Legge Regionale 2
febbraio 2010, n. 6
Testo unico delle leggi regionali in materia di commercio e
fiere
(BURL n. 5 del 05
Febbraio 2010)
TITOLO I - Oggetto del testo unico
Art. 1. (Oggetto)
1. Il presente testo unico, redatto ai sensi della legge regionale 9 marzo 2006, n. 7 (Riordino e semplificazione della normativa regionale mediante testi unici), riunisce le disposizioni regionali in materia di commercio e fiere.
TITOLO II - Disciplina delle diverse tipologie di attività commerciali.
Capo I - Commercio al dettaglio
Sezione I - Commercio in sede fissa
Art. 2. (Finalità)
1. La Regione disciplina l'attività di commercio al dettaglio perseguendo le seguenti finalità:
a) favorire la realizzazione di una rete distributiva che assicuri la qualità dei servizi da rendere ai consumatori e la qualità della vita della popolazione, nonché la migliore produttività del sistema;
(lettera così modificata dall'art. 5, comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
b) integrare la pianificazione territoriale e urbanistica e la programmazione commerciale per un equilibrato ed armonico assetto del territorio e delle diverse tipologie di vendita al dettaglio con particolare attenzione alla tutela e alla valorizzazione delle piccole e medie imprese commerciali;
(lettera così modificata dall'art. 5, comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
c) salvaguardare e riqualificare i centri storici mediante il mantenimento delle caratteristiche morfologiche degli insediamenti ed il rispetto dei vincoli relativi alla tutela del patrimonio artistico ed ambientale, favorendo un'integrazione armonica degli insediamenti commerciali con il tessuto urbano esistente, nel rispetto dei valori architettonici ed ambientali e del contesto sociale;
d) valorizzare la funzione commerciale al fine di una riqualificazione del tessuto urbano e dei centri storici;
e) assicurare il rispetto della libera concorrenza favorendo lo sviluppo della presenza delle varie formule organizzative della distribuzione e, all'interno di queste, tra le varie imprese, al fine di garantire un corretto equilibrio tra imprese di diverse dimensioni;
f) agevolare gli insediamenti che prevedono la ricollocazione di piccole e di medie imprese già operanti sul territorio interessato, anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali ed il contesto sociale nelle relative aree;
g) assicurare un sistema di monitoraggio riferito all'entità ed alla efficienza della rete distributiva insediata sul territorio;
h) salvaguardare e favorire la rete distributiva delle zone montane e rurali attraverso la creazione di servizi commerciali, anche polifunzionali, al fine di favorire il mantenimento e la ricostituzione del tessuto commerciale;
i) assicurare la trasparenza del mercato, la libertà di impresa e la libera circolazione delle merci;
j) garantire la tutela del consumatore con particolare riguardo all'informazione, alla possibilità di aggiornamento, al servizio di prossimità, all'assortimento ed alla sicurezza dei prodotti;
k) favorire l'efficienza, la modernizzazione e lo sviluppo della rete distributiva, nonché l'evoluzione tecnologica dell'offerta, anche al fine del contenimento dei prezzi.
Art. 3. (Ambiti territoriali)
1. Ai fini della programmazione della rete distributiva il territorio della Regione Lombardia è suddiviso in ambiti territoriali, tenendo conto della presenza di aree metropolitane omogenee e delle aree sovracomunali configurabili come un unico bacino di utenza allo scopo di consentire la razionalizzazione e la modernizzazione della rete distributiva, controllandone l'impatto territoriale, ambientale, sociale e commerciale. Negli ambiti territoriali la programmazione regionale tiene conto della presenza dei centri storici e dei centri di minore consistenza demografica, prevedendo misure di sviluppo del commercio adeguate alle loro caratteristiche.
2. Gli ambiti territoriali costituiscono il riferimento
geografico per la definizione degli indirizzi regionali per l'insediamento delle
attività commerciali, tenendo conto degli obiettivi e delle compatibilità di
sviluppo dell'offerta in rapporto alla domanda esistente e prevedibile dal punto
di vista qualitativo.
(comma così modificato dall'art. 6, comma 1,
legge reg. n. 3 del 2012)
Art. 4. (Programmazione regionale)
1. Il Consiglio regionale al fine di perseguire le finalità di
cui all’articolo 2, su proposta della Giunta regionale, approva, garantendo il
giusto bilanciamento dei motivi imperativi di interesse generale quali l’ordine
pubblico, la sicurezza pubblica, la sicurezza stradale, la sanità pubblica, la
tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, la lotta
alla frode, la tutela dell’ambiente e dell’ambiente urbano incluso l’assetto
territoriale in ambito urbano e rurale, la sostenibilità ambientale, sociale e
di vivibilità, la conservazione del patrimonio storico ed artistico, la politica
sociale e la politica culturale, i seguenti atti:
(comma così modificato dall'art. 7, comma 1, legge reg.
n. 3 del 2012)
a) il programma pluriennale per lo sviluppo del settore commerciale;
b) gli indirizzi generali per la programmazione urbanistica del settore commerciale.
2. Il programma pluriennale per lo sviluppo del settore commerciale, nel rispetto dei principi di libera concorrenza e di equilibrato servizio alle comunità locali, prevede:
a) lo scenario di sviluppo del sistema commerciale lombardo ad orientamento dell'attività di programmazione degli enti locali;
b) gli indirizzi per lo sviluppo delle diverse tipologie di vendita, indicando in particolare gli obiettivi di presenza e di sviluppo delle grandi strutture di vendita, anche con riferimento a differenti ambiti territoriali o urbani;
c) i criteri generali per l'autorizzazione delle grandi e medie strutture di vendita, in relazione alle diverse tipologie commerciali;
(lettera così modificata dall'art. 7, comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
d) le priorità per l'utilizzo delle risorse finanziarie a disposizione del bilancio regionale;
e) le indicazioni per la qualificazione e lo sviluppo del commercio all'ingrosso.
3. La Giunta regionale presenta annualmente al Consiglio regionale la relazione sull'attuazione del programma pluriennale per lo sviluppo del settore commerciale.
4. La Giunta regionale provvede agli ulteriori adempimenti di disciplina del settore commerciale e alla definizione di criteri urbanistici per l'attività di pianificazione e di gestione degli enti locali.
4-bis. I criteri urbanistici per l’attività di pianificazione e gestione degli
enti locali prevedono in particolare:
(comma aggiunto dall'art.
7, comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
a) gli indirizzi al fine dell’individuazione delle aree da destinare agli insediamenti commerciali, promuovendo il contenimento dell’uso del territorio verificando, tra l’altro, la dotazione a destinazione commerciale esistente;
b) le condizioni e i criteri che i comuni devono valutare per l’individuazione, attraverso il piano di governo del territorio, delle aree idonee per la localizzazione delle medie e grandi strutture di vendita;
c) i requisiti urbanistici, in termini di accessibilità veicolare e pedonale anche per portatori di handicap, di dotazione di standard ambientali e parcheggi pertinenziali delle diverse tipologie di strutture di vendita;
d) i criteri per incentivare il recupero, l’ammodernamento e la qualificazione delle aree di insediamenti commerciali che tengono conto della qualità del contesto paesaggistico ed ambientale.
4-ter. Al fine di rendere omogenei ed uniformare gli
interventi di programmazione comunale la Giunta regionale, con proprio atto di
indirizzo, indica i criteri qualitativi per l’insediamento delle attività
commerciali, comprese quelle che somministrano alimenti e bevande che sono
autorizzate all’installazione di apparecchi per il gioco lecito o che sono
destinate a sala da gioco, nonché quelle
che vendono direttamente, in locali adiacenti a quelli di produzione, gli
alimenti di propria produzione per il consumo immediato.
(comma aggiunto dall'art. 7, comma 1, legge reg. n. 3
del 2012, poi così modificato dall'art. 9, comma 1, lett. a), legge reg. n. 8
del 2013)
Art. 4-bis. (Programmazione comunale)
(articolo introdotto dall'art. 8,
comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
1. Al fine di migliorare la funzionalità e la produttività del
sistema dei servizi concernenti le attività commerciali, nonché consentire uno
sviluppo sostenibile, i comuni, valutate le caratteristiche della distribuzione
commerciale ed in coerenza con gli indirizzi regionali di cui all’articolo 4,
adottano, sentite le associazioni dei consumatori e le organizzazioni
imprenditoriali del commercio maggiormente rappresentative a livello provinciale
e le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti, un atto di
programmazione, avente durata quadriennale, che disciplina le modalità di
applicazione, con riguardo alle zone da sottoporre a tutela, dei criteri
qualitativi individuati dalla programmazione regionale in riferimento
all’insediamento delle nuove attività commerciali, ivi comprese quelle che
somministrano alimenti e bevande e che sono autorizzate all’installazione di
apparecchi per il gioco lecito o che sono destinate a sala da gioco, nonché quelle che vendono direttamente, in
locali adiacenti a quelli di produzione, gli alimenti di propria produzione per
il consumo immediato di cui alla legge regionale 30 aprile 2009, n. 8
(Disciplina della vendita da parte delle imprese artigiane di prodotti
alimentari di propria produzione per il consumo immediato nei locali
dell'azienda), tenendo conto delle diverse caratteristiche del proprio
territorio e della differente incidenza degli esercizi secondo il settore e la
tipologia di appartenenza, nonché le prescrizioni cui devono uniformarsi gli
esercizi autorizzati all’installazione di apparecchi per il gioco d’azzardo
lecito e i locali destinati a sala da gioco o all’installazione di apparecchi
per il gioco d’azzardo lecito. Tali criteri comunali si basano sui motivi imperativi
di interesse generale di cui all’articolo 4, comma 1, connessi a ragioni non
altrimenti risolvibili di sostenibilità ambientale, sociale e di viabilità che
rendano impossibile consentire ulteriori flussi di pubblico nella zona senza
incidere in modo gravemente negativo sui meccanismi di controllo, in
particolare, per il consumo di alcolici e per il contrasto al degrado urbano, e
senza ledere il diritto dei residenti alla vivibilità del territorio e alla
normale mobilità e tenendo conto delle caratteristiche urbanistiche e di
destinazione d’uso dei locali, dei fattori di mobilità, traffico, inquinamento
acustico e ambientale, aree verdi, parcheggi, delle caratteristiche qualitative
degli insediamenti, dell’armonica integrazione con le altre attività economiche
e con le aree residenziali interessate e del corretto utilizzo degli spazi
pubblici o di uso pubblico.
(comma acosì modificato
dall'art. 9, comma 1, lett. b) e c), legge reg. n. 8 del 2013)
2. I comuni, in coerenza con i criteri adottati dalla Giunta regionale e in relazione alla previsione di nuovi insediamenti commerciali, individuano nel piano di governo del territorio:
a) le aree da ritenersi sature rispetto alla possibilità di localizzarvi nuovi insediamenti in considerazione delle condizioni di sostenibilità ambientale, infrastrutturale, logistica e di mobilità relative a specifici ambiti territoriali;
b) le aree di localizzazione delle medie e grandi strutture di vendita, ivi compresi i centri commerciali;
c) le prescrizioni cui devono uniformarsi gli insediamenti commerciali in relazione alla tutela dei beni artistici, culturali ed ambientali, nonché all’arredo urbano, nei centri storici e nelle località di particolare interesse artistico e naturale;
d) le misure per una corretta integrazione tra strutture commerciali e servizi ed attrezzature pubbliche;
e) le prescrizioni e gli indirizzi di natura urbanistica ed in particolare quelle inerenti alla disponibilità di spazi pubblici o di uso pubblico e le quantità minime di spazi per parcheggi, relativi alle diverse strutture di vendita.
3. Le determinazioni dei comuni di cui ai commi 1 e 2 possono essere differenziate in relazione a singole parti del territorio comunale o zone ed alla tipologia degli esercizi commerciali. In particolare la strumentazione urbanistica può disporre limitazioni all’insediamento di attività commerciali in base a specifiche classificazioni, anche dimensionali, che i comuni individuano in relazione alle medie e grandi strutture di vendita.
4. In coerenza con l’atto di programmazione di cui al comma 1, i comuni, previa valutazione delle problematiche della distribuzione commerciale nei centri storici e delle interrelazioni esistenti con le altre componenti territoriali, economiche e sociali, con apposito atto, promuovono:
a) la crescita, il ricambio e la diversificazione delle attività, in raccordo con gli strumenti urbanistici comunali;
b) la permanenza degli esercizi storici e tradizionali, ivi compresi quelli artigianali, con particolare attenzione alle merceologie scarsamente presenti, anche mediante incentivi ed apposite misure di tutela;
c) l’individuazione di porzioni di territorio ubicate in aree limitrofe funzionalmente collegate con il centro storico;
d) la valorizzazione e la salvaguardia delle aree o degli edifici aventi valore storico, archeologico, artistico e ambientale attraverso anche l’individuazione in base all’articolo 145 di particolari condizioni per l’esercizio del commercio.
5. I comuni, per le finalità di cui al comma 4, possono:
a) differenziare le attività commerciali con riferimento a specifiche classificazioni di carattere dimensionale, merceologico e qualitativo per contribuire ad un ampliamento di opportunità di insediamento nel centro storico;
b) disporre il divieto di vendita di determinate merceologie, qualora questa costituisca un contrasto con la tutela di valori artistici, storici o ambientali;
c) limitare nei centri storici e zone limitrofe l’insediamento di attività che non siano tradizionali o qualitativamente rapportabili ai caratteri storici, architettonici e urbanistici dei centri medesimi;
d) adottare, nell’ambito della programmazione comunale, un piano di tutela delle attività tradizionali per il centro storico, eventualmente suddiviso a sua volta in tessuti territoriali e zone omogenee, che consente, in caso di cessazione delle attività tutelate nelle zone localizzate, la sola attivazione, per un arco temporale fino a cinque anni, di una o più delle medesime attività appartenenti allo stesso settore alimentare o non alimentare.
6. Le disposizioni di cui al comma 5 possono essere applicate dai comuni, per le finalità di cui al comma 4, anche in relazione a zone del territorio differenti dal centro storico a fronte di motivate ragioni di utilità sociale derivanti dall’esigenza di garantire la riqualificazione e valorizzazione del tessuto urbano attraverso uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, nonché la permanenza di una offerta variegata di beni e servizi.
Art. 5. (Distretti del commercio)
1. I comuni, singoli o associati, anche su iniziativa delle associazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative per il settore commercio a livello provinciale ai sensi della legge 29 dicembre 1993, n. 580 (Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura), e comunque previo accordo con le stesse, possono proporre alla Regione l’individuazione di ambiti territoriali configurabili come distretti del commercio, intesi come entità innovative che definiscono ambiti e iniziative nelle quali i cittadini, le imprese e le formazioni sociali liberamente aggregati sono in grado di fare del commercio il fattore di innovazione, integrazione e valorizzazione di tutte le risorse di cui dispone il territorio, per accrescere l’attrattività, rigenerare il tessuto urbano e sostenere la competitività delle sue polarità commerciali.
2. L’ambito territoriale del distretto del commercio è individuato sulla base dei criteri stabiliti dalla Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente. Al fine di valorizzare le caratteristiche peculiari di tali ambiti, soggetti pubblici e privati possono proporre interventi integrati per lo sviluppo del contesto urbano di riferimento.
2-bis. Nell'ambito degli interventi finalizzati al
sostegno, anche economico, dei Distretti del commercio, o in sede di
politiche in materia di lavoro, Regione Lombardia favorisce la definizione
di accordi territoriali finalizzati a contemperare le esigenze dei
consumatori e delle imprese in ordine alle aperture dei negozi, con la
salvaguardia dei livelli occupazionali e dei diritti dei lavoratori alla
pausa lavorativa settimanale, nonché con le esigenze dei comuni di garantire
l'ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini.
(comma aggiunto dall'art.
58 della legge reg. n. 7
del 2012)
Art. 6. (Autorizzazioni per le grandi strutture di vendita)
1. L'apertura, l'ampliamento ed il trasferimento di una grande struttura di vendita sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal comune competente per territorio, a seguito della conferenza di servizi di cui all'articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59).
2. Le domande sono valutate in ordine cronologico e, tra domande concorrenti, la priorità è attribuita a quelle che richiedono minore superficie di vendita di nuova previsione. La precedenza o la concorrenza tra le domande è accertata su base regionale in relazione al mese di calendario in cui risultano pervenute alla Regione.
3. Costituiscono elementi essenziali della domanda:
a) le dichiarazioni di cui all'articolo 9, comma 2, lettere a) e b), del d.lgs. 114/1998;
b) la relazione illustrativa concernente la conformità e la compatibilità dell'insediamento con le previsioni degli strumenti urbanistici comunali e con i criteri regionali di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale, nonché con le disposizioni della presente sezione;
c) la valutazione dell'impatto occupazionale netto;
d) lo studio dell'impatto sulla rete commerciale esistente e del contesto sociale;
e) lo studio dell'impatto territoriale ed ambientale, fatto comunque salvo quanto previsto dalla vigente legislazione in materia di valutazione di impatto ambientale.
4. La trasmissione della copia della domanda da parte del comune alla provincia ed alla Regione è condizione di validità della prima riunione della conferenza di servizi.
5. La conferenza di servizi è indetta dal comune e la prima riunione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla presentazione della domanda, previ accordi con la Regione e la provincia; la conferenza di servizi si riunisce di norma presso la sede della Regione.
6. Il comune trasmette alla provincia ed alla Regione copia della domanda riportante la data del protocollo comunale o la data di spedizione se effettuata a mezzo raccomandata da parte del richiedente, e provvede all'istruttoria preliminare. Ove l'intervento necessiti della valutazione di impatto ambientale e questa non sia allegata alla domanda, il comune deve acquisirla entro il termine di centoventi giorni di cui al comma 10; la mancata acquisizione della valutazione di impatto ambientale secondo le modalità sopra indicate determina il rigetto della domanda.
7. Le deliberazioni della conferenza di servizi sono adottate entro novanta giorni dalla convocazione. Su segnalazione della Regione, le conferenze di servizi riguardanti domande concorrenti individuano il termine anticipato di conclusione dei rispettivi lavori in modo che siano comunque rispettati il termine massimo dei lavori della prima conferenza avviata e l'ordine di esame delle diverse domande in base ai criteri di priorità tra domande concorrenti.
8. A tutela del richiedente, se la prima riunione della conferenza di servizi non è convocata, il termine per la conclusione dei lavori della medesima decorre dal sessantesimo giorno dal ricevimento della domanda da parte della Regione, a seguito di trasmissione da parte del comune, o della provincia o del richiedente. In caso di inerzia del comune, la Regione, sentiti il comune e la provincia, previo invito ad adempiere, indice la conferenza.
9. Se alla scadenza del termine fissato, i lavori della conferenza di servizi non sono conclusi, essa si intende automaticamente convocata nel giorno in cui è stato fissato il termine per la conclusione dei lavori, presso la Regione.
10. Le determinazioni della conferenza di servizi sono in ogni caso validamente assunte entro il termine di centoventi giorni dalla data di effettuazione della prima riunione. Entro tale termine deve essere inoltrata, da parte del comune, comunicazione al presentatore della domanda ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 9, comma 5, del d.lgs 114/1998 dell'eventuale diniego motivato. La comunicazione può essere comunque validamente effettuata da ciascuno degli enti rappresentati nella conferenza di servizi.
11. E’ prevista la contestualità del rilascio dell’autorizzazione all’apertura e del permesso di costruire, fatta salva la conclusione del procedimento relativo all’autorizzazione all’apertura nei termini e secondo le procedure di cui al presente articolo.
12. La conferenza di servizi, valutate le risultanze dell'istruttoria preliminare, dichiara l'ammissibilità della domanda ovvero dispone il rigetto della stessa nel caso di assenza di elementi essenziali o nel caso in cui l'istruttoria preliminare abbia accertato l'assenza dei requisiti soggettivi del richiedente. Se è stata dichiarata l'ammissibilità della domanda la conferenza può chiedere elementi integrativi. La richiesta di integrazione non interrompe i termini per la valutazione della domanda.
13. Il comune invita a partecipare alla conferenza di servizi, sin dalla prima riunione, gli enti e i soggetti di cui all'articolo 9, comma 4, del d.lgs. 114/1998.
14. Nel corso dei suoi lavori la conferenza di servizi stabilisce eventuali estensioni della partecipazione ad altri soggetti interessati in relazione all'area di gravitazione dell'insediamento proposto come definita dal programma di cui all'articolo 4, comma 1, e l'eventuale informazione e richiesta di parere a regioni confinanti.
15. (abrogato)
16. L'autorizzazione all'apertura di grandi strutture di vendita è revocata nei casi previsti dall'articolo 22, comma 4, del d.lgs. 114/1998.
17. Nel caso di grandi strutture di vendita previste in piani attuativi o in strumenti di programmazione negoziata è prevista la correlazione tra il procedimento di natura urbanistica e quello autorizzatorio commerciale disciplinato nei termini e secondo le modalità del presente testo unico. Il procedimento di natura urbanistica deve concludersi contestualmente o successivamente a quello autorizzatorio commerciale. In caso di piani attuativi o di programmi integrati di intervento conformi al vigente strumento di pianificazione, il termine per la conclusione del relativo procedimento di approvazione resta sospeso sino alla conclusione del procedimento autorizzatorio commerciale. La mancata correlazione dei procedimenti costituisce elemento di specifica considerazione negativa in sede di esame della domanda di autorizzazione commerciale.
18. Nel caso di grandi strutture di vendita previste in piani attuativi o in strumenti di programmazione negoziata la conferenza di servizi di cui all'articolo 9 del d.lgs. 114/1998è convocata dal comune a seguito di presentazione della domanda di autorizzazione commerciale corredata di tutti gli allegati previsti dalla normativa regionale. La domanda deve essere presentata entro i seguenti termini:
a) in caso di piani attuativi conformi allo strumento urbanistico comunale, dopo l'adozione degli stessi;
b) in caso di strumenti di programmazione negoziata in variante allo strumento urbanistico comunale vigente e di rilevanza regionale, nel periodo intercorrente tra la pubblicazione della variante e l'approvazione dell'ipotesi di accordo di programma da parte della Giunta regionale; in questo caso non è richiesta la conformità urbanistica al momento della presentazione della domanda.
19. L'approvazione di uno strumento di programmazione negoziata in variante agli atti di pianificazione urbanistica dei comuni costituisce, per la parte variata, atto di adeguamento ai sensi dell'articolo 6, comma 5, del d.lgs. 114/1998.
20. Nel caso di cui al comma 18, lettera b), la conformità urbanistica della grande struttura di vendita deve intervenire prima del rilascio dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività commerciale da parte del comune competente. E' applicabile quanto previsto al comma 6, secondo periodo, anche qualora la grande struttura di vendita sia prevista da strumenti di programmazione negoziata. Il rilascio dell'autorizzazione all'apertura delle grandi strutture di vendita è subordinata alla positiva conclusione del procedimento di programmazione negoziata.
21. Il comune, entro dieci giorni dal rilascio dell'autorizzazione di cui al comma 1, procede alla pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione (BURL) di un avviso contenente gli elementi identificativi dell'insediamento commerciale autorizzato, nonché la data della seduta della conferenza di servizi che ha deliberato l'accoglimento della domanda.
Art. 6-bis. (Sostenibilità delle grandi strutture di vendita)
(articolo
introdotto dall'art. 22, comma 1, legge reg. n. 7 del 2012)
1. La Giunta regionale definisce linee guida relative alle misure e alle contribuzioni finanziarie di cui al programma pluriennale per lo sviluppo del settore commerciale e alle relative modalità attuative finalizzate ad assicurare la sostenibilità socio-economica, territoriale e ambientale degli insediamenti di grandi strutture di vendita.
