le esigenze di protezione civile.

4. Per favorire l'attuazione degli interventi di cui al comma 3 possono essere promossi accordi territoriali ai sensi dell'art. 15, con la partecipazione dei soggetti titolari, delle funzioni pubbliche coinvolte.

Articolo A-3-bis. Contenuti della pianificazione per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante.

1. Ai fini delle disposizioni del presente articolo si definiscono:

a) stabilimento a rischio di incidente rilevante: stabilimento soggetto all'obbligo di notifica di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose);
b) area di danno: l'area sulla quale ricadono i possibili effetti incidentali prodotti da uno stabilimento a rischio di incidente rilevante.

2. Il PTCP individua le aree di danno prodotte dagli stabilimenti a rischio di incidente rilevante e disciplina le relazioni tra gli stabilimenti a rischio e gli elementi territoriali ed ambientali vulnerabili, secondo i criteri definiti dal decreto ministeriale 9 maggio 2001 (Requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante). Gli elementi territoriali vulnerabili ricomprendono, tra l'altro, le reti ed i nodi infrastrutturali, di trasporto, tecnologici ed energetici, esistenti e previsti. La disciplina delle relazioni tiene conto delle aree di criticità relative alle diverse ipotesi di rischio naturale individuate nei piani di previsione e prevenzione di protezione civile.

3. Nell'ambito del processo di elaborazione del PTCP, le Province limitrofe in cui sono ubicati stabilimenti a rischio di incidente rilevante collaborano all'individuazione delle aree di danno originate da detti stabilimenti ed estese al territorio oggetto del PTCP.

4. Sulla base dell'individuazione delle aree di danno, il PTCP determina l'insieme dei Comuni tenuti all'adeguamento degli strumenti urbanistici, ai sensi dell'articolo 14, comma 3, del decreto legislativo n. 334 del 1999.

5. La pianificazione comunale aggiorna l'individuazione delle aree di danno operata dal PTCP e regolamenta gli usi e le trasformazioni ammissibili all'interno di tali aree in conformità ai criteri definiti dal decreto ministeriale 9 maggio 2001 e dalla pianificazione territoriale. Con l'intesa della Provincia e dei Comuni interessati, la regolamentazione può essere compiuta nell'ambito del PTCP.

6. L'obbligo di regolamentazione di cui al comma 5 vale per i seguenti Comuni:

a) i Comuni sul cui territorio è presente o in fase di realizzazione uno stabilimento a rischio di incidente rilevante;
b) i Comuni il cui territorio risulta interessato dall'area di danno di uno stabilimento a rischio di incidente rilevante ubicato in altro comune, sulla base della determinazione contenuta nel PTCP, ai sensi del comma 4, o sulla base della comunicazione fornita dal Comune di ubicazione dello stabilimento, ai sensi dell'articolo 4, comma 3, del decreto ministeriale 9 maggio 2001, o sulla base di altre informazioni elaborate a norma degli articoli 6, 7, 8 e 21 del decreto legislativo n. 334 del 1999.

7. La regolamentazione di cui al comma 5 è compiuta nell'ambito dell'apposito elaborato tecnico "Rischio di incidenti rilevanti" (RIR), di cui all'articolo 4 del decreto ministeriale 9 maggio 2001.

Articolo A-4. Sistema insediativo.

1. Gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica individuano il sistema insediativo:

a) per definirne l'assetto fisico e funzionale, con riguardo alle diverse destinazioni in essere ed alle opportunità di sviluppo previste;
b) per migliorarne la funzionalità complessiva, garantendo una razionale distribuzione del peso insediativo della popolazione e delle diverse attività.

2. Il P.T.C.P. indica gli ambiti territoriali sub-provinciali entro cui si renda opportuno sviluppare forme di coordinamento, degli strumenti di pianificazione e programmazione comunali e politiche di integrazione funzionale.

3. Il P.S.C. delimita gli ambiti del territorio comunale caratterizzati da differenti politiche di intervento e valorizzazione e da diversi assetti funzionali ed urbanistici, anche in attuazione delle direttive e degli indirizzi del P.T.C.P. Il piano stabilisce il dimensionamento delle trasformazioni previste con riferimento ai fabbisogni locali ed alle previsioni del PTCP.

Articolo A-5. Sistema delle infrastrutture per la mobilità.

1. Il sistema delle infrastrutture per la mobilità è costituito dalla rete di impianti, opere e servizi che assicurano la mobilità delle persone e delle merci.

2. Gli strumenti generali di pianificazione territoriale e urbanistica concorrono alla predisposizione e attuazione del sistema delle infrastrutture per la mobilità, raccordandosi con la pianificazione di settore prevista dalla legislazione nazionale e regionale in materia. Essi provvedono in particolare:

a) a definire la dotazione ed i requisiti delle infrastrutture della mobilità necessarie per realizzare gli standard di qualità urbana ed ecologico-ambientale;
b) ad individuare gli ambiti più idonei per la localizzazione di tali opere, per assicurarne la sostenibilità ambientale e paesaggistica e la funzionalità rispetto al sistema insediativo.

3. Gli strumenti di pianificazione regionale di cui alla L.R. 2 ottobre 1998, n. 30, individuano il sistema della mobilità di interesse regionale e stabiliscono i criteri e i requisiti prestazionali delle reti di infrastrutture e dei servizi relativi alla mobilità.

4. La Provincia attraverso il P.T.C.P. definisce la dotazione di infrastrutture per la mobilità di carattere sovracomunale, ed individua i corridoi destinati al potenziamento e alla razionalizzazione dei sistemi per la mobilità esistenti e quelli da destinare alle nuove infrastrutture. I piani di bacino provinciali provvedono alla programmazione del sistema di trasporto pubblico integrato e coordinato, in rapporto ai modi e ai fabbisogni di mobilità. Il P.T.C.P., qualora provveda d'intesa con i comuni interessati alla definizione degli elementi di cui al comma 5, assume il valore e gli effetti del P.S.C.

5. Il Comune coi P.S.C. recepisce le previsioni della pianificazione e programmazione sovraordinata e provvede alla definizione:

a) della rete di infrastrutture e di servizi per la mobilità i maggiore rilevanza, avendo riguardo anche ai servizi di trasporto in sede propria, al sistema dei parcheggi di scambio e di interconnessione ed agli spazi per l'interscambio tra le diverse modalità di trasporto urbano o extraurbano;
b) del sistema della mobilità ciclabile e pedonale;
c) delle prestazioni che le infrastrutture devono possedere, in termini di sicurezza, di geometria e sezione dei tracciati, di capacità di carico, per garantire i livelli di funzionalità, accessibilità e fruibilità del sistema insediativo che costituiscono gli obiettivi di qualità urbana ed ecologico ambientale, definiti ai sensi dell'art. A-6 dell'allegato.

6. Il P.S.C. provvede inoltre alla definizione delle fasce di rispetto delle infrastrutture della mobilità, nell'osservanza della disciplina vigente. Le fasce di rispetto stradale sono individuate al fine di salvaguardare gli spazi da destinare alla realizzazione di nuove strade o corsie di servizio, ampliamenti di carreggiate, aree di sosta funzionali alla sicurezza ed alla funzionalità delle infrastrutture, percorsi pedonali e ciclabili. Ai fini dell'applicazione dei rispetti stradali, il perimetro del centro abitato è definito in sede di formazione del P.S.C., come perimetro continuo del territorio urbanizzato che comprende tutte le aree effettivamente edificate o in costruzione e i lotti interclusi.

7. Il P.S.C. può inoltre indicare le infrastrutture che necessitano della realizzazione di fasce di ambientazione, costituite dalle aree di pertinenza, destinate alla realizzazione di attrezzature o manufatti ovvero di interventi di piantumazione o rinaturazione, al fine della mitigazione o compensazione degli impatti delle infrastrutture sul territorio circostante e sull'ambiente.

Articolo A-6. Standard di qualità urbana ed ecologico-ambientale.

1. Nell'ambito degli obiettivi strategici di assetto del territorio e nel rispetto dei limiti minimi definiti dalla legislazione nazionale in materia, la pianificazione territoriale e urbanistica generale definisce gli standard di qualità urbana ed ecologico ambientale che si intendono perseguire.

2. Per standard di qualità urbana si intende il livello quantitativo e qualitativo del sistema delle infrastrutture per l'urbanizzazione degli insediamenti e di quello delle attrezzature e spazi collettivi, idonei a soddisfare le esigenze dei cittadini. Lo standard attiene in particolare:

a) alla tipologia e alla quantità di tali dotazioni;
b) alle loro caratteristiche prestazionali, in termini di accessibilità, di piena fruibilità e sicurezza per tutti i cittadini di ogni età e condizione, anche ai sensi della L.R. 28 dicembre 1999, n. 40, di equilibrata e razionale distribuzione nel territorio, di funzionalità e adeguatezza tecnologica, di semplicità ed economicità di gestione,

3. Per standard di qualità ecologico ambientale si intende il grado di riduzione della pressione del sistema insediativo sull'ambiente naturale e di miglioramento della salubrità dell'ambiente urbano. Lo standard attiene:

a) alla disciplina degli usi e delle trasformazioni, orientata a limitare il consumo delle risorse non rinnovabili ed alla prevenzione integrata degli inquinamenti;
b) alla realizzazione di interventi di riequilibrio e di mitigazione degli impatti negativi dell'attività umana;
c) al potenziamento delle infrastrutture e delle dotazioni ecologiche ed ambientali.

4. Il Comune, nel definire gli standard di qualità urbana ed ecologico ambientale da conseguire nel proprio territorio, provvede:

a) a promuovere, attraverso apposite convenzioni, lo sviluppo di attività private che siano rispondenti a requisiti di fruibilità collettiva e che concorrano, in tal modo, ad ampliare o articolare l'offerta dei servizi assicurati alla generalità dei cittadini ovvero ad elevare i livelli qualitativi dei servizi stessi;
b) a dettare una specifica disciplina attinente ai requisiti degli interventi edilizi privati ed alle modalità di sistemazione delle relative aree pertinenziali, al fine di ridurre la pressione sull'ambiente dell'agglomerato urbano.

5. Il Comune può stabilire forme di incentivazione volte a favorire le attività e gli interventi privati di cui al comma 4, nonché a promuovere gli interventi di nuova edificazione, di recupero edilizio o di riqualificazione urbana la cui progettazione, realizzazione e gestione sia improntata a criteri di sostenibilità ambientale.

Articolo A-6-bis. Scelte strategiche per lo sviluppo delle politiche pubbliche per la casa.

1. Allo scopo di realizzare gli obiettivi di sviluppo delle politiche pubbliche per la casa individuati dall'articolo 7-bis, comma 1, il PSC stabilisce il fabbisogno complessivo di alloggi di edilizia residenziale sociale, tenendo conto delle eventuali carenze pregresse e nell'osservanza della quota individuata dal comma 2 del presente articolo. Il PSC può altresì specificare le diverse esigenze abitative in cui si articola il medesimo fabbisogno.

2. È stabilita la quota del 20 per cento di alloggi di edilizia residenziale sociale, riferita al dimensionamento complessivo dei nuovi insediamenti residenziali previsti dalla pianificazione comunale. La medesima quota è riferita, nei Comuni che si dotino di piani intercomunali o di piani elaborati in forma associata, al dimensionamento complessivo delle nuove previsioni insediative residenziali stabilite per l'insieme dei Comuni stessi.

3. Il PTCP, in conformità agli indirizzi del PTR e agli atti regionali di programmazione, può motivatamente ampliare o ridurre, con riguardo ai singoli Comuni, la quota di alloggi di edilizia residenziale sociale stabilita dal comma 2, per adeguarla alle specifiche situazioni locali. In via di prima applicazione, l'adeguamento della quota di alloggi di edilizia residenziale sociale può essere operato attraverso la stipula di accordi territoriali, promossi dalle Province con la partecipazione dei Comuni interessati e della Regione.

4. Il POC, nel disciplinare gli interventi di trasformazione, specifica il fabbisogno di alloggi di edilizia residenziale sociale da realizzare e ne disciplina l'attuazione, assicurando la sostenibilità complessiva degli insediamenti previsti e l'armonica integrazione degli stessi.

5. Fermo restando l'osservanza di quanto disposto dai commi precedenti, i Comuni hanno la facoltà di dotarsi di piani per l'edilizia economica e popolare (PEEP), secondo la normativa vigente. A tale scopo, i PEEP sono previsti dal POC e sono approvati ai sensi dell'articolo 31, comma 2, lettera b), della presente legge.

Articolo A-6-ter. Misure per l'attuazione degli interventi di edilizia residenziale sociale.

1. Al fine di concorrere alla realizzazione del fabbisogno complessivo di alloggi di edilizia residenziale sociale, stabilito ai sensi dell'articolo A-6-bis, i seguenti interventi comportano:

a) la cessione al Comune, a titolo gratuito di una quota di aree definita dal POC, pari al 20 per cento delle aree destinate a nuove costruzioni, nel caso di nuovi insediamenti residenziali;
b) il riconoscimento a favore del Comune di un contributo alla realizzazione di alloggi di edilizia residenziale sociale, definito dal POC a seguito di accordi di cui all'articolo 18, nel caso di interventi di riqualificazione nonché nel caso di nuovi insediamenti ricreativi, ricettivi, direzionali, commerciali, industriali, artigianali e per il commercio all'ingrosso. Il contributo non è dovuto per l'ampliamento in aree limitrofe degli insediamenti esistenti, aventi le destinazioni produttive appena citate.

2. Il Comune può favorire il concorso dei soggetti privati nella realizzazione dei necessari interventi di edilizia residenziale sociale, attraverso il ricorso ad appositi incentivi, permute ovvero ad altre misure compensative. Nel caso di delocalizzazione di insediamenti produttivi, il contributo alla realizzazione degli alloggi di edilizia residenziale sociale, che ha riguardo ai soli nuovi insediamenti produttivi, è soddisfatto con l'impegno, assunto dal privato interessato con l'accordo di cui all'articolo 18 della presente legge, a cedere al Comune, in tutto o in parte, gli immobili sedi delle attività produttive dismesse o da dismettere, ai sensi dell'articolo 4, comma 3-bis, della legge regionale n. 19 del 1998 o dell'articolo 30, comma 2-quater, della presente legge.

3. Il RUE prevede la monetizzazione delle aree e degli alloggi qualora ricorrano i casi indicati dalle lettere b) e c) dell'articolo A-26, comma 7, definendo le modalità di calcolo del valore delle aree e degli alloggi da monetizzare, nell'osservanza dei criteri stabiliti dalla Giunta regionale. Le risorse derivanti da tali monetizzazioni sono interamente destinate a finanziare la realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale.

4. Il POC, in conformità alle indicazioni del PSC, può individuare, ai sensi del comma 1, aree di cessione anche al di fuori degli ambiti di intervento, al fine di assicurare nelle medesime aree adeguati standard di qualità urbana ed ecologico ambientale, anche attraverso le modalità previste dall'articolo A-26, comma 6.

5. Il POC riconosce alle aree oggetto della cessione, ai sensi del comma 1, una propria capacità edificatoria, che è utilizzata dal Comune per la realizzazione di alloggi in locazione permanente. In conformità alle indicazioni del PSC sui fabbisogni di edilizia residenziale sociale e tenendo conto delle specifiche esigenze presenti sul territorio, il POC può altresì prevedere che una quota delle medesime aree, sia destinata alla realizzazione di altre tipologie di interventi di edilizia residenziale sociale.

6. La convenzione urbanistica, di cui all'articolo A-26, comma 4, può prevedere che i soggetti interessati realizzino direttamente, in tutto o in parte, gli interventi di edilizia residenziale sociale previsti dal POC, in conformità alla normativa vigente.

7. Il Comune può realizzare, anche con la modalità della finanza di progetto, interventi di edilizia residenziale sociale.

8. Il Comune, allo scopo di promuovere la realizzazione degli interventi di edilizia residenziale sociale con il concorso di operatori privati, può conferire agli stessi, in diritto di superficie, le aree acquisite ai sensi del comma 1, quale concorso per la realizzazione dei medesimi interventi, secondo criteri di concorrenzialità e trasparenza, ai sensi della legge regionale 8 agosto 2001, n. 24 (Disciplina generale dell'intervento pubblico nel settore abitativo).

9. In carenza di aree da destinare agli interventi per l'edilizia residenziale sociale, acquisite ai sensi del comma 1 del presente articolo, trova applicazione quanto disposto dall'articolo 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alla L. 17 agosto 1942, n. 1150; L. 18 aprile 1962, n. 167; L. 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata).

Capo A-II - Sistema insediativo storico

Articolo A-7. Centri storici.

1. Costituiscono i centri storici i tessuti urbani di antica formazione che hanno mantenuto la riconoscibilità della loro struttura insediativa e della stratificazione dei processi della loro formazione. Essi sono costituiti da patrimonio edilizio, rete viaria, spazi inedificati e altri manufatti storici. Sono equiparati ai centri storici, gli agglomerati e nuclei non urbani di rilevante interesse storico, nonché le aree che ne costituiscono l'integrazione storico-ambientale e paesaggistica.

2. Sulla base della individuazione del sistema insediativo storico del territorio regionale operata dal P.T.P.R., come specificata ed integrata dal P.T.C.P., il P.S.C. definisce la perimetrazione del centro storico e ne individua gli elementi peculiari e le potenzialità di qualificazione e sviluppo, nonché gli eventuali fattori di abbandono o degrado sociale, ambientale ed edilizio. Il P.S.C. stabilisce inoltre la disciplina generale diretta ad integrare le politiche di salvaguardia e riqualificazione del centro storico con le esigenze di rivitalizzazione e rifunzionalizzazione dello stesso, anche con riguardo alla presenza di attività commerciali e artigianali e alla tutela degli esercizi aventi valore storico e artistico.

3. Nei centri storici:

a) è vietato modificare i caratteri che connotano la trama viaria ed edilizia, nonché i manufatti anche isolati che costituiscono testimonianza storica o culturale;
b) sono escluse rilevanti modificazioni alle destinazioni d'uso in atto, in particolare di quelle residenziali, artigianali e di commercio di vicinato;
c) non è ammesso l'aumento delle volumetrie preesistenti e non possono essere rese edificabili le aree e gli spazi rimasti liberi perché destinati ad usi urbani o collettivi nonché quelli di pertinenza dei complessi insediativi storici.

4. Il P.S.C. può prevedere, per motivi di interesse pubblico e in ambiti puntualmente determinati, la possibilità di attuare specifici interventi in deroga ai principi stabiliti dal comma 3. Nell'ambito di tali previsioni, il P.S.C. può inoltre individuare le parti del tessuto storico urbano prive dei caratteri storico-architettonici, culturali e testimoniali, ai fini dell'eliminazione degli elementi incongrui e del miglioramento della qualità urbanistica ed edilizia.

5. Il P.O.C., coordinando e specificando le previsioni del P.S.C., disciplina gli interventi diretti: al miglioramento della vivibilità e qualità ambientale del centro storico; alla sua riqualificazione e allo sviluppo delle attività economiche e sociali; alla tutela e valorizzazione del tessuto storico e al riuso del patrimonio edilizio.

6. Il P.O.C. individua e disciplina gli eventuali ambiti da sottoporre a strumentazione esecutiva, anche attraverso programmi di riqualificazione urbana di cui alla L.R. n. 19 del 1998.

Articolo A-8. Insediamenti e infrastrutture storici del territorio rurale.

1. Gli insediamenti e infrastrutture storici del territorio rurale sono costituiti dalle strutture insediative puntuali, rappresentate da edifici e spazi inedificati di carattere pertinenziale, nonché dagli assetti e dalle infrastrutture territoriali che costituiscono elementi riconoscibili dell'organizzazione storica del territorio, quali: il sistema insediativo rurale e le relative pertinenze piantumate; la viabilità storica extraurbana; il sistema storico delle acque derivate e delle opere idrauliche; là struttura centuriata; le sistemazioni agrarie tradizionali, tra cui le piantate, i maceri e i filati alberati; il sistema storico delle partecipanze, delle università agrarie e delle bonifiche.

2. Il P.T.C.P., in conformità alle disposizioni del P.T.P.R., contiene una prima individuazione dei sistemi e degli immobili di cui al comma 1 e detta la disciplina generale per la loro tutela, nonché le condizioni e i limiti per la loro trasformazione o riuso. Il P.T.C.P. provvede inoltre ad una prima individuazione e regolazione delle aree d'interesse archeologico, nel rispetto delle competenze statali, sviluppando ed integrando quanto previsto dal P.T.P.R.

3. Il P.S.C. recepisce e integra nel proprio quadro conoscitivo i sistemi e gli immobili individuati a norma del comma 2 e specifica la relativa disciplina di tutela.

4. Il P.O.C. può prevedere interventi di valorizzazione e conservazione degli insediamenti e delle infrastrutture non urbani.

Articolo A-9. Edifici di valore storica-architettonico, culturale e testimoniale.

1. Il P.S.C. individua gli edifici di interesse storico-architettonico, tra cui quelli compresi negli elenchi di cui al titolo 1 del D.Lgs. n. 490 del 1999, e definisce gli interventi ammissibili negli stessi, nell'ambito della manutenzione ordinaria e straordinaria, del restauro scientifico e del restauro e risanamento conservativo.

2. Il Comune individua inoltre gli edifici di pregio storico-culturale e testimoniale, con le relative aree di pertinenza, specificando per ciascuno di essi le categorie degli interventi di recupero ammissibili, gli indirizzi tecnici sulle modalità di intervento ed i materiali utilizzabili, nonché le destinazioni d'uso compatibili con la struttura e la tipologia dell'edificio e con il contesto ambientale, in coerenza con la disciplina generale definita dal R.U.E. ai sensi dell'art. 29.

3. Il P.O.C. può determinare le unità minime di intervento la cui attuazione è subordinata all'elaborazione di un progetto unitario, da attuarsi attraverso un unico intervento edilizio ovvero attraverso un programma di interventi articolato in più fasi.

Capo A-III - Territorio urbano

Articolo A-10. Ambiti urbani consolidati.

1. All'interno del territorio urbanizzato, delimitato dal P.S.C. ai sensi del comma 2 dell'art. 28, per ambiti urbani consolidati si intendono le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate con continuità, che presentano un adeguato livello di qualità urbana e ambientale tale da non richiedere interventi di riqualificazione.

2. La pianificazione urbanistica comunale persegue, nei tessuti urbani di cui al comma 1, il mantenimento e la qualificazione degli attuali livelli dei servizi e delle dotazioni territoriali, il miglioramento delle condizioni di salubrità dell'ambiente urbano, la qualificazione funzionale ed edilizia degli edifici esistenti, un'equilibrata integrazione tra la funzione abitativa e le attività economiche e sociali con essa compatibili. Favorisce inoltre la qualificazione funzionale ed edilizia, attraverso interventi di recupero, ampliamento, sopraelevazione e completamento, nonché attraverso il cambio della destinazione d'uso.

3. Il compito del P.S.C. Individuare il perimetro di tali ambiti, indicarne le caratteristiche urbanistiche e la struttura funzionale e definire le politiche e gli obiettivi da perseguire a norma del comma 2. Le trasformazioni edilizie e funzionali ammissibili sono disciplinate dal R.U.E. ai sensi del comma 2 dell'art. 29.

Articolo A-11. Ambiti da riqualificare.

1. Costituiscono ambiti da riqualificare le parti del territorio urbanizzato che necessitano di politiche di riorganizzazione territoriale, che favoriscano il miglioramento della qualità ambientale e architettonica dello spazio urbano ed una più equilibrata distribuzione di servizi, di dotazioni territoriali o di infrastrutture per la mobilità; ovvero necessitano di politiche integrate volte ad eliminare le eventuali condizioni di abbandono e di degrado edilizio, igienico, ambientale e sociale che le investono.

2. Il P.S.C. individua le parti urbane che necessitano di riqualificazione e fissa, per ciascuna di esse, gli obiettivi di qualità e le prestazioni da perseguire in sede di attuazione, i livelli minimi di standard di qualità urbana ed ecologico ambientale da assicurare nonché la quota massima dei carichi insediativi che potranno essere realizzati nell'ambito dell'intervento di riqualificazione.

3. Il P.O.C., anche attraverso le forme di concertazione con i soggetti interessati di cui al comma 10 dell'art. 30, individua all'interno degli ambiti ed in conformità alle prescrizioni previste dal P.S.C., gli interventi di riqualificazione urbana da attuarsi nel proprio arco temporale di efficacia. Il piano stabilisce in particolare per ciascuna area di intervento le destinazioni d'uso ammissibili, gli indici edilizi, le modalità di intervento, le dotazioni territoriali, i contenuti fisico-morfologici e l'assetto infrastrutturale, in conformità a quanto disposto dall'articolo 30, commi da 2 a 2-quinquies. Il P.O.C., tenendo conto della fattibilità dell'intervento di riqualificazione, in relazione anche alle risorse finanziarie pubbliche e private attivabili, può inoltre definire gli ambiti oggetto di un unico intervento attuativo.

4. Gli interventi di riqualificazione sono attuati attraverso i PUA nel rispetto di quanto previsto dal Titolo I della legge regionale n. 19 del 1998.

Articolo A-12. Ambiti per i nuovi insediamenti.

1. Gli ambiti per i nuovi insediamenti sono costituiti dalle parti del territorio oggetto di trasformazione intensiva, sia in termini di nuova urbanizzazione per l'espansione del tessuto urbano, da individuarsi prioritariamente nelle aree limitrofe ai centri edificati, che in termini di sostituzione di rilevanti parti dell'agglomerato urbano. Gli ambiti per i nuovi insediamenti sono caratterizzati dalla equilibrata compresenza di residenza e di attività sociali, culturali, commerciali e produttive con essa compatibili.

2. I nuovi complessi insediativi sono sottoposti a progettazione unitaria, al fine di programmare l'esecuzione dei manufatti e l'attivazione delle diverse funzioni previste, assicurando la contestuale realizzazione delle dotazioni territoriali ad essi connessi.

3. Il P.S.C. perimetra gli ambiti del territorio comunale che possono essere destinati a tali nuovi insediamenti. Il piano stabilisce per ciascun ambito la disciplina generale dei nuovi insediamenti ammissibili, relativa alla capacità insediativa minima e massima per le specifiche funzioni ammesse, le dotazioni territoriali minime, le prestazioni di qualità urbana attese.

4. Il P.O.C. definisce i nuovi insediamenti da attuarsi nel proprio arco temporale di attuazione, all'interno degli ambiti delimitati e disciplinati dal P.S.C. Il P.O.C. in particolare perimetra le aree di intervento e definisce per ciascuna di esse le destinazioni d'uso ammissibili, gli indici edilizi, le modalità di intervento, le dotazioni territoriali, i contenuti fisico-morfologici e l'assetto infrastrutturale. Per la definizione dei contenuti del P.O.C. il Comune può attivare le procedure di concertazione con i privati stabilite dal comma 10 dell'art. 30.

Articolo A-13. Ambiti specializzati per attività produttive.

1. Per ambiti specializzati per attività produttive si intendono le parti del territorio caratterizzate dalla concentrazione di attività economiche, commerciali e produttive. I predetti ambiti possono altresì contenere una limitata compresenza di insediamenti e spazi collettivi residenziali.

