AUTORITA' GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO
Decisione del 28 settembre 1999 - Segnalazione del 17 dicembre 1999
ai sensi dell'articolo 21 della legge 10 ottobre 1990, n. 287
BANDI DI GARA IN MATERIA DI APPALTI PUBBLICI
Destinatari:
Presidenti delle Regioni
Sindaci
Presidenti delle Comunità Montane
Direttori Generali delle Aziende Ospedaliere
Direttori Generali delle Aziende Sanitarie Locali
Introduzione
L'articolo 21 legge 10 ottobre 1990, n. 287, "Norme per la tutela della
concorrenza e del mercato", assegna all'Autorità garante della concorrenza e
del mercato il potere di segnalare al Governo, al Parlamento o alle amministrazioni
pubbliche competenti le distorsioni della concorrenza originate da norme di legge o di
regolamento non giustificate da esigenze di carattere generale. In tale contesto
l'Autorità ha dedicato particolare attenzione al settore degli appalti pubblici, anche in
conseguenza dell'esplicita disposizione dell'articolo 24 della legge n. 287/90 che
richiedeva all'Autorità, entro diciotto mesi dalla sua costituzione, di trasmettere al
Presidente del Consiglio dei Ministri un rapporto circa le azioni da promuovere per
adeguare ai principi della concorrenza la normativa di tre settori, uno dei quali era
quello degli appalti pubblici (Appalti pubblici e concorrenza, Relazione al Presidente del
Consiglio dei Ministri, Roma, Luglio 1992, Attività di segnalazione n.1). Gli interventi
dell'Autorità hanno perseguito l'obiettivo di assicurare il corretto esercizio della
discrezionalità amministrativa nell'attività di acquisto di beni e di servizi da parte
dell'Amministrazione, proponendo di adeguare i meccanismi di selezione delle imprese ai
principi della concorrenza. La nuova normativa in materia di appalti di lavori (Leggi n.
109/1994, n. 216/1995 e n. 415/1998) ha in gran parte ripreso i suggerimenti
dell'Autorità.
Dal punto di vista dell'applicazione della normativa da parte delle Amministrazioni
appaltanti, l'Autorità ha analizzato numerosi bandi di gara, verificando l'esistenza di
alcuni comportamenti e prassi in grado di determinare distorsioni della concorrenza e del
corretto funzionamento del mercato, nonché di incidere negativamente sui meccanismi di
formazione della domanda pubblica.
Oltre ad alcuni casi in cui si è constatato che l'Amministrazione non aveva fatto ricorso
a procedure ad evidenza pubblica là dove esse erano imposte dalla legge, le numerose
segnalazioni che sono pervenute all'Autorità hanno evidenziato la diffusa presenza nei
bandi di gara di criteri di selezione delle imprese ingiustificatamente restrittivi. Per
tali motivi, l'Autorità ha dedicato particolare attenzione al controllo degli strumenti
utilizzati dalle amministrazioni aggiudicatrici per selezionare le imprese, condizionando
il loro accesso alle gare al possesso di determinati requisiti di idoneità tecnica e di
capacità economica e finanziaria.
Deroghe al ricorso alla gara
Il ricorso alla gara è derogabile nei soli casi eccezionalmente
previsti ed espressamente indicati dalla disciplina applicabile. Va rilevato comunque che,
anche nei rari casi in cui effettivamente la gara sia facoltativa, l'Autorità, come
peraltro stabilito dalla Commissione Europea (Direttiva 93/36/CEE e direttiva 92/50/CEE), auspica una più ampia
utilizzazione di procedure concorsuali ad evidenza pubblica, in quanto il periodico
raffronto concorrenziale tra più operatori garantisce il contribuente che la spesa
pubblica risulta effettivamente minimizzata, incentivando peraltro l'efficienza produttiva
e organizzativa delle imprese.
Per quanto riguarda le forniture e i servizi, la normativa comunitaria e nazionale prevede
tra i principali criteri di deroga al ricorso alla gara, il perseguimento di determinati
obiettivi necessari alla realizzazione di un preminente interesse pubblico (quali, ad
esempio, quelli indicati nell'articolo 6 della direttiva 93/36/CEE e nell'articolo 11 della direttiva 92/50/CEE). Nel caso
dei lavori invece, la legge prevede che si possa fare ricorso alla trattativa privata
quando si tratta di ripristinare opere già esistenti, rese inutilizzabili da eventi
calamitosi, nel caso in cui l'urgenza del ripristino renda impossibile l'utilizzazione di
procedure di affidamento più trasparenti. Non basta quindi invocare la presenza di un
generico interesse pubblico per giustificare la non applicabilità delle norme in materia
di gare. Occorre che tale interesse pubblico sia concreto e specifico e va altresì
accertato che la mancata applicazione delle norme rappresenti effettivamente l'unico
strumento disponibile (criterio della proporzionalità) al fine di raggiungere gli
obiettivi proposti.
Con riferimento inoltre all'assegnazione degli appalti pubblici di servizi di importo
inferiore alla soglia di rilievo comunitario, la ponderazione tra le esigenze del rispetto
del principio dell'intuitus personae, secondo il quale l'incarico professionale
viene affidato dall'ente locale sulla base di un rapporto di fiducia, e quelle che
impongono l'adozione di procedure ad evidenza pubblica, va rivista alla luce di una
concezione dell'interesse pubblico che comprende il mercato concorrenziale quale valore da
promuovere e da tutelare. In tale prospettiva, le norme concernenti le procedure a
evidenza pubblica previste dalle disposizioni sulla contabilità generale dello Stato
(Regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, e il regolamento di cui al Regio decreto 23 maggio 1924, n. 827) devono
essere interpretate, integrate e attuate alla luce delle recenti normative, alcune di
stretta derivazione costituzionale, nelle quali il perseguimento dell'interesse pubblico
è anche identificabile con la promozione di un mercato concorrenziale.
L'oggetto della gara
La definizione dell'oggetto della gara rappresenta l'aspetto principale del contesto
entro cui le imprese possono competere. In linea di principio la gara deve essere bandita
in relazione a una fornitura valutata nella sua interezza, ossia espressa in funzione
delle caratteristiche economiche e tecniche del bene o del servizio richiesto. Tuttavia in
alcuni casi le amministrazioni aggiudicatrici ingiustificatamente allargano o restringono
l'oggetto della gara al fine di strumentalmente escludere alcune imprese a vantaggio di
altre.
Per esempio l'oggetto della gara può essere ampliato, includendo più attività che
esplicano, se prese singolarmente, una funzione specifica e autonoma. Pertanto ciascuna
potrebbe costituire un appalto a sé stante. Attraverso l'artificiale allargamento
dell'oggetto della gara le amministrazioni effettivamente precludono l'accesso a
determinate categorie di operatori, in particolare a quelle che potrebbero
profittevolmente realizzare solo una singola prestazione, ma sono impedite, anche
eventualmente dalla regolamentazione vigente, a svolgere l'intero insieme delle
prestazioni richieste (In alcuni settori per fornire determinati beni o servizi sono
richieste autorizzazioni specifiche che non sono invece necessarie per svolgere altre
attività; l'accorpamento in un unico bando di beni e servizi caratterizzati da obblighi
regolamentari diversi determina l'esclusione automatica di tutte le imprese che non
dispongono delle autorizzazioni a svolgere una parte delle prestazioni richieste, ma che
sarebbero perfettamente in grado di svolgere altre prestazioni incluse nel bando).
Alternativamente le amministrazioni aggiudicatrici possono frazionare il progetto
soprattutto al fine di eludere l'applicazione della normativa comunitaria, restringendo
così le possibilità di partecipazione alla gara delle imprese estere.
Inoltre in relazione all'oggetto della gara le amministrazioni aggiudicatrici, invece di
individuare direttamente ed esplicitamente le caratteristiche specifiche del prodotto, lo
identificano molto frequentemente tramite il riferimento a una marca, a un marchio, ovvero
individuandone la qualità in relazione allo specifico organismo che la certifica. La
disciplina comunitaria prevede infatti che, salvo che siano giustificate dall'oggetto
dell'appalto, gli Stati membri "vietano l'introduzione, nelle clausole
contrattuali di in determinato appalto, di specifiche tecniche che menzionino prodotti di
una determinata fabbricazione o provenienza ovvero ottenuti mediante un particolare
procedimento e abbiano l'effetto di favorire o escludere determinati fornitori o
determinati prodotti" (Si veda, in particolare, l'articolo 8, paragrafo 6, della
direttiva 93/36/CEE). Al riguardo le disposizioni comunitarie e nazionali prescrivono, in
particolare, di accompagnare l'indicazione delle specifiche tecniche con la menzione
"o equivalente", ampliando l'ambito della gara ai prodotti immediatamente
sostituibili.
Sulla base di queste considerazioni l'Autorità ritiene che le amministrazioni
aggiudicatrici debbano porre grande cura nel bandire le gare in maniera che il loro
oggetto sia compiutamente identificato da un punto di vista economico e tecnico e che i
prodotti siano identificati con riferimento alle caratteristiche tecniche o economiche
desiderate, senza per questo limitarlo a una marca o a un brevetto specifico.
L'accesso alle gare e la qualificazione delle imprese
I requisiti di idoneità tecnica e di solidità economica e finanziaria richiesti alle
imprese ai fini della partecipazione alle gare d'appalto devono rispondere a esigenze
oggettive dell'amministrazione e, più in generale, ai principi di ragionevolezza e di
imparzialità che regolano il legittimo esercizio della discrezionalità amministrativa.
Tali requisiti debbono necessariamente essere indicati nel bando di gara, in modo da
consentirne un'adeguata e tempestiva conoscenza da parte delle imprese interessate.
Inoltre, essi debbono essere fissati in modo tale da permettere comunque un efficace e
corretto confronto concorrenziale.
Nei numerosi bandi di gara sottoposti all'attenzione dell'Autorità si è frequentemente
rilevata la presenza di criteri di preselezione eccessivamente rigidi e non commisurati
all'oggetto e all'effettivo valore della prestazione. Si è osservato che tali criteri
possono limitare ingiustificatamente la partecipazione delle imprese alle gare e
ostacolare l'accesso al mercato. A giudizio dell'Autorità, l'adeguata tutela
dell'interesse pubblico al corretto adempimento degli obblighi contrattuali non può in
alcun modo tradursi in arbitrarie ed artificiose limitazioni del legittimo interesse delle
imprese a concorrere, in condizioni di effettiva parità, per l'aggiudicazione degli
appalti.
Nell'ambito dei criteri di selezione delle imprese riscontrati nei bandi, il cui effetto
ultimo è quello di restringere ingiustificatamente le possibilità di partecipazione alla
gara, le fattispecie più ricorrenti riguardano l'adozione di prescrizioni che hanno
l'effetto di favorire alcuni operatori a scapito di altri sia individuandoli direttamente
che tramite il riferimento a soglie di fatturato sproporzionate rispetto all'ammontare
della gara stessa.
a) Prescrizioni volte a favorire alcuni operatori a scapito di altri
Dall'analisi di numerosi bandi di gara emerge la diffusa presenza di prescrizioni che
hanno l'effetto di favorire alcuni operatori, in maniera del tutto ingiustificata rispetto
all'oggetto del bando. Per esempio, molte amministrazioni aggiudicatrici vincolano la
partecipazione alle gare non già alle imprese che abbiano dimostrato di avere esperienza
nel mercato specifico, indipendentemente cioè dalla natura proprietaria degli operatori a
cui abbiano effettuato commesse, ma alle sole imprese che già abbiano fornito
all'amministrazione prestazioni o svolto lavori analoghi a quelli oggetto della gara.
Tali previsioni non sono certamente correlate alle effettive capacità tecniche dei
soggetti partecipanti, né idonee a selezionare la migliore offerta per lo svolgimento
dell'incarico. Al contrario, il loro effetto è quello di favorire gli operatori
localizzati in una certa area geografica e che già abbiano lavorato per
l'Amministrazione, escludendo ingiustificatamente numerose categorie di imprese. Si tratta
di clausole contrarie alla normativa comunitaria e nazionale in materia di appalti. Essa
infatti indica chiaramente che la valutazione della capacità tecnica ed economica delle
imprese deve essere effettuata in maniera obiettiva e trasparente, senza introdurre
favoritismi (Ad esempio, relativamente alle opere pubbliche e con specifico riferimento
agli incarichi di progettazione, la legge prescrive l'adozione di criteri di selezione
conformi ai principi di trasparenza e di proporzionalità tra le modalità procedurali ed
il corrispettivo dell'incarico (articolo 17,
comma 11 della legge n. 109 del 1994, così come modificato dall'articolo 6, comma 4,
della legge 18 novembre 1998 n. 415).
L'Autorità auspica pertanto che le amministrazioni aggiudicatrici non vincolino la
partecipazione alla gara sulla base di una soglia di fatturato calcolata sul solo mercato
geografico di riferimento. Queste previsioni non identificano le imprese in relazione alle
loro effettive capacità tecniche ed economiche ed escludono tutti gli operatori capaci di
svolgere la prestazione richiesta sulla base di esperienze acquisite su mercati geografici
diversi.
b) I requisiti di fatturato
In alcune circostanze, subordinare la partecipazione alle gare al raggiungimento di un
certo livello di fatturato può risultare oltremodo gravoso e suscettibile di ostacolare
l'accesso al mercato. Si tratta soprattutto dei casi in cui il livello di fatturato
risulta sproporzionato rispetto all'ammontare della prestazione oggetto della gara o in
cui il fatturato di riferimento non è solo quello relativo alla classe dei prodotti posti
a gara, ma è limitato allo specifico mercato geografico entro il quale viene realizzata
la gara. L'effetto preclusivo di tali criteri rischia di incidere in maniera
ingiustificata sulle opportunità delle imprese di minori dimensioni, degli operatori non
presenti in maniera significativa sul mercato nazionale e di quelli che non sono ancora
affermati sul mercato geografico rilevante, pur possedendo idonee referenze in ordine alla
propria solidità economica e finanziaria.
L'attribuzione in ogni circostanza di un'efficacia escludente al mero criterio del
fatturato finisce per provocare un indebito allargamento del novero delle cause di
esclusione già tassativamente individuate dal legislatore. Al riguardo basti osservare
che l'articolo 13, comma 1, del decreto
legislativo 24 luglio 1992, n. 358 (come modificato e integrato dal decreto
legislativo 20 ottobre 1998, n. 402, recante testo unico delle disposizioni in materia di
appalti pubblici di forniture, in attuazione delle direttive 93/36/CEE e 97/52/CEE), stabilisce che "la dimostrazione
della capacità finanziaria ed economica delle imprese concorrenti può essere fornita
mediante uno o più dei seguenti documenti: a) idonee dichiarazioni bancarie; b) bilanci o
estratti dei bilanci dell'impresa; c) dichiarazione concernente il fatturato globale
d'impresa e l'importo relativo alle forniture identiche a quella oggetto della gara,
realizzate negli ultimi tre esercizi", precisando, nel successivo comma 2, che
"le amministrazioni precisano nel bando di gara quali dei documenti indicati al
comma 1 devono essere presentati, nonché gli altri eventuali che ritengono richiedere".
Tale disposizione consente dunque alle imprese di dimostrare la propria capacità
economico-finanziaria attraverso una pluralità di strumenti, senza che nessuno di questi
possa assumere valore preclusivo rispetto agli altri, tant'è che la medesima norma
consente alle imprese concorrenti di provare la propria capacità finanziaria ed economica
mediante qualsiasi altro documento considerato idoneo dall'amministrazione. In altri
termini, l'articolo indica una serie di criteri alternativi che possono essere utilizzati
dall'amministrazione appaltante per dimostrare l'idoneità degli operatori a svolgere il
servizio richiesto, ma che, in nessun modo possono essere utilizzati per escludere dalla
partecipazione alla gara le imprese, in tutte le ipotesi in cui la capacità economica e
finanziaria possa essere diversamente dimostrata.
Va rilevato al riguardo che per determinate forniture, ad esempio quelle relative a
prodotti come quelli farmaceutici in cui l'idoneità di un'impresa a fornirli viene
certificata da un complesso meccanismo autorizzatorio, il raggiungimento di un certo
livello di fatturato non può costituire un criterio vincolante per l'aggiudicazione
finale della fornitura o anche dalla semplice partecipazione alla gara (Parere ai sensi
dell'articolo 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, relativo alle gare pubbliche per la
fornitura di prodotti farmaceutici, Bollettino n. 29/97, Serie Attività di segnalazione
n. 11). Questa prassi è suscettibile di escludere dal mercato le piccole imprese o quelle
che si affacciano per la prima volta sui mercati interessati dalle varie procedure di
aggiudicazione, pur essendo dotate di tutte le capacità tecniche ed economiche necessarie
per garantire l'Amministrazione del corretto assolvimento degli obblighi contrattuali.
In ogni caso la proporzionalità nell'individuazione delle soglie di fatturato per la
partecipazione alle gare deve essere valutata anche in relazione al numero degli anni per
cui il raggiungimento di un certo livello di fatturato viene richiesto. Pertanto,
soprattutto per le prestazioni di minore complessità, occorre evitare che
l'individuazione del livello del fatturato e del numero di anni nei quali esso viene
raggiunto si traduca in discriminazioni nei confronti degli operatori di minori dimensioni
o degli operatori non presenti sui mercati di riferimento, ma comunque in possesso delle
capacità tecniche ed economiche necessarie per partecipare alla gara. Inoltre, il
fatturato non deve essere utilizzato per escludere dalla partecipazione alla gara le
imprese, in tutte le ipotesi in cui la capacità economica e finanziaria possa essere
diversamente dimostrata.
Criteri di selezione delle imprese e ricorso alla procedura ristretta
La possibilità di ricorrere a sistemi di aggiudicazione che restringono il numero dei partecipanti alle gare dovrebbe essere limitata ai soli casi in cui la particolare natura delle prestazioni contrattuali (caratteristiche tecniche o scientifiche richieste ovvero particolari requisiti artistici o estetici) renda inopportuna una rigida separazione delle funzioni progettuali ed esecutive. In queste circostanze la gara dovrebbe svolgersi sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, consentendo peraltro la possibilità che in sede di gara vengano suggerite varianti al progetto o alla prestazione richiesta, tali da migliorare in termini di efficienza e di qualità il prodotto fornito.
I raggruppamenti temporanei di imprese
Relativamente ai raggruppamenti temporanei di imprese, l'Autorità garante della
concorrenza e del mercato ha più volte affermato che i raggruppamenti temporanei di
imprese sono generalmente compatibili con le disposizioni della normativa antitrust nella
misura in cui consentono a imprese che operano in fasi differenziate di una stessa filiera
di poter presentare la propria offerta a gare a cui individualmente non potrebbero
partecipare. Se invece i raggruppamenti temporanei d'impresa sono realizzati tra imprese
che producono il medesimo bene o servizio essi possono integrare una violazione della
normativa a tutela della concorrenza quando le singole imprese partecipanti avrebbero
potuto individualmente partecipare alla gara di appalto, in considerazione della loro
dimensione e della capacità produttiva disponibile.
In ogni caso i bandi di aggiudicazione non possono prevedere che i requisiti relativi alla
capacità tecnica e finanziaria debbano essere soddisfatti dalle singole imprese associate
nel raggruppamento, anziché dal raggruppamento nel suo complesso. Tale orientamento
giurisprudenziale origina dalla considerazione che l'effettivo partecipante alla gara è
l'associazione temporanea di imprese e non le singole imprese (Consiglio di Stato,
sentenza del 20 maggio 1992, n. 422, in Foro Amministrativo, 1992, pag. 1106),
conformemente alla finalità, che il legislatore ha assegnato ai raggruppamenti temporanei
di imprese, di associare imprese tra loro indipendenti al fine di raggiungere una
capacità complessiva idonea alla partecipazione alla gara.
Nella prospettiva della tutela della concorrenza, l'Autorità garante della concorrenza e
del mercato auspica che la previsione dei raggruppamenti temporanei d'impresa sia limitata
ai casi in cui essi siano effettivamente necessari per aumentare, e non per ridurre, il
numero dei partecipanti alla gara.
Problematiche legate alla gestione dei servizi pubblici locali attraverso le società miste di cui all'articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142
Con riferimento alle società miste di cui all'articolo 22, comma 3, della legge 8 giugno 1990,
n. 142 (Modificato dall'articolo 17, comma 58, della legge 15 maggio 1997, n. 127), in
diverse occasioni è stato segnalato all'Autorità che le società miste forniscono alle
amministrazioni locali servizi ulteriori rispetto a quelli di cui sono affidatarie
dirette, senza che le amministrazioni ricorrano alle prescritte procedure a evidenza
pubblica. Alcune segnalazioni hanno inoltre evidenziato per le società miste il mancato
esperimento di procedure concorsuali per l'acquisto di lavori, forniture e servizi
necessari all'attività di gestione.
Le società miste, in virtù dell'affidamento diretto, operano di fatto in assenza di ogni
forma di concorrenza. Per tali motivi, è necessario limitare l'oggetto sociale della
società mista in modo da non consentire al soggetto affidatario di svolgere al di fuori
delle regole concorrenziali anche le attività "terze", ossia attività che non
costituiscono il nucleo essenziale del servizio affidato e che potrebbero essere
realizzate da altri operatori scelti tramite procedure a evidenza pubblica. Occorre
infatti evitare che tramite l'istituzione di società miste, formalmente affidatarie del
servizio pubblico, ma di fatto caratterizzate da una vocazione polifunzionale, venga
favorita la diffusione di un potenziale strumento di elusione della disciplina comunitaria
e nazionale in materia di appalti.
Inoltre, per quanto riguarda l'attività di acquisto di beni, servizi e lavori da parte
delle società miste, esse, quando svolgono prevalentemente attività non commerciali e
sono definibili come amministrazioni aggiudicatrici (Ai sensi dell'articolo 1 della direttiva 92/50/CEE, nonché
dell'articolo 1 della direttiva 93/35/CEE e della direttiva 93/37/CEE, sono considerate
amministrazioni aggiudicatrici anche gli "organismi di diritto pubblico", vale a
dire i soggetti che a) sono stati istituiti "per soddisfare specificamente
bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale";
b) sono dotati di personalità giuridica; c) svolgono attività finanziata in modo
maggioritario dallo Stato, dagli enti locali, da organismi di diritto pubblico, oppure la
cui gestione è soggetta al controllo di questi ultimi, oppure il cui organo di
amministrazione, di direzione o di vigilanza è costituito da membri più della metà dei
quali designati dallo Stato, da enti locali o da altri organismi di diritto pubblico),
sono tenute all'applicazione delle normative comunitaria e nazionale in materia di appalti
pubblici. Se così non fosse, il ricorso ad ulteriori affidamenti diretti a favore di
società da esse controllate impedirebbe "a cascata" il funzionamento
di qualsiasi meccanismo di concorrenza nel settore degli appalti pubblici.
Considerazioni di sintesi
Al fine di evitare che, in sede di definizione dei bandi di gara, i comportamenti delle amministrazioni appaltanti contrastino con i principi in materia di concorrenza sanciti dalla legge n. 287/90 occorre:
a) derogare al ricorso alla gara nei soli casi eccezionalmente previsti ed
espressamente indicati dalla normativa. Anche nei casi in cui la gara sia facoltativa, è
auspicabile l'utilizzo di procedure concorsuali ad evidenza pubblica, in quanto consente
il periodico raffronto concorrenziale tra più operatori, garantisce al contribuente che
la spesa pubblica risulta effettivamente minimizzata incentivando peraltro il
perseguimento dell'efficienza produttiva ed organizzativa delle imprese;
b) non ricomprendere nell'oggetto della gara più attività che, prese singolarmente,
esplicano una funzione economica o tecnica e che quindi potrebbero da sole costituire
oggetto di appalto;
c) non frazionare il progetto in singoli lotti al fine di eludere la disciplina
comunitaria sugli appalti pubblici se ciò comporta che alcuni di essi siano poi
sprovvisti di una propria funzione economica o tecnica;
d) evitare le prescrizioni che abbiano l'effetto di favorire alcuni operatori a scapito di
altri e che non siano correlate alle effettive capacità tecniche dei soggetti
partecipanti, quali i riferimenti a determinati marchi di prodotti o l'obbligo per le
imprese partecipanti di avere già svolto per l'amministrazione attività analoghe a
quelle oggetto della gara;
e) non subordinare la partecipazione alle gare al raggiungimento di un livello di
fatturato sproporzionato rispetto all'ammontare della prestazione oggetto della gara
oppure al raggiungimento di un fatturato calcolato sul solo mercato geografico di
riferimento;
f) soprattutto per le prestazioni di minore complessità, evitare di richiedere il
raggiungimento di una determinata soglia di fatturato per un numero di anni sproporzionato
rispetto all'oggetto del contratto;
g) che la previsione di raggruppamenti temporanei d'impresa sia limitata ai casi in cui
essi siano effettivamente necessari per aumentare, e non per ridurre, il numero dei
partecipanti alla gara;
h) che nel caso dei raggruppamenti temporanei di imprese, il requisito della capacità
tecnica ed economica venga soddisfatto dal raggruppamento nel suo complesso e non dalle
singole imprese associate;
i) limitare l'oggetto sociale delle società miste di cui all'articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142,
in modo tale da non consentire al soggetto affidatario di svolgere al di fuori delle
regole concorrenziali anche le attività che non costituiscono il nucleo essenziale del
servizio pubblico affidato e che potrebbero essere realizzate da altri operatori scelti
tramite procedure ad evidenza pubblica;
l) applicare la normativa sugli appalti pubblici per l'aggiudicazione degli appalti di
fornitura, lavori e servizi da parte delle società miste quando esse siano definibili
amministrazioni aggiudicatrici.
IL PRESIDENTE: Giuseppe Tesauro