AUTORITA' PER LA
VIGILANZA SUI LAVORI PUBBLICI
DETERMINAZIONE n. 5 del 9 giugno 2005
Frazionamento ed accorpamento di appalti di lavori pubblici
IL CONSIGLIO
Premesso :
Sono pervenute all’Autorità numerose segnalazioni relative ad appalti per la
cui esecuzione le stazioni appaltanti hanno previsto una suddivisione in più
parti da affidare separatamente (variamente individuate, come “lotti” o come
“stralci”), spesso tutte relative a lavorazioni appartenenti ad una singola
categoria di opere, generale o specializzata.
Contestualmente, si è posto il problema analogo della possibile elusione
delle norme poste a garanzia della concorrenza anche con riferimento
all’ipotesi inversa dell’accorpamento di più appalti di lavori al fine
dell’affidamento al c.d. “general contractor”.
Rilevanti sono le implicazioni di tali frazionamenti o accorpamenti di appalti di lavori pubblici sulle modalità di affidamento delle opere e sulla loro esecuzione e, pertanto, si ritiene utile fornire alcune indicazioni in merito.
In diritto :
Al fine di un corretto inquadramento della tematica in questione, occorre in
primo luogo analizzare la disciplina normativa.
Il legislatore del regolamento sulla contabilità generale dello Stato (regio
decreto 23 maggio 1924, n. 827), ha ritenuto che il frazionamento dell’opera
pubblica in lotti successivi sia una modalità di realizzazione di cui le
stazioni appaltanti dovessero servirsi solo in casi eccezionali.
Infatti, l’art. 43 stabilisce che, per il complesso di una sola opera o di
un solo lavoro, si può procedere mediante progetti parziali e contratti
distinti con più imprese solo in caso di “speciali necessità da farsi
constare nel decreto di approvazione del contratto” e, al secondo comma,
detta il principio di carattere generale in base al quale, quando i lavori
formino parte di un unico intervento, l’impresa appaltatrice deve essere la
stessa e si deve procedere ad un unico contratto, non ammettendosi alcuna
artificiosa suddivisione.
Infine, l’art. 37 del citato regio decreto consente di appaltare
separatamente i lavori, suddividendoli in lotti, “quando ciò sia
riconosciuto più vantaggioso per l’amministrazione”.
L’ipotesi di realizzazione dell’opera mediante suddivisione in lotti è stata
prevista anche dalla legge quadro sui lavori pubblici che, al riguardo, ha
provveduto a dettare in modo più concreto e dettagliato limiti e modalità di
attuazione.
L’art. 14, comma 7, della legge n. 109/94 e s.m. consente, infatti,
all’amministrazione di inserire nella programmazione annuale anche uno solo
o più lotti di un intervento (così legittimando un modus operandi largamente
diffuso tra le stazioni appaltanti), a condizione che sia stata elaborata la
progettazione almeno preliminare dell’intera opera e siano state
quantificate le risorse finanziarie complessivamente occorrenti, al fine di
raggiungere un sufficiente grado di certezza sulla realizzabilità
dell’intero intervento.
Inoltre, il legislatore della legge quadro ha introdotto l’importante
condizione della “funzionalità” del singolo lotto: ha, cioè, prescritto che,
affinché sia consentita una ripartizione dell’opera, le stazioni appaltanti
debbano necessariamente individuare dei lotti “funzionali”, ossia delle
parti di un lavoro generale la cui progettazione e realizzazione sia tale da
assicurarne funzionalità, fruibilità e fattibilità, indipendentemente dalla
realizzazione delle altre parti.
In tal modo, richiedendo inderogabilmente che ogni singolo lotto abbia una
sua propria autonomia, cioè una sua utilità, non vi sarà pericolo di un
inutile dispendio di denaro pubblico per il caso che la restante parte
dell’intervento non venga poi realizzata.
A tale scopo, la legge quadro prescrive che l’amministrazione debba
nominare, nell’ambito del proprio personale, un soggetto idoneo a
certificare “la funzionalità, fruibilità e fattibilità di ciascun lotto”,
soggetto che il D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554 (art. 8, primo comma, lettera
p), punto 3) identifica nel responsabile del procedimento, attribuendogli
l’onere di accertare ed attestare “l’idoneità dei singoli lotti a costituire
parte funzionale, fattibile e fruibile dell’intero intervento”.
Nella prassi, la suddivisione di un’opera in più parti, da affidare con
contratti distinti, è una modalità utilizzata dalle stazioni appaltanti
soprattutto nelle ipotesi di interventi di notevoli dimensioni che si
prestano ad essere “spezzati” in sub-affidamenti, definiti “lotti”.
Esempi tipici riguardano la costruzione di infrastrutture per la viabilità,
oppure la realizzazione di complessi edifici, aventi una unità funzionale,
ma costituiti da parti strutturalmente autonome, come campus scolastici o
complessi industriali.
Se, dunque, l’opera consiste in un edificio, o un complesso di edifici
destinati, per esempio, ad una scuola o ad un ospedale, o se trattasi di una
strada, una fognatura o un acquedotto, i lavori realizzati con il singolo
appalto devono consentire la parziale apertura al pubblico o, comunque,
l’attivazione del servizio al quale l’opera è destinata.
La suddivisione in lotti funzionali può, in tal modo, trovare una
giustificazione in termini di efficienza ed economicità ed evitare, nel caso
di mancato completamento dell’opera, uno spreco di risorse economiche e,
quindi, un danno per l’erario.
Si è riscontrato tuttavia che, in alcuni casi, la suddivisione dell’opera in
lotti da appaltare separatamente non soddisfa le condizioni della
“fruibilità” e della “funzionalità” delle singole parti, come richiesto da
legislatore.
A maggior ragione ciò accade nei casi di appalto “scorporato”. Tale modalità
di affidamento, diversa dalla suddivisione in lotti non funzionali, ma
parimenti elusiva delle disposizioni di legge, viene attuata, ad esempio,
quando la stazione appaltante affida, con appalti separati, da un lato la
realizzazione della parte edile di un’opera pubblica e dall’altro
l’esecuzione delle opere impiantistiche.
Quando un’opera costituente un’unità strutturale e funzionale viene eseguita
affidando separatamente parti distinte di essa non si può neanche parlare di
suddivisione dell’opera in lotti, ma piuttosto di “scorporamento degli
appalti” o esecuzione mediante appalti parziali.
Tale istituto non può trovare applicazione per le opere a caratteristiche
tecniche comuni (come la costruzione di un edificio), ma soltanto quando
l’appalto “scorporato” richieda una particolare specializzazione tecnica o
artistica come ad esempio nel caso di cui all’art. 19, comma 1-quater della
legge n. 109/94 e s.m., relativo ai lavori di restauro e manutenzione di
beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici.
In tali evenienze, pertanto, le stazioni appaltanti effettuano un
artificioso frazionamento dell’opera al fine di aggirare la normativa
nazionale e comunitaria.
Infatti, la disciplina delle procedure di affidamento varia notevolmente a
seconda dell’importo dei lavori posto a base di gara, prevedendo modalità
sempre più vincolanti all’aumentare dello stesso, con particolare riguardo
agli obblighi di pubblicità dei bandi, che determinano l’ampiezza del
mercato al quale ci si rivolge.
Ma soprattutto l’importo dei singoli affidamenti può essere artificiosamente
ridotto al fine di far rientrare l’intervento nelle soglie massime indicate
dalla legge per ricorrere a procedure di scelta del contraente che limitano
la concorrenza.
Ci si riferisce soprattutto al ricorso al sistema della trattativa privata,
di cui all’art. 24 della legge quadro ed è proprio in questo ambito che il
frazionamento dell’importo complessivo del lavoro, con il conseguente
abbassamento dell’importo dei singoli affidamenti, può drasticamente
condizionare la possibilità di confronto tra gli operatori del mercato.
Il citato articolo 24, infatti, disciplina tassativamente i casi per i quali
è ammesso l’affidamento a trattativa privata, per importi rientranti nella
soglia massima di 300.000 euro, richiedendo sempre la motivazione della
scelta, ma svincolando gli affidamenti al di sotto dei 100.000 euro
dall’osservanza delle disposizioni contenute nell’art. 41 del R.D. 23 maggio
1924, n. 827, imposta invece per gli appalti di importo compreso tra 100.000
e 300.000 euro.
