EDILIZIA E URBANISTICA - 111 REPUBBLICA ITALIANA IL T
T.A.R. Lombardia, Sezione di Brescia, 10 marzo 2005, n.
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Il mutamento di destinazione
d’uso senza opere, ancorché sottratto a qualunque atto di assenso (anche se
inferiore a 150 mq ex art. 1
legge regionale Lombardia n. 1 del 2001), è soggetto al pagamento del
contributo qualora la nuova destinazione comporti un maggior carico urbanistico.
La circostanza
che le modifiche di destinazione d’uso senza opere non sono soggette a
preventiva concessione o autorizzazione sindacale non comporta ipso jure
l’esenzione dagli oneri di urbanizzazione e quindi la gratuità dell’operazione.
(si veda in termini:
T.A.R. Brescia, 13 giugno 2002, n. 957)
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Sezione staccata di
Brescia
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 129 del 2003 proposto da B.D. rappresentato e difeso dagli avv.ti D.P. e G.C., con domicilio eletto presso l...
contro
COMUNE DI BERGAMO, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’avv.to V.G., con domicilio eletto presso la Segreteria della Sezione in Brescia, Via Malta n. 12;
per l’annullamento
del provvedimento del Dirigente del Settore Edilizia Privata del Comune di Bergamo in data 14/11/2002 n. 3554 rep., che ha imposto il versamento degli oneri di urbanizzazione per un cambio di destinazione d’uso non accompagnato da opere edilizie;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti della causa;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bergamo;
Udito il ref. dott. Stefano Tenca, designato relatore per l’udienza del
25/2/2005;
Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
Il ricorrente – proprietario di un appartamento localizzato nel centro di
Bergamo – ha modificato la preesistente destinazione residenziale realizzandovi
lo studio per la propria attività professionale di dottore commercialista.
In punto di fatto egli ha rappresentato quanto segue:
- che con comunicazione in data 6/9/2001, l’amministrazione comunale è stata avvertita della sua intenzione di mutare la destinazione d’uso dell’alloggio di proprietà;
- che l’unità immobiliare ha una dimensione inferiore ai 150 m²;
- che non è stata compiuta alcuna opera edilizia;
- che nella zona B, ove insiste l’appartamento, il vigente P.R.G. ammette indistintamente gli immobili a destinazione residenziale e quelli a destinazione direzionale.
Con il provvedimento gravato, il Comune ha imposto il pagamento di € 3.971,35 a
titolo di contributo per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Con ricorso notificato in data 10/1/2003, tempestivamente depositato presso la
Segreteria della Sezione, il Sig. B. ha impugnato il provvedimento in
epigrafe, deducendo i seguenti motivi di diritto:
- Violazione della L. 28/1/1977 n. 10 e della L.r. 15/1/2001 n. 1, in virtù delle quali gli interventi effettuati sarebbero sottoposti ad un regime di assoluta gratuità, come autorevolmente confermato dalla circolare emessa dal Comune di Milano il 22/5/2002;
- Eccesso di potere per contraddittorietà del comportamento dell’amministrazione, la quale avrebbe in precedenza affermato l’esenzione dell’operazione dagli oneri di urbanizzazione, mentre a distanza di oltre un anno si sarebbe improvvisamente rideterminata senza fornire una congrua motivazione del sacrificio dell’affidamento maturato in capo al soggetto interessato;
- Eccesso di potere per disparità di trattamento, in quanto i cittadini che agiscono con diligenza segnalando il compimento di modifiche di destinazione d’uso senza opere edilizie resterebbero esposti a conseguenze più gravose rispetto a coloro che – avvalendosi dell’opportunità prevista dalla legge – decidono di omettere qualsiasi comunicazione evitando in tal modo di essere costretti a sopportare oneri economici;
- Eccesso di potere per carenza di motivazione e travisamento, in quanto il provvedimento impugnato conterrebbe un indebito richiamo della sentenza della Sezione n. 957/2002, la quale farebbe riferimento ad una fattispecie radicalmente diversa da quella in esame.
L’amministrazione comunale si è costituita in giudizio, chiedendo la reiezione
del ricorso.
Alla pubblica udienza del 25/2/2005 il gravame è stato chiamato per la
discussione e trattenuto in decisione.
DIRITTO
Osserva il Collegio che il presente giudizio è di carattere dichiarativo, poiché
il ricorrente mira a far accertare che non è dovuto alcun contributo concessorio
per l’intervenuto mutamento di destinazione d’uso dell’alloggio di proprietà –
da residenziale a direzionale – in assenza di opere edilizie.
Il ricorrente ha in particolare dedotto la violazione della L. 28/1/1977 n. 10 e
della L.r. 15/1/2001 n. 1, in virtù delle quali gli interventi effettuati
sarebbero sottoposti ad un regime di assoluta gratuità, come autorevolmente
confermato dalla circolare emessa dal Comune di Milano il 22/5/2002. Ha aggiunto
il Sig. B. che – prima della disciplina recentemente introdotta dal
legislatore regionale – la giurisprudenza avrebbe già affermato che il mutamento
di destinazione d’uso cd. funzionale di un edificio non è soggetto a concessione
edilizia e neppure al versamento del contributo per le opere di urbanizzazione,
trattandosi di un’attività totalmente neutrale sotto il profilo urbanistico.
La L.r. 1/2001 confermerebbe il citato orientamento qualificando tali tipologie di intervento come attività edilizie del tutto libere ed assoggettandole unicamente ad una comunicazione preventiva al Comune che diviene addirittura facoltativa quando, come nella specie, l’unità immobiliare ha una superficie lorda di pavimento inferiore ai 150 m².
Una simile impostazione non può essere condivisa dal Collegio.
Ad avviso della costante giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. V – 26/7/1984
n. 592; T.A.R. Catania – 31/7/1979 n. 408), il contributo per oneri di
urbanizzazione è un corrispettivo di diritto pubblico, di natura non tributaria,
posto a carico del costruttore a titolo di partecipazione ai costi delle opere
di urbanizzazione in proporzione all’insieme dei benefici che la nuova
costruzione ne ritrae, cosicché il tipo di uso offre la giustificazione
giuridica all’an debeatur, mentre le modalità concrete dell’uso danno la ragione
del quantum (Consiglio di Stato, sez. V – 23/5/1997 n. 529).
Il presupposto imponibile per il pagamento dei contributi di urbanizzazione va
ravvisato nella domanda di una maggiore dotazione di servizi (rete viaria,
fognature, ecc.) nell’area di riferimento, che sia indotta dalla destinazione
d’uso concretamente impressa all’alloggio, in quanto una diversa utilizzazione
rispetto a quella stabilita nell’originario titolo abilitativo può determinare
una variazione quantitativa e qualitativa del carico urbanistico (Sentenza
Sezione 11/6/2004 n. 646; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II – 2/10/2003 n. 4502;
Consiglio Stato, sez. V – 25/5/1995 n. 822).
Il Collegio osserva, in termini generali, che il fondamento del contributo di
urbanizzazione – da versare al momento del rilascio di una concessione edilizia
– non consiste nell'atto amministrativo in sé bensì nella necessità di
ridistribuire i costi sociali delle opere di urbanizzazione, facendoli gravare
sugli interessati che beneficiano delle utilità derivanti dalla presenza delle
medesime, secondo modalità eque per la comunità (cfr. T.A.R. Veneto, sez. II –
13/11/2001 n. 3699).
Pertanto, anche nel caso della modificazione della destinazione d'uso cui si
correla un maggior carico urbanistico, è integrato il presupposto che giustifica
l’imposizione al titolare del pagamento della differenza tra gli oneri di
urbanizzazione dovuti per la destinazione originaria e quelli, se più elevati,
dovuti per la nuova destinazione impressa: il mutamento è rilevante allorquando
sussiste un passaggio tra due categorie funzionalmente autonome dal punto di
vista urbanistico, qualificate sotto il profilo della differenza del regime
contributivo in ragione di diversi carichi urbanistici, cosicché la circostanza
che le modifiche di destinazione d’uso senza opere non sono soggette a
preventiva concessione o autorizzazione sindacale non comporta ipso jure
l’esenzione dagli oneri di urbanizzazione e quindi la gratuità dell’operazione (cfr.,
in tal senso, sentenza Sezione 23/1/1998 n. 34).
Un diverso ragionamento sarebbe evidentemente inaccettabile, dal momento che gli
interessati sarebbero altrimenti indotti a chiedere ed ottenere una concessione
edilizia che sconta il pagamento di un minor contributo per il basso carico
urbanistico, per poi mutare liberamente la destinazione d'uso originaria senza
pagare i più elevati oneri che derivano dal maggior carico urbanistico.
Se è comunque indispensabile l’esame della fattispecie concreta per accertare se
il nuovo insediamento o la nuova opera abbia determinato un incremento nella
domanda di strutture ed opere collettive (T.A.R. Piemonte, sez. I – 4/12/1997 n.
821; Consiglio di Stato, sez. V – 29/1/2004 n. 295), nella specie il mutamento
di destinazione – da residenziale a direzionale – è riconducibile ad una classe
diversa e più onerosa della precedente tale che, se la concessione fosse stata
richiesta fin dall’origine per la nuova destinazione, avrebbe comportato un
diverso e meno favorevole regime contributivo urbanistico: ai fini del calcolo
dei cd. standard, uno studio per l’attività professionale di dottore
commercialista assume la consistenza di un distinto ed autonomo centro
d'attrazione, non riconducibile alle esigenze di normale vivibilità delle zone
residenziali, ed è pertanto fonte di un maggiore carico urbanistico (Consiglio
Stato – sez. V, 19 maggio 1998 n. 626).
Del resto, non confligge con la delineata ricostruzione l’invocata norma di cui
all’art. 2 comma 2 della L.r. 1/2001, la quale dispone testualmente che “I
mutamenti di destinazione d'uso di immobili, conformi alle previsioni
urbanistiche comunali e non comportanti la realizzazione di opere edilizie, sono
soggetti esclusivamente a preventiva comunicazione dell'interessato al comune,
ad esclusione di quelli riguardanti unità immobiliari o parti di esse, la cui
superficie lorda di pavimento non sia superiore a centocinquanta metri quadrati,
per i quali la comunicazione non è richiesta ...”. La previsione – nell’ottica
della semplificazione dei rapporti tra cittadino ed autorità amministrativa –
introduce una nuova disciplina dei titoli abilitativi cui è subordinato
l’esercizio dell’attività edilizia riconoscendo ampia efficacia alle autonome
dichiarazioni del privato, ma senza tuttavia incidere sulle regole sostanziali
che esigono il concorso di quest’ultimo al maggiore carico urbanistico
determinato dal mutamento di destinazione d’uso funzionale o strutturale del suo
edificio.
Né può essere valorizzata la circolare del Comune di Milano n. 4/2002
la quale, in disparte restando la sua scarsa chiarezza nell’affrontare il punto
controverso, costituisce un atto la cui operatività è circoscritta
all’ordinamento particolare dell’amministrazione dalla quale promana, privo di
valore normativo o provvedimentale o comunque vincolante per i soggetti estranei
ad essa.
Non può rilevare, infine, neppure la dedotta contraddittorietà del comportamento
dell’amministrazione, la quale avrebbe tardato nel formulare la richiesta di
pagamento dopo avere addirittura espresso contrario avviso: al di là della
veridicità dell’affermazione, è sufficiente rilevare al riguardo come il
versamento del contributo assume un carattere rigidamente vincolato al
verificarsi delle condizioni normativamente previste, per cui l’accertata
debenza dà sufficientemente conto di per sè delle conclusioni cui è pervenuta
l'amministrazione e preclude al ricorrente di far valere ragioni fondate su
asseriti ripensamenti o disparità di trattamento (Consiglio Stato, sez. IV –
27/4/2004 n. 2561).
In definitiva, a fronte dell’accertato mutamento di destinazione d’uso, l’amministrazione ha legittimamente provveduto a calcolare di nuovo il quantum dovuto in relazione al diverso carico urbanistico derivante dall’insediamento di un’attività di tipo direzionale piuttosto che di una residenza, tenuto presente che, come già illustrato, il contributo di urbanizzazione non è geneticamente collegato al rilascio di una nuova concessione edilizia, ma rappresenta la compartecipazione posta a carico del titolare dell’alloggio alle utilità derivanti dalla presenza delle opere di urbanizzazione (cfr. Sentenza Sezione 13/6/2002 n. 957).
In conclusione il ricorso è infondato e va respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e possono essere liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Sezione staccata di
Brescia – definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.
Condanna il ricorrente a corrispondere al Comune di Bergamo la somma di € 2.850
a titolo di spese, competenze ed onorari di difesa, oltre ad oneri di legge.
Così deciso, in Brescia, il 25/2/2005, dal Tribunale Amministrativo Regionale
per la Lombardia con l'intervento dei Signori:
Francesco MARIUZZO - Presidente
Mauro PEDRON - Giudice
Stefano TENCA - Giudice relatore ed estensore