2. Gli ambiti specializzati per attività produttive sono distinti in:

a) aree produttive di rilievo sovracomunale, caratterizzate da effetti sociali, territoriali ed ambientali che interessano più comuni;
b) aree produttive di rilievo comunale, caratterizzate da limitati impatti delle attività insediate o da insediare.

3. Le aree produttive esistenti sono disciplinate dalla pianificazione urbanistica comunale.

4. La Provincia attraverso il P.T.C.P. provvede, d'intesa con i comuni interessati, ad individuare le aree produttive idonee ad essere ampliate per assumere rilievo sovracomunale e ad individuare gli ambiti più idonei alla localizzazione delle nuove aree produttive di rilievo sovracomunale e ne stabilisce l'assetto infrastrutturale e le caratteristiche urbanistiche e funzionali. Il P.T.C.P. in tali ipotesi assume il valore e gli effetti del P.S.C.

5. I nuovi insediamenti sono individuati prioritariamente nelle aree limitrofe a quelle esistenti, anche al fine di concorrere alla loro qualificazione e di sopperire alle eventuali carenze di impianti, di infrastrutture o servizi.

6. Gli interventi di completamento, modificazione funzionale, manutenzione ed ammodernamento delle urbanizzazioni e degli impianti tecnologici nelle aree produttive esistenti, sono disciplinati dal R.U.E. e sono attuati attraverso intervento diretto.

7. Le aree produttive di rilievo sovracomunale sono attuate attraverso accordi territoriali stipulati ai sensi del comma 2 dell'art. 15. Gli accordi possono prevedere che l'esecuzione o riqualificazione e la gestione unitaria di tali aree, sia realizzata anche attraverso convenzioni can soggetti pubblici o privati, ovvero attraverso la costituzione di consorzi o di società miste.

8. In coerenza con quanto previsto dal P.R.I.T., gli strumenti di pianificazione di cui al presente articolo possono promuovere la realizzazione di infrastrutture idonee a consentire i più appropriati collegamenti delle aree produttive con la rete del trasporto combinato, anche attraverso adeguati incentivi urbanistici.

9. Gli accordi di cui all'art. 18 possono prevedere interventi di ammodernamento, ampliamento, razionalizzazione o riassetto organico dei complessi industriali esistenti e delle loro pertinenze funzionali, ivi compresa la delocalizzazione dei medesimi. A tal fine, i predetti accordi possono prevedere adeguati incentivi urbanistici.

10. Gli oneri di urbanizzazione relativi alle aree produttive di rilievo sovracomunale sono destinati al finanziamento degli impianti, delle infrastrutture e dei servizi necessari, indipendentemente dalla collocazione degli stessi anche al di fuori dai confini amministrativi del Comune nel cui territorio è localizzata l'area produttiva. Gli accordi territoriali di cui al comma 7 stabiliscono le modalità di versamento e gestione degli oneri e ne programmano in maniera unitaria l'utilizzo, assicurando il reperimento delle eventuali ulteriori risorse necessarie per la realizzazione delle dotazioni previste.

Articolo A-14. Aree ecologicamente attrezzate.

1. Gli ambiti specializzati per attività produttive costituiscono aree ecologicamente attrezzate quando sono dotate di infrastrutture, servizi e sistemi idonei a garantire la tutela della salute, della sicurezza e dell'ambiente.

2. La Regione, con atto di coordinamento tecnico, definisce, sulla base della normativa vigente in materia, gli obiettivi prestazionali delle aree ecologicamente attrezzate, avendo riguardo:

a) alla salubrità e igiene dei luoghi di lavoro;
b) alla prevenzione e riduzione dell'inquinamento dell'aria, dell'acqua e del terreno;
c) allo smaltimento e recupero dei rifiuti;
d) al trattamento delle acque reflue;
e) al contenimento del consumo dell'energia e al suo utilizzo efficace;
f) alla prevenzione, controllo e gestione dei rischi di incidenti rilevanti;
g) alla adeguata e razionale accessibilità delle persone e delle merci.

3. Ai sensi del comma 1 dell'art. 26 del D.Lgs n. 112 del 1998, l'utilizzazione dei servizi presenti nelle aree produttive ecologicamente attrezzate comporta l'esenzione, per gli impianti produttivi ivi localizzati, delle autorizzazioni eventualmente richieste nelle materie di cui al comma 2, secondo quanto definito dall'atto di coordinamento tecnico.

4. Le nuove aree produttive di rilievo sovracomunale assumono i caratteri propri delle aree ecologicamente attrezzate.

5. Il Comune può individuare tra i nuovi ambiti per attività produttive di rilievo comunale quelli da realizzare come aree ecologicamente attrezzate. Per l'eventuale trasformazione delle aree esistenti in aree ecologicamente attrezzate il Comune può stipulare specifici accordi con le imprese interessate, diretti a determinare le condizioni e gli incentivi per il riassetto organico delle aree medesime.

6. La Regione promuove la trasformazione delle aree produttive esistenti in aree ecologicamente attrezzate attraverso l'erogazione di contributi nell'ambito del programma triennale regionale per la tutela dell'ambiente, ai sensi degli artt. 99 e 100 della L.R. n. 3 del 1999.

Articolo A-14-bis. Misure urbanistiche per favorire lo sviluppo delle attività produttive.

1. Al fine di promuovere lo sviluppo delle attività industriali o artigianali insediate nel territorio urbanizzato, l'amministrazione comunale, entro i dieci giorni dalla presentazione del progetto da parte dei soggetti interessati, convoca una conferenza di servizi per la valutazione degli interventi di ampliamento e di ristrutturazione dei fabbricati industriali o artigianali, esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, che comportino variante agli strumenti urbanistici vigenti.

2. Alla conferenza di servizi sono chiamati a partecipare la Provincia e tutte le amministrazioni competenti ad esprimere ogni autorizzazione, concessione, nulla osta e atto di assenso, comunque denominato, richiesto per la realizzazione dell'intervento. I lavori della conferenza di servizi non possono superare il termine perentorio di sessanta giorni.

3. L'esito positivo della conferenza di servizi costituisce proposta di variante allo strumento urbanistico. L'amministrazione comunale provvede all'immediato deposito del progetto presso la sede del Comune per sessanta giorni dalla pubblicazione nel BUR del relativo avviso. Entro il medesimo termine chiunque può prendere visione del progetto e formulare osservazioni sulla variante si esprime definitivamente il Consiglio comunale entro i trenta giorni successivi alla conclusione del termine per la presentazione delle osservazioni.

4. Gli interventi di cui al presente articolo sono attuati con intervento diretto.

Articolo A-15. Poli funzionali.

1. I poli funzionali sono costituiti dalle parti del territorio ad elevata specializzazione funzionale nelle quali sono concentrate, in ambiti identificabili per dimensione spaziale ed organizzazione morfologica unitaria, una o più funzioni strategiche o servizi ad alta specializzazione economica, scientifica, culturale, sportiva, ricreativa e della mobilità. I poli funzionali sono inoltre caratterizzati dalla forte attrattività di un numero elevato di persone e di merci e da un bacino d'utenza di carattere sovracomunale, tali da comportare un forte impatto sui sistemi territoriali della mobilità e conseguentemente sul sistema ambientale e della qualità urbana.

2. Sono poli funzionali in particolare le seguenti attività, qualora presentino i caratteri di cui al comma 1:

a) i centri direzionali, fieristici ed espositivi, ed i centri congressi;
b) i centri commerciali ed i poli o parchi ad essi assimilati, con grandi strutture distributive del commercio in sede fissa e del commercio all'ingrosso;
c) le aree per la logistica al servizio della produzione e del commercio;
d) gli aeroporti, i porti e le stazioni ferroviarie principali del sistema ferroviario nazionale e regionale;
e) i centri intermodali e le aree attrezzate per l'autotrasporto;
f) i poli tecnologici, le università e i centri di ricerca scientifica;
g) i parchi tematici o ricreativi;
h) le strutture per manifestazioni culturali, sportive e spettacoli ad elevata partecipazione di pubblico.

3. In coerenza con gli obiettivi strategici di sviluppo del sistema territoriale regionale definiti dal P.T.R., la Provincia provvede con il P.T.C.P., d'intesa con i comuni interessati:

a) alla ricognizione dei poli funzionali esistenti da consolidare, ampliare e riqualificare;
b) alla programmazione dei nuovi poli funzionali, prospettando gli ambiti idonei per la loro localizzazione e definendo per ciascuno di essi: i bacini di utenza; la scala territoriale di interesse, gli obiettivi di qualità e le condizioni di sostenibilità ambientale e territoriale dei nuovi insediamenti.

4. Il P.T.C.P. può inoltre provvedere, d'intesa con i comuni interessati, alla definizione degli elementi di cui al comma 6, assumendo il valore e gli effetti del P.S.C.

5. Nell'ambito delle previsioni del P.T.C.P., l'attuazione dei nuovi poli funzionali e degli interventi relativi ai poli funzionali esistenti sono definiti attraverso accordi territoriali di cui al comma 2 dell'art. 15. In assenza di accordi territoriali, la pianificazione urbanistica comunale può dare attuazione direttamente alle previsioni del P.T.C.P. relative ai soli poli funzionali esistenti.

6. Il P.S.C. recepisce e dà attuazione a quanto disposto dal P.T.C.P. e dall'accordo territoriale, provvedendo:

a) per i poli funzionali esistenti, ad individuare gli interventi di trasformazione o di qualificazione funzionale, urbanistica ed edilizia, a fissare i livelli prestazionali da raggiungere per garantire l'accessibilità e per assicurare la compatibilità ambientale, individuando le opere di infrastrutturazione necessarie;
b) per i nuovi poli funzionali da localizzare nel territorio comunale, ad individuare gli ambiti più idonei per l'intervento ed a definirne le caratteristiche morfologiche e l'organizzazione funzionale, il sistema delle infrastrutture per la mobilità e delle dotazioni territoriali necessarie.

Capo A-IV - Territorio rurale

Articolo A-16. Obiettivi della pianificazione nel territorio rurale.

1. Il territorio rurale è costituito dall'insieme del territorio non urbanizzato e si caratterizza per la necessità di integrare e rendere coerenti politiche volte a salvaguardare il valore naturale, ambientale e paesaggistico del territorio con politiche volte a garantire lo sviluppo di attività agricole sostenibili. Nel territorio rurale la pianificazione persegue in particolare i seguenti obiettivi:

a) promuovere lo sviluppo di una agricoltura sostenibile, multifunzionale;
b) preservare i suoli ad elevata vocazione agricola, consentendo il loro consumo, soltanto in assenza di alternative localizzative tecnicamente ed economicamente valide;
c) promuovere nelle aree marginali la continuazione delle attività agricole e il mantenimento di una comunità rurale vitale, quale presidio del territorio indispensabile per la sua salvaguardia, incentivando lo sviluppo nelle aziende agricole di attività complementari;
d) mantenere e sviluppare le funzioni economiche, ecologiche e sociali della silvicoltura;
e) promuovere la difesa del suolo e degli assetti idrogeologici, geologici ed idraulici e salvaguardare la sicurezza del territorio e le risorse naturali e ambientali;
f) promuovere la valorizzazione e la salvaguardia del paesaggio rurale nella sua connotazione economica e strutturale tradizionale;
g) valorizzare la funzione dello spazio rurale di riequilibrio ambientale e di mitigazione degli impatti negativi dei centri urbani.

2. Il P.T.C.P. individua gli elementi e i sistemi da tutelare, recependo e specificando le previsioni del P.T.P.R., e opera, in coordinamento con i piani e programmi del settore agricolo, una prima individuazione degli ambiti del territorio rurale, secondo le disposizioni del presente capo.

3. Il P.S.C. delimita e disciplina gli ambiti del territorio rurale e indica le aree interessate da progetti di tutela, recupero e valorizzazione degli elementi naturali ed antropici, nonché le aree più idonee per la localizzazione delle opere di mitigazione ambientale e delle dotazioni ecologiche ed ambientali, di cui agli artt. A-20 e A-25 dell'allegato.

4. Compete al R.U.E. disciplinare nel territorio rurale gli interventi: di recupero del patrimonio edilizio esistente; di nuova edificazione per le esigenze delle aziende agricole, nei casi previsti dagli articoli del presente capo; di sistemazione delle aree di pertinenza; di realizzazione delle opere di mitigazione ambientale. Il R.U.E. disciplina inoltre gli interventi di recupero per funzioni non connesse con l'agricoltura, nell'osservanza di quanto disposto dall'art. A-21 dell'allegato.

Articolo A-17. Aree di valore naturale e ambientale.

1. Costituiscono aree di valore naturale e ambientale gli ambiti del territorio rurale sottoposti dagli strumenti di pianificazione ad una speciale disciplina di tutela ed a progetti locali di valorizzazione.

2. Le aree di valore naturale e ambientale sono individuate e disciplinate dal P.S.C. che ne definisce gli obiettivi generali di valorizzazione, in coerenza con le indicazioni della pianificazione sovraordinata.

3. Gli strumenti di pianificazione provvedono inoltre a dettare la disciplina di tutela e valorizzazione delle seguenti aree di valore naturale e ambientale e delle eventuali fasce di tutela:

a) le aree boscate e quelle destinate al rimboschimento, ivi compresi i soprassuoli boschivi distrutti o danneggiati dal fuoco;
b) gli ambiti di vegetazione dei litorali marini;
c) gli invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d'acqua;
d) le golene antiche e recenti;
e) le aree umide.

4. Nelle aree di cui al comma 3 la pianificazione prevede:

a) il recupero del patrimonio edilizio esistente, nel rispetto delle caratteristiche funzionali, tipologiche e costruttive originarie;
b) la realizzazione di infrastrutture pubbliche;
c) la nuova costruzione di edifici connessi con lo svolgimento delle attività compatibili con la disciplina di tutela.

5. Il P.T.C.P. può inoltre individuare le aree con caratteristiche morfologiche, pedologiche e climatiche non compatibili con l'attività agricola ed adatte all'evoluzione di processi di naturalizzazione.

6. Fanno parte del sistema delle aree di valore naturale e ambientale anche le aree naturali protette, costituite in particolare dai parchi nazionali, dalle riserve naturali dello Stato e dalle aree protette di rilievo internazionale e nazionale di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, nonché dai parchi e riserve naturali regionali istituite ai sensi della L.R. 2 aprile 1988, n. 11.

7. Nelle aree naturali protette la disciplina in merito alla tutela e valorizzazione del territorio ed alle destinazioni e trasformazioni ammissibili è stabilita dagli atti istitutivi e dai piani, programmi e regolamenti previsti dalle specifiche leggi che regolano la materia.

8. Per ripartire in modo equo gli oneri derivanti dall'istituzione di aree naturali protette, la Provincia può stabilire specifiche forme di compensazione e riequilibrio territoriale, attraverso gli strumenti di perequazione di cui al comma 3 dell'art. 15.

9. Al fine di assicurare uno sviluppo sostenibile delle attività umane ed economiche nelle aree di valore naturale e ambientale:

a) il P.S.C. provvede ad armonizzare gli assetti insediativi e infrastrutturali del territorio con 1 e finalità di tutela dell'ambiente naturale e delle sue risorse;
b) il P.O.C. coordina gli interventi di conservazione, restauro ambientale, difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici e idrogeologici previsti dagli strumenti di gestione delle aree di valore naturale e ambientale con le previsioni relative alle trasformazioni insediative ed infrastrutturali.

Articolo A-18. Ambiti agricoli di rilievo paesaggistico.

1. Gli ambiti agricoli di rilievo paesaggistico sono caratterizzati dall'integrazione del sistema ambientale e del relativo patrimonio naturale con l'azione dell'uomo volta alla coltivazione e trasformazione del suolo.

2. Negli ambiti agricoli di rilievo paesaggistico la pianificazione territoriale e urbanistica assicura:

a) la salvaguardia delle attività agro-silvo-pastorali ambientalmente sostenibili e dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici presenti nel territorio;
b) la conservazione o la ricostituzione del paesaggio rurale e del relativo patrimonio di biodiversità, delle singole specie animali o vegetali, dei relativi habitat, e delle associazioni vegetali e forestali;
c) la salvaguardia o ricostituzione dei processi naturali, degli equilibri idraulici e idrogeologici e degli equilibri ecologici.

3. A tale scopo, negli ambiti di cui al presento articolo, il P.T.C.P. individua quali trasformazioni e attività di utilizzazione del suolo siano ammissibili, previa valutazione di sostenibilità.

4. Qualora negli ambiti agricoli di rilievo paesaggistico sussistano limitazioni all'utilizzazione agricola dei suoli, la pianificazione urbanistica comunale promuove anche lo sviluppo di attività integrative del reddito agricolo, quali la silvicoltura, l'offerta di servizi ambientali, ricreativi, per il tempo libero e per l'agriturismo. Il P.S.C. può individuare gli ambiti più idonei per lo sviluppo delle attività integrative ed il R.U.E. disciplina gli interventi edilizi necessari, che devono riguardare prioritariamente il patrimonio edilizio esistente.

Articolo A-19. Ambiti ad alta vocazione produttiva agricola.

1. Per ambiti ad alta vocazione produttiva agricola si intendono quelle parti del territorio rurale con ordinari vinicoli di tutela ambientale idonee, per tradizione, vocazione e specializzazione, ad una attività di produzione di beni agro-alimentari ad alta intensità e concentrazione. Negli ambiti ad alta vocazione produttiva agricola è favorita l'attività di aziende strutturate e competitive, che utilizzino tecnologie ad elevata compatibilità ambientale e pratiche colturali rivolte al miglioramento della qualità merceologica, della salubrità e sicurezza alimentare dei prodotti.

2. In tali ambiti la pianificazione territoriale e urbanistica, persegue prioritariamente gli obiettivi:

a) di tutelare e conservare il sistema dei sugli agricoli produttivi, escludendone la compromissione a causa dell'insediamento di attività non strettamente connesse con la produzione agricola;
b) di favorire lo sviluppo ambientalmente sostenibile delle aziende agricole, consentendo interventi edilizi volti ad assicurare dotazioni infrastrutturali, attrezzature legate al ciclo produttivo agricolo e al trattamento e alla mitigazione delle emissioni inquinanti, la trasformazione e l'ammodernamento delle sedi operative dell'azienda, ivi compresi i locali adibiti ad abitazione.

3. Al fine di contemperare le esigenze di cui al comma 2, negli ambiti ad alta vocazione produttiva agricola il R.U.E. si attiene ai seguenti principi:

a) sono ammessi gli interventi di recupero, riqualificazione, completamento e ampliamento degli edifici aziendali esistenti;
b) gli interventi di trasformazione del suolo e di nuova costruzione di edifici aziendali funzionali alla produzione sono ammessi solo in ragione di specifici programmi di riconversione o ammodernamento dell'attività agricola, previsti dagli strumenti di pianificazione o dai programmi di settore ovvero predisposti in attuazione della normativa comunitaria;
c) la realizzazione di nuovi edifici ad uso residenziale è ammessa in ragione dei programmi di cui alla lettera b) e qualora le nuove esigenze abitative, connesse all'attività aziendale, non siano soddisfacibili attraverso gli interventi sul patrimonio edilizio esistente.

Articolo A-20. Ambiti agricoli periurbani.

1. Negli ambiti agricoli periurbani, la pianificazione persegue prioritariamente il mantenimento della conduzione agricola di fondi, nonché la promozione di attività integrative del reddito agrario dirette:

a) a soddisfare la domanda di strutture ricreative e per il tempo libero;
b) a contribuire al miglioramento della qualità ambientale urbana, attraverso la realizzazione di dotazioni ecologiche, di cui all'art. A-25 dell'allegato, e di servizi ambientali.

2. Gli ambiti agricoli periurbani sono individuati di norma nelle parti del territorio limitrofe ai centri urbani ovvero in quelle intercluse tra più aree urbanizzate, aventi una elevata contiguità insediativa.

3. Il P.S.C., sulla base delle indicazioni del P.T.C.P., individua gli ambiti agricoli periurbani e ne definisce obiettivi e prestazioni attese e interventi ammessi. Le previsioni del P.S.C. costituiscono criteri di priorità ai fini dell'attribuzione alle aziende operanti negli ambiti agricoli periurbani di specifici contributi finalizzati a compensarle per lo svolgimento di funzioni di tutela e miglioramento dell'ambiente naturale.

4. Gli interventi di cui alle lettere a) e b) del comma 1 sono disciplinati, di norma, dal R.U.E. ed attuati attraverso intervento diretto. Il P.O.C. può prevedere la realizzazione dei medesimi interventi, anche attraverso la stipula di accordi con i privati interessati, a norma dell'art. 18, qualora assumano rilevante interesse per la comunità locale.

Articolo A-21. Interventi edilizi non connessi all'attività agricola.

1. Nel territorio rurale la pianificazione persegue prioritariamente il recupero del patrimonio edilizio esistente. La realizzazione di nuove costruzioni è ammessa soltanto qualora sia necessaria alla conduzione del fondo, all'esercizio delle attività agricole e di quelle connesse, nei limiti di quanto disposto dagli artt. A-17, A-18, A-19 e A-20 dell'allegato.

2. Il recupero degli edifici non più funzionali all'esercizio dell'attività agricola è disciplinato dal R.U.E., nel rispetto della disciplina relativa agli edifici di valore storico-architettonico, culturale e testimoniale di cui all'art. A-9 dell'allegato. Il R.U.E. si conforma ai seguenti principi:

a) per gli edifici con originaria funzione abitativa sono ammessi interventi di recupero a fini residenziali non connessi con l'esercizio di attività agricola e per altri usi compatibili con la tipologia dell'immobile e con il contesto ambientale;
b) per gli edifici con originaria funzione diversa da quella abitativa sono consentiti interventi di recupero che risultino compatibili con le attuali caratteristiche tipologiche degli edifici stessi, e per gli usi compatibili con il contesto ambientale;
c) nel caso di edifici con caratteristiche tali da non consentire gli interventi di riuso di cui alle lettere a) e b), la pianificazione comunale, al fine del miglioramento della qualità ambientale e paesaggistica del territorio rurale e dello sviluppo della produttività, delle aziende agricole, può prevedere interventi volti al recupero totale o parziale del patrimonio edilizio, attraverso la demolizione dei manufatti esistenti e la costruzione di edifici di diversa tipologia e destinazione d'uso in aree idonee appositamente individuate. Negli ambiti ad alta vocazione produttiva agricola il Comune persegue prioritariamente il recupero degli edifici non più funzionali all'esercizio dell'attività agricola con le modalità indicate dalla presente lettera;
d) gli ampliamenti e le sopraelevazioni dei volumi esistenti sono consentiti per realizzare, nell'edificio esistente, un'unica unità immobiliare;
e) gli interventi di recupero di cui alle lettere a), b), c) e d) sono subordinati all'esistenza della dotazione minima di infrastrutture e di servizi, necessaria a garantire la sostenibilità ambientale e territoriale degli insediamenti diffusi, attinenti in particolare alle infrastrutture per l'urbanizzazione e per la mobilità;
f) non è comunque consentito il recupero di tettoie, baracche ed ogni altro manufatto precario, nonché dei proservizi.

3. L'attuazione degli interventi di recupero di cui al comma 2 comporta per le unità poderali agricole cui erano asserviti gli edifici riutilizzati a fini non agricoli, i seguenti limiti a nuove edificazioni, anche a seguito di frazionamento:

a) nel caso di recupero di edifici con originaria funzione abitativa, è esclusa la possibilità di realizzare nuovi edifici abitativi connessi all'agricoltura;
b) nel caso di recupero di edifici con originaria funzione diversa da quella abitativa, la realizzazione di nuovi manufatti funzionali all'esercizio dell'agricoltura è comunque precluso per 10 anni dalla trascrizione di cui al comma 4. Successivamente, tali interventi sono subordinati alla verifica da parte del Comune dell'esistenza di sopravvenute esigenze dell'azienda, conseguenti alla riconversione dei sistemi di produzione agricola.

4. I limiti alla capacità edificatoria delle unità poderali agricole, previsti dal comma 3, sono trascritti a cura e spese degli interessati presso la competente conservatoria dei Registri immobiliari, contemporaneamente alla variazione nella iscrizione catastale degli edifici non più connessi all'agricoltura.

5. Il R.U.E. può subordinare gli interventi di recupero e ampliamento alla stipula di una convenzione con la quale il proprietario si impegna, in luogo del pagamento dei contributi di concessione, di cui all'art. 3 della legge n. 10 del 1977, alla realizzazione in tutto o in parte delle infrastrutture e dei servizi di cui alla lettera e) del comma 2 ovvero di talune opere necessarie alla tutela e riqualificazione ambientale dell'area.

6. Fino all'adeguamento degli strumenti urbanistici alle disposizioni del presente articolo e comunque fino al 31 dicembre 2000, è ammesso il mutamento di destinazione d'uso non connesso a trasformazioni fisiche dei fabbricati già rurali con originaria funzione abitativa, che non presentano più i requisiti di ruralità, per i quali si provvede alla variazione nell'iscrizione catastale secondo la normativa vigente.

Capo A-V - Dotazioni territoriali

Articolo A-22. Sistema delle dotazioni territoriali.

1. Il sistema delle dotazioni territoriali, disciplinato dal presente capo, è costituito dall'insieme degli impianti, opere e spazi attrezzati che concorrono a realizzare gli standard di qualità urbana ed ecologico ambientale definiti dalla pianificazione.

2. Nel definire il sistema delle dotazioni territoriali gli strumenti urbanistici confermano la quota complessiva dell'attuale patrimonio di aree pubbliche destinate a servizi, provvedendo alla manutenzione, ammodernamento e qualificazione delle opere e infrastrutture esistenti ovvero destinando tali aree a soddisfare il fabbisogno di diverse dotazioni territoriali.

3. Gli strumenti urbanistici stabiliscono per ciascun ambito del territorio comunale il fabbisogno di dotazioni, tenendo conto delle eventuali carenze pregresse, presenti nel medesimo ambito o nelle parti del territorio comunale ad esso adiacenti, e degli standard di qualità urbana ed ecologico ambientale da realizzare. A tale scopo gli strumenti urbanistici possono stabilire quote di attrezzature e spazi collettivi maggiori di quelle previste dalla presente legge.

Articolo A-23. Infrastrutture per l'urbanizzazione degli insediamenti.

1. Per infrastrutture per l'urbanizzazione degli insediamenti si intendono gli impianti e le reti tecnologiche che assicurano la funzionalità e la qualità igienico-sanitaria degli insediamenti.

2. Fanno parte delle infrastrutture per l'urbanizzazione degli insediamenti:

a) gli impianti e le opere di prelievo, trattamento e distribuzione dell'acqua;
b) la rete fognante, gli impianti di depurazione e la rete di canalizzazione delle acque meteoriche;
c) gli spazi e gli impianti per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi;
d) la pubblica illuminazione, la rete e gli impianti di distribuzione dell'energia elettrica, di gas e di altre forme di energia;
e) gli impianti e le reti del sistema delle comunicazioni e telecomunicazioni;
f) le strade, gli spazi e i percorsi pedonali, le piste ciclabili, le fermate e le stazioni del sistema dei trasporti collettivi ed i parcheggi pubblici, al diretto servizio dell'insediamento.

3. La pianificazione urbanistica comunale assicura una adeguata dotazione delle infrastrutture di cui ai commi 1 e 2 per tutti gli insediamenti esistenti e per quelli previsti, con riguardo: alle infrastrutture di pertinenza dell'insediamento, al loro collegamento con la rete generale e alla potenzialità complessiva della rete stessa. L'adeguatezza delle reti tecnologiche va riferita alla loro capacità di far fronte al fabbisogno in termini quantitativi, qualitativi e di efficienza funzionale.

4. Compete al P.S.C. stabilire, per i diversi ambiti del territorio comunale, la dotazione complessiva di infrastrutture per l'urbanizzazione degli insediamenti e le relative prestazioni che è necessario garantire.

5. Il P.S.C. provvede inoltre: alla individuazione di massima delle aree più idonee alla localizzazione degli impianti e delle reti tecnologiche di rilievo comunale e sovracomunale; alla definizione delle fasce di rispetto e delle fasce di ambientazione che si rendano necessarie.

6. La previsione da parte del P.O.C. dei nuovi insediamenti e degli interventi negli ambiti da riqualificare è subordinata all'esistenza ovvero alla contemporanea realizzazione e attivazione di una adeguata dotazione delle infrastrutture per l'urbanizzazione degli insediamenti.

7. Nell'esercizio dei compiti di cui ai commi 3, 4 e 5 il Comune si attiene ai seguenti criteri:

a) per tutti gli insediamenti ricadenti nel territorio urbanizzato, per quelli di nuova previsione e per i più consistenti insediamenti in territorio rurale è necessario prevedere l'allacciamento ad un impianto di depurazione; la capacità di smaltimento delle reti fognanti principali e la potenzialità della rete idraulica di bonifica ricevente e degli impianti idrovori vanno adeguate rispettivamente al deflusso degli scarichi civili e delle acque meteoriche. La potenzialità dell'impianto di depurazione va adeguata ai carichi idraulici e inquinanti ed alla, portata di magra dei corpi idrici recettori;
b) la realizzazione di nuovi insediamenti deve essere rapportata alla qualità e alla disponibilità della risorsa idrica ed al suo uso efficiente e razionale, differenziando gli approvvigionamenti in funzione degli usi, in particolare negli ambiti produttivi idroesigenti;
c) la realizzazione di nuovi insediamenti va rapportata alla capacità della rete e degli impianti di distribuzione dell'energia ed alla individuazione di spazi necessari al loro efficiente e razionale sviluppo;
d) nella individuazione delle aree per gli impianti e le reti di comunicazione e telecomunicazione e per la distribuzione dell'energia, oltre a perseguire la funzionalità, razionalità ed economicità dei sistemi, occorre assicurare innanzitutto la salvaguardia della salute e la sicurezza dei cittadini e la tutela degli aspetti paesaggistico-ambientali;
e) al fine di ridurre l'impatto sul territorio e favorire il riciclaggio dei rifiuti domestici, sono individuati spazi destinati alla raccolta differenziata ed al recupero dei rifiuti solidi urbani.

Articolo A-24. Attrezzature e spazi collettivi.

1. Costituiscono attrezzature e spazi collettivi il complesso degli impianti, opere e spazi attrezzati pubblici, destinati a servizi di interesse collettivo, necessari per favorire il migliore sviluppo della comunità e per elevare la qualità della vita individuale e collettiva.

2. Le attrezzature e gli spazi collettivi di carattere comunale riguardano in particolare:

a) l'istruzione;
b) l'assistenza e i servizi sociali e igienico-sanitari;
c) la pubblica Amministrazione, la sicurezza pubblica e la protezione civile;
d) le attività culturali, associative e politiche;
e) il culto;
f) gli spazi aperti attrezzati a verde per il gioco, la ricreazione, il tempo libero e le attività sportive;
g) gli altri spazi aperti di libera fruizione per usi pubblici collettivi;
h) i parcheggi pubblici diversi da quelli al diretto servizio dell'insediamento, di cui alla lettera f) del comma 2 dell'art. A-23 dell'allegato.

3. Sono stabilite le seguenti quote di dotazioni minime di aree pubbliche per attrezzature e spazi collettivi, oltre alle aree destinate alla viabilità, riferite al dimensionamento complessivo degli insediamenti esistenti e previsti dalla pianificazione comunale:

a) per l'insieme degli insediamenti residenziali, 30 mq. per ogni abitante effettivo e potenziale del Comune determinato ai sensi dei commi 8 e 9;
b) per l'insieme degli insediamenti ricreativi, ricettivi, direzionali e commerciali, 100 mq. per ogni 100 mq. di superficie lorda di pavimento;
c) per l'insieme degli insediamenti produttivi, industriali, artigianali e per il commercio all'ingrosso, una quota non inferiore al 15% della superficie complessiva destinata a tali insediamenti.

3-bis. Per l'insieme degli insediamenti produttivi e logistici ricadenti negli ambiti dei porti di II categoria – I classe, il Comune può motivatamente prevedere una quota di dotazioni minime di aree pubbliche non inferiore al 10 per cento della superficie complessiva destinata a tali insediamenti, definendo le attrezzature e gli spazi collettivi necessari in conformità al presente articolo.

3-ter. Per i nuovi insediamenti produttivi facenti parte di un interporto o contigui ad uno scalo o terminal ferroviario, il Comune può prevedere una quota di dotazioni minime di aree pubbliche non inferiori al 10 per cento di superficie complessiva destinata a tali insediamenti, in ragione della riduzione dei parcheggi pubblici necessari, qualora le attività da insediare garantiscano, attraverso specifica convenzione, l'utilizzo prevalente e continuativo del trasporto ferroviario delle merci.

4. Il P.T.C.P., in conformità agli indirizzi del P.T.R. e agli atti regionali di indirizzo e coordinamento, può motivatamente ampliare o ridurre la dotazione minima complessiva di aree per attrezzature e spazi collettivi di cui al comma 3 per adeguarla alle specifiche situazioni locali, in ragione: del ruolo del Comune rispetto al sistema insediativo provinciale e del conseguente bacino di utenza dei servizi ivi localizzati; delle caratteristiche dimensionali del Comune e delle caratteristiche fisiche e ambientali del suo territorio.

5. Il P.T.C.P. provvede inoltre, in coerenza con la programmazione settoriale, ad individuare i centri urbani nei quali realizzare spazi e attrezzature pubbliche di interesse sovracomunale, in quanto destinati a soddisfare un bacino di utenza che esubera dai confini amministrativi del comune, quali: le attrezzature sanitarie e ospedaliere, gli edifici per l'istruzione superiore all'obbligo, i parchi pubblici urbani e territoriali e gli impianti per le attività e manifestazioni a grande concorso di pubblico. L'attuazione di queste previsioni del P.T.C.P. è disciplinata attraverso accordi territoriali stipulati ai sensi del comma 2 dell'art. 15.

6. Il P.S.C. stabilisce per ciascun ambito del territorio comunale il fabbisogno di attrezzature e spazi collettivi da realizzare e i relativi requisiti funzionali di accessibilità e fruibilità sociale, articolati per bacini di utenza, in conformità a quanto disposto dai commi 3, 4 e 5. Il P.S.C. provvede inoltre alla definizione di massima delle aree più idonee alla localizzazione delle strutture di interesse sovracomunale di cui al comma 5.

7. È compito del P.O.C.:

a) articolare e specificare la dotazione complessiva fissata dal P.S.C. avendo riguardo alle diverse tipologie di cui al comma 2;
b) programmare la contemporanea realizzazione e attivazione, assieme agli interventi di trasformazione previsti, delle attrezzature e spazi collettivi ad essi connessi;
c) individuare gli spazi e le attrezzature collettive che dovranno essere realizzate, nel corso dell'arco di tempo della propria validità.

8. Per abitanti effettivi e potenziali si intende l'insieme:

a) della popolazione effettiva del Comune all'atto dell'elaborazione del piano, costituita dai cittadini residenti e dalla popolazione che gravita stabilmente sul comune, per motivi di studio, lavoro, o turismo ovvero per fruire dei servizi pubblici e collettivi ivi disponibili; nonché
b) della popolazione potenziale, costituita dall'incremento della popolazione di cui alla lettera a) che è prevedibile si realizzi a seguito dell'attuazione delle previsioni del piano.

9. Gli abitanti effettivi e potenziali sono definiti dal P.S.C. tenendo conto delle previsioni del P.T.C.P. di cui ai commi 4 e 5 ed in conformità ai criteri definiti con atto di indirizzo e coordinamento ai sensi dell'art. 16.

10. Il rinvio al previgente art. 46 della L.R. n. 47 del 1978, disposto dal comma 4 dell'art. 2 della L.R. 27 aprile 1990, n. 35, è sostituito con il rinvio alla lettera b) del comma 3 del presente articolo.

Articolo A-25. Dotazioni ecologiche e ambientali.

1. Le dotazioni ecologiche ed ambientali del territorio sono costituite dall'insieme degli spazi, delle opere e degli interventi che concorrono, insieme alle infrastrutture per l'urbanizzazione degli insediamenti, a migliorare la qualità dell'ambiente urbano, mitigandone gli impatti negativi. Le dotazioni sono volte in particolare: alla tutela e risanamento dell'aria e dell'acqua ed alla prevenzione del loro inquinamento; alla gestione integrata del ciclo idrico; alla riduzione dell'inquinamento acustico ed elettromagnetico; al mantenimento della permeabilità dei suoli e al riequilibrio ecologico dell'ambiente urbano; alla raccolta differenziata dei rifiuti.

2. La pianificazione territoriale e urbanistica provvede, anche recependo le indicazioni della pianificazione settoriale, alla determinazione del fabbisogno di dotazioni ecologiche e ambientali e dei requisiti prestazionali che le stesse devono soddisfare, nonché alla individuazione delle aree più idonee per la loro localizzazione.

3. Rientrano tra le dotazioni ecologiche e ambientali anche gli spazi di proprietà privata che concorrono al raggiungimento delle finalità di cui al comma 1, attraverso la specifica modalità di sistemazione delle aree pertinenziali stabilita dal Comune ai sensi della lettera b) del comma 4 dell'art. A-6 dell'allegato.

4. La pianificazione, nel definire le dotazioni ecologiche e ambientali, persegue le seguenti finalità:

a) garantire un miglior equilibrio idrogeologico e la funzionalità della rete idraulica superficiale, anche attraverso il contenimento della impermeabilizzazione dei suoli e la dotazione di spazi idonei alla ritenzione e al trattamento delle acque meteoriche, al loro riuso o rilascio in falda o nella rete idrica superficiale;
b) favorire la ricostituzione nell'ambito urbano e periurbano di un miglior habitat naturale e la costituzione di reti ecologiche di connessione;
c) preservare e migliorare le caratteristiche meteoclimatiche locali, ai fini della riduzione della concentrazione di inquinanti in atmosfera e di una migliore termoregolazione degli insediamenti urbani. Concorrono in tal senso la dotazione di spazi verdi piantumati, di bacini o zone umide, il mantenimento o la creazione di spazi aperti all'interno del territorio urbano e periurbano;
d) migliorare il clima acustico del territorio urbano e preservarlo dall'inquinamento elettromagnetico, prioritariamente attraverso una razionale distribuzione delle funzioni ed una idonea localizzazione delle attività rumorose e delle sorgenti elettromagnetiche ovvero dei recettori particolarmente sensibili.

Articolo A-26. Concorso nella realizzazione delle dotazioni territoriali.

1. Fatto salvo quanto disposto dagli articoli A-6-bis e A-6-ter, i soggetti attuatori degli interventi previsti dalla pianificazione urbanistica comunale concorrono alla realizzazione delle dotazioni territoriali correlate agli stessi, nelle forme e nei limiti previsti dai commi seguenti.

2. Ciascun intervento diretto all'attuazione di un nuovo insediamento o alla riqualificazione di un insediamento esistente, comporta l'onere per il soggetto attuatore:

a) di provvedere al reperimento ed alla cessione al Comune, dopo la loro sistemazione, delle aree per la realizzazione delle dotazioni territoriali di cui agli articoli A-23 e A-24, nella quantità fissata dalla pianificazione urbanistica in misura non inferiore a quanto previsto dalla presente legge;
b) di provvedere alla realizzazione delle infrastrutture per l'urbanizzazione al diretto servizio degli insediamenti, di cui all'articolo A-23, ivi compresi gli allacciamenti con le reti tecnologiche di interesse generale e le eventuali opere di adeguamento di queste ultime rese necessarie dal nuovo carico insediativo;
c) di provvedere alla realizzazione delle dotazioni ecologiche ed ambientali di cui all'articolo A-25 individuate dal piano;
d) di concorrere alla realizzazione delle dotazioni territoriali, attraverso la corresponsione del contributo relativo agli oneri di urbanizzazione di cui all'articolo 28 della legge regionale n. 31 del 2002, salvo quanto disposto dal successivo comma 4-bis.

3. Il contenuto degli obblighi di cui al comma 2 è stabilito:

a) dal R.U.E. per le trasformazioni da attuare con intervento diretto, ai sensi del comma 3 dell'art. 29;
b) dal P.O.C. per i nuovi insediamenti e per gli interventi di riqualificazione.

4. Il Comune, su richiesta del soggetto attuatore, attraverso una apposita convenzione può consentire a quest'ultimo di realizzare, in tutto o in parte, le dotazioni territoriali di cui all'articolo A-24 alla cui realizzazione e attivazione la pianificazione urbanistica subordina l'attuazione degli interventi.

4-bis. La realizzazione delle dotazioni territoriali di cui agli articoli A-23 e A-24, eseguita dai soggetti attuatori degli interventi, in attuazione di quanto disposto dal comma 2, lettera b), e dal comma 4 o in caso di interventi diretti, comporta lo scomputo dei contributi concessori dovuti ai sensi dell'articolo 28 della legge regionale n. 31 del 2002 secondo quanto disposto dal RUE e l'acquisizione delle stesse al patrimonio indisponibile del Comune.

5. (abrogato)

6. Al fine di assicurare una più razionale localizzazione delle dotazioni territoriali, il P.O.C. può stabilire motivatamente che gli interessati debbano assolvere all'obbligo di cui al comma 1 attraverso il reperimento e la cessione di aree collocate al di fuori del comparto oggetto dell'intervento di trasformazione. Tali aree sono individuate dallo stesso P.O.C.

7. Il R.U.E. può regolamentare i casi in cui, in luogo della cessione delle aree di cui alla lettera a) del comma 2, gli interventi di trasformazione contribuiscano alla costituzione e al mantenimento delle dotazioni territoriali attraverso la monetizzazione delle aree, nelle seguenti ipotesi:

a) qualora nell'ambito interessato dall'intervento siano già state interamente attuate le dotazioni territoriali nella quantità minima prevista dal comma 3 dell'art. A-24 ed il P.S.C. valuti prioritario procedere all'ammodernamento e riqualificazione delle dotazioni esistenti;
b) qualora il Comune non abbia previsto la possibilità di cui al comma 6 e gli interessati dimostrino l'impossibilità di reperire la predetta quantità di aree su spazi idonei all'interno del comparto oggetto dell'intervento;
c) nei casi in cui l'esiguità della quota di aree da cedere non consenta l'effettiva realizzazione delle dotazioni territoriali necessarie.

8. Al fine di realizzare idonee forme di gestione delle dotazioni territoriali, il P.O.C. può prevedere la stipula di una convenzione con i soggetti attuatori degli interventi, ferma restando la facoltà del Comune di modificare la destinazione d'uso pubblico degli immobili.

9. Nei casi di cui al comma 7 il P.O.C. individua gli interventi che, nell'arco temporale della propria validità, dovranno essere realizzati con le risorse derivanti dalle monetizzazioni. Tali interventi dovranno riguardare prioritariamente la manutenzione, il miglioramento e la rifunzionalizzazione dei servizi pubblici già esistenti, ovvero il miglioramento della loro accessibilità.

10. Il R.U.E. detta la disciplina generale circa il calcolo del valore delle aree da monetizzare e circa la regolazione convenzionale della cessione e attuazione delle dotazioni territoriali al di fuori del comparto di intervento.

Capo A-VI - Strumenti a supporto della pianificazione

Articolo A-27. Strumenti cartografici.

1. Tutti gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, provinciali e comunali, e le relative analisi del quadro conoscitivo devono potersi agevolmente confrontare fra di loro in modo geografico e digitale. Per queste finalità devono essere rappresentati, alle scale indicate, su carte topografiche aggiornate e congruenti tra loro.

2. Per le rappresentazioni dovrà essere utilizzata la carta tecnica regionale alla scala 1:5.000 di cui alla L.R. 19 aprile 1975, n. 24 o le carte derivate da essa, alle scale 1:10.000, 1:25.000, 1:50.000. Per le rappresentazioni in scala 1:2.000, ed eventuali scale maggiori potranno essere usate carte comunali o mappe catastali, purché aventi inquadramento geometrico congruente con i suddetti dati regionali.

3. Le carte topografiche regionali predisposte in formato digitale raster georeferenziato potranno essere utilizzate anche in ulteriori versioni digitali in formato vettoriale, purché congruenti con i dati raster dal punto di vista informativo e geometrico, e potranno essere organizzate secondo modelli e formati digitali definiti in sede di coordinamento e integrazione delle informazioni di cui all'art. 17.

4. I dati conoscitivi e valutativi dei sistemi ambientali e territoriali, predisposti dagli enti o organismi che partecipano alla conferenza di pianificazione di cui all'art. 14, sono rappresentati su carta tecnica regionale o su carte da essa derivate, secondo formati definiti dalla Regione nell'ambito del coordinamento delle informazioni di cui all'art. 17.

5. La Regione, nel quadro della attuazione della presente legge, procede all'aggiornamento complessivo della carta tecnica regionale, in scala 1:5.000, promuovendo anche accordi con gli enti locali.

6. La Regione definisce, nel quadro delle modalità di coordinamento delle informazioni relative al territorio ed alla pianificazione di cui all'art. 17:

a) le modalità per assicurare la congruenza di inquadramento delle carte topografiche comunali con le mappe catastali e con la CTR;
b) le caratteristiche generali del P.S.C. e del P.O.C. in formato digitale, anche ai fini del monitoraggio e bilancio della pianificazione di cui all'art. 51;
c) le caratteristiche generali dei dati del sistema informativo geografico, e in particolare: la georeferenziazione, il modello dati, i formati, la documentazione e le regole di interscambio.