L’art. 41 sopra citato elenca infatti i casi, da considerare tassativi, in cui è ammesso il ricorso alla trattativa privata, e cioè, in particolare, quando precedenti incanti o licitazioni siano andati deserti, o si abbiano fondate prove per ritenere che, ove si sperimentassero, andrebbero deserti; o quando occorre acquistare cose la cui produzione è garantita da privativa industriale, o per la cui natura non è possibile promuovere il concorso di pubbliche offerte; o quando l’urgenza dei lavori è tale da non consentire l’indugio degli incanti o della licitazione; ed in generale quando ricorrono speciali ed eccezionali circostanze.
In particolare in tema di urgenza, al fine di evitare che tramite lo strumento del frazionamento degli appalti venga elusa la normativa sulle procedure di aggiudicazione, appare di grande rilievo la recente pronuncia della Corte di Giustizia CE (sent. 14 settembre 2004 n. C. 358/02) con la quale si evidenzia che “la circostanza che sin dall’inizio venga previsto di procedere all’esecuzione dei lavori per lotti in funzione ed a misura degli stanziamenti di volta in volta disponibili, non dimostra alcuna urgenza imperativa ed attiene, al contrario, all’organizzazione effettuata dall’amministrazione aggiudicatrice”.
Peraltro, lo stesso
art. 24 della legge n. 109/94 e s.m. stabilisce
espressamente al comma 4 che “nessun lavoro può essere diviso in più
affidamenti al fine dell’applicazione del presente articolo” e, al comma 7,
che “qualora un lotto funzionale appartenente ad un’opera sia stato affidato
a trattativa privata, non può essere assegnato con tale procedura altro
lotto da appaltare in tempi successivi e appartenente alla medesima opera”.
La ratio delle disposizioni sopra ricordate è proprio quella di dissuadere
le amministrazioni dall’artificioso frazionamento degli appalti al fine di
ledere il principio della concorrenza mediante il ricorso alla trattativa
privata.
In particolare, questa Autorità con la determinazione n. 1/2000 ha chiarito
che, mentre il comma 1 dell’art. 24 della legge n. 109/94 e s.m. prevede
l’elencazione tassativa delle ipotesi in cui è consentito ricorrere al
sistema di affidamento della trattativa privata, il comma 7 del medesimo
articolo introduce un rigoroso, ulteriore divieto in quanto, nel caso in cui
il precedente lotto funzionale sia stato affidato a trattativa privata, non
è consentito assegnare con tale procedura il lotto successivo, anche quando
ricorrano le condizioni di cui al comma 1.
Appare opportuno aggiungere che la suddivisione in lotti se da un lato può
consentire un più rapido completamento dell’opera, dall’altro presenta anche
significativi inconvenienti, derivanti dalla necessità di stipulare una
pluralità di contratti, dalla possibilità di un incremento del costo
complessivo e dal frazionamento delle responsabilità contrattuali.
Inoltre, da un punto di vista tecnico-organizzativo, la presenza di più
imprese nel cantiere può generare problemi di coordinamento e quindi un
maggior impegno per la stazione appaltante. Da ciò la necessità per le
stazioni appaltanti di valutare in termini generali e globali la convenienza
a procedere ad appalti separati anche in presenza di lotti autonomamente
funzionali e fruibili.
Il problema della possibile elusione delle norme poste a garanzia della concorrenza si pone anche con riferimento all’ipotesi di accorpamento di lavori che, al contrario del caso appena esaminato, presentano singolarmente in concreto i requisiti della funzionalità, fattibilità e fruibilità.
In particolare, il problema può porsi con riferimento agli affidamenti a
“general contractor” .
Si rileva che, ai sensi dell’art. 16, comma 3 del decreto legislativo 20
agosto 2002, n. 190, “in sede di prima applicazione ... i soggetti
aggiudicatori adottano ... l’affidamento a contraente generale per la
realizzazione dei progetti di importo superiore a duecentocinquanta milioni
di euro che presentino uno dei seguenti requisiti: interconnessione con
altri sistemi di collegamento europei; complessità dell’intervento tale da
richiedere un’unica logica realizzativa e gestionale, nonché estrema
complessità tecnico-organizzativa”.
Con riferimento a un bando di gara emanato da Grandi Stazioni S.p.A, il T.A.R.
Lazio ha avuto modo di pronunciarsi (sent. 11.3.2004 n. 2375) in ordine alla
ammissibilità dell’accorpamento dei lavori ai fini dell’affidamento a
contraente generale.
Nel caso di specie il giudice amministrativo ha precisato che “non basta predicare l’unitarietà strategica degli interventi per dimostrare la necessità di trattarli tutti in un unico appalto. Occorre piuttosto dimostrare che l’accorpamento sia preferibile a fronte di altre soluzioni industriali possibili e che l’eterogeneità dei lavori, pur se da realizzare in contesti geografici, urbanistici ed architettonici variegati ed irriducibili, sia un costo comunque superabile dai benefici dell’unica procedura”. E ancora “se è ben vero che non è sempre illegittima la sommatoria dei vari interventi in un unico grande progetto ... ’innalzamento della soglia di partecipazione delle imprese alla gara deve essere la risultante di un’esigenza ponderata, razionale e proporzionata al fine ...”
Nel richiamare l’art. 97 Cost. e i criteri di trasparenza, massima
partecipazione, efficienza, efficacia e tempestività, il T.A.R. considera che
anche il trattamento mediante una pluralità di gare, “nella misura in cui
parifica i tempi e le modalità di tutte le procedure mercè lotti adeguati
anche all’effettiva realtà del mercato” può contribuire ad assicurare
comunque l’omogeneità dei comportamenti, “obiettivo raggiungibile mediante
identici standard costruttivi e qualitativi, più che con un’unità forzata”.
In definitiva, l’accorpamento non deve rappresentare lo strumento per
raggiungere la soglia dell’importo minimo per l’affidamento a contraente
generale, ma deve essere la risultanza di una approfondita analisi
relativamente agli obiettivi, ai mezzi a disposizione ed ai finanziamenti
disponibili.
I rigorosi requisiti richiesti dal legislatore al fine di consentire l’affidamento a contraente generale comportano quindi la necessità di operare valutazioni e scelte di notevole complessità, relativamente alle effettive esigenze sottese a ogni intervento, ai tempi occorrenti per ciascuna realizzazione, all’incremento di funzionalità che l’esecuzione contemporanea, ove possibile, potrebbe portare, e al grado di complessità delle conoscenze tecniche necessarie alla realizzazione del progetto.
Al contrario, l’accorpamento di lavori non è giustificato quando ciascun
intervento presenta in realtà caratteristiche ed esigenze differenziate alle
quali si potrebbe ben fare fronte con appalti separati di minore importo
senza per questo comprometterne la efficiente realizzazione.
Occorre, infatti, considerare che l’accorpamento di lavori, che ben
potrebbero essere funzionalmente separati, ha riflessi di rilievo sulla
partecipazione alle gare delle imprese che risulta sensibilmente ristretta,
stante i requisiti di qualificazione richiesti per la partecipazione a
questo genere di affidamenti.
In base alle considerazioni sopra esposte, si ritiene che:
a) l’esecuzione di un’opera può essere frazionata solo se i lavori oggetto di ciascun appalto sono comunque immediatamente fruibili per gli scopi e le funzioni che l’opera deve assolvere;
b) le stazioni appaltanti, in merito alla scelta di frazionare gli appalti, devono operare una corretta pianificazione degli interventi e certificare la funzionalità, fruibilità e fattibilità di ciascun lotto unicamente nei casi in cui le “parti” di un intervento, singolarmente considerate, evidenzino autonoma funzionalità e una propria utilità correlata all’interesse pubblico, indipendentemente dalla realizzazione dell’opera complessiva.
c) le stazioni appaltanti, in merito alla scelta di accorpare in un’unica procedura ad evidenza pubblica più appalti di lavori, devono fornire chiara e completa dimostrazione dei benefici derivanti da detta scelta, a confronto con le altre soluzioni industriali possibili, in un’ottica di efficienza, economicità e coerenza con gli obiettivi da raggiungere e nel rispetto dei principi di trasparenza e di massima partecipazione alle gare.
Il Consigliere Relatore il Presidente
Guido Moutier Alfonso M. Rossi Brigante