2. In particolare, le linee guida:
a) promuovono lo sviluppo sostenibile complessivo del territorio nel quale ricadono gli insediamenti commerciali e i loro impatti;
b) orientano i comportamenti dei comuni e degli altri soggetti pubblici alle migliori pratiche, anche in ordine all'impiego delle risorse messe a disposizione dai privati per la sostenibilità delle strutture e l'annullamento delle esternalità negative;
c) promuovono la realizzazione diffusa di azioni di responsabilità sociale d'impresa da parte degli operatori economici e delle loro associazioni;
d) prevedono forme di monitoraggio sull'esecuzione delle misure individuate.
3. La struttura regionale competente in materia adotta i provvedimenti attuativi delle linee guida.
4. I criteri e le indicazioni operative relative alla sostenibilità sono disciplinate da separato atto della competente struttura regionale anche ai fini della individuazione degli indicatori necessari a definire il grado di efficacia delle misure delle azioni compensative proposte.
Art. 6-ter. (Utilizzo di energie sostenibili nelle medie e grandi
strutture di vendita)
(articolo
introdotto dall'art. 22, comma 1, legge reg. n. 7 del 2012)
1. La Giunta regionale prevede criteri premiali per il rilascio delle autorizzazioni relative alla realizzazione e all'ampliamento delle grandi strutture di vendita in relazione alla qualità delle prestazioni energetiche degli edifici e alla percentuale di copertura del fabbisogno energetico mediante fonti rinnovabili, nonché alla realizzazione di infrastrutture per la fornitura di energia elettrica ai veicoli e alle celle frigorifere dei mezzi di trasporto in sosta, al fine di evitare le emissioni connesse all'uso di generatori.
2. La Giunta regionale promuove accordi con le associazioni ed i soggetti rappresentativi della media e grande distribuzione per la progressiva adozione di sistemi di gestione dell'energia finalizzati al progressivo risparmio energetico, anche adottando uno specifico schema di certificazione su base regionale.
Art. 6-quater. (Azioni di riduzione dei rifiuti attuate nelle medie e
grandi strutture di vendita)
(articolo
introdotto dall'art. 22, comma 1, legge reg. n. 7 del 2012)
1. In caso di autorizzazioni relative alla realizzazione o all'ampliamento delle medie e grandi strutture di vendita, l'operatore richiedente è tenuto ad adottare le azioni volte alla riduzione dei rifiuti contenute nel Piano d'azione per la Riduzione Rifiuti urbani in Lombardia (PARR).
Art. 7. (Autorizzazioni non attivate)
(articolo così modificato dall'art. 8, comma 1,
legge reg. n. 4 del 2013)
1. L'autorizzazione all'apertura di una grande struttura di vendita è revocata qualora il titolare non inizi l'attività commerciale entro tre anni dal rilascio.
2. Solo a fronte di cause impreviste sopravvenute e non imputabili al titolare dell'autorizzazione verificatesi dopo l'avvio dei lavori, il comune può prorogare il termine di cui al comma 1 esclusivamente per il periodo strettamente necessario alla conclusione delle opere edilizie relative alla struttura commerciale e all'inizio dell'attività.
3. In caso di inizio dell'attività relativamente ad una sola parte della superficie di vendita autorizzata, qualora il titolare non dia inizio all'attività sulla restante superficie entro un anno dall'inizio parziale, il comune modifica l'autorizzazione rilasciata riducendo proporzionalmente la superficie di vendita autorizzata.
4. I criteri e le indicazioni operative relative alla sostenibilità sono disciplinate da separato atto della competente struttura regionale anche ai fini della individuazione degli indicatori necessari a definire il grado di efficacia delle misure delle azioni compensative proposte.
Art. 8. (Subingresso)
1. Il subentrante per causa di morte in una attività
commerciale può svolgere l'attività del dante causa qualora non si trovi in una
delle condizioni previste dall’articolo 20, commi 1, 3 e 4 e
qualora entro un anno dal subentro sia in possesso dei requisiti di cui
all’articolo 20, comma 6. Tale termine è prorogato dal sindaco quando il ritardo
non risulti imputabile all'interessato. In ogni altro caso il sindaco ordina la
cessazione dell'attività ed il subentrante decade dal diritto alla continuazione
dell'attività.
(comma così modificato dall'art. 8, comma 1,
legge reg. n. 3 del 2012)
2. Il subentrante per atto tra vivi in un'attività
commerciale, purché sia in possesso dei requisiti di cui all’articolo 20 e abbia
trasmesso la comunicazione di subingresso al comune competente, ha facoltà di
iniziare immediatamente l'esercizio dell'attività.
(comma così modificato dall'art. 5, comma 1, legge reg.
n. 3 del 2012)
Art. 9. (Osservatorio commerciale)
1. La Giunta regionale, al fine di assicurare il monitoraggio di cui all'articolo 6, comma 1, lettera g), del d.lgs. 114/1998 costituisce, anche con apposita convenzione, un osservatorio permanente per la realizzazione di un adeguato sistema informativo sui punti di vendita in Lombardia.
2. All'osservatorio partecipano la Regione Lombardia, le rappresentanze regionali delle associazioni degli enti locali, delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura (CCIAA), delle associazioni di categoria del commercio maggiormente rappresentative a livello regionale, delle organizzazioni dei consumatori iscritte nell'elenco di cui all'articolo 137 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229) e le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti maggiormente rappresentative a livello regionale.
Art. 10. (Procedure telematiche)
1. Ai fini della semplificazione amministrativa e del monitoraggio delle attività commerciali i comuni, entro il termine stabilito dalla Giunta regionale, adottano per l'espletamento delle procedure amministrative inerenti le attività commerciali, la procedura telematica definita dalla Regione Lombardia ai sensi dell'articolo 5 della legge regionale 2 febbraio 2007, n. 1 (Strumenti di competitività per le imprese e per il territorio della Lombardia) e relativi provvedimenti attuativi.
Art. 11. (Formazione professionale e imprenditoriale)
1. Le modalità di organizzazione, la durata e le materie dei
corsi professionali di cui all’articolo 20, comma 6, lettera a), per il cui
svolgimento sono considerate in via prioritaria le CCIAA, le organizzazioni
imprenditoriali del commercio più rappresentative, gli enti da queste costituiti
e gli enti bilaterali costituiti congiuntamente dalle organizzazioni
imprenditoriali e dei sindacati, sono stabilite con i provvedimenti e secondo le
procedure previste dalla legge regionale 6 agosto 2007, n. 19 (Norme sul sistema
educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia).
(comma così modificato dall'art. 10,
comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
2. Nell'ambito dei provvedimenti attuativi di cui alla l.r. 19/2007 sono altresì stabilite le modalità di organizzazione, la durata e le materie dei corsi di aggiornamento finalizzati ad elevare il livello professionale e riqualificare gli operatori in attività.
Art. 12. (Centri di assistenza tecnica alle imprese)
1. Al fine di sviluppare processi di ammodernamento della rete distributiva commerciale, in applicazione dell'articolo 23 del d.lgs. 114/1998, la Regione autorizza, secondo le modalità di cui al presente testo unico, l'attività dei centri di assistenza tecnica alle imprese costituiti dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello provinciale, dalle CCIAA, dalle cooperative e dai consorzi fra imprese, dalle società a maggioranza pubblica, dalle società consortili a partecipazione pubblica e da società cooperative fra consumatori e loro consorzi.
2. I centri svolgono attività di assistenza tecnica e fiscale, nonché attività di formazione e aggiornamento in materia di:
a) innovazione tecnologica ed organizzativa;
b) gestione economica e finanziaria di impresa;
c) accesso ai finanziamenti anche comunitari;
d) sicurezza e tutela dei consumatori;
e) tutela ambientale;
f) igiene e sicurezza sul lavoro;
g) certificazione di qualità degli esercizi commerciali;
h) altre materie eventualmente previste dal proprio statuto.
Art. 13. (Autorizzazione dell'attività dei centri di assistenza tecnica alle imprese)
1. La domanda di autorizzazione all'esercizio delle attività dei centri di assistenza è presentata alla Giunta regionale, corredata dalla seguente documentazione:
a) atto costitutivo del centro di assistenza;
b) statuto;
c) relazione sugli obiettivi e sulle finalità che l'attività del centro di assistenza si propone di realizzare;
d) indicazione degli elementi e delle risorse possedute ai fini dello svolgimento delle attività svolte dal centro di assistenza.
2. L'autorizzazione viene rilasciata con decreto della direzione generale competente.
Art. 14. (Finanziamenti per le attività dei centri di assistenza tecnica alle imprese)
1. Le attività svolte dai centri di assistenza sono finanziate con il fondo di cui alla legge 7 agosto 1997, n. 266 (Interventi urgenti per l'economia).
2. I centri interessati presentano le domande di finanziamento alla Giunta regionale, allegando la seguente documentazione:
a) relazione circa gli obiettivi e le finalità dell'intervento proposto;
b) piano finanziario dell'intervento progettato;
c) tempi previsti per la realizzazione dell'intervento.
3. La Giunta regionale verifica la coerenza degli interventi proposti dai centri di assistenza con i requisiti previsti dalla l. 266/97 e ne determina le priorità in relazione agli obiettivi ed ai criteri contenuti nei relativi provvedimenti di attuazione.
4. La Giunta regionale approva il programma degli interventi e contestualmente la relazione sugli interventi svolti nell'anno precedente e sui risultati conseguiti.
Sezione II - Vendita al dettaglio per mezzo di apparecchi automatici
Art. 15. (Vendita al dettaglio per mezzo di apparecchi automatici)
1. Per l’avvio della attività di vendita di prodotti al
dettaglio di qualsiasi genere per mezzo di apparecchi automatici deve essere
presentata la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), di cui all’articolo
19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi); le
successive attivazioni e cessazioni di apparecchi automatici che distribuiscono
prodotti alimentari sono comunicate con cadenza semestrale alla azienda
sanitaria locale (ASL) territorialmente competente per il comune nel quale hanno
luogo le attivazioni e cessazioni stesse, mediante invio di elenchi cumulativi
contenenti gli estremi della SCIA relativa all’avvio dell’attività o di
autorizzazioni o dichiarazioni di inizio attività produttiva (DIAP), di cui all’articolo
5 della legge regionale 2 febbraio 2007, n. 1 (Strumenti di competitività
per le imprese e per il territorio della Lombardia) precedentemente ottenute o
presentate.
(comma così sostituito dall'art. 11,
comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
2. La vendita mediante apparecchi automatici effettuata in apposito locale ad essa adibito in modo esclusivo è soggetta alle medesime disposizioni previste per l'apertura di un esercizio di vendita.
3. Le violazioni delle disposizioni di cui al comma 1 relative ad attività di vendita di prodotti alimentari sono punite con le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 193 (Attuazione della direttiva 2004/41/CE relativa ai controlli in materia di sicurezza alimentare e applicazione dei regolamenti comunitari nel medesimo settore); le violazioni delle disposizioni di cui al comma 1 relative ad attività di vendita di prodotti non alimentari sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria di 1.500 euro.
Sezione III - Commercio su aree pubbliche
Art. 16. (Ambito di applicazione e definizioni)
1. La presente sezione disciplina l'esercizio del commercio su aree pubbliche nel rispetto della normativa comunitaria e statale.
2. Ai fini della presente sezione si intendono per:
a) commercio su aree pubbliche, l'attività di vendita di merci al dettaglio e la somministrazione di alimenti e bevande effettuate sulle aree pubbliche, comprese quelle del demanio lacuale, o sulle aree private delle quali il comune abbia la disponibilità, attrezzate o meno, coperte o scoperte;
b) aree pubbliche, le strade, i canali, le piazze, comprese quelle di proprietà privata, gravate da servitù di passaggio ed ogni altra area di qualunque natura destinata ad uso pubblico;
c) posteggio, la parte di area pubblica o privata della quale il comune abbia la disponibilità, che viene data in concessione all'operatore autorizzato all'esercizio dell'attività commerciale;
d) mercato, l'area pubblica o privata della quale il comune abbia la disponibilità, composta da almeno tre posteggi, attrezzata o meno, destinata all'esercizio dell'attività per uno o più o tutti i giorni della settimana o del mese per l'offerta integrata di merci al dettaglio, la somministrazione di alimenti e bevande, l'erogazione di pubblici servizi;
e) fiera, la manifestazione caratterizzata dall'afflusso, nei giorni stabiliti, sulle aree pubbliche o private delle quali il comune abbia la disponibilità, di operatori autorizzati ad esercitare il commercio su aree pubbliche, in occasione di particolari ricorrenze, eventi o festività;
f) presenze in un mercato o in una fiera, il numero delle volte che l'operatore si è presentato in tale manifestazione, prescindendo dal fatto che vi abbia potuto o meno svolgere l'attività;
g) presenze effettive in un mercato o in una fiera, il numero delle volte che l'operatore ha effettivamente esercitato l'attività in tale manifestazione;
g bis) attrezzature, i banchi, i chioschi, i trespoli, i veicoli attrezzati per la vendita e ogni altro apparecchio funzionale all’esposizione, alla vendita o alla somministrazione delle merci.
Art. 17. (Funzioni regionali)
1. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale,
definisce, con cadenza triennale, gli obiettivi di presenza e di sviluppo delle
aree mercatali e del commercio esercitato in forma itinerante tenendo conto
delle altre forme distributive, della propensione al consumo della popolazione e
della qualità del servizio da rendere al consumatore, nonché valutando le
ragioni di sostenibilità ambientale e sociale, di viabilità che rendano
impossibile consentire ulteriori flussi di acquisto nella zona senza incidere in
modo gravemente negativo sui meccanismi di controllo, in particolare, per il
consumo di alcolici e senza ledere il diritto dei residenti alla vivibilità del
territorio e alla normale mobilità. In ogni caso resta ferma la finalità di
tutela e salvaguardia delle zone di pregio artistico, storico, architettonico e
ambientale.
(comma così modificato dall'art. 12,
comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
2. La Giunta regionale fornisce indicazioni per l'individuazione delle aree mercatali e fieristiche e provvede, nel rispetto delle competenze degli enti locali, agli ulteriori adempimenti di disciplina del commercio su aree pubbliche e al monitoraggio della rete distributiva avvalendosi anche delle CCIAA, con apposita convenzione, con oneri a carico della Regione.
Art. 18. (Riconoscimento dei mercati di valenza storica o di particolare pregio su aree pubbliche)
1. La Regione favorisce la qualificazione, la valorizzazione e il mantenimento delle aree mercatali e dei mercati di valenza storica o di particolare pregio architettonico, urbanistico, merceologico, culturale o sociale.
2. La Giunta regionale, previo parere della commissione consiliare competente:
a) stabilisce i requisiti, le modalità e le procedure per il riconoscimento dei mercati di valenza storica o di particolare pregio;
b) procede al loro riconoscimento su segnalazione delle associazioni di categoria, delle associazioni dei consumatori, delle CCIAA e degli enti locali e gestisce il relativo elenco;
c) individua, in collaborazione con i comuni, specifiche azioni volte alla loro promozione e valorizzazione.
3. I comuni sul cui territorio si svolgono i mercati di valenza storica o di particolare pregio adottano le misure atte a salvaguardarne le caratteristiche anche merceologiche.
Art. 19. (Forme di consultazione delle parti sociali)
1. Nei comuni con popolazione residente superiore ai 15.000 abitanti è istituita una commissione consultiva presieduta dallo stesso sindaco o da un suo delegato composta dai rappresentanti delle associazioni dei consumatori e degli utenti, dai rappresentanti delle imprese commerciali su aree pubbliche e dai rappresentanti del comune interessato.
2. Nei comuni con popolazione residente inferiore a 15.000 abitanti può essere istituita la commissione di cui al comma 1. Qualora le commissioni non siano istituite, i comuni sentono obbligatoriamente le associazioni di cui al comma 1 sulle questioni di cui al comma 4.
3. Le commissioni di cui ai commi 1 e 2 sono nominate dal sindaco. I criteri di designazione, di rappresentanza, di durata in carica e di funzionamento delle citate commissioni sono stabiliti dal sindaco sentiti i soggetti di cui al comma 1.
4. Le commissioni sono sentite in riferimento:
a) alla programmazione dell'attività;
b) alla definizione dei criteri generali per la determinazione delle aree da destinarsi all'esercizio del commercio su aree pubbliche e del relativo numero di posteggi;
c) alla istituzione, soppressione e spostamento o ristrutturazione dei mercati e delle fiere;
d) alla definizione dei criteri per l'assegnazione dei posteggi e dei canoni per l'occupazione del suolo pubblico;
e) alla predisposizione dei regolamenti e degli atti comunali aventi ad oggetto l'attività di commercio su aree pubbliche.
Art. 20. (Requisiti per lo svolgimento dell'attività)
1. Non possono esercitare l’attività commerciale di vendita e di somministrazione coloro che:
a) sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione;
b) hanno riportato una condanna, con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo, per il quale è prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a tre anni, sempre che sia stata applicata, in concreto, una pena superiore al minimo edittale;
c) hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna a pena detentiva per uno dei delitti di cui al libro II, Titolo VIII, capo II del codice penale, ovvero per ricettazione, riciclaggio, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, rapina, delitti contro la persona commessi con violenza, estorsione;
d) hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna per reati contro l’igiene e la sanità pubblica, compresi i delitti di cui al libro II, Titolo VI, capo II del codice penale;
e) hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, due o più condanne, nel quinquennio precedente all’inizio dell’esercizio dell’attività, per delitti di frode nella preparazione e nel commercio degli alimenti previsti da leggi speciali;
f) sono sottoposti a una delle misure di prevenzione di cui alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità) o nei cui confronti sia stata applicata una delle misure previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere), ovvero a misure di sicurezza non detentive. (ora decreto legislativo n. 159 del 2011 - n.d.r.)
2. Non possono esercitare l’attività di somministrazione di alimenti e bevande coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1, o hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna per reati contro la moralità pubblica e il buon costume, per delitti commessi in stato di ubriachezza o in stato di intossicazione da stupefacenti, per reati concernenti la prevenzione dell’alcolismo, le sostanze stupefacenti o psicotrope, il gioco d’azzardo, le scommesse clandestine, per infrazioni alle norme sui giochi.
3. Il divieto di esercizio dell’attività, ai sensi del comma 1, lettere b), c), d), e) e f) permane per la durata di cinque anni a decorrere dal giorno in cui la pena è stata scontata. Qualora la pena si sia estinta in altro modo, il termine di cinque anni decorre dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza, salvo riabilitazione.
4. Il divieto di esercizio dell’attività non si applica qualora, con sentenza passata in giudicato, sia stata concessa la sospensione condizionale della pena sempre che non intervengano circostanze idonee a incidere sulla revoca della sospensione.
5. In caso di società, associazioni od organismi collettivi i requisiti di cui al comma 1 devono essere posseduti dal legale rappresentante, da altra persona preposta all’attività commerciale e da tutti i soggetti individuati dall’articolo 2, comma 3, del d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 (Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia).
6. L’esercizio, in qualsiasi forma, di un’attività di commercio relativa al settore merceologico alimentare e di un’attività di somministrazione di alimenti e bevande, anche se effettuate nei confronti di una cerchia determinata di persone, è consentito a chi è in possesso di uno dei seguenti requisiti professionali:
a) avere frequentato con esito positivo un corso professionale per il commercio, la preparazione o la somministrazione degli alimenti, istituito o riconosciuto dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano;
b) avere prestato la propria opera, per almeno due anni, anche non continuativi, nel quinquennio precedente, in proprio o presso imprese esercenti l’attività nel settore alimentare o nel settore della somministrazione di alimenti e bevande, in qualità di dipendente qualificato, addetto alla vendita o all’amministrazione o alla preparazione degli alimenti, o in qualità di socio lavoratore o, se trattasi di coniuge, parente o affine, entro il terzo grado, dell’imprenditore in qualità di coadiutore familiare, comprovata dalla iscrizione all’Istituto nazionale per la previdenza sociale secondo le modalità di cui all’articolo 18 della legge regionale recante ‘Disposizioni in materia di artigianato e commercio e attuazioni della Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno. Modifiche alle leggi regionali 30 aprile 2009, n. 8 (Disciplina della vendita da parte delle imprese artigiane di prodotti di propria produzione per il consumo immediato nei locali dell’azienda) e 2 febbraio 2010, n. 6 (Testo unico delle leggi regionali in materia di commercio e fiere);
(lettera così modificata dall'art. 13, comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
c) essere in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore o di laurea, anche triennale, o di altra scuola ad indirizzo professionale, purché nel corso di studi siano previste materie attinenti al commercio, alla preparazione o alla somministrazione degli alimenti.
7. (comma abrogato dall'art. 5, comma 3, legge reg. n. 14 del 2014)
8. Nel caso di società, il possesso dei requisiti di cui al comma 6è richiesto con riferimento al legale rappresentante o ad altra persona specificamente preposta o delegata all’attività commerciale.
9. La Giunta regionale stabilisce l’organizzazione, la durata e le materie del corso professionale di cui al comma 6, lettera a), individuando le materie idonee a consentire l’apprendimento delle disposizioni relative alla tutela della salute, alla sicurezza e all’informazione del consumatore finale e garantendone l’effettuazione anche tramite rapporti convenzionali con soggetti idonei; a tal fine sono prioritariamente considerate le CCIAA, le associazioni imprenditoriali più rappresentative ai sensi della normativa statale vigente e gli enti e le società da esse costituiti.
10. La Giunta regionale stabilisce altresì l’organizzazione, la durata e le materie di corsi di formazione finalizzati ad elevare il livello professionale o la qualificazione degli operatori, con particolare riferimento alle normative in materia di tutela dell’ambiente, della sicurezza e del consumatore.
Art. 21. (Modalità di esercizio dell'attività)
1. Il commercio su aree pubbliche può essere svolto su posteggi dati in concessione per dieci anni o su qualsiasi altra area purché in forma itinerante.
2. Il commercio su aree pubbliche in forma itinerante è svolto con mezzi mobili e con soste limitate, di norma, al tempo strettamente necessario per effettuare le operazioni di vendita, con divieto di posizionare la merce sul terreno o su banchi a terra, nel rispetto delle vigenti normative igienico-sanitarie. E' fatto altresì divieto di tornare sul medesimo punto nell'arco della stessa giornata e di effettuare la vendita a meno di 250 metri da altro operatore itinerante, fatti salvi i comuni montani come classificati dalla legge regionale 15 ottobre 2007, n. 25 (Interventi regionali in favore della popolazione dei territori montani) e successivi provvedimenti attuativi, che possono disciplinare la materia sulla base delle proprie esigenze. Chiunque violi i divieti di cui al presente comma è punito con la sanzione di cui all'articolo 27, comma 6.
3. L’esercizio dell’attività di cui al comma 1è soggetto ad autorizzazione rilasciata a persone fisiche, a società di persone, a società di capitali regolarmente costituite o cooperative. Condizione per il rilascio dell’autorizzazione è il possesso dei requisiti di cui all’articolo 20.
4. Salvo proroga per comprovata necessità, il titolare delle autorizzazioni per l’esercizio del commercio su aree pubbliche, entro sei mesi dal rilascio, deve iniziare l’attività di vendita. Non è consentito iniziare l’attività senza aver assolto agli obblighi amministrativi, previdenziali, fiscali e assistenziali previsti dalle disposizioni vigenti. Nei casi di mancato adempimento ovvero del venire meno, ad attività iniziata o a seguito di subingresso, anche di uno solo degli obblighi sopra elencati, si applicano le sanzioni di cui all’articolo 27, comma 4.
5. L'autorizzazione su posteggi dati in concessione abilita i titolari della stessa anche all'esercizio dell'attività in forma itinerante nell'ambito del territorio della regione in cui è stata rilasciata e alla partecipazione alle fiere che si svolgono sul territorio nazionale.
6. L'autorizzazione in forma itinerante abilita i titolari della stessa anche alla partecipazione alle fiere che si svolgono sul territorio nazionale ed alla vendita al domicilio del consumatore nonché nei locali ove questi si trovi per motivi di lavoro, di studio, di cura, di intrattenimento o svago. Al medesimo operatore commerciale, persona fisica o giuridica, non può essere rilasciata più di una autorizzazione.
7. Le autorizzazioni di cui ai commi 5 e 6 sono rilasciate con riferimento ai settori merceologici alimentare e non alimentare ed ai requisiti di cui all'articolo 20.
8. L'esercizio del commercio su aree pubbliche dei prodotti alimentari è soggetto alle norme comunitarie, nazionali e regionali che tutelano le esigenze igienico-sanitarie.
9. I comuni, avvalendosi anche della collaborazione delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello regionale e delle CCIAA, annualmente verificano, se per il titolare della autorizzazione sussistano gli elementi di cui al comma 4. L’operatore che risulta sprovvisto dell’attestazione annuale, pur avendo adempiuto agli obblighi di cui al comma 4, è punito con la sanzione di cui all’articolo 27, comma 7.
10. Le autorizzazioni di cui ai commi 5 e 6 devono essere esibite in originale ad ogni richiesta di controllo degli organi di vigilanza. Al fine di agevolare le operazioni di controllo dell'attività, i comuni devono rilasciare una carta di esercizio nominativa contenente gli elementi di identificazione personale degli operatori e i titoli autorizzatori utilizzati per lo svolgimento dell'attività nell'ambito del mercato, della fiera o in forma itinerante.
11. Senza permesso del proprietario o del gestore è vietato il commercio su aree pubbliche negli aeroporti, nelle stazioni e nelle autostrade.
11-bis. La concessione di
suolo pubblico o privato nella disponibilità comunale per
l'istituzione di fiere al di fuori del calendario annuale di
cui all'articolo 16, comma 2, lettera e-bis), è rilasciata
dal comune, previa obbligatoria consultazione delle parti
sociali ai sensi dei commi 1 e 2 dell'articolo 19 e solo per
manifestazioni nelle quali lo spazio destinato alla vendita
di merci al dettaglio sia pari o inferiore alla metà dello
spazio complessivo utilizzato per l'evento.
(comma
aggiunto dall'art.
1, comma 1, legge reg. n. 25 del 2015)
Art. 22. (Condizioni e limiti all'esercizio dell'attività)
1. L'attività del commercio sulle aree pubbliche è subordinata al rispetto delle condizioni e delle modalità stabilite dal comune in conformità ai criteri ed agli indirizzi previsti dalla presente sezione e dalle disposizioni attuative di cui all'articolo 17.
2. Il commercio su aree pubbliche esercitato in forma itinerante può essere oggetto di limitazioni e divieti per comprovati motivi di viabilità, di carattere igienico sanitario o per altri motivi di pubblico interesse.
3. Non possono essere previsti limitazioni e divieti per l'esercizio dell'attività di commercio su aree pubbliche stabiliti all'unico fine di creare zone di rispetto a tutela della posizione di operatori in sede fissa.
4. Il comune individua le zone aventi valore archeologico, storico, artistico e ambientale dove l'esercizio del commercio su aree pubbliche è vietato o limitato o sottoposto a condizioni particolari ai fini della salvaguardia delle zone predette tenendo in debito conto gli operatori che svolgono l'attività al momento dell'entrata in vigore del presente testo unico, i quali hanno diritto ad ottenere un posteggio equivalente sul territorio comunale.
5. Nei centri storici di particolare pregio e comunque nei centri storici dei comuni con popolazione superiore a cinquantamila abitanti, nonché negli ambiti territoriali a forte attrattività di cui all'articolo 103, comma 13, è vietato l'esercizio del commercio itinerante svolto senza l'ausilio di mezzi o attrezzature finalizzati alla vendita. Chiunque violi il divieto di cui al presente comma è punito con la sanzione di cui all'articolo 27, comma 6-bis.
6. L'esercizio del commercio disciplinato dalla presente sezione nelle aree del demanio lacuale regionale è soggetto al nulla osta da parte delle competenti autorità regionali che stabiliscono modalità, condizioni, limiti e divieti per l'accesso alle aree predette tenendo in debito conto gli operatori che svolgono l'attività alla data dell'8 aprile 2000.
7. Durante lo svolgimento di un mercato o di una fiera il comune interdice il commercio su aree pubbliche in forma itinerante nelle aree circostanti fino ad una distanza di 500 metri.
8. Il titolare dell'autorizzazione di cui all'articolo 21, comma 5, non può esercitare l'attività in forma itinerante nel giorno e nelle ore in cui è concessionario di posteggio.
9. In occasione delle fiere il comune può concedere agli esercizi di vicinato in sede fissa di vendere i propri prodotti sull'area pubblica antistante l'esercizio commerciale.
Art. 23. (Autorizzazioni su posteggi dati in concessione)
1. L'autorizzazione su posteggi dati in concessione decennale nei mercati è rilasciata dal comune sede del posteggio ed è automaticamente rinnovata previa verifica della sussistenza dei requisiti stabiliti dalla presente sezione per lo svolgimento dell'attività.
2. Ai fini del rilascio dell'autorizzazione di cui al comma 1, il comune provvede alla pubblicazione dei dati concernenti i posteggi da assegnare in concessione.
3. Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione gli interessati presentano al comune la domanda per il rilascio dell'autorizzazione comunale con le indicazioni del posteggio di cui si richiede la concessione.
4. Nella domanda l'interessato dichiara:
a) i dati anagrafici e il codice fiscale;
b) il possesso dei requisiti di cui all'articolo 20;
c) di non possedere più di una autorizzazione e relativa concessione di posteggi nello stesso mercato;
d) la denominazione del mercato, il giorno di svolgimento, l'indicazione delle caratteristiche del posteggio chiesto in concessione;
e) il settore o i settori merceologici.
5. Nella formulazione della graduatoria il comune si attiene, nell'ordine, ai seguenti criteri di priorità:
a) maggior numero di presenze maturate nell'ambito del singolo mercato;
b) attestato di frequenza ai corsi di formazione di cui all'articolo 20, comma 9;
c) anzianità di iscrizione nel registro delle imprese;
d) anzianità dell'attività di commercio su aree pubbliche attestata dal registro delle imprese.
6. A parità dei titoli di priorità, la domanda è valutata in base all'ordine cronologico di spedizione o di consegna della domanda.
7. Entro trenta giorni dal termine per la presentazione delle domande il comune pubblica la graduatoria stilata sulla base dei criteri di cui al comma 5. Contro le graduatorie è ammessa istanza di revisione da presentarsi al comune entro quindici giorni dalla loro pubblicazione. Sull'istanza il comune si pronuncia entro i successivi quindici giorni e l'esito della stessa è pubblicato nel medesimo giorno.
8. L'autorizzazione e la relativa concessione del posteggio sono rilasciate in applicazione della graduatoria di cui al comma 7 decorsi trenta giorni dalla pubblicazione della medesima.
9. I posteggi ubicati in parti del territorio comunale diverse dalle aree mercatali, sono assegnati dal comune con criteri e modalità dal medesimo stabiliti nel rispetto della normativa statale e regionale vigente.
10. Il posteggio nelle fiere può essere dato in concessione decennale con utilizzo limitato ai giorni di svolgimento della fiera.
11. Nelle fiere di durata fino a due giornate è obbligatoria la presenza per l'intera manifestazione. Nelle fiere di durata superiore a due giorni è ritenuto assente l'operatore che utilizzi il posteggio per un periodo di tempo inferiore ai due terzi della durata di ogni singola edizione.
Art. 24. (Autorizzazioni per il commercio in forma itinerante)
1. L’autorizzazione per il commercio in forma itinerante è rilasciata dal comune nel quale il richiedente, persona fisica o giuridica, intende avviare l’attività.
2. Nel caso di cambiamento di domicilio, inteso come luogo in
cui è stabilita la sede principale degli affari, da parte del titolare di
autorizzazione, l’interessato ne dà comunicazione al comune dove intende
esercitare l’attività che provvede al rilascio della nuova autorizzazione,
previo ritiro del titolo originario, dandone contestuale comunicazione al comune
di provenienza per gli adempimenti conseguenti. Nella nuova autorizzazione sono
annotati gli estremi della precedente, ai fini della conservazione delle
priorità.
(comma così modificato dall'art. 15,
comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
2-bis. La Regione predispone un apposito sistema informativo
regionale relativo al commercio ambulante. In attesa del sistema informativo, i
comuni ai quali viene presentata una nuova domanda di autorizzazione itinerante,
comunicano preventivamente alla Direzione Generale competente in materia di
commercio i dati del richiedente al fine di verificare se lo stesso sia, o meno,
in possesso di un'altra autorizzazione itinerante rilasciata da un altro comune
lombardo.
(comma introdotto dall'art. 15, comma
1, legge reg. n. 3 del 2012)
3. Nella domanda l'interessato dichiara:
a) i dati anagrafici e il codice fiscale;
b) il possesso dei requisiti di cui all'articolo 20;
c) il settore o i settori merceologici;
d) di non possedere altra autorizzazione in forma itinerante.
4. I comuni stabiliscono i termini e le norme procedurali per la presentazione e l'istruttoria delle domande di rilascio della autorizzazione.
5. La domanda di rilascio dell'autorizzazione si intende accolta qualora il comune non comunichi all'interessato il provvedimento di diniego entro novanta giorni dal suo ricevimento.
Art. 25. (Subingresso e reintestazione dell'autorizzazione)
1. Il trasferimento in gestione o in proprietà dell'azienda o di un ramo d'azienda per l'esercizio del commercio su aree pubbliche, per atto tra vivi o a causa di morte, comporta di diritto il trasferimento dell'autorizzazione amministrativa a chi subentra nello svolgimento dell'attività sempre che sia provato l'effettivo trasferimento dell'azienda ed il subentrante sia in possesso dei requisiti di cui all'articolo 20.
2. La reintestazione dell'autorizzazione su posteggi dati in concessione è effettuata dal comune sede di posteggio previa comunicazione del reintestatario e contestuale autocertificazione del possesso dei requisiti previsti per l'esercizio dell'attività commerciale. La concessione del posteggio segue la cessione dell'azienda, o di un ramo di essa, con obbligo a volturarla.
3. La reintestazione dell'autorizzazione per l'esercizio del
commercio su aree pubbliche in forma itinerante è effettuata dal comune nel
quale il subentrante intende avviare l’attività. Nella comunicazione di
subingresso è contenuta l’autocertificazione del possesso dei requisiti
soggettivi, nonché deve essere allegata l’autorizzazione originaria e copia
dell’atto di cessione o di trasferimento in gestione.
(comma così modificato dall'art. 16,
comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
3-bis. Qualora il comune indicato dal subentrante nella
comunicazione di cui al comma 3 sia diverso da quello del cedente, il titolo
originario è trasmesso dal primo comune al secondo per gli adempimenti
conseguenti, nonché alla struttura regionale competente in materia di
commercio.
(comma introdotto dall'art. 16 comma 1, legge reg. n. 3 del
2012)
4. Il trasferimento in gestione o in proprietà dell'azienda comporta anche il trasferimento dei titoli di priorità del dante causa relativi all'autorizzazione ceduta.
5. Il subentrante in possesso dei requisiti di cui all'articolo 20 deve comunicare l'avvenuto subingresso entro quattro mesi, pena la decadenza dal diritto di esercitare l'attività del dante causa, salvo proroga di ulteriori trenta giorni in caso di comprovata necessità.
6. Il subentrante per causa di morte può continuare provvisoriamente l'attività con l'obbligo di comunicare l'avvenuto subingresso entro un anno dalla morte del titolare dell'autorizzazione.
Art. 26. (Attività con il sistema del battitore)
1. Gli operatori che esercitano l'attività con il sistema del battitore occupano i posteggi a loro riservati, a titolo di assegnazione, secondo un programma di turnazioni concordato con i comuni interessati.
2. Fatto salvo quanto previsto al comma 5, i comuni sede dei posteggi riservati ai battitori non possono modificare la destinazione degli stessi.
3. Nei mercati in cui non è previsto un posteggio riservato ai battitori, i comuni possono destinarne uno a tale attività.
4. Nei mercati di nuova istituzione i comuni, con esclusione dei capoluoghi di provincia e di quelli aventi una popolazione residente superiore a quindicimila abitanti, possono destinare almeno un posteggio per l'esercizio dell'attività con il sistema del battitore in aggiunta a quelli che compongono il mercato.
5. I posteggi possono essere riassegnati dai comuni, con le modalità previste dalle presenti disposizioni regionali, solo qualora i battitori rinuncino o non utilizzino gli stessi per periodi complessivamente superiori a dodici mesi continuativi.
Art. 27. (Sospensione e revoca dell'autorizzazione. Sanzioni)
1. In caso di violazioni di particolare gravità o di recidiva il sindaco può disporre la sospensione dell'attività di vendita per un periodo non superiore a venti giorni di calendario.
2. Si considerano di particolare gravità:
a) le violazioni relative al mancato rispetto delle disposizioni inerenti alla pulizia del posteggio e delle aree mercatali;
b) l'abusiva estensione di oltre un terzo della superficie autorizzata;
c) il danneggiamento della sede stradale, degli elementi di arredo urbano e del patrimonio arboreo.
3. La recidiva si verifica qualora sia stata commessa la stessa violazione per almeno due volte in un anno, anche se si è proceduto al pagamento della sanzione mediante oblazione.
4. Il comune revoca l'autorizzazione:
a) nel caso in cui il titolare non inizi l'attività entro sei mesi dalla data dell'avvenuto rilascio secondo quanto previsto dall'articolo 21, comma 4;
b) per mancato utilizzo del posteggio in ciascun anno solare per periodi di tempo complessivamente superiori a quattro mesi, salvo il caso di assenza per malattia, gravidanza o infortunio;
c) qualora l'operatore titolare di autorizzazione itinerante sospenda l'attività per più di un anno, salvo proroga in caso di comprovata necessità non superiore a tre mesi;
d) qualora il titolare non risulti più provvisto dei requisiti di cui all'articolo 20, ovvero siano venuti meno gli elementi di cui all'articolo 21, comma 4, ovvero non sia stato assolto l'obbligo di esibire le autorizzazioni in originale ai sensi dell'articolo 21, comma 10;
e) in caso di morte del titolare dell'autorizzazione, qualora entro un anno non venga presentata la comunicazione di reintestazione;
f) per mancato utilizzo del posteggio nella fiera per due edizioni consecutive.
5. Chiunque eserciti il commercio sulle aree pubbliche senza la prescritta autorizzazione o fuori dal territorio previsto dall'autorizzazione stessa, nonché senza l'autorizzazione o il permesso di cui all'articolo 21, comma 11, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 1.500 euro a 10.000 euro e con la confisca delle attrezzature e della merce.
6. Chiunque commette l’infrazione di cui al comma 2, lettera
b), o viola le limitazioni o i divieti stabiliti per l’esercizio del commercio
su aree pubbliche in forma itinerante di cui ai commi 7 e 8 dell'articolo 22, o esercita per oltre trenta minuti
rispetto al termine previsto dall’autorizzazione è punito con la sanzione
amministrativa del pagamento di una somma da 500 euro a 3.000 euro e con la
confisca delle attrezzature e della merce.
(comma introdotto dall'art. 17 comma 1, legge reg. n.
20 del
2015)
6-bis. Chiunque viola le
limitazioni o i divieti stabiliti per l'esercizio del
commercio su aree pubbliche in forma itinerante di cui
all'articolo 22, commi 4 e 5, è punito con la sanzione
amministrativa del pagamento di una somma da 500,00 euro a
3.000,00 euro e con la confisca delle attrezzature e della
merce.
(comma introdotto dall'art. 17 comma 1, legge reg. n.
20 del
2015)
7. L’operatore che risulta sprovvisto della carta di esercizio prevista dall’articolo 21, comma 10, e relativa attestazione annuale, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 500 euro a 3.000 euro e con la confisca delle attrezzature e della merce.
7-bis. Nella ipotesi di cui al comma 7, si applica il disposto dell’articolo 33, comma 5. Resta salva l’applicazione della sanzione pecuniaria.
8. Le sanzioni di cui al comma 7 si applicano a decorrere dall'anno successivo alla data di pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione (BURL) dei provvedimenti di cui all'articolo 17, comma 2.
Art. 28. (Disposizioni per i comuni)
1. I comuni possono affidare alle associazioni di categoria e a loro consorzi, nonché a società ed enti a loro collegati o da loro controllati, mediante apposita convenzione, la gestione dei servizi connessi alle aree mercatali e alle fiere, assicurando il controllo sui livelli del servizio erogato. Tali soggetti sono individuati considerando in via prioritaria la rappresentatività sindacale degli operatori, la disponibilità di sedi, di personale, di strutture tecniche e di risorse economiche e finanziarie in grado di soddisfare adeguatamente le obbligazioni derivanti dalla stipula delle convenzioni.
Art. 29. (Aggiornamento delle graduatorie)
1. Entro centottanta giorni dalla pubblicazione dei provvedimenti di cui all'articolo 17, comma 2, e comunque entro la data di svolgimento della prima fiera utile, i comuni interessati procedono d'ufficio, per ciascuna fiera che si svolge nel proprio territorio, all'assegnazione dei posteggi sulla base della graduatoria delle ultime tre edizioni della fiera osservando nell'ordine i seguenti criteri di priorità:
a) maggior numero di presenze effettive nella fiera;
b) maggior numero di presenze nella fiera;
c) anzianità dell'attività di commercio su aree pubbliche attestate dal registro delle imprese.
2. I comuni aggiornano la situazione delle presenze temporanee nei mercati mediante la cancellazione dei nominativi che, nell'arco dell'ultimo triennio, non hanno fatto registrare almeno la metà delle presenze rispetto al totale delle giornate di effettuazione dei mercati nell'arco del triennio stesso.
SEZIONE III-BIS - Altre tipologie di attività
Art.
29-bis. (Disciplina delle
cessioni a fini
solidaristici)
(articolo introdotto dall'art. 1 comma 1, legge reg. n.
24 del
2015)
1. La presente sezione disciplina le attività occasionali di cessione a fini solidaristici da parte di enti non commerciali di fiori, piante, frutti o altri generi, alimentari e non, effettuate sul suolo pubblico o suolo privato aperto al pubblico, aventi come scopo principale la beneficenza e il sostegno a iniziative caritatevoli, solidaristiche e di ricerca.
2. Le amministrazioni comunali, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge regionale recante (Integrazioni alla legge regionale 2 febbraio 2010, n. 6 'Testo unico delle leggi regionali in materia di commercio e fiere'. Disciplina delle cessioni a fini solidaristici da parte di enti non commerciali), deliberano il 'Piano comunale delle cessioni a fini solidaristici' con cui vengono disciplinate, sul territorio di competenza, le attività di cui al comma 1. Il Piano comunale promuove la corretta coesistenza fra il commercio in sede fissa o itinerante e le attività di cui al comma 1 ed è predisposto in base alle indicazioni fornite dalle 'Linee guida regionali per la disciplina delle cessioni a fini solidaristici' di cui al comma 3.
3. La Regione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge regionale recante (Integrazioni alla legge regionale 2 febbraio 2010, n. 6 'Testo unico delle leggi regionali in materia di commercio e fiere'. Disciplina delle cessioni a fini solidaristici da parte di enti non commerciali), sentite le associazioni di categoria interessate e l'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI), predispone le 'Linee guida regionali per la disciplina delle cessioni a fini solidaristici' al fine di:
a) garantire il carattere occasionale e provvisorio delle attività di cessione di cui al comma 1;
b) predisporre i criteri per l'individuazione delle aree comunali da destinarsi all'esercizio delle attività di cessione di cui al comma 1, in considerazione anche della presenza di attività commerciali in sede fissa;
c) promuovere l'avvicendamento, nelle aree di cui alla lettera b), dei diversi settori merceologici oggetto di attività di cessione di cui al comma 1;
d) favorire lo svolgimento delle attività di cessione di cui al comma 1 prevalentemente nell'ambito di eventi culturali o aggregativi;
e) predisporre i criteri per l'individuazione di idonee distanze minime fra gli operatori commerciali in sede fissa e le attività di cessione di cui al comma 1 che propongono generi della stessa categoria merceologica;
f) armonizzare modulistica e aspetti autorizzativi.
Art. 29-ter. (Sanzioni)
(articolo introdotto dall'art. 1 comma 1, legge reg. n.
24 del
2015)
1. Le attività di cui all'articolo 29-bis, comma 1, esercitate in violazione delle previsioni del piano comunale di cui all'articolo 29 bis, comma 2, comportano l'applicazione da parte dei comuni di una sanzione amministrativa da un minimo di 100 a un massimo di 500 euro, secondo quanto previsto dal piano medesimo e in base ai criteri di cui all'articolo 11 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale).
Sezione IV - Occupazione abusiva del suolo pubblico per le attività commerciali non autorizzate
Art. 30. (Finalità)
1. La Regione persegue la salvaguardia del regolare esercizio del commercio su aree pubbliche nel territorio regionale e stabilisce le norme generali alle quali i comuni si attengono nell'esercizio delle funzioni amministrative concernenti il commercio abusivo su aree pubbliche o su aree private soggette a servitù di pubblico passaggio.
Art. 31. (Occupazioni abusive)
1. Le occupazioni con l'esposizione delle merci in spazi ed aree pubbliche e private soggette a servitù di pubblico passaggio effettuate senza la prescritta autorizzazione sono abusive.
2. Per la cessazione delle occupazioni abusive l'autorità comunale procede ai sensi dell'articolo 33.
Art. 32. (Comitato regionale consultivo sulle problematiche dell'abusivismo)
1. Presso la Giunta regionale è costituito il Comitato regionale consultivo sulle problematiche dell'abusivismo composto dalle organizzazioni maggiormente rappresentative delle imprese del commercio, da Unioncamere regionale, dai rappresentanti delle direzioni generali interessate per materia. Le modalità di funzionamento del Comitato sono stabilite con deliberazione della Giunta regionale.
2. Il Comitato ha i seguenti compiti:
a) monitoraggio dei dati delle autorità competenti sull'abusivismo nei centri urbani;
b) informazione, studi ed approfondimento delle dinamiche del commercio abusivo riferite alle statistiche di comuni e autorità competenti;
c) individuazione di strumenti di lotta al fenomeno dell'abusivismo.
3. Ai componenti del Comitato non spetta alcun compenso o rimborso spese.
Art. 33. (Confisca)
1. (abrogato)
2. In caso di confisca delle merci l'agente o l'ufficiale accertatore procede al sequestro cautelare delle stesse e trasmette immediatamente il verbale di accertamento e di sequestro all'autorità competente, dandone copia al trasgressore.
3. L'autorità competente emana il provvedimento di confisca entro ventiquattro ore dal ricevimento del verbale.
4. Le merci confiscate, qualora contraffatte o consistenti in generi merceologici fungibili, devono essere distrutte entro quarantotto ore dalla confisca, a spese del trasgressore, salvo la conservazione di un campione della merce stessa per fini giudiziari.
5. Non si procede a confisca delle cose sequestrate o a distruzione delle cose confiscate se l'interessato, in via d'urgenza, previa audizione personale richiesta senza formalità, anche verbalmente, dimostri al competente ufficio che la vendita e l'occupazione erano oggetto, rispettivamente, di autorizzazione e di concessione. In tale caso le attrezzature e le merci sono restituite.
6. Le merci confiscate non contraffatte consistenti in beni non fungibili di cui il trasgressore non sia in grado di dimostrare la provenienza vengono custodite presso la depositeria comunale o altro magazzino allo scopo autorizzato e dell'atto di deposito è dato immediato avviso nell'albo pretorio del comune; qualora entro trenta giorni dalla pubblicazione dell'avviso nell'albo pretorio i beni non vengano reclamati dagli eventuali legittimi proprietari, il comune può procedere alla loro distruzione o, nel caso di consistente valore economico, alla vendita degli stessi tramite asta pubblica.
7. I generi alimentari confiscati se mantenuti in confezione integra, non in scadenza, prodotti e conservati nel rispetto della normativa riguardante l'igiene degli alimenti, con particolare riguardo al decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155 (Attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CE concernenti l'igiene dei prodotti alimentari), devono essere donati in beneficenza.
8. L'autorità competente ad applicare le sanzioni è il sindaco del comune nel quale hanno avuto luogo le violazioni od altro soggetto individuato in base all'ordinamento dell'ente locale.
Capo II - Commercio all'ingrosso
Art. 34. (Commercio nei mercati all'ingrosso)
1. Il commercio all'ingrosso dei prodotti agricolo-alimentari e vitivinicoli, dei prodotti degli allevamenti avicunicoli e bestiame compresi, delle carni e dei prodotti della caccia e della pesca - sia freschi sia comunque trasformati o conservati - dei prodotti floricoli, delle piante ornamentali e delle sementi, che si svolge nei mercati all'ingrosso, è disciplinato dal presente capo, con la osservanza delle disposizioni vigenti in materia sanitaria e commerciale.
Art. 35. (Piano regionale di sviluppo dei mercati all'ingrosso)
1. Al fine di favorire il corretto raccordo tra produzione e distribuzione, la razionale localizzazione e l'adeguata dimensione e organizzazione dei mercati, in rapporto alle esigenze delle comunità locali, la Regione elabora un piano regionale di sviluppo dei mercati all'ingrosso, in conformità con gli indirizzi del piano economico e territoriale regionale.
2. Il piano regionale di sviluppo dei mercati all'ingrosso è predisposto dalla Giunta regionale, che si avvale della collaborazione della commissione regionale per i mercati di cui all'articolo 39, ed è approvato dal Consiglio regionale.
3. Il piano regionale di sviluppo dei mercati all'ingrosso ha una durata di cinque anni; esso deve in particolare:
a) definire le ipotesi di insediamento dei mercati e le relative aree di influenza;
b) proporre una adeguata articolazione degli standard degli impianti;
c) presentare ipotesi di specializzazione merceologica dei mercati stessi.
4. Per favorire la istituzione di nuovi mercati o l'ampliamento ed ammodernamento di quelli esistenti, in conformità con gli indirizzi del piano, la Regione può concedere contributi a comuni, comunità montane, consorzi di comuni associati tra loro o con le province, nonché a società e a enti con una partecipazione di capitale di enti locali territoriali pari ad almeno due terzi del capitale sociale.
Art. 36. (Autorizzazione)
1. Sono sottoposti ad autorizzazione:
a) l'istituzione di nuovi mercati all'ingrosso;
b) l'ampliamento dei mercati esistenti e tutti gli ammodernamenti che comportino l'utilizzazione di nuove superfici.
2. La Giunta regionale rilascia l'autorizzazione, sulla base degli indirizzi definiti dal piano di cui all'articolo 35, sentiti la commissione regionale per i mercati e gli enti locali territoriali compresi nell'area di influenza del mercato.
3. Gli ampliamenti e gli ammodernamenti di cui al comma 1, lettera b), possono essere autorizzati anche prima dell'approvazione del piano.
4. Nelle more dell'approvazione del piano l'istituzione di nuovi mercati è autorizzata dal Consiglio regionale.
Art. 37. (Istituzione e gestione dei mercati all'ingrosso)
1. L'iniziativa per l'istituzione dei mercati all'ingrosso dei prodotti di cui all'articolo 34 può essere assunta:
a) dai comuni e dalle comunità montane;
b) da consorzi costituiti fra enti locali territoriali;
c) da consorzi, società e altre forme associative costituite fra enti locali territoriali e altri enti od operatori pubblici e privati, con l'intervento maggioritario di almeno due terzi del capitale degli enti locali territoriali e delle comunità montane.
2. L'ente istitutore del mercato delibera sul numero dei punti di vendita tenendo conto della capacità degli impianti, delle attrezzature e delle dimensioni necessarie a garantire lo sviluppo di una congrua attività commerciale, nonché di strutture, oltre che per la compravendita, per il ritiro, la consegna, la conservazione, la lavorazione e il preimpacco dei prodotti.
3. Ogni mercato deve essere dotato di adeguati servizi igienico-sanitari, nonché di idonee strutture per gli operatori di mercato.
4. I mercati sono gestiti:
a) dai comuni, dalle comunità montane o dai consorzi costituiti fra enti locali territoriali, in economia o mediante aziende speciali;
b) da consorzi, società o altre forme associative costituite fra enti locali territoriali e altri enti o operatori pubblici e privati, con l'intervento maggioritario di almeno due terzi del capitale in partecipazione degli enti locali territoriali.
5. Nel caso che gli enti istitutori siano quelli previsti dal comma 1, lettere a) e b), gli stessi possono assegnare in concessione la gestione del mercato agli enti di cui al quarto comma, lettera b).
6. L'atto di concessione determina casi e modalità per la revoca e la decadenza delle concessioni stesse.
7. La gestione dei mercati non può perseguire fini di lucro, i canoni e le tariffe di cui all'articolo 50 sono fissati in modo che i proventi della gestione non siano superiori alle spese necessarie al funzionamento del mercato e ai suoi servizi ed all'ammortamento, al miglioramento ed adeguamento dei relativi impianti.
Art. 38. (Progettazione dei mercati all'ingrosso)
1. I progetti tecnici relativi all'impianto o all'ampliamento dei mercati all'ingrosso sono approvati dal comune.
2. L'approvazione dei progetti equivale a dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza e di indifferibilità delle opere ai fini della espropriazione ai sensi del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) e sostituisce qualunque altra approvazione, autorizzazione o licenza prevista da altre disposizioni legislative o regolamentari
Art. 39. (Commissione regionale per i mercati)
1. È costituita presso la Regione una commissione consultiva per i mercati, presieduta dall'assessore competente e composta:
a) da due rappresentanti di Unioncamere Lombardia;
b) da tre rappresentanti dell'Associazione Nazionale Comuni Italiano (ANCI);
c) da un rappresentante dell'Unione delle Province Lombarde (UPL);
d) da tre rappresentanti dei produttori agricoli designati dalle associazioni regionali di categoria, di cui due per le associazioni più rappresentative dei coltivatori diretti;
e) da cinque rappresentanti dei commercianti designati dalle associazioni regionali di categoria, di cui tre per le associazioni più rappresentative;
f) da tre rappresentanti del movimento cooperativo designati dalle associazioni regionali di categoria più rappresentative;
g) da un rappresentante dell'industria di trasformazione designato dall'associazione regionale di categoria;
h) da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali del lavoro designati dalle organizzazioni sindacali regionali più rappresentative;
i) da un rappresentante dei facchini liberi esercenti associati;
l) da un rappresentante di istituti di credito a carattere regionale o nazionale designato dall'istituto bancario tesoriere della Regione.
2. Il presidente della commissione può chiamare a partecipare alle sedute gli assessori competenti per materia a seconda degli argomenti all'ordine del giorno.
3. La commissione, nominata dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale, dura in carica cinque anni e i suoi componenti possono essere riconfermati.
Art. 40. (Compiti della commissione regionale per i mercati)
1. La commissione regionale per i mercati:
a) collabora con la Giunta nella predisposizione del piano regionale di sviluppo dei mercati all'ingrosso di cui all'articolo 35;
b) esprime pareri su questioni, riguardanti il commercio nei mercati all'ingrosso, che l'amministrazione regionale o gli enti pubblici interessati per il tramite della Regione ritengono di sottoporre al suo esame;
c) può proporre alla Giunta regionale specifiche iniziative volte a realizzare il coordinamento operativo dei mercati e coadiuvare la Giunta nelle funzioni di vigilanza sul buon andamento dei mercati stessi;
d) esercita ogni altro compito previsto dal presente capo.
Art. 41. (Funzionamento della commissione regionale per i mercati)
1. La commissione regionale per i mercati, per lo svolgimento dei suoi compiti istituzionali, può suddividersi in sezioni specialistiche per i settori di cui all'articolo 34.
2. La composizione delle sezioni assicura l'adeguata rappresentanza delle categorie particolarmente interessate ai singoli problemi settoriali.
3. Il funzionamento della commissione e delle sezioni è disciplinato con regolamento interno, approvato dalla Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente.
4. Il presidente della commissione regionale coordina l'attività delle diverse sezioni.
5. Ai lavori della commissione o delle sue sezioni possono essere chiamati a partecipare, senza diritto di voto, esperti designati dal presidente della commissione.
6. Le funzioni di segretario della commissione e delle sezioni sono assicurate dalla competente direzione generale.
Art. 42. (Regolamenti di mercato)
1. La Giunta regionale, sentita la commissione regionale per i mercati, definisce le direttive riguardanti:
a) i criteri e le modalità per la concessione dei punti di vendita e le relative adiacenze e pertinenze;
b) la disciplina degli operatori e del personale da essi dipendenti;
c) la determinazione della cauzione imposta ai commissari ed ai mandatari;
d) il calendario e gli orari per le operazioni mercatali;
e) la nomina del direttore di mercato e le sue attribuzioni;
f) il funzionamento della commissione di mercato e le relative norme di convocazione;
g) l'organizzazione e la disciplina dei servizi di mercato;
h) le sanzioni amministrative.
2. Nei mercati all'ingrosso non può essere imposto o esatto alcun pagamento che non costituisca il corrispettivo di prestazioni effettivamente rese.
3. Il regolamento di mercato è deliberato, nell'osservanza delle direttive di cui al comma 1, dall'ente gestore prima dell'entrata in funzione del mercato.
4. Il regolamento è approvato dal comune nel quale ha sede il mercato nel caso di mercati gestiti dai soggetti di cui all'articolo 37, comma 4, lettera b).
Art. 43. (Commissione di mercato)
1. Presso ciascun mercato è costituita una commissione, nominata dall'ente istitutore del mercato; essa è presieduta dal sindaco del comune ove ha sede il mercato, o da un suo delegato; o da uno dei sindaci, qualora si tratti di consorzio, ed è composta:
a) da tre consiglieri comunali del comune ove ha sede il mercato dei quali uno per la minoranza, in caso di comune singolo; oppure da cinque consiglieri comunali dei quali almeno due per la minoranza; qualora l'ente gestore del mercato sia un consorzio i cinque consiglieri comunali, dei quali almeno due per la minoranza, rappresentano la maggioranza e la minoranza di tutti i comuni consorziati;
b) da un rappresentante della quota minoritaria degli enti istitutori del mercato stesso;
c) da un rappresentante della CCIAA designato dalla competente camera di commercio provinciale;
d) da un rappresentante delle quote minoritarie dell'ente gestore, nel caso previsto dall' articolo 37, comma 4;
e) da tre rappresentanti dei produttori agricoli designati dalle associazioni provinciali di categoria;
f) da cinque rappresentanti del commercio all'ingrosso, al dettaglio e ambulante di cui due dei gruppi associati, designati dalle associazioni provinciali di categoria;
g) da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali designati dalle organizzazioni sindacali provinciali più rappresentative;
h) da due rappresentanti delle categorie dei facchini liberi esercenti associati;
i) da un rappresentante dell'industria di lavorazione dei prodotti, designato dall'associazione provinciale di categoria;
j) da tre rappresentanti del movimento cooperativo designati dalle organizzazioni provinciali di categoria.
2. Alla seduta della commissione partecipa, senza diritto di voto, il direttore di mercato.
3. Possono essere chiamati a partecipare ai lavori della commissione, senza diritto di voto, esperti del settore e rappresentanti di altre categorie interessate.
4. La commissione dura in carica cinque anni, i suoi membri possono essere riconfermati.
5. La commissione di mercato deve inviare entro dieci giorni da ogni sua seduta copia dei verbali delle riunioni all'ente gestore.
6. Le spese per il funzionamento della commissione di mercato sono a carico dell'ente gestore.
Art. 44. (Compiti della commissione di mercato)
1. La commissione di mercato ha il compito di:
a) deliberare o ratificare i provvedimenti di cui all'articolo 60, comma 1, lettere d) ed e);
b) svolgere attività consultiva nei riguardi della commissione regionale per i mercati e compiere tutti gli accertamenti ed i controlli necessari, segnalando alla commissione medesima le irregolarità eventualmente riscontrate;
c) proporre all'ente gestore le modifiche ed i miglioramenti da apportare alle attrezzature ed ai servizi di mercato ai fini di assicurare la massima produttività e la migliore efficienza funzionale anche sotto l'aspetto igienico-sanitario;
d) esprimere parere:1) sul numero dei punti di vendita e sui criteri di massima per le assegnazioni dei punti di vendita;
2) sugli orari delle operazioni di mercato;
3) sui canoni di concessione dei punti di vendita e sulle tariffe dei servizi nei termini previsti dall'articolo 50;
4) sul regolamento di mercato, suggerendo eventuali modifiche;
5) sull'organico del personale necessario al funzionamento dei servizi del mercato;
6) su ogni altra questione riguardante il commercio nel mercato all'ingrosso;
7) sugli indirizzi in ordine alla politica degli acquisti e dei prezzi nell'ambito dei compiti dei mercati all'ingrosso.
Art. 45. (Direttore di mercato)
1. Ad ogni mercato è preposto un direttore, nominato dall'ente gestore, che deve provvedere al regolare funzionamento del mercato e dei servizi ad esso collegati.
2. In particolare, i compiti del direttore di mercato sono fissati dal regolamento di mercato.
Art. 46. (Servizio igienico-sanitario e annonario)
1. Nei mercati all'ingrosso dei prodotti alimentari è istituito un servizio di vigilanza igienico-sanitaria e di controllo qualitativo, per l'accertamento della commestibilità e qualità dei prodotti e dell'idoneità delle strutture.
2. Nei mercati delle carni e del bestiame, nonché nei mercati dei prodotti ittici, il servizio di cui al comma 1è svolto di regola dal direttore del pubblico macello o da un veterinario incaricato.
3. Il responsabile del servizio, qualora rilevi la non idoneità all'alimentazione di quantità di prodotti, ne dispone la distruzione totale o parziale o l'avviamento a particolari destinazioni sotto debita vigilanza sanitaria previo rilascio di certificazione in duplice copia da consegnare una al venditore (proprietario o venditore per conto terzi) e l'altra alla direzione del mercato.
4. L'ente gestore del mercato pone a disposizione del servizio igienico-sanitario i locali e le attrezzature necessarie, nonché il personale tecnico ausiliario.
5. Le carni, i prodotti ittici freschi e congelati ed i funghi freschi o secchi non coltivati debbono sempre essere sottoposti ai previsti controlli sanitari secondo la vigente normativa.
Art. 47. (Rilevazioni statistiche e prezzi)
1. Le rilevazioni statistiche da effettuare in conformità alle disposizioni dell'istituto centrale di statistica riguardano sia le quantità sia i prezzi di vendita dei prodotti contrattati in ogni mercato.
2. La rilevazione statistica delle quantità è basata sullo spoglio dei documenti di entrata delle merci nel mercato; tali documenti devono essere completi degli elementi occorrenti ai fini statistici e contenere l'indicazione esatta della specie merceologica, della quantità del prezzo d'acquisto, della provenienza e del destinatario dei prodotti e di ogni altro elemento rilevante ai fini statistici.
3. La rilevazione dei prezzi viene effettuata dalla direzione del mercato a mezzo di personale dipendente dall'ente gestore con il metodo dell'intervista, o con rilevazioni dirette.
4. Il prezzo deve corrispondere ad un "valore-medio" rilevato in rapporto alla qualità, quantità e varietà dei prodotti.
5. L'elaborazione deve quindi basarsi sui prezzi reali praticati e, per ogni prezzo rilevato, l'intervistatore registra anche il nome dell'operatore che ha fornito l'indicazione.
6. La direzione del mercato può utilizzare gli atti e documenti di cui all'articolo 59 anche ai fini statistici.
7. I dati individuati sono soggetti al segreto d'ufficio, mentre i risultati dell'indagine statistica, per i prezzi e per le quantità, sono oggetto della massima divulgazione.
Art. 48. (Servizi bancari e di tesoreria)
1. Nei mercati può essere istituita una cassa per il servizio di tesoreria e per le operazioni bancarie a favore degli operatori di mercato. La gestione della cassa è affidata ad una azienda di credito abilitata per legge mediante convenzione stipulata dall'ente gestore ed approvata dall'ente istitutore sentiti il comune ove ha sede il mercato e la commissione di mercato.
Art. 49. (Facchinaggio)
1. Le operazioni di facchinaggio e di trasporto all'interno del mercato possono essere svolte dall'ente gestore direttamente o affidate mediante procedura ad evidenza pubblica, secondo le norme fissate dal regolamento di mercato di cui all'articolo 42.
2. Gli operatori alle vendite nell'ambito dei propri punti di vendita e gli acquirenti nell'ambito del mercato possono provvedere al carico e scarico delle merci di loro proprietà, personalmente o a mezzo di propri dipendenti regolarmente assunti.
3. La commissione di mercato di cui all'articolo 43 può, per comprovate esigenze, derogare temporaneamente alla disciplina contenuta nel presente articolo.
Art. 50. (Canoni e tariffe)
1. I corrispettivi per l'uso dei punti di vendita e le tariffe dei servizi di mercato, compresi quelli dati in assegnazione, sono fissati dall'ente gestore, sentito il parere della commissione di mercato in conformità con quanto disposto dall'articolo 37, comma 7, previa autorizzazione delle CCIAA competenti per territorio.
Art. 51. (Servizi ausiliari)
1. L'ente gestore che provvede di regola direttamente a tutti i servizi svolti all'interno dell'area di mercato può affidare mediante procedura ad evidenza pubblica:
a) il servizio di traino e trasporto;
b) il servizio di pulizia del mercato;
c) il servizio di bar e ristoro;
d) il servizio frigorifero;
e) il servizio di presa e consegna vagoni ferroviari e contenitori;
f) il servizio di posteggio per veicoli;
g) il servizio di vigilanza notturna;
h) ogni altro servizio ausiliario del mercato.
Art. 52. (Venditori e compratori)
1. Sono ammessi al mercato i seguenti operatori interessati alle negoziazioni:
a) per le vendite:
1) i commercianti all'ingrosso, i commissionari, i mandatari e gli astatori;
2) le organizzazioni dei produttori di cui alla legge 27 luglio 1967, n. 622 (Organizzazione del mercato nel settore dei prodotti ortofrutticoli);
3) i produttori singoli o associati anche se non iscritti negli appositi albi;
4) le aziende di trasformazione, singole o associate, che provvedono alla lavorazione, conservazione e trasformazione dei prodotti;
5) gli enti di sviluppo;
6) le cooperative agricole e i loro consorzi, le società di approvvigionamento e distribuzione a partecipazione pubblica dello Stato, della Regione, delle province e dei comuni e loro consorzi;
7) i gruppi di acquisto collettivo tra dettaglianti fissi e ambulanti;b) per gli acquisti:
1) i commercianti all'ingrosso fatto salvo quanto previsto dall' articolo 53, comma 5;
2) i commercianti al minuto singoli o associati;
3) le aziende di trasformazione, singole o associate, che provvedono alla lavorazione, conservazione e trasformazione dei prodotti;
4) le comunità, le convivenze, le cooperative di consumo e loro consorzi, ed i gestori di alberghi, ristoranti, mense, spacci aziendali nonché i pubblici esercizi;
5) i gruppi di acquisto collettivo tra dettaglianti fissi e ambulanti, le società di approvvigionamento e distribuzione a partecipazione pubblica dello Stato, della Regione, delle province, dei comuni e loro consorzi.
2. I regolamenti di mercato possono inoltre consentire l'ammissione al mercato medesimo di altri ausiliari del commercio purché iscritti negli appositi albi.
3. Le vendite all'ingrosso dei prodotti ittici devono svolgersi mediante aste pubbliche nei mercati di produzione e mediante aste pubbliche o trattative dirette nei mercati di consumo.
4. Gli operatori sono ammessi ad effettuare le vendite e gli acquisti dal direttore di mercato previo accertamento dell'appartenenza alle categorie indicate nel presente articolo.
5. Nell'orario e con le modalità stabilite dall'ente gestore, sono ammessi anche i consumatori, per almeno due ore giornaliere per gli acquisti al dettaglio.
Art. 53. (Disciplina degli operatori e del personale da essi dipendente)
1. I produttori singoli od associati possono vendere soltanto i prodotti di produzione propria o dei soci ed agli stessi deve essere riservato un adeguato numero di punti di vendita.
2. I commercianti grossisti possono effettuare vendite anche per conto terzi ove specificatamente incaricati dal proprietario della merce, purché iscritti nell'albo dei commissionari.
3. I commissionari con posteggio in mercato possono effettuare vendite per conto proprio solo se iscritti nell'albo dei commercianti.
4. I commissionari in ogni caso debbono attenersi a quanto disposto dall'articolo 59.
5. È vietato ai commercianti ed ai commissionari ammessi ad operare nel mercato di vendere derrate in loro possesso e presenti sul mercato ad altri commercianti all'ingrosso o commissionari del mercato per la rivendita all'interno dello stesso.
6. Gli assegnatari di posteggio nel mercato non possono esercitare tale attività fuori del mercato, pena la revoca della assegnazione.
7. I mandatari e gli astatori non possono:
a) esercitare per conto proprio, sia nel mercato che fuori mercato, il commercio dei prodotti oggetto dell'attività del mercato nel quale operano;
b) svolgere il commercio di cui alla lettera a) per interposta persona.
Art. 54. (Assegnazione e revoca dei punti di vendita)
1. I punti di vendita per attività a carattere continuativo sono assegnati, su domanda, dall'ente gestore, ai soggetti elencati nell'articolo 52, comma 1, lettera a). I punti di vendita a carattere occasionale sono invece assegnati, secondo le norme stabilite dal regolamento di mercato, dal direttore del mercato previo accertamento dei requisiti prescritti.
2. L'assegnazione del punto di vendita a carattere continuativo, che non può essere ceduta o sub-assegnata, ha una durata non superiore a tre anni, rinnovabili.
3. L'ente gestore del mercato all'ingrosso revoca l'assegnazione all'esercizio dell'attività di vendita all'interno del mercato:
a) a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo passata in giudicato;
b) a chi è sottoposto a misure di prevenzione ai sensi della legge 1423/1956;
c) a chi venga condannato per due volte consecutive, qualunque sia l'entità delle rispettive pene, per delitti di:1) turbata libertà di incanti (articolo 353 c.p.);
2) inadempimento di contratti di pubbliche forniture (articolo 355 c.p.);
3) frode nelle pubbliche forniture (articolo 356 c.p.);
4) uso o detenzione di misure o pesi con falsa impronta (articolo 472 c.p.);
5) contraffazioni alterazioni o uso illecito di segni distintivi (articolo 473 c.p.);
6) frode nell'esercizio del commercio (articolo 515 c.p.);
7) vendita di prodotti con segni mendaci (articolo 517 c.p.);
8) frodi e sofisticazioni comunque previste dalle vigenti leggi;d) nei casi previsti dalla normativa regolamentare dell'assegnazione.
Art. 55. (Cessazione delle assegnazioni)
1. Le assegnazioni cessano:
a) per scadenza;
b) per rinuncia dell'assegnatario durante il periodo dell'assegnazione;
c) per fallimento dichiarato a carico dell'assegnatario;
d) per scioglimento della società assegnataria;
e) per revoca.
Art. 56. (Gestione dei punti di vendita)
1. Il punto di vendita deve essere gestito dall'intestatario dell'assegnazione che può, previa autorizzazione del direttore, farsi rappresentare eccezionalmente e temporaneamente da un proprio delegato, o da un proprio familiare se l'assegnatario è un produttore agricolo; egli può altresì farsi coadiuvare da personale dipendente notificandone alla direzione del mercato le generalità e l'indirizzo. Resta ferma, a tutti gli effetti di legge, la responsabilità dell'intestatario della assegnazione.
2. Nel caso di assegnazione a persone giuridiche la gestione del punto di vendita può essere affidata a persona diversa da quella del legale rappresentante, purché sia in possesso dei requisiti prescritti dall'articolo 3 della legge 125/1959.
3. Gli assegnatari, per i rapporti con l'ente gestore eleggono domicilio, ad ogni effetto, presso il rispettivo punto di vendita.
Art. 57. (Vendita all'asta)
1. La vendita dei prodotti può effettuarsi anche mediante asta pubblica, fermo restando il disposto dell'articolo 52, comma 3.
2. La provvigione spettante all'astatore è stabilita dall'ente gestore, sentita la commissione di mercato.
3. L'ente gestore può, in caso di necessità, provvedere direttamente all'approvvigionamento di qualunque prodotto trattato nel mercato nonché alle vendite di tutti i prodotti che pervengono alla direzione da parte di produttori singoli od associati o grossisti iscritti all'albo, che ne facciano richiesta.
4. Le vendite devono essere effettuate con il sistema dell'astazione a chi sia abilitato all'acquisto ai sensi dell'articolo 52, comma 1, lettera b).
Art. 58. (Commercializzazione dei prodotti)
1. Per la qualificazione, la calibrazione, le tolleranze, l'imballaggio e la presentazione dei prodotti, si applicano le norme vigenti.
2. Il direttore del mercato vieta la vendita di quelle parti o colli di prodotti non riclassificati secondo le norme vigenti, oppure la consente qualora i prodotti stessi vengano adeguatamente riclassificati.
3. Della esatta osservanza delle norme riguardanti la qualificazione e il confezionamento dei prodotti posti in vendita è in ogni caso responsabile il detentore dei prodotti stessi.
Art. 59. (Vendite per conto)
1. Ai commissionari ed ai mandatari che svolgono le rispettive attività secondo le norme di legge è consentita una provvigione fissata dal regolamento di mercato.
2. I commissionari e mandatari tengono a disposizione della direzione del mercato tutti gli atti e i documenti relativi alle transazioni effettuate per conto dei loro committenti o mandanti.
3. In ogni mercato l'ente gestore può organizzare un servizio per le vendite per conto terzi dei prodotti di cui all'articolo 34.
4. Dette vendite possono svolgersi sia mediante aste pubbliche sia per trattativa privata.
Art. 60. (Sanzioni disciplinari e amministrative)
1. Le infrazioni alle disposizioni del presente capo e del regolamento di mercato comportano, salva ogni diversa azione civile o penale, sanzioni amministrative così graduate secondo la gravità dell'infrazione e la recidività:
a) diffida verbale o scritta;
b) sospensione di ogni attività nel mercato per un periodo massimo di tre giorni, con chiusura del punto di vendita per i rispettivi titolari;
c) sanzione amministrativa ai sensi dei rispettivi regolamenti comunali;
d) sospensione di ogni attività nel mercato per un periodo superiore a tre giorni e fino a tre mesi, con chiusura del punto di vendita per i rispettivi titolari;
e) revoca della concessione del punto di vendita nelle ipotesi di cui all'articolo 54.
2. Le sanzioni di cui al comma 1, lettere a) e b), sono irrogate dal direttore di mercato, sentito il trasgressore; i relativi provvedimenti sono definitivi.
3. Le sanzioni di cui al comma 1, lettera c) sono irrogate dal sindaco.
4. Le sanzioni di cui al comma 1, lettere d) ed e), sono irrogate dalla commissione di mercato, d'ufficio o su proposta del direttore di mercato, sentito il trasgressore; i relativi provvedimenti sono definitivi.
5. La sanzione di cui al comma 1, lettera d), può essere irrogata, quando non possa essere disposta tempestivamente dalla commissione di mercato e vi siano ragioni di gravità e urgenza, dal direttore di mercato; il relativo provvedimento è esecutivo e perde efficacia se non è ratificato, entro tre giorni dalla sua adozione, dalla commissione di mercato, che deve all'uopo essere convocata senza indugio ad iniziativa del direttore.
Capo III - Somministrazione di alimenti e bevande
Art. 61. (Finalità)
1. Il presente capo disciplina l'esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande nel rispetto della normativa comunitaria, delle disposizioni legislative dello Stato e nel quadro delle competenze concorrenti, al fine di garantire:
a) lo sviluppo e l'innovazione della rete dei pubblici esercizi in relazione alle esigenze dei consumatori e alla valorizzazione delle città e del territorio;
b) la trasparenza e la qualità del mercato;
c) la tutela della salute e della sicurezza dei consumatori;
d) la corretta informazione e pubblicizzazione dei prezzi e dei prodotti usati;
e) la salvaguardia delle aree di interesse archeologico, storico, architettonico, artistico ed ambientale;
f) la compatibilità dell'impatto territoriale dell'insediamento dei pubblici esercizi con particolare riguardo a fattori quali la mobilità, il traffico e l'inquinamento acustico ed ambientale;
g) la valorizzazione e promozione della cultura enogastronomica e delle produzioni tipiche della Regione;
h) la salvaguardia e la riqualificazione della rete dei pubblici esercizi nelle zone di montagna e nei comuni di minore consistenza demografica favorendo l'integrazione della somministrazione con la vendita di beni o servizi attraverso agevolazioni tributarie ed interventi volti al sostegno di tali attività, proposti dagli operatori di concerto con i comuni interessati e finanziati secondo le procedure e con le risorse di cui al titolo V, capo II;
i) la tutela e la salvaguardia dei locali storici secondo le procedure e con le risorse previste al titolo V, capo II.
Art. 62. (Ambito di applicazione)
1. Il presente capo si applica all'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande definita all'articolo 64, comma 1, lettera a), e inoltre all'attività di somministrazione di alimenti e bevande effettuata:
a) mediante distributori automatici in locali adibiti a tale attività;
b) presso il domicilio del consumatore;
c) in locali non aperti al pubblico;
d) su aree pubbliche, ai sensi del titolo II, capo I, sezione III, limitatamente ai requisiti di cui agli articoli 65 e 66.
2. Il presente capo non si applica all'attività di somministrazione di alimenti e bevande effettuata:
a) ai sensi della disciplina di cui alla legge regionale 16 luglio 2007, n. 15 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo), limitatamente alle persone alloggiate, ai loro ospiti ed a coloro che sono ospitati nella struttura ricettiva in occasione di manifestazioni e convegni organizzati; nell'ambito di tali attività l'esercizio della somministrazione di alimenti e bevande è effettuato sulla base del possesso dei requisiti di cui agli articoli 65 e 66;
b) ai sensi della disciplina di cui alla legge regionale 5 dicembre 2008, n. 31 (Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale);
c) da parte dei circoli privati nell'ambito della disciplina di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2001, n. 235 (Regolamento recante semplificazione del procedimento per il rilascio dell'autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande da parte dei circoli privati).
Art. 63. (Tipologia dell'attività)
1. Gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande sono costituiti da un'unica tipologia così definita: esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione.
2. Gli esercizi di cui al comma 1 possono somministrare alimenti e bevande nel rispetto del regolamento (CE) del 29 aprile 2004, n. 852 (Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull'igiene dei prodotti alimentari) e delle leggi regionali vigenti in materia di sanità.
3. Il titolare dell'esercizio di somministrazione di alimenti e bevande ha l'obbligo di comunicare al comune l'attività o le attività individuate per tipologia negli indirizzi generali di cui all'articolo 68 che intende esercitare nel rispetto del regolamento (CE) 852/2004 e delle leggi regionali vigenti in materia di sanità.
4. A seguito della comunicazione di cui al comma 3 il comune integra il titolo autorizzatorio rilasciato ai sensi della legge 25 agosto 1991, n. 287 (Aggiornamento della normativa sull'insediamento e sulla attività dei pubblici esercizi) con l'indicazione della nuova attività.
Art. 64. (Definizioni)
1. Ai fini del presente capo si intende:
a) per somministrazione al pubblico di alimenti e bevande la vendita per il consumo sul posto, che comprende tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell'esercizio o in una area aperta al pubblico, a tal fine attrezzati;
b) per superficie aperta al pubblico l'area adiacente o comunque pertinente al locale cui si riferisce l'autorizzazione, ottenuta in concessione o autorizzazione temporanea se pubblica o comunque a disposizione dell'operatore, se privata;
c) per somministrazione di alimenti e bevande in esercizi non aperti al pubblico l'attività svolta dalle mense aziendali, dagli spacci annessi ad aziende, amministrazioni, enti e scuole nonché quella svolta in forma esclusiva presso il domicilio del consumatore;
d) per attrezzature di somministrazione tutti i mezzi e gli strumenti finalizzati a consentire il consumo di alimenti e bevande nei locali di cui alla lettera a), ivi compresi i piani di appoggio e le stoviglie di qualsiasi materiale, ritenute idonee dalle leggi sanitarie vigenti;
e) per somministrazione nel domicilio del consumatore, l'organizzazione nel domicilio dello stesso di un servizio di somministrazione di alimenti e bevande rivolto esclusivamente al consumatore, ai familiari e alle persone da lui invitate;
f) per domicilio del consumatore non solo la privata dimora, ma anche il locale in cui si trova per motivi di lavoro o di studio o per lo svolgimento di convegni, congressi o cerimonie.
Art. 65. (Requisiti morali per l'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande)
1. Non possono esercitare l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione, coloro che:
a) sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione;
b) hanno riportato una condanna, con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo, per il quale è prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a tre anni, sempre che sia stata applicata, in concreto, una pena superiore al minimo edittale;
c) hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna a pena detentiva per uno dei delitti di cui al libro II, Titolo VIII, capo II del codice penale, ovvero per ricettazione, riciclaggio, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, rapina, delitti contro la persona commessi con violenza, estorsione;
d) hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna per reati contro l'igiene e la sanità pubblica, compresi i delitti di cui al libro II, Titolo VI, capo II del codice penale;
e) hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, due o più condanne, nel quinquennio precedente all'inizio dell'esercizio dell'attività, per delitti di frode nella preparazione e nel commercio degli alimenti previsti da leggi speciali;
f) sono sottoposti a una delle misure di prevenzione di cui alla l. 1423/1956, o nei cui confronti sia stata applicata una delle misure previste dalla l. 575/1965, (ora decreto legislativo n. 159 del 2011 - n.d.r.) ovvero a misure di sicurezza non detentive;
g) hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna per reati contro la moralità pubblica e il buon costume, per delitti commessi in stato di ubriachezza o in stato di intossicazione da stupefacenti, per reati concernenti la prevenzione dell'alcolismo, le sostanze stupefacenti o psicotrope, il gioco d'azzardo, le scommesse clandestine, per infrazioni alle norme sui giochi.
2. Il divieto di esercizio dell'attività, ai sensi del comma 1, lettere b), c), d), e) e f) permane per la durata di cinque anni a decorrere dal giorno in cui la pena è stata scontata. Qualora la pena si sia estinta in altro modo, il termine di cinque anni decorre dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza, salvo riabilitazione.
3. Il divieto di esercizio dell'attività non si applica qualora, con sentenza passata in giudicato, sia stata concessa la sospensione condizionale della pena sempre che non intervengano circostanze idonee a incidere sulla revoca della sospensione.
4. In caso di società, associazioni od organismi collettivi i requisiti di cui al comma 1 devono essere posseduti dal legale rappresentante, da altra persona preposta all'attività commerciale e da tutti i soggetti individuati dall'articolo 2, comma 3, del d.p.r. 252/1998.
5. Il comune al quale viene chiesto il rilascio dell’autorizzazione per l’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande accerta il possesso dei requisiti di cui al comma 1. A tal fine può avvalersi della CCIAA territorialmente competente sulla base di convenzioni stipulate anche tra le rappresentanze degli enti locali e la medesima CCIAA.
Art. 66. (Requisiti professionali per l'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande)
1. L’esercizio dell’attività di somministrazione
di alimenti e bevande è subordinato al possesso, in capo al titolare
dell’impresa individuale o suo delegato o, in caso di società, associazione od
organismi collettivi al legale rappresentante, o ad altra persona preposta
all’attività commerciale, di uno dei seguenti requisiti professionali:
(alinea così sostituito dall'art. 17,
comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
a) avere frequentato con esito positivo un corso professionale per il commercio, la preparazione o la somministrazione degli alimenti, istituito o riconosciuto dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano;
b) avere prestato la propria opera, per almeno due anni, anche non continuativi, nel quinquennio precedente, in proprio o presso imprese esercenti l'attività nel settore alimentare o nel settore della somministrazione di alimenti e bevande, in qualità di dipendente qualificato, addetto alla vendita o all'amministrazione o alla preparazione degli alimenti, o in qualità di socio lavoratore o, se trattasi di coniuge, parente o affine, entro il terzo grado, dell'imprenditore in qualità di coadiutore familiare, comprovata dalla iscrizione all'Istituto nazionale per la previdenza sociale secondo le modalità di cui all’articolo 18 della legge regionale recante ‘Disposizioni in materia di artigianato e commercio e attuazioni della Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno. Modifiche alle leggi regionali 30 aprile 2009, n. 8 (Disciplina della vendita da parte delle imprese artigiane di prodotti di propria produzione per il consumo immediato nei locali dell’azienda) e 2 febbraio 2010, n. 6 (Testo unico delle leggi regionali in materia di commercio e fiere);
(lettera così modificata dall'art. 17, comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
c) essere in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore o di laurea, anche triennale, o di altra scuola ad indirizzo professionale, purché nel corso di studi siano previste materie attinenti al commercio, alla preparazione o alla somministrazione degli alimenti.
2. L'accertamento del possesso dei requisiti di cui al comma 1è effettuato ai sensi dell'articolo 65, comma 5.
3. (abrogato)
4. Le modalità di organizzazione, la durata, le materie e i requisiti di accesso alle prove finali del corso professionale di cui al comma 1, lettera a), i titoli di studio validi in sostituzione del corso professionale medesimo e i corsi professionali di aggiornamento obbligatorio per chi già esercita l'attività di somministrazione sono definiti con deliberazione della Giunta regionale.
Art. 67. (Disposizioni per i cittadini dei Paesi non europei e dell'Unione europea)
1. Il comune al quale viene richiesto il rilascio dell'autorizzazione per l'esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande accerta il possesso dei requisiti di cui agli articoli 65 e 66 anche per il periodo di residenza in Italia dei:
a) cittadini e delle società dei Paesi non appartenenti all'Unione europea (UE) che possono esercitare l'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande nel rispetto delle normative internazionali e degli indirizzi di programmazione regionale. Nel caso di società l'accertamento dei requisiti di cui agli articoli 65 e 66 è esteso a tutti i membri del consiglio di amministrazione;
b) cittadini degli Stati membri dell'UE e società costituite in conformità con la legislazione di uno Stato membro dell'UE ed aventi la sede sociale, l'amministrazione centrale o il centro di attività principale all'interno dell'UE, a condizione che, se hanno soltanto la sede sociale all'interno dell'UE, la loro attività presenti un legame effettivo e continuato con l'economia di uno Stato membro dell'UE, secondo le modalità previste dal decreto legislativo del 9 novembre 2007, n. 206 (Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania).
2. Per le verifiche di cui al comma 1, il comune può avvalersi della CCIAA territorialmente competente sulla base di convenzioni stipulate anche tra le rappresentanze degli enti locali e la medesima CCIAA.
2-bis. Per il rilascio dell’autorizzazione per
l’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande è
necessario che il soggetto, titolare o delegato, che esercita effettivamente
l’attività presenti uno dei seguenti documenti:
(comma introdotto dall'art. 19, comma 1, legge
reg. n. 3 del 2012)
a) un certificato di conoscenza della lingua italiana, Certificazione Italiano Generale (CELI), a tal fine è sufficiente un CELI di livello A2 Common European Framework: livello di contatto definibile in termini di competenza relativa a routine memorizzate;
b) un attestato che dimostri di aver conseguito un titolo di studio presso una scuola italiana legalmente riconosciuta o in alternativa un attestato che dimostri di avere frequentato, con esito positivo, un corso professionale per il commercio relativo al settore merceologico alimentare o per la somministrazione di alimenti e bevande istituito o riconosciuto dalla Regione Lombardia, dalle altre regioni o dalle Province autonome di Trento e di Bolzano.
2-ter. Nei casi in cui l’avvio o il subingresso
è soggetto a SCIA nella stessa deve essere attestato il possesso di uno dei
documenti di cui al comma 2-bis.
(comma introdotto dall'art. 19, comma
1, legge reg. n. 3 del 2012)
2-quater. Qualora il richiedente, titolare o per
mezzo del delegato, non presenti o attesti il possesso, in caso di SCIA, di
nessuno dei documenti richiesti dal comma 2bis, è tenuto a frequentare e
superare positivamente il corso di formazione presso la Camera di Commercio o
comunque un corso istituito o riconosciuto dalla Regione Lombardia, dalle altre
regioni o dalle Province autonome di Trento e Bolzano.
(comma introdotto dall'art. 19, comma
1, legge reg. n. 3 del 2012)
2-quinquies. Tutte le informazioni commerciali,
compresi i prezzi delle merci, esposte agli utenti devono essere rese anche in
lingua italiana. Qualora le indicazioni siano apposte in più lingue, devono
avere tutte i medesimi caratteri di visibilità e leggibilità. Sono consentiti
termini stranieri o derivanti da lingue straniere che sono ormai di uso corrente
nella lingua italiana ed il cui significato è comunemente noto.
(comma introdotto dall'art. 19, comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
Art. 68. (Programmazione delle attività di somministrazione di alimenti e bevande)
1. La Giunta regionale, sentito il parere delle rappresentanze degli enti locali, delle associazioni dei pubblici esercizi, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori del settore e delle organizzazioni dei consumatori maggiormente rappresentative a livello regionale e sentita la commissione consiliare competente, definisce gli indirizzi di carattere generale sulla base dei quali i comuni stabiliscono i criteri per il rilascio delle autorizzazioni degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande.
2. Gli indirizzi di cui al comma 1, avuto
riguardo dei motivi imperativi d’interesse generale di cui all’articolo 4,
contengono indicazioni per i comuni relative:
(alinea così modificato dall'art. 20, comma 1,
legge reg. n. 3 del 2012)
a) al procedimento concernente le richieste di autorizzazione relative agli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande affinché venga assicurata la trasparenza e la celerità dell'azione amministrativa;
b) ai criteri localizzativi dei nuovi insediamenti degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande con particolare riguardo a fattori di mobilità, traffico, inquinamento acustico e ambientale, all'armonica integrazione con le altre funzioni ed alla disponibilità di spazi pubblici o di uso pubblico;
c) alle attività svolte dagli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande;
d) alle modalità di tutela dei locali storici;
d-bis) ai criteri qualitativi di cui all’articolo 4, comma 4-ter;
(comma aggiunta dall'art. 20, comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
d-ter) ai requisiti urbanistici, in termini di accessibilità veicolare e pedonale anche per portatori di handicap, di dotazione di standard ambientali e parcheggi pertinenziali;
(lettera aggiunta dall'art. 20, comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
d-quater) ai criteri per incentivare il recupero, l’ammodernamento e la qualificazione delle aree di insediamento commerciale che tengono conto della qualità del contesto paesaggistico ed ambientale.
(lettera aggiunta dall'art. 20, comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
3. Gli indirizzi ed i criteri di cui al comma 1
devono tenere conto della popolazione residente e fluttuante, dei flussi
turistici e delle diverse caratteristiche del territorio regionale al fine di
assicurare la migliore funzionalità e produttività del servizio di
somministrazione di alimenti e bevande ed il perseguimento delle finalità di cui
all'articolo 61.
(comma così modificato dall'art. 20,
comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
4. La programmazione regionale e i criteri comunali di cui al comma 1 non si applicano per il rilascio delle autorizzazioni relative all'attività di somministrazione di alimenti e bevande da effettuare:
a) negli esercizi nei quali la somministrazione al pubblico di alimenti o bevande viene svolta congiuntamente ad attività di intrattenimento, in sale da ballo, locali notturni, stabilimenti balneari, impianti sportivi e altri esercizi similari. L'attività di intrattenimento si intende prevalente nei casi in cui la superficie utilizzata per il suo svolgimento è pari almeno ai tre quarti della superficie complessiva a disposizione, esclusi i magazzini, i depositi, gli uffici e i servizi, e la somministrazione di alimenti e bevande è effettuata esclusivamente nei confronti di chi usufruisce a pagamento dell'attività di intrattenimento. Non costituisce attività di intrattenimento la semplice musica di accompagnamento e compagnia;
b) negli esercizi situati all'interno delle stazioni dei mezzi di trasporto pubblico e nei mezzi di trasporto pubblici;
c) nelle mense aziendali e negli spacci annessi ad aziende, amministrazioni, enti e scuole nei quali la somministrazione viene effettuata esclusivamente nei confronti del personale dipendente e degli studenti;
d) nel domicilio del consumatore;
e) nelle attività svolte in forma temporanea di cui all'articolo 72;
f) nelle attività svolte direttamente, nei limiti dei loro compiti istituzionali, da ospedali, case di cura, parrocchie, oratori, comunità religiose, asili infantili, case di riposo, caserme, stabilimenti delle forze dell'ordine;
g) nelle attività da effettuarsi all'interno di musei, teatri, sale da concerto e simili.
Art. 69. (Funzioni autorizzatorie dei comuni)
1. Il rilascio delle autorizzazioni previste dal presente capo e degli atti connessi è di competenza del comune competente per territorio.
2. In coerenza con l’atto di programmazione di
cui all’articolo 4 bis e gli indirizzi di cui all’articolo 68, i comuni
stabiliscono, sentito il parere della commissione di cui all’articolo 78, i
criteri relativi al rilascio delle nuove autorizzazioni.
(comma così modificato dall'art. 21,
comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
2-bis. Ferma restando l’esigenza di garantire
sia l’interesse della collettività inteso come fruizione di un servizio adeguato
sia quello dell’imprenditore al libero esercizio dell’attività, nei criteri di
cui al comma 2 i comuni, al fine di assicurare un corretto sviluppo del settore,
adottano, limitatamente alle zone del territorio da sottoporre a tutela,
provvedimenti di regolamentazione delle aperture degli esercizi di
somministrazione di alimenti e bevande al pubblico. Tale regolamentazione può
prevedere, sulla base di parametri oggettivi ed indici di qualità del servizio,
divieti o limitazioni all’apertura di nuovi esercizi di somministrazioni
limitatamente ai casi in cui ragioni non altrimenti risolvibili di sostenibilità
ambientale, sociale e di viabilità, rendano impossibile consentire ulteriori
flussi di pubblico nella zona senza incidere in modo gravemente negativo sui
meccanismi di controllo, in particolare per il consumo di alcolici, e senza
ledere il diritto dei residenti alla vivibilità del territorio e alla normale
mobilità. In ogni caso, resta ferma la finalità di tutela e salvaguardia delle
zone di pregio artistico, storico, architettonico e ambientale e sono vietati
criteri legati alla verifica di natura economica o fondati sulla prova
dell’esistenza di un bisogno economico o sulla prova di una domanda di mercato,
quali entità delle vendite di alimenti e bevande e presenza di altri esercizi di
somministrazione.
(comma introdotto
dall'art. 21, comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
2-ter. I divieti e le limitazioni di cui al
comma 2 bis si applicano anche in caso di trasferimento di sede, per le zone
soggette alla programmazione di cui all’articolo 68, delle attività di
somministrazione da una zona non sottoposta a tutela ad una soggetta a specifica
tutela.
(comma introdotto dall'art. 21, comma
1, legge reg. n. 3 del 2012)
3. L’apertura degli esercizi di somministrazione
di alimenti e bevande al pubblico, comprese quelle alcoliche di qualsiasi
gradazione, nelle zone del territorio comunale sottoposte a programmazione è
soggetta ad autorizzazione rilasciata dal comune competente per territorio. È
soggetto ad autorizzazione anche il trasferimento di una attività di
somministrazione da una sede non sottoposta a programmazione ad una sede
collocata in una zona tutelata, nonché quello all’interno della stessa zona
tutelata. L’avvio delle attività non soggette a programmazione, il trasferimento
della gestione o della titolarità dell’esercizio di somministrazione ed il
trasferimento di sede, per le zone soggette alla programmazione di cui
all’articolo 68, in zona non sottoposta a tutela, sono soggetti a SCIA di cui
all’articolo 19 della l. 241/1990.
(comma così modificato dall'art. 21,
comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
4. La domanda di autorizzazione o, nei casi
previsti, la SCIA è presentata al comune competente con l'indicazione delle
generalità o della denominazione, o ragione sociale, della residenza o sede
legale e della nazionalità del richiedente e dell'ubicazione del locale nel
quale si intende esercitare l'attività.
(comma così modificato dall'art. 21,
comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
5. Le domande di rilascio dell'autorizzazione sono esaminate secondo l'ordine cronologico di presentazione. La data di presentazione è attestata dal timbro postale di spedizione della raccomandata con la quale viene inviata la domanda ovvero, nel caso di presentazione della domanda a mano, dall'apposizione su di essa del timbro datario dell'ufficio ricevente.
6. L'esame della domanda ed il rilascio dell'autorizzazione non sono subordinate:
a) alla disponibilità da parte dell'interessato, già all'atto della presentazione della domanda o nel corso dell'istruttoria, dei locali nei quali intende esercitare l'attività;
b) all'indicazione dell'eventuale persona da preporre all'esercizio;
c) alla presentazione preventiva del certificato sanitario di igienicità dei locali e di quello di prevenzione incendi.
7. L'accoglimento o il rigetto della domanda è comunicato all'interessato entro quarantacinque giorni dalla presentazione della domanda attestata dal protocollo del comune.
8. Prima di iniziare l'attività e comunque entro trecentosessantacinque giorni dal rilascio dell'autorizzazione comunale il soggetto deve porsi in regola con le vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica ed igienico-sanitaria, nonché con le disposizioni sulla destinazione d'uso dei locali e degli edifici, prevenzione incendi e sicurezza.
9. Ai fini del rilascio dell'autorizzazione il comune accerta la conformità del locale ai criteri stabiliti con decreto del Ministro dell'interno 17 dicembre 1992, n. 564 (Regolamento concernente i criteri di sorvegliabilità dei locali adibiti a pubblici esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande), ovvero si riserva di verificarne la sussistenza quando ciò non sia possibile in via preventiva. Il comune, inoltre, accerta l'adeguata sorvegliabilità dei locali oggetto del permesso a costruire per ampliamento.
10. Le attività di somministrazione di alimenti e bevande devono essere esercitate nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica e igienico-sanitaria, nonché di quelle sulla destinazione d'uso dei locali e degli edifici, fatta salva l'irrogazione delle sanzioni relative alle norme e prescrizioni violate.
11. Il comune, nell'ambito dei criteri di cui al
comma 2e degli indirizzi e criteri di cui all’articolo 150, può stabilire le
condizioni per l'esercizio delle attività di somministrazione effettuate in
forma stagionale.
(comma così modificato dall'art. 21, comma 1,
legge reg. n. 3 del 2012)
12. L'autorizzazione è rilasciata a tempo indeterminato ed ha validità esclusivamente in relazione ai locali in essa indicati; in qualsiasi momento, anche su richiesta del comune, la CCIAA può svolgere controlli a campione sul permanere del possesso dei requisiti di cui all'articolo 65.
13. Entro dieci giorni dal rilascio dell'autorizzazione il comune ne comunica gli estremi, anche in via telematica, alla Giunta regionale, al prefetto, al questore, alla ASL territorialmente competente e alla CCIAA.
14. Gli esercizi di somministrazione aperti al pubblico autorizzati ai sensi del comma 1 hanno facoltà di vendere per asporto i prodotti per i quali sono stati autorizzati alla somministrazione.
15. La delega dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande al soggetto preposto per l'esercizio dell'attività medesima deve essere comunicata al comune competente entro trenta giorni dall'avvenuto conferimento.
Art. 70. (Limitazioni all'esercizio dell'attività)
1. La somministrazione di bevande aventi un contenuto alcolico superiore al 21 per cento del volume non è consentita negli esercizi operanti nell'ambito di impianti sportivi, fiere, complessi di attrazione dello spettacolo viaggiante installati con carattere temporaneo nel corso di sagre o fiere, e simili luoghi di convegno, nonché nel corso di manifestazioni sportive o musicali all'aperto.
2. Il sindaco con propria ordinanza, sentito il parere della commissione di cui all'articolo 78, può temporaneamente ed eccezionalmente estendere tale divieto alle bevande con contenuto alcolico inferiore al 21 per cento del volume.
Art. 71. (Ampliamento degli esercizi)
1. L'ampliamento degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico è soggetto a comunicazione al comune competente per territorio e può essere effettuato decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione.
2. Nella comunicazione di cui al comma 1 il soggetto interessato dichiara di aver rispettato i regolamenti locali di polizia urbana, annonaria e igienico-sanitaria, i regolamenti edilizi e le norme urbanistiche, nonché quelle relative alle destinazioni d'uso.
Art. 72. (Autorizzazioni temporanee)
1. In occasione di riunioni straordinarie di persone il comune nel cui territorio si svolge la manifestazione può rilasciare l'autorizzazione per lo svolgimento temporaneo dell'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande.
2. Il rilascio dell'autorizzazione di cui al comma 1è subordinato alla verifica del possesso da parte del soggetto richiedente dei requisiti di cui agli articoli 65 e 66, nonché all'accertamento delle condizioni di sicurezza e del rispetto delle norme igienico-sanitarie.
3. Le autorizzazioni temporanee non possono avere durata superiore a quella della manifestazione e hanno validità solo in relazione ai locali o ai luoghi nei quali si svolge la manifestazione.
Art. 73. (Disposizioni per i distributori automatici)
1. L'installazione di distributori automatici
per la somministrazione di alimenti e bevande in locali esclusivamente adibiti a
tale attività è soggetta alle disposizioni concernenti gli esercizi di
somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico di cui all'articolo
69.
(comma così modificato dall'art. 22,
comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
2. È vietata la somministrazione di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione mediante distributori automatici.
Art. 74. (Esercizio di attività accessorie)
1. L'autorizzazione di cui all'articolo 69
abilita e, nei casi previsti, la segnalazione certificata di inizio attività
abilita all'installazione e all'uso di apparecchi radiotelevisivi ed impianti in
genere per la diffusione sonora e di immagini
(comma così modificato dall'art. 23,
comma 1, legge reg. n. 3 del 2012, poi dall'art. 3 della legge reg. n. 11 del
2015)
1-bis.
L'installazione di apparecchi per il gioco lecito di cui
all'articolo 110, comma 6, del regio decreto 18 giugno 1931,
n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza), è subordinata al rilascio dell'autorizzazione ai
sensi degli articoli 86 o 88 dello stesso regio decreto.
(comma
aggiunto dall'art. 3 della legge reg. n. 11 del 2015)
Art. 75. (Subingresso)
1. Il subingresso in proprietà o in gestione dell'attivitàè soggetto a comunicazione al comune in cui ha sede l'esercizio anche ai fini di cui all'articolo 63, comma 3, e determina la reintestazione dell'autorizzazione nei confronti del subentrante a condizione che sia provato l'effettivo trasferimento dell'attività e che il subentrante sia in possesso dei requisiti di cui agli articoli 65 e 66.
2. In caso di morte del titolare, l'erede, ovvero, se si tratta di un'impresa esercitata in forma societaria, colui che subentra, può richiedere la reintestazione dell'autorizzazione continuando l'attività nei trecentosessantacinque giorni successivi alla data della morte. Tale termine può essere prorogato di altri sei mesi per ragioni non imputabili all'interessato. Entro lo stesso termine l'interessato deve essere in possesso del requisito di cui all'articolo 66, comma 1. L'autorità di pubblica sicurezza può ordinare la cessazione immediata dell'attività se l'interessato o il rappresentante esercente risulta privo dei requisiti morali di cui all'articolo 65.
Art. 76. (Decadenza dei titoli
abilitativi)
(rubrica così modificata dall'art.
24, comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
1. I titoli abilitativi decadono quando:
(comma così
sostituito dall'art. 24, comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
a) il titolare del titolo abilitativo, salvo proroga in caso di comprovata necessità e su motivata istanza, non attivi l’esercizio entro due anni dalla data del suo rilascio o presentazione;
b) il titolare del titolo abilitativo sospenda l’attività per un periodo superiore a dodici mesi;
c) il titolare dell’attività non risulti più in possesso dei requisiti di cui all’articolo 65;
d) venga meno la sorvegliabilità dei locali o la loro conformità alle norme urbanistiche, sanitarie, di prevenzione incendi e di sicurezza. In tali casi la decadenza è preceduta da un provvedimento di sospensione dell’attività per una durata non inferiore a tre giorni e non superiore a novanta giorni, termine entro il quale, salvo proroga in caso di comprovata necessità e previa motivata istanza, il titolare può ripristinare i requisiti mancanti;
e) venga meno l’effettiva disponibilità dei locali nei quali si esercita l’attività e non venga, nei casi previsti, richiesta, da parte del proprietario dell’attività, l’autorizzazione al trasferimento in una nuova sede nel termine di sei mesi, salvo proroga in caso di comprovata necessità e previa motivata istanza;
f) il titolare dell’attività non osservi i provvedimenti di sospensione del titolo abilitativo;
g) in caso di subingresso, non si avvii l’attività secondo le modalità previste nell’articolo 75.
2. I casi che costituiscono comprovata necessità
per le proroghe di cui alle lettere a), d) ed e) sono individuati dagli
indirizzi generali di cui all'articolo 68.
(comma così modificato dall'art. 24,
comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
3. La proroga non è concessa in caso di:
a) mancata comunicazione di cui all'articolo 63, comma 3 del presente testo unico;
b) mancata richiesta delle abilitazioni igienico-sanitarie, ovvero delle concessioni, autorizzazioni o abilitazioni edilizie;
c) ritardo colpevole nell'avvio o nella conclusione delle opere di sistemazione edilizia dei locali.
Art. 77. (Pubblicità dei prezzi)
1. Il titolare dell'esercizio di somministrazione deve indicare in modo chiaro e ben visibile, mediante cartello o altro mezzo idoneo allo scopo, il prezzo dei prodotti destinati alla vendita per asporto, esposti nelle vetrine, sul banco di vendita o in altro luogo.
2. I prodotti sui quali il prezzo di vendita al dettaglio si trovi già impresso in maniera chiara e con caratteri ben leggibili sono esclusi dall'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1.
3. Per i prodotti destinati alla somministrazione, l'obbligo di esposizione dei prezzi è assolto:
a) per quanto concerne le bevande, mediante esposizione, all'interno dell'esercizio, di apposita tabella;
b) per quanto concerne gli alimenti, con le stesse modalità di cui alla lettera a), cui si aggiunge l'obbligo di esposizione del menù anche all'esterno dell'esercizio, o comunque leggibile dall'esterno.
4. Qualora, nell'ambito dell'esercizio, sia effettuato il servizio al tavolo, il listino dei prezzi deve essere posto a disposizione dei clienti prima dell'ordinazione e deve inoltre indicare l'eventuale componente del servizio.
5. Le modalità di pubblicità dei prezzi prescelte dall'esercente debbono essere tali da rendere il prezzo chiaramente e facilmente comprensibile al pubblico, anche per quanto concerne somme aggiunte attribuibili al servizio.
Art. 78. (Commissioni comunali)
1. I comuni o le unioni di comuni istituiscono una commissione consultiva, presieduta da un rappresentante del comune, composta da rappresentanti delle associazioni dei pubblici esercizi, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori del settore, delle associazioni dei consumatori e degli utenti e della CCIAA.
2. La commissione di cui al comma 1è nominata dal comune. I criteri di designazione, di rappresentanza, di durata in carica e di funzionamento della commissione sono stabiliti dal comune, sentiti i soggetti di cui al comma 1.
3. La commissione esprime parere obbligatorio in merito:
a) alla programmazione dell'attività dei pubblici esercizi;
b) alla definizione dei criteri e delle norme generali per il rilascio delle autorizzazioni relative ai pubblici esercizi e alle loro modificazioni;
c) alla determinazione degli orari di esercizio dell'attività;
d) ai programmi di apertura di cui al titolo III, capo I, articolo 109.
Art. 79. (Coordinamento con le altre norme che regolano la somministrazione)
1. Sono fatte integralmente salve le disposizioni di cui agli articoli 86 e 110 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), le disposizioni in materia di sorvegliabilità dei locali adibiti a pubblici esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande, nonché ogni altra disposizione statale in materia di ordine pubblico e sicurezza.
Art. 80. (Sanzioni)
1. Chiunque eserciti l’attività di
somministrazione di alimenti e bevande senza la prescritta autorizzazione o
altro titolo abilitativo o, quando sia stato emesso un provvedimento di
inibizione o di divieto di prosecuzione dell’attività ed il titolare non vi
abbia ottemperato, ovvero quando il titolo autorizzatorio o abilitativo sia
sospeso o decaduto, ovvero senza i requisiti di cui agli articoli 65 e 66, è
punito con la sanzione amministrativa prevista dall’articolo 17-bis, comma 1,
del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle
leggi di pubblica sicurezza).
(comma così sostituito dall'art. 25,
comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
2. Per ogni altra violazione alle disposizioni della presente legge, si applica la sanzione amministrativa prevista dall'articolo 17 bis, comma 3, del r.d. 773/1931.
3. Nelle fattispecie di cui ai commi 1 e 2, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 17-ter e 17-quater, del r.d. 773/1931.
4. Il procedimento per l'applicazione delle sanzioni è regolato dalla legge regionale 5 dicembre 1983, n. 90 (Norme di attuazione della legge 24 novembre 1981, n. 689 concernente modifiche al sistema penale). (ora articoli da 24 a 30 della legge reg. n. 1 del 2012 - n.d.r.).
5. Il comune è competente a ricevere il rapporto di cui all'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), applica le sanzioni amministrative ed introita i proventi.
Capo IV - Vendita dei carburanti per uso di autotrazione
Art. 81. (Finalità e competenze della Regione)
1. Il presente capo disciplina l'installazione degli impianti e l'esercizio dell'attività di distribuzione dei carburanti nel rispetto della normativa comunitaria, delle disposizioni legislative dello Stato e nel quadro delle competenze concorrenti, al fine di garantire:
a) la razionalizzazione, la qualificazione e l'ammodernamento della rete;
b) il contenimento dei prezzi di vendita;
c) la pluralità delle forme di servizio e di vendita e l'adeguata articolazione della rete sul territorio;
d) lo sviluppo dell'offerta di prodotti a limitato impatto ambientale, anche mediante forme di incentivazione che utilizzino le risorse previste dalle leggi di riferimento;
e) la corretta informazione e pubblicizzazione dei prezzi;
f) il rispetto della disciplina in materia di sicurezza viabilistica, di tutela della salute e di qualità dell'ambiente.
2. La Regione esercita i seguenti compiti:
a) svolge la funzione di indirizzo, coordinamento e controllo dell'attuazione delle disposizioni contenute nel presente capo;
b) provvede a stipulare accordi per lo sviluppo dell'offerta di prodotti eco-compatibili, anche mediante forme di incentivazione di tipo economico e finanziario;
c) definisce gli indirizzi generali per i comuni sugli orari ed i turni di apertura e chiusura degli impianti di distribuzione carburanti e rilascia il parere vincolante di conformità ai provvedimenti attuativi del presente capo, in merito alle istanze di realizzazione di nuovi impianti stradali e autostradali e alle modifiche relative ai soli impianti di gas di petrolio liquefatto (GPL) di gas metano, di idrogeno e di miscele metano-idrogeno.
Art. 82. (Definizioni)
1. Ai fini dell'applicazione del presente capo e dei provvedimenti attuativi di cui all'articolo 83 si intende per:
a) carburanti: le benzine, le miscele di benzine e olio lubrificante, il gasolio per autotrazione, il GPL per autotrazione, il gas metano, l'idrogeno, le miscele metano-idrogeno e i bio-carburanti indicati nell'Allegato I del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128 (Attuazione della direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell'uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti) e ogni altro carburante per autotrazione conforme ai requisiti tecnici indicati per ciascun carburante nelle tabelle della commissione tecnica di unificazione dell'autoveicolo (CUNA);
b) rete ordinaria: l'insieme degli impianti eroganti carburante per autotrazione, ubicati sulla rete stradale, ad esclusione degli impianti ubicati sulla rete autostradale, sui raccordi e sulle tangenziali classificate come autostrade, nonché degli impianti ad uso privato, per aeromobili e per natanti;
c) impianto: il complesso commerciale unitario costituito da una o più colonnine di erogazione di carburante per autotrazione, con i relativi serbatoi nonché dai servizi e dalle attività economiche accessorie ed integrative;
d) impianto self-service pre-pagamento: il complesso di apparecchiature per l'erogazione automatica di carburante senza l'assistenza di apposito personale con pagamento preventivo al rifornimento;
e) impianto self-service post-pagamento: il complesso di apparecchiature per il comando e il controllo a distanza dell'erogatore da parte di apposito incaricato, con pagamento successivo al rifornimento;
f) impianto non assistito (ghost): impianto funzionante unicamente in modalità self-service pre-pagamento, senza la presenza del gestore durante l'orario di apertura;
g) erogatore: l'insieme delle attrezzature che realizzano il trasferimento del carburante dall'impianto di distribuzione all'automezzo e ne misurano contemporaneamente le quantità trasferite ed il corrispondente importo;
h) erogato: la quantità complessiva di prodotti venduti nell'anno dall'impianto sulla base dei dati risultanti dai prospetti riepilogativi delle chiusure forniti dall'agenzia delle dogane, ivi compresi quelli riguardanti il metano per autotrazione;
i) ristrutturazione totale dell'impianto: il completo rifacimento dell'impianto così come definito alla lettera c) comprendente la totale sostituzione o il riposizionamento delle attrezzature petrolifere;
j) servizi accessori all'utente: servizi di erogazione e controllo aria ed acqua, servizi di lubrificazione, officina leggera, elettrauto, gommista, autolavaggio, offerta di aree attrezzate per camper, servizi igienici di uso pubblico, vendita accessori per l'auto, centro di informazioni turistiche, servizio fax e fotocopie, punto telefonico pubblico, servizi bancari, vendita di prodotti alimentari e non alimentari, somministrazione di alimenti e bevande anche da asporto, rivendita quotidiani e periodici, rivendita tabacchi, lotteria ed altre attività simili;
j-bis) erogatori di elettricità per veicoli: punti destinati alla ricarica di veicoli elettrici;
j-ter) collaudo: accertamento inerente la funzionalità, la sicurezza e l’idoneità tecnica delle attrezzature installate, nonché la generale conformità dell’impianto al progetto presentato con la domanda di autorizzazione.
Art. 83. (Provvedimenti di attuazione)
1. La Giunta regionale, sentita la consulta regionale carburanti di cui all'articolo 98 e previ studi di scenario affidati all'Istituto regionale di ricerca (IRER)(76), trasmette per l'approvazione al Consiglio regionale il programma di qualificazione ed ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti contenente indicazioni relative a:
a) gli obiettivi da perseguire per uno sviluppo equilibrato e concorrenziale della rete distributiva e gli indirizzi generali inerenti i requisiti qualitativi richiesti per i nuovi impianti, anche sotto il profilo urbanistico e della sicurezza;
b) la definizione dei criteri di incompatibilità degli impianti;
c) l'individuazione dei bacini di utenza, delineati in relazione alle caratteristiche economiche, territoriali e viabilistiche del territorio regionale al fine di monitorare l'evoluzione della rete distributiva;
d) l'individuazione degli obiettivi di bacino ed i conseguenti strumenti per il raggiungimento degli stessi;
e) l'individuazione delle aree carenti di impianti, territorialmente svantaggiate, nelle quali è possibile installare particolari tipologie di impianti e prevedere possibili specifiche agevolazioni per lo sviluppo qualitativo dell'offerta.
2. La Giunta regionale, sentita la consulta regionale carburanti, approva i provvedimenti relativi alle procedure per la realizzazione dei nuovi impianti e per le modifiche degli impianti esistenti, per i collaudi degli impianti, per il rilascio del parere vincolante di conformità alle disposizioni regionali sulle istanze di realizzazione di nuovi impianti stradali ed autostradali, comprese le modifiche relative ai soli impianti GPL, metano, idrogeno e miscele metano-idrogeno.
Art. 84. (Sistema informativo)
1. La Regione rileva, attraverso un apposito sistema informatico, l'evoluzione della rete distributiva e delle sue caratteristiche qualitative e ne pubblica annualmente i risultati.
2. L'agenzia delle dogane, ai fini del rilevamento dell'evoluzione di cui al comma 1, previa convenzione, comunica annualmente agli uffici regionali competenti i dati relativi al prodotto erogato per ogni impianto e i dati relativi agli impianti ad uso privato.
3. I comuni, anche in collaborazione con i titolari delle autorizzazioni e con le associazioni che li rappresentano, comunicano alla Regione i dati riferiti agli impianti presenti sul proprio territorio e verificano quelli sui servizi accessori di cui all'articolo 82, comma 1, lettera j).
Art. 85. (Competenze dei comuni)
1. I comuni esercitano le funzioni amministrative concernenti:
a) il rilascio delle autorizzazioni per l'installazione degli impianti e l'esercizio dell'attività di distribuzione carburanti, comprese le concessioni di impianti autostradali;
b) il rilascio delle autorizzazioni alle modifiche degli impianti, nei casi in cui sono richieste;
c) il rilascio dell'autorizzazione per la rimozione dell'impianto;
d) la definizione del piano urbanistico di localizzazione degli impianti stradali di distribuzione di carburanti di cui all'articolo 86, comma 2;
e) la ricezione delle comunicazioni inerenti il prelievo o il trasporto dei carburanti in recipienti mobili di capacità complessiva superiore a cinquanta litri;
f) il rilascio delle autorizzazioni per gli impianti di distribuzione di carburante ad uso privato, inclusi impianti per aeromobili e per natanti ad uso privato;
g) il rilascio di autorizzazioni per impianti di distribuzione carburanti per natanti ed aeromobili ad uso pubblico;
h) il rilascio delle autorizzazioni alla sospensione temporanea dell'esercizio degli impianti;
i) la revoca, la sospensione e la decadenza delle autorizzazioni;
j) la convocazione e il coordinamento della commissione di collaudo degli impianti nei casi previsti e l'autorizzazione al loro esercizio provvisorio qualora richiesta dal titolare dell'autorizzazione;
k) l'applicazione delle sanzioni amministrative;
l) le verifiche di incompatibilità degli impianti in relazione alla sicurezza viabilistica;
m) le verifiche tecniche sugli impianti ai fini della sicurezza sanitaria ed ambientale ai sensi delle norme vigenti;
n) l'applicazione della disciplina in materia di orari e di turni di servizio e l'autorizzazione delle eventuali deroghe;
o) la ricezione delle comunicazioni relative alle modifiche degli impianti non soggette a preventiva autorizzazione e al trasferimento di titolarità dell'autorizzazione, di cui agli articoli 88 e 96;
o bis) il rilascio di concessioni per l’occupazione di suolo pubblico con erogatori di elettricità per veicoli.
2. Le competenze di cui al presente articolo sono esercitate avvalendosi dello sportello unico, e nel rispetto dei provvedimenti di cui all'articolo 83.
Art. 86. (Localizzazione impianti)
1. I nuovi impianti di distribuzione di carburanti per autotrazione sono realizzati in conformità ai provvedimenti di cui all'articolo 83.
2. I comuni individuano i criteri di inquadramento territoriale, i requisiti e le caratteristiche urbanistiche delle aree private sulle quali possono essere installati i nuovi impianti di distribuzione carburanti, o realizzate le ristrutturazioni totali degli impianti esistenti, anche in relazione ad attività commerciali integrative. Contestualmente i comuni stabiliscono le norme applicabili a tali aree, comprese quelle sulle dimensioni delle superfici edificabili, in presenza delle quali i comuni stessi sono tenuti a rilasciare il permesso di costruire per la realizzazione dell'impianto.
3. La localizzazione degli impianti di carburanti costituisce un adeguamento degli strumenti di pianificazione comunale in tutte le zone e sottozone individuate dagli strumenti urbanistici comunali non sottoposte a vincoli paesaggistici, ambientali ovvero monumentali e non comprese nelle zone territoriali omogenee A e nei centri storici.
4. I comuni possono autorizzare l'installazione di nuovi impianti e di erogatori per la ricarica dei veicoli elettrici su aree di loro proprietà, appositamente individuate, nel rispetto di quanto previsto dai commi 1, 2 e 3. L'assegnazione è effettuata attraverso le procedure di evidenza pubblica.
4-bis. I comuni individuano altresì i criteri per l’installazione di erogatori per la ricarica dei veicoli elettrici anche in altre aree, pubbliche o private, nel rispetto delle norme in materia di occupazione del suolo pubblico.
5. Al fine di favorire una maggiore diffusione dei servizi accessori all'utente di cui all'articolo 82, comma 1, lettera j), nonché di prodotti a limitato impatto ambientale e l'autosufficienza energetica dell'impianto mediante fonti rinnovabili, i comuni individuano idonee forme di incentivazione anche mediante agevolazioni e deroghe di tipo urbanistico o interventi sulle volumetrie consentite.
6. Nelle zone classificate di iniziativa comunale (IC) dei piani territoriali di coordinamento dei parchi regionali, i comuni possono autorizzare l'installazione di impianti eroganti il prodotto metano e il prodotto GPL o uno solo dei due prodotti. Nelle altre zone dei piani territoriali di coordinamento dei parchi regionali, escluse le zone classificate aree naturali protette, è possibile prevedere la localizzazione di impianti eroganti il prodotto metano e il prodotto GPL o uno solo dei due prodotti, sulla rete ordinaria di viabilità stradale, fatte salve le dovute salvaguardie paesaggistiche e ove la localizzazione non comprometta, a parere dell'ente gestore del parco, rilevanti e documentati aspetti naturalistici. Nel caso in cui la localizzazione richieda opere di mitigazione e compensazione per il corretto inserimento dell'infrastruttura nel paesaggio il titolare dell'impianto vi provvede.
Art. 87. (Nuovi impianti)
1. L'autorizzazione per l'installazione di nuovi impianti stradali di carburanti è di competenza del comune ed è subordinata esclusivamente alle seguenti verifiche di conformità a:
a) disposizioni degli strumenti urbanistici comunali;
b) prescrizioni fiscali;
c) prescrizioni concernenti la sicurezza sanitaria, ambientale e stradale;
d) disposizioni per la tutela dei beni storici e artistici;
e) provvedimenti di cui all'articolo 83;
f) parere vincolante di conformità di cui all'articolo 81, comma 2, lettera c);
g) adempimenti di cui all'articolo 89, comma 2, fino al raggiungimento del numero minimo di impianti di cui al comma 1 dello stesso;
h) verifica di compatibilità degli impianti rispetto alla sicurezza viabilistica da attestarsi con riferimento ai vincoli relativi alle condizioni di sicurezza previsti dal regolamento regionale 24 aprile 2006, n. 7 (Norme tecniche per la costruzione delle strade) e dalle sue norme tecniche attuative e loro successive modifiche e integrazioni. Per quanto non previsto dal regolamento regionale, si applicano le norme in materia stabilite dal codice della strada e dal relativo regolamento di attuazione, nonché quelle stabilite dalle province e dagli altri enti proprietari o concessionari delle strade.
2. L'autorizzazione di cui al comma 1è rilasciata dal comune che, a tal fine, indice una conferenza di servizi ai sensi dell'articolo 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), alla quale partecipano:
a) la Regione, per il parere vincolante di conformità di cui all'articolo 81, comma 2, lettera c);
b) l'ASL territorialmente competente, per gli aspetti di sicurezza sanitaria;
c) l'azienda regionale per l'ambiente (ARPA) territorialmente competente, per gli aspetti di sicurezza e tutela dell'ambiente;
d) il comando provinciale dei vigili del fuoco e l'ente proprietario della strada, per il parere di conformità alle norme tecniche e di sicurezza vigenti in materia di rispettiva competenza.
3. In caso di inerzia del comune nell'indizione della conferenza di servizi nei termini individuati dai provvedimenti attuativi di cui all'articolo 83, comma 2, la Regione dispone, previa diffida ad adempiere, per l'indizione della conferenza di servizi.
4. Qualora il Comune, previa richiesta scritta da effettuarsi entro quindici giorni dal ricevimento della domanda, raccolga nei successivi quarantacinque giorni il parere positivo di tutti i soggetti invitati alla conferenza di servizi di cui al comma 2, procede al rilascio dell’autorizzazione senza dare luogo alla conferenza, dandone comunicazione a tutti i soggetti interessati.
5. Contestualmente all'autorizzazione di cui al comma 1, il comune rilascia il permesso a costruire di cui all'articolo 86, comma 2.
6. L'autorizzazione è subordinata al rispetto delle prescrizioni di prevenzione incendi secondo le procedure di cui al d.P.R. 12 gennaio 1998, n. 37 (Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59) (ora d.P.R. n. 151 del 2011 - n.d.r.).
7. La richiesta di autorizzazione si intende accolta se, trascorsi centoventi giorni dalla data di presentazione della stessa, risultante dal protocollo comunale, il comune non comunica il diniego all'interessato. Al silenzio-assenso si applicano gli articoli 4 e 5 della legge regionale 22 luglio 2002, n. 15 (Legge di semplificazione 2001. Semplificazione legislativa mediante abrogazione di leggi regionali. Interventi di semplificazione amministrativa e delegificazione).
8. Gli impianti di cui all'articolo 82, comma 1, lettera f), possono essere realizzati esclusivamente nei comuni appartenenti alle comunità montane e nei piccoli comuni di cui alla legge regionale 5 maggio 2004, n. 11 (Misure di sostegno a favore dei piccoli comuni della Lombardia). Tali comuni possono autorizzare, anche in deroga ai vincoli stabiliti dalla presente legge, l'apertura di un nuovo punto vendita di distribuzione carburanti nel caso ne siano sprovvisti e non esistano altri impianti a distanza stradale inferiore a quattro chilometri dall'impianto che si prevede di realizzare. Le procedure amministrative ed ogni altra previsione relativa all'applicazione del presente comma sono determinate dai provvedimenti di cui all'articolo 83.
Art. 87-bis. (Apparecchiature per la modalità di rifornimento senza servizio con pagamento anticipato)(82)
1. Gli impianti di distribuzione carburanti della rete ordinaria sono dotati di apparecchiature per la modalità di rifornimento senza servizio con pagamento anticipato. Dette apparecchiature possono essere installate anche in deroga all’obbligo di dotazione dell’impianto di area di rifornimento adeguatamente coperta da idonea pensilina, qualora non sia possibile per motivi di natura urbanistica. In caso di mancato adempimento entro i termini fissati dall’articolo 28, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria) convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, si applica la sanzione amministrativa, secondo quanto previsto dal medesimo comma.
2. La modalità di rifornimento di cui al comma 1 può essere esercitata durante le ore in cui è contestualmente assicurata la possibilità di rifornimento assistito dal personale, a condizione che venga effettivamente mantenuta e garantita la presenza del titolare della licenza di esercizio dell’impianto, rilasciata dall’ufficio delle dogane, o di suoi coadiuvanti.
Art. 87-ter. (Attività commerciali)
1. Al fine di incrementare la concorrenzialità, l’efficienza del mercato e la qualità dei servizi nelle aree degli impianti di distribuzione carburanti è sempre consentito, fatti salvi i vincoli connessi a procedure competitive nelle aree autostradali in concessione:
a) l’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande di cui all’articolo 63, fermo restando il possesso dei requisiti morali e professionali di cui agli articoli 65 e 66;
b) l’esercizio delle attività di un punto vendita non esclusivo di quotidiani e periodici, senza limiti di ampiezza della superficie dell’impianto;
c) l’esercizio della vendita di pastigliaggi.
2. Le attività di cui al comma 1, di nuova realizzazione, sono esercitate dai soggetti e secondo le modalità previste dall’articolo 28, comma 10, del d.l. 98/2011.
Art. 88. (Modifiche degli impianti)
1. (abrogato)
2. (abrogato)
3. Sono soggette a preventiva autorizzazione del comune territorialmente competente le seguenti modifiche degli impianti di distribuzione carburanti:
a) aggiunta di nuovi prodotti petroliferi o idrocarburi diversi da quelli già autorizzati;
b) ristrutturazione totale dell'impianto;
c) trasformazione di impianti da servito in impianti di cui all'articolo 82, comma 1, lett. f). L'autorizzazione può essere rilasciata, anche in deroga ai vincoli stabiliti dalla presente legge, esclusivamente nei Comuni appartenenti alle comunità montane e nei piccoli comuni di cui alla l.r. 11/2004, a condizione che non esistano altri impianti a distanza stradale inferiore a quattro chilometri dall'impianto che si prevede di trasformare. Le procedure amministrative ed ogni altra previsione relativa all'applicazione del presente comma sono determinate dai provvedimenti di cui all'articolo 83.
3-bis. Ogni altra modifica degli impianti di distribuzione carburanti diversa da quelle di cui al comma 3è soggetta a comunicazione al Comune territorialmente competente. In tali casi il titolare dell'autorizzazione invia al Comune, alla Regione, ai vigili del fuoco, all’ARPA, all’ASL, all'agenzia delle dogane competenti per territorio e all'ente proprietario della strada o alla società titolare della concessione autostradale, apposita comunicazione nella quale attesta che le modifiche rispettano le norme edilizie, urbanistiche, ambientali, fiscali, di sicurezza sanitaria e stradale e di prevenzione incendi.
4. Le procedure amministrative ed ogni altra disposizione relativa all'applicazione del presente articolo sono determinate dai provvedimenti di cui all'articolo 83. Alle modifiche soggette a preventiva autorizzazione si applica la disciplina del silenzio-assenso di cui all'articolo 87, comma 7.
Art. 89. (Misure per il completamento della rete distributiva di metano)
1. Per perseguire le finalità di cui all'articolo 81, comma 1, lettera d), e al fine di assicurare un'adeguata ed equilibrata copertura della rete distributiva di metano, la Regione stabilisce il numero minimo di impianti di carburante a metano per la rete autostradale e, per ciascun bacino di utenza, per la rete ordinaria.
2. Fino al raggiungimento del numero minimo di impianti di cui al comma 1, rispettivamente sulla rete autostradale e, distintamente in ciascun bacino di utenza, sulla rete ordinaria, per le nuove aperture di impianti di distribuzione carburanti è fatto obbligo di dotarsi del prodotto metano. Nei bacini in equilibrio i nuovi impianti devono dotarsi di almeno un prodotto a basso impatto ambientale, a scelta fra metano o gpl, fino al completo raggiungimento di tutti gli obiettivi di programmazione. I nuovi impianti con più prodotti petroliferi non possono essere messi in esercizio se non assicurano fin da subito l'erogazione del prodotto metano o, limitatamente ai bacini in equilibrio, gpl. Il comune, su richiesta del titolare dell'autorizzazione o della concessione e previo parere vincolante della direzione generale competente della Giunta regionale, può concedere, sia sulla rete ordinaria sia nel caso di impianti autostradali, deroghe motivate, solo in caso di impianti completamente realizzati, relativamente a ritardi dovuti all'allacciamento della rete di fornitura del gas metano non imputabili al titolare dell'autorizzazione o della concessione autostradale.
3. La Regione e gli operatori del settore, anche attraverso le loro associazioni di rappresentanza, possono stipulare specifici accordi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1.
4. La Giunta regionale può prevedere deroghe motivate agli obblighi di cui al comma 2 del presente articolo e al comma 8 dell'articolo 90, secondo criteri e modalità dalla stessa definiti con apposita deliberazione.
Art. 90. (Impianti autostradali)
1. Il comune rilascia il provvedimento di concessione relativo all'installazione e all'esercizio degli impianti di distribuzione di carburanti ubicati lungo le autostrade e i raccordi autostradali secondo le specifiche modalità previste dai provvedimenti di cui all'articolo 83, che disciplinano anche i trasferimenti di titolarità delle concessioni e le modifiche degli impianti.
2. La concessione ha validità di diciotto anni ed è soggetta a rinnovo.
3. Per le concessioni inerenti all'installazione degli impianti e all'esercizio dell'attività di distribuzione carburanti ubicati lungo le autostrade e i raccordi autostradali, il comune indice una conferenza di servizi ai sensi dell'articolo 14 e seguenti della legge 241/1990, alla quale partecipano:
a) la Regione , per il parere vincolante di conformità di cui all'articolo 81, comma 2, lettera c);
b) l'ASL territorialmente competente, per gli aspetti di sicurezza sanitaria;
c) l'ARPA territorialmente competente, per gli aspetti di sicurezza e tutela dell'ambiente;
d) il comando provinciale dei vigili del fuoco e l'ente proprietario della strada, per il parere di conformità, secondo le rispettive competenze, alle norme tecniche e di sicurezza vigenti in materia.
4. In caso di inerzia del comune nell'indizione della conferenza di servizi entro i termini individuati dai provvedimenti di cui all'articolo 83, la Giunta regionale, previa diffida ad adempiere, indice la conferenza di servizi.
5. La concessione è subordinata, oltre a quanto stabilito dal comma 8 e al possesso dei requisiti di cui all'articolo 93, all'accertamento della capacità tecnico-organizzativa ed economica richiesta dall'articolo 16, comma 3, del decreto-legge 26 ottobre 1970, n. 745 (Provvedimenti straordinari per la ripresa economica) convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 1970, n. 1034, al fine di garantire l'espletamento del pubblico servizio di distribuzione carburanti.
6. Il trasferimento della titolarità della concessione relativa agli impianti autostradali di distribuzione di carburanti è soggetto ad autorizzazione del comune. A tal fine la società subentrante presenta apposita domanda al comune competente, redatta secondo le modalità individuate dai provvedimenti di cui all'articolo 83 e sottoscritta per assenso dalla società titolare della concessione.
7. Il comune, verificata la completezza della richiesta di trasferimento della titolarità della concessione, anche in relazione ai documenti allegati alla stessa, individuati dai provvedimenti di cui all'articolo 83, emette il provvedimento d'autorizzazione.
8. Gli impianti collocati sulle autostrade e sui raccordi autostradali in sede di rilascio della concessione devono dotarsi del prodotto metano. La Giunta regionale individua gli impianti che, in sede di rinnovo della concessione, devono dotarsi del prodotto metano.
Art. 91. (Impianti di distribuzione ad uso privato)
1. Per impianto di distribuzione carburanti per autotrazione ad uso privato si intendono tutte le attrezzature fisse o mobili composte da erogatore collegato a serbatoio interrato, oppure da contenitori-distributori fuori terra, completi di erogatore, di tipo omologato ai sensi della normativa vigente, ubicate in spazi all'interno di stabilimenti, cantieri, magazzini e simili, di proprietà o in uso esclusivo, destinate al rifornimento di automezzi, o mezzi targati e non targati, di proprietà o oggetto di contratto di leasing in uso al titolare dell'autorizzazione, con esclusione delle attrezzature fisse o mobili destinate ai carburanti agevolati per uso agricolo. Per questa tipologia di impianti vige il divieto di cessione di carburanti a terzi, a titolo oneroso o gratuito.
2. Gli automezzi di proprietà o in uso esclusivo delle compagnie aeree e tutti quelli adibiti esclusivamente alle attività operative all'interno del sedime aeroportuale possono rifornirsi di carburante, in deroga al divieto di cui al comma 1, presso gli impianti ad uso privato situati all'interno degli aeroporti internazionali previo accordo con i soggetti che gestiscono gli stessi aeroporti situati nel territorio regionale.
3. Nel caso di autorizzazioni rilasciate a enti pubblici o società a partecipazione maggioritaria pubblica o società che eroghino servizi pubblici per conto di enti locali, gli stessi possono rifornire, oltre agli automezzi di proprietà o in leasing, anche automezzi di proprietà o in leasing di altri enti o società pubbliche da loro controllate.
4. L'autorizzazione degli impianti è rilasciata dal Comune nel rispetto dei criteri e delle procedure stabilite dai provvedimenti di cui all'articolo 83 ed è subordinata esclusivamente alle seguenti verifiche di conformità relative:
a) alle disposizioni degli strumenti urbanistici comunali;
b) alle prescrizioni concernenti la sicurezza in materia di sanità, tutela dell’ambiente e prevenzione degli incendi;
c) alle prescrizioni in materia fiscale nei casi richiesti.
4-bis. Nel caso di cooperative o consorzi di autotrasportatori che abbiano per oggetto sociale e svolgano, in via esclusiva o prevalentemente, l’attività di autotrasporto merci a favore di terzi, sono considerati automezzi dell’impresa anche quelli dei soci, a meno che siano adibiti ad uso personale ai sensi del decreto-legge 29 marzo 1993, n. 82, (Misure urgenti per il settore dell'autotrasporto di cose per conto di terzi), convertito dalla legge 27 maggio 1993, n. 162. Gli automezzi appartenenti a società diverse da quella del titolare dell’autorizzazione hanno facoltà di eseguire il rifornimento qualora si tratti di società controllate dalla società titolare dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 2359 del codice civile.
Art. 92. (Impianti per natanti e aeromobili)
1. Gli impianti per il rifornimento di natanti e quelli per il rifornimento di aeromobili ad uso pubblico e le loro modifiche sono autorizzati dal comune nel quale ha sede l'impianto secondo le procedure previste per gli impianti di distribuzione della rete stradale, in conformità a quanto previsto dai provvedimenti di cui all'articolo 83, che disciplinano anche le deroghe alla programmazione regionale degli impianti stessi.
2. Gli impianti devono essere adibiti all'esclusivo rifornimento di natanti o aeromobili con impossibilità di rifornimento di autoveicoli.
3. Gli impianti per il rifornimento di natanti e quelli per il rifornimento di aeromobili ad uso privato sono autorizzati dal comune alle medesime condizioni e nel rispetto della disciplina applicabile per gli impianti di distribuzione carburanti per autotrazione ad uso privato, nonché in conformità a quanto previsto dai provvedimenti di cui all'articolo 83.
Art. 93. (Requisiti soggettivi del richiedente)
1. Il richiedente l'autorizzazione per l'installazione e l'esercizio di un impianto stradale di distribuzione carburanti per autotrazione deve essere in possesso dei seguenti requisiti:
a) aver compiuto diciotto anni;
b) essere cittadino italiano, o persona giuridica italiana o degli Stati dell'Unione europea, oppure società aventi la sede legale in Italia o negli Stati dell'Unione europea; oppure persona fisica o giuridica avente nazionalità di Stati che ammettano i cittadini, gli enti e le società italiane all'esercizio dell'attività di distribuzione di carburanti per uso di autotrazione.
2. L'autorizzazione non può essere rilasciata a coloro che:
a) hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna per delitto non colposo per il quale è prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a due anni e nel massimo a cinque anni, o una condanna che comporta la interdizione dai pubblici uffici di durata superiore a tre anni, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione;
b) sono sottoposti ad una delle misure di prevenzione di cui alla l. 1423/1956, o nei cui confronti è stata applicata una delle misure previste dalla l. 575/1965, (ora decreto legislativo n. 159 del 2011 - n.d.r.) ovvero sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione.
3. Il divieto di esercizio dell'attività di distribuzione carburanti ai sensi del comma 2, lettera b), permane per la durata di tre anni a decorrere dal giorno in cui la pena è stata scontata o si sia in altro modo estinta. Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena, non si applica il divieto di esercizio dell'attività.
4. In caso di società i requisiti di cui al comma 2 sono posseduti dal legale rappresentante o da altra persona specificatamente preposta all'attività di distribuzione carburanti.
Art. 94. (Collaudo ed esercizio provvisorio)
1. Ad ultimazione dei lavori e prima della messa in esercizio, i nuovi impianti, ad esclusione di quelli di gasolio ad uso privato costituiti da contenitori-distributori rimovibili approvati secondo la normativa vigente e rispondenti alle direttive europee vigenti in materia, gli impianti sottoposti a ristrutturazione totale e quelli potenziati con i prodotti metano e GPL devono essere collaudati, su richiesta del titolare dell'autorizzazione, da apposita commissione nominata dal comune e composta da rappresentanti designati:
a) dal comune, il cui rappresentante svolge le funzioni di presidente;
b) dal comando provinciale dei vigili del fuoco;
c) dall'ufficio delle dogane competente per territorio;
d) dall'ASL competente per territorio;
e) dall'ARPA competente per territorio.
2. Il collaudo è effettuato entro il termine perentorio di sessanta giorni dal ricevimento, da parte del comune, della richiesta dell'interessato. In attesa del collaudo il comune autorizza, su richiesta del titolare dell'autorizzazione, l'esercizio provvisorio dell'impianto; a tal fine il titolare dell'autorizzazione presenta al comune la dichiarazione di inizio attività convalidata dal comando provinciale dei vigili del fuoco ai sensi dell'articolo 3, d.P.R. 37/1998 (ora d.P.R. n. 151 del 2011 - n.d.r.). Gli oneri del collaudo sono a carico del richiedente. Scaduto il termine di sessanta giorni per l'effettuazione del collaudo il titolare dell'autorizzazione può presentare al comune competente idonea autocertificazione e perizia attestante la conformità dell'impianto al progetto approvato, sostitutive, a tutti gli effetti, del collaudo.
3. La procedura di cui al comma 2 può avere ad oggetto le apparecchiature destinate al contenimento o all'erogazione del prodotto GPL e del prodotto metano.
4. Le procedure e le modalità per il collaudo e per l'autorizzazione all'esercizio provvisorio dell'impianto sono definite dai provvedimenti di cui all'articolo 83.
Art. 95. (Sospensione volontaria dell'attività)
1. L'esercizio degli impianti stradali di distribuzione carburanti può essere sospeso, per un periodo non superiore a dodici mesi, previa autorizzazione del comune, rilasciata su motivata richiesta del titolare.
2. La proroga della sospensione, per un ulteriore periodo non superiore a dodici mesi, può essere autorizzata solo per documentati motivi che devono essere comunicati al comune prima del termine dell'originaria scadenza.
3. Le procedure relative agli impianti la cui attività è temporaneamente sospesa e alle verifiche dei comuni in relazione alla riattivazione degli stessi sono stabilite dai provvedimenti di cui all'articolo 83.
Art. 96. (Trasferimento di titolarità dell'autorizzazione)
1. Le parti interessate comunicano al comune, alla Regione, al comando dei vigili del fuoco e all'ufficio delle dogane competenti il trasferimento della titolarità dell'autorizzazione di un impianto stradale di distribuzione carburanti attivo e funzionante, o la cui attività sia temporaneamente sospesa con apposita autorizzazione comunale, entro quindici giorni dalla data di registrazione dell'atto di compravendita ovvero dalla data di registrazione dell'atto di cessione o affitto di azienda o di ramo di azienda. Alla comunicazione è allegata copia dell'atto registrato.
2. Il subentrante allega alla comunicazione di cui al comma 1 anche la documentazione comprovante il possesso dei requisiti soggettivi di cui all'articolo 93.
Art. 97. (Comunicazioni agli utenti)
1. I gestori degli impianti espongono all’interno dell’area di pertinenza idoneo cartello fornito dai titolari delle autorizzazioni, in cui sono riportati l’orario di servizio ed i turni di apertura. 2.
2. I gestori espongono altresì in prossimità degli accessi un altro cartello, fornito dai titolari delle autorizzazioni, in cui sono riportati i prezzi praticati riferiti a ogni singola tipologia di carburante in vendita. L’obbligo si intende assolto con l’esposizione di un solo prezzo per ciascuna categoria merceologica (gasolio, benzina, gpl, metano o carburanti di altra natura).
Art. 98. (Consulta regionale carburanti)
1. È istituita, senza oneri aggiuntivi al bilancio regionale, la consulta regionale carburanti con compiti consultivi di analisi e di formulazione di proposte in ordine al processo di qualificazione e ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti, nonché di monitoraggio dell'andamento dei relativi prezzi, al fine di fornire una informazione completa, semplice e trasparente ai consumatori. La Giunta regionale, sentito il parere della commissione consiliare competente, ne stabilisce con apposito provvedimento la composizione, il funzionamento e la durata.
2. La consulta è costituita con decreto della direzione regionale competente.
Art. 99. (Vigilanza)
1. La vigilanza sull'osservanza delle disposizioni contenute nella presente legge spetta ai comuni.
2. Sono fatti salvi i controlli di natura fiscale e quelli inerenti alla tutela della sicurezza pubblica e alla sicurezza sanitaria, ambientale e stradale previsti dalle normative di settore.
Art. 100. (Revoca, sospensione e decadenza dell'autorizzazione)
1. Le autorizzazioni relative agli impianti di distribuzione di carburanti sono revocate dal comune in caso di:
a) sospensione non autorizzata dell'esercizio dell'attività dell'impianto, previa diffida alla riapertura entro un termine compreso fra un minimo di quindici giorni ed un massimo di sessanta definito dal comune;
b) cessione di carburanti a terzi a titolo oneroso o gratuito negli impianti ad uso privato di cui all'articolo 91;
c) esercizio dell'impianto in assenza del preventivo collaudo o autorizzazione all'esercizio provvisorio di cui all'articolo 94. Nel caso di singoli componenti dell'impianto non collaudati, la revoca viene disposta solo per gli stessi;
d) impianto risultato non compatibile dopo le verifiche di cui all'articolo 85, comma 1, lettera l).
2. Nel caso di cui al comma 1, lettera d), il provvedimento di revoca è sospeso per un periodo massimo di dodici mesi, qualora il titolare dell'autorizzazione dell'impianto incompatibile dichiari di voler realizzare un nuovo impianto. Trascorso tale termine il provvedimento di revoca è definitivo.
3. Il comune può sospendere l'autorizzazione con provvedimento motivato, per un periodo definito, nei seguenti casi:
a) esercizio dell'impianto in violazione delle prescrizioni in materia di sicurezza sanitaria, di tutela ambientale e di prevenzione incendi. La sospensione dura fino a quando il titolare dell'autorizzazione non adempia, nel termine fissato dal provvedimento di sospensione, alle prescrizioni previste dalle normative di riferimento. Nel caso di mancata ottemperanza alle prescrizioni nel termine assegnato, salvo proroga per gravi e comprovati motivi, il comune procede alla revoca dell'autorizzazione;
b) esercizio dell'impianto in difformità da quanto stabilito nell'autorizzazione, sino alla eliminazione delle difformità.
4. La decadenza dell'autorizzazione, dichiarata dal comune interessato, si verifica nei seguenti casi:
a) quando il titolare dell'autorizzazione non attivi l'impianto entro ventiquattro mesi dal suo rilascio, salvo proroga concessa su richiesta dell'interessato, per gravi e comprovati motivi;
b) quando il titolare dell'autorizzazione per impianti metano non attivi l'impianto entro un anno dal suo rilascio o dalla maturazione del silenzio assenso, salvo proroga concessa su richiesta dell'interessato, per gravi e comprovati motivi;
c) perdita da parte del titolare dell'autorizzazione dei requisiti soggettivi di cui all'articolo 93;
d) rimozione degli impianti senza la preventiva autorizzazione comunale;
5. Le autorizzazioni revocate e decadute non sono utilizzabili ai fini della rilocalizzazione degli impianti in relazione alla programmazione regionale della rete distributiva di cui all'articolo 83.
Art. 101. (Sanzioni amministrative)
1. E' sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 20.000 euro a 80.000 euro e alla sanzione accessoria della confisca del prodotto e delle attrezzature non autorizzate chiunque installi impianti di distribuzione carburanti o eserciti l'attività di distribuzione senza la preventiva autorizzazione. E' sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 8.000 euro e alla confisca delle attrezzature chiunque realizzi modifiche agli impianti espressamente soggette ad autorizzazione, senza la preventiva autorizzazione.
2. E' sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria di 5.000 euro e alla sanzione accessoria della confisca del prodotto e delle attrezzature non autorizzate chiunque:
a) installi, senza preventiva autorizzazione, impianti di distribuzione carburanti ad uso privato;
b) violi il divieto di cui all'articolo 91, comma 1;
c) eserciti l'attività di distribuzione carburanti ad uso privato, senza la preventiva autorizzazione.
3. È sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 2.000 euro chiunque violi le disposizioni regionali e comunali in materia di orari di apertura e di chiusura degli impianti di carburante. In caso di recidiva, oltre alla sanzione amministrativa, può essere disposta la chiusura dell'impianto fino ad un massimo di quindici giorni.
4. È sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 2.000 euro chiunque non adempia all'obbligo di pubblicizzazione dei prezzi praticati, degli orari e dei turni di apertura dell'impianto secondo le modalità previste dall'articolo 97.
4-bis. È sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 2.000 euro chiunque sospenda, senza giustificato motivo, l’erogazione, anche di un solo prodotto, per più di tre giorni senza la preventiva comunicazione motivata al Comune competente, fatto salvo l’esercizio del diritto di sciopero.
5. L'applicazione delle sanzioni previste dai commi 1, 2, 3 4 e 4 bis, è di competenza del comune ove è installato l'impianto.
6. Il procedimento per l'applicazione delle sanzioni previste dal presente articolo è regolato dalla l.r. 90/1983. (ora articoli da 24 a 30 della legge reg. n. 1 del 2012 - n.d.r.).
Art. 102. (Norma transitoria in materia di localizzazione degli impianti)
1. All'entrata in vigore del presente testo unico continuano ad applicarsi i piani urbanistici di localizzazione di cui all'articolo 86, comma 2, già adottati dai comuni in applicazione dell'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32 (Razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti, a norma dell'articolo 4, comma 4, lett. c) della legge 15 marzo 1997, n. 59).
2. Nei comuni che alla data di entrata in vigore del presente testo unico siano privi del piano urbanistico di localizzazione degli impianti stradali di distribuzione di carburante, la localizzazione dei nuovi impianti continua ad avvenire in conformità alle disposizioni stabilite dalla deliberazione della Giunta regionale 29 febbraio 2000, n. VI/48714 (Individuazione, in via sostitutiva, dei requisiti e delle caratteristiche delle aree, per la localizzazione degli impianti stradali di distribuzione carburanti, ai sensi dell'Articolo 1, comma 2, del d.lgs. 8 settembre 1999, n. 346 come modificato dalla l. 28 dicembre 1999, n. 496, da applicare nei casi di inadempimento da parte dei Comuni), pubblicata sul B.U.R.L. n. 11 Serie Ordinaria del 13 marzo 2000.
TITOLO III - Regolazione della condotta
Capo I - Orari
Art. 103. (Orari delle attività di vendita al dettaglio in sede fissa)
1. Gli orari di apertura e di chiusura al pubblico degli esercizi commerciali di vendita al dettaglio in sede fissa sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo e dei criteri adottati dai comuni, sentite le organizzazioni maggiormente rappresentative dei consumatori, delle imprese e dei lavoratori dipendenti del comparto commerciale, anche in raccordo con le indicazioni del piano territoriale degli orari di cui alla legge regionale 28 ottobre 2004, n. 28 (Politiche regionali per il coordinamento e l'amministrazione dei tempi delle città), ove approvato.
2. Gli esercizi commerciali di vendita al dettaglio in sede fissa possono restare aperti al pubblico nei giorni feriali dalle ore sette alle ore ventidue. Nel rispetto di tale fascia oraria l'esercente può liberamente determinare l'orario di apertura e di chiusura del proprio esercizio non superando comunque il limite di tredici ore giornaliere. L'osservanza della mezza giornata di chiusura infrasettimanale è facoltativa.
3. I comuni, con le modalità di cui al comma 1 e fermo restando il limite delle tredici ore giornaliere, possono:
a) estendere la fascia oraria di apertura al pubblico degli esercizi commerciali di vendita al dettaglio in sede fissa tra le ore cinque e le ore ventiquattro;
b) autorizzare, per particolari esigenze di servizio al cittadino, specifiche deroghe all'orario di apertura mattutino di cui alla lettera a).
4. Salvo deroghe motivate da parte dei comuni interessati, non è consentita la vendita di pane la cui panificazione è effettuata nelle giornate domenicali e festive.
5. Gli esercizi commerciali di vendita al dettaglio in sede fissa, nel corso dell'anno solare e nel rispetto dei limiti di cui ai commi 2, 3 e 14, possono restare aperti al pubblico:
a) nella prima domenica dei mesi da gennaio a novembre;
b) nell'ultima domenica di uno dei mesi di maggio, agosto o novembre;
c) nelle giornate domenicali e festive del mese di dicembre;
d) in altre cinque giornate domenicali e festive scelte dai comuni in relazione alle esigenze locali.
6. I comuni, su proposta degli esercenti e sentite le organizzazioni di cui al comma 1, individuano le giornate di cui al comma 5, lettera d), entro il 30 novembre di ogni anno.
7. Entro il termine di cui al comma 6 e fermo il disposto dei commi 5 e 13, lettera d), il comune può autorizzare l'apertura domenicale e festiva fino a un massimo di ulteriori dieci giornate annue per:
a) i comuni capoluogo di provincia, limitatamente alle zone diverse dal centro storico, previo accordo con le organizzazioni di cui al comma 1;
b) gli esercizi, organizzati anche in forma unitaria, aventi superficie di vendita non inferiore a 10.000 metri quadrati, denominati factory outlet center, specializzati nella vendita di prodotti appartenenti al settore merceologico non alimentare al fine di esitare esclusivamente articoli invenduti di fine serie, fallati, collezioni di anni precedenti e prodotti campionari, previo accordo con le organizzazioni di cui al comma 1.
8. La Giunta regionale può autorizzare, per gli ambiti di cui al comma 7, lettera b), un ulteriore incremento di giornate di apertura domenicale e festiva a seguito di motivata richiesta del comune interessato e previo accordo dello stesso con le organizzazioni delle imprese e dei lavoratori dipendenti del comparto commerciale più rappresentative a livello provinciale, sentite le associazioni dei consumatori; limitatamente alle organizzazioni delle imprese, in caso di mancato accordo a livello provinciale, con quella più rappresentativa a livello regionale.
9. Il comune può autorizzare, per gli ambiti territoriali di cui all'articolo 5, un incremento di giornate di apertura domenicale e festiva delle attività commerciali ulteriore rispetto a quello di cui ai commi 5, 6, 7 e 8, concordate con le organizzazioni delle imprese e dei lavoratori dipendenti del comparto commerciale più rappresentative a livello provinciale interessate dal distretto.
10. I comuni, nel valutare le ulteriori aperture di cui ai commi 8 e 9, tengono conto in particolare degli impegni assunti dalle imprese commerciali interessate per la salvaguardia e, ove possibile, la crescita del livello occupazionale, nonché in materia di responsabilità sociale di impresa, con particolare riferimento a specifiche azioni di conciliazione famiglia/lavoro.
11. Nel rispetto dei limiti di cui ai commi 2, 3 e 14, l'apertura al pubblico nelle giornate domenicali e festive è consentita, con riferimento all'intero anno solare, agli esercizi commerciali di vendita al dettaglio in sede fissa aventi superficie di vendita fino a 250 metri quadrati.
12. In deroga a quanto previsto dal presente articolo, nei comuni nei quali si svolgono i mercati domenicali o festivi a valenza storica o di particolare pregio di cui all'articolo 18, è consentita l'apertura al pubblico degli esercizi commerciali limitatamente alle giornate e agli orari in cui si svolgono tali mercati.
13. Nel rispetto dei limiti di cui ai commi 2, 3 e 14, l'apertura al pubblico nelle giornate domenicali e festive è consentita negli ambiti territoriali a forte attrattività, così individuati:
a) i comuni montani che siano sedi di impianti sciistici;
b) i comuni rivieraschi dei laghi lombardi di cui all'allegato A della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), con esclusione dei capoluoghi di provincia e limitatamente ai laghi nei quali è presente un servizio pubblico di navigazione di linea per il trasporto di persone e cose;
c) i comuni sedi di stabilimenti termali riconosciuti ai sensi della disciplina regionale vigente;
d) i centri storici dei comuni capoluogo di provincia, come delimitati dagli strumenti urbanistici;
e) i comuni sui quali insiste il sedime degli aeroporti di Malpensa, Linate, Orio al Serio e Montichiari, entro un raggio di 500 metri in linea d'aria a partire dagli accessi al pubblico allo scalo, esclusivamente per le strutture di vendita a supporto dello sviluppo aeroportuale.
14. Salvo non coincida con la festa patronale e salvo deroghe motivate da parte dei comuni, non è consentita l'apertura al pubblico delle attività di vendita nelle seguenti giornate domenicali o festive:
a) 1° gennaio;
b) Pasqua;
c) 25 aprile;
d) 1° maggio;
e) 15 agosto;
f) 25 dicembre pomeriggio;
g) 26 dicembre.
15. Salvo che non coincidano con la giornata di sabato, nel caso di deroga ad una o più delle festività di cui al comma 14, le stesse sono computate tra quelle di cui al comma 5, lettera d).
16. L'esercente è tenuto a rendere noto al pubblico l'orario di effettiva apertura e chiusura del proprio esercizio mediante cartelli o altri mezzi idonei di informazione.
17. Le disposizioni del presente articolo, ad eccezione del comma 16 e degli articoli 104 e 105, non si applicano alle seguenti tipologie di attività, purché esercitate in forma esclusiva o comunque su almeno l'80 per cento della superficie di vendita dell'esercizio:
a) rivendite di generi di monopolio;
b) rivendite di giornali, riviste e periodici;
c) gelaterie, gastronomie, rosticcerie e pasticcerie;
d) esercizi specializzati nella vendita di bevande, fiori, piante, articoli di giardinaggio, mobili, libri, materiali audiovisivi, opere d'arte, oggetti di antiquariato, stampe, cartoline, articoli ricordo, oggetti religiosi e artigianato locale;
e) esercizi di vendita interni alle sale cinematografiche, ai campeggi, ai villaggi turistici ed alberghieri, situati nelle aree e nelle stazioni di servizio lungo le autostrade, nonché nelle stazioni ferroviarie, aeroportuali, lacuali e fluviali.
18. I comuni possono autorizzare, in base alle esigenze dell'utenza e alle particolari caratteristiche del territorio, l'esercizio dell'attività di vendita in orario notturno esclusivamente per un limitato numero di esercizi di vicinato.
Art. 104. (Sanzioni delle violazioni della disciplina degli orari)
1. Le violazioni delle disposizioni in materia di obbligo di chiusura degli esercizi di vendita al dettaglio in sede fissa di cui all'articolo 103 nelle giornate domenicali e festive sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 2.000 euro per la tipologia di esercizi di vicinato, da 2.000 euro a 5.000 euro per la tipologia delle medie strutture di vendita e da 5.000 euro a 30.000 euro per la tipologia delle grandi strutture di vendita.
2. Si ha reiterazione quando nei cinque anni successivi alla commissione della violazione di cui al comma 1, accertata con provvedimento esecutivo, sia stata commessa la medesima violazione. In caso di più contestazioni di violazioni dell'obbligo di cui al comma 1 nell'arco di un quinquennio, il sindaco, oltre alla sanzione amministrativa pecuniaria, dispone la sospensione dell'attività di vendita per un periodo compreso tra due e sette giorni consecutivi. Il provvedimento di sospensione è disposto anche qualora il contravventore abbia effettuato il pagamento della sanzione pecuniaria in misura ridotta relativamente alle violazioni contestate.
3. Le violazioni delle disposizioni di cui all'articolo 103, commi 2, 3, 4 e 16, sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 euro a 200 euro per gli esercizi di vicinato, da 1.000 euro a 3.000 euro per la tipologia delle medie strutture di vendita e da 3.000 euro a 10.000 euro per la tipologia delle grandi strutture di vendita.
Art. 105. (Clausola valutativa)
1. La Giunta regionale informa il Consiglio regionale dell'attuazione della legge e dei risultati da essa ottenuti nell'ampliare e diversificare l'apertura degli esercizi commerciali.
2. Ai fini di cui al comma 1, la Giunta regionale trasmette al Consiglio regionale una relazione triennale che fornisce risposte documentate ai seguenti quesiti:
a) in che misura e con quali modalità gli esercenti hanno utilizzato le opportunità di apertura domenicale e festiva, in relazione alla dimensione degli esercizi commerciali ed alla loro distribuzione territoriale;
b) quali azioni sono state intraprese dalla Regione e dai comuni per incentivare le iniziative delle associazioni di categoria delle imprese commerciali finalizzate all'animazione dei centri urbani ed alla promozione delle attività commerciali ai sensi degli articoli da 136 a 141;
c) in che misura e con quali modalità i comuni hanno regolato gli orari commerciali;
d) in che misura e con quali modalità le iniziative di diversificazione e ampliamento delle aperture degli esercizi commerciali sono state inserite nei piani territoriali degli orari dei comuni che si sono dotati di questo strumento;
e) quali soluzioni organizzative e quali tipologie di lavoro sono state prevalentemente utilizzate dagli esercenti per far fronte alle aperture domenicali e festive, in relazione alla dimensione degli esercizi commerciali ed alla loro distribuzione territoriale.
Art. 106. (Provvedimenti di attuazione in materia di orari e turni degli impianti di distribuzione carburanti)
1. La Giunta regionale, sentita la consulta regionale carburanti, approva gli indirizzi generali per gli orari ed i turni di apertura e chiusura degli impianti.
Art. 107. (Disposizioni in materia di orari e turni di servizio degli impianti di distribuzione carburanti)
1. Le variazioni degli orari di servizio, all'interno della fascia consentita, richieste dai gestori degli impianti di distribuzione carburanti al fine di sopperire ad accresciute necessità connesse a particolari periodi o situazioni dell'anno sono autorizzate dai comuni senza la necessità di previo nulla osta regionale. I comuni danno comunicazione alla Regione delle variazioni di orario autorizzate.
2. Le variazioni dei turni di servizio degli impianti di distribuzione di carburanti sono autorizzate dai comuni senza la necessità di previo nulla osta regionale. Resta fermo l'obbligo di acquisire il previo nulla osta regionale per le autorizzazioni concernenti il servizio notturno.
3. I comuni devono trasmettere alla Regione copia delle autorizzazioni di cui ai commi 1 e 2.
Art. 108. (Orari degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande)
1. Gli orari di apertura e chiusura al pubblico degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico, compresi quelli nei quali vengono svolte congiuntamente attività di vendita di beni o servizi, sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti entro i limiti stabiliti dal sindaco, sentito il parere della commissione di cui all'articolo 78 e in conformità agli indirizzi generali di cui all'articolo 68, comma 1.
2. Gli esercizi devono rispettare l'orario prescelto e devono pubblicizzarlo mediante l'esposizione di appositi cartelli all'interno e all'esterno dell'esercizio.
3. La Giunta regionale, sentite le associazioni dei pubblici esercizi, il Comitato regionale per la tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti di cui alla legge regionale 3 giugno 2003, n. 6 (Norme per la tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti) e la competente commissione consiliare, emana direttive ai comuni per la fissazione degli orari degli esercizi che svolgono attività di intrattenimenti musicali e danzanti congiuntamente alla somministrazione di alimenti e bevande.
Art. 109. Chiusura temporanea degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande)
1. Il titolare dell'esercizio di somministrazione di alimenti e bevande aperto al pubblico comunica al sindaco la chiusura temporanea dell'esercizio solo se superiore a trenta giorni consecutivi.
2. Il sindaco, al fine di assicurare all'utenza idonei livelli di servizio, può predisporre, sentito il parere della commissione di cui all'articolo 78, programmi di apertura per turno degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico. Gli esercenti sono tenuti ad osservare i turni predisposti ed a renderli noti al pubblico mediante l'esposizione di un apposito cartello ben visibile sia all'interno che all'esterno dell'esercizio.
3. Gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico possono, a discrezione del titolare, osservare una o più giornate di riposo settimanale.
Art. 110. (Sanzioni)
1. Per la violazione delle disposizioni degli articoli 108 e 109 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 80 commi 2, 3, 4 e 5.
Art. 111. (Indirizzi in materia di orari per il commercio su aree pubbliche)
1. Il comune nello stabilire gli orari per il commercio su aree pubbliche si attiene ai seguenti indirizzi:
a) l'esercizio dell'attività può essere effettuato in fasce orarie anche diverse rispetto a quelle degli altri operatori al dettaglio in sede fissa;
b) la fascia oraria massima di articolazione dell'orario per il commercio su aree pubbliche è compresa tra le ore 5.00 e le ore 24.00 con possibilità di effettuazione dei mercati anche in orari pomeridiani e serali;
c) è ammessa, sentite le organizzazioni del commercio maggiormente rappresentative a livello provinciale, l'istituzione di mercati su aree pubbliche che si svolgono in giornate domenicali o festive;
d) è fatto divieto di effettuare mercati e fiere nei giorni di Natale, Capodanno, Pasqua. I mercati che coincidono con le festività di cui sopra possono essere anticipati;
e) limitazioni temporali possono essere stabilite nei casi di indisponibilità dell'area commerciale per motivi di polizia stradale, di carattere igienico-sanitario e per motivi di pubblico interesse;
f) si applicano in quanto compatibili le disposizioni in materia di orari degli esercizi di vendita al dettaglio in sede fissa.
Art. 112. (Sanzioni per la violazione delle disposizioni in materia di orari per il commercio su aree pubbliche)
1. Per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 111 si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 500 euro a 3.000 euro.
Capo II - Vendite straordinarie
Art. 113. (Oggetto ed ambito di applicazione)
1. Il presente capo disciplina le vendite straordinarie di liquidazione, di fine stagione e promozionali, nelle quali l'esercente dettagliante offre condizioni favorevoli, reali ed effettive, di acquisto dei propri prodotti.
2. Le disposizioni del presente capo si applicano alle attività di vendita al dettaglio ed alle attività in cui la vendita è presente anche se effettuata in modo non continuativo o non prevalente, comprese le attività di vendita effettuate dai produttori e dagli artigiani in luoghi diversi dai locali di produzione o a questi adiacenti.
Art. 114. (Vendite di liquidazione)
1. Le vendite di liquidazione sono effettuate dall'operatore commerciale al fine di esaurire in breve tempo tutte le proprie merci a seguito di:
a) cessazione dell'attività commerciale;
b) trasferimento in gestione o cessione in proprietà di azienda;
c) trasferimento dell'azienda in altro locale;
d) trasformazione o rinnovo dei locali.
2. Tutte le vendite di liquidazione possono essere effettuate in qualunque periodo dell'anno, salvo quanto disposto dal comma 5.
3. Le vendite di liquidazione di cui al comma 1, lettere a), b) e c), possono essere effettuate per la durata massima di tredici settimane.
4. Le vendite di liquidazione di cui al comma 1, lettera d), possono essere effettuate per la durata massima di sei settimane e per una sola volta in ciascun anno solare.
5. Le vendite di liquidazione per la trasformazione o il rinnovo dei locali, sempre liberamente praticabili nei mesi di febbraio e agosto, non possono essere effettuate nei trenta giorni antecedenti le vendite di cui all'articolo 115, nonché, in ogni caso, dal 25 novembre al 31 dicembre. L'operatore commerciale ha l'obbligo di chiusura dell'esercizio per un periodo pari a un terzo della durata della vendita di liquidazione e, comunque, per almeno sette giorni, con decorrenza dalla cessazione della vendita straordinaria.
6. La trasformazione o il rinnovo dei locali deve comportare l'esecuzione di rilevanti lavori di ristrutturazione o di manutenzione straordinaria od ordinaria dei locali di vendita, relativi ad opere strutturali, all'installazione o alla sostituzione di impianti tecnologici o servizi, o loro adeguamento alle norme vigenti.
7. Non è consentita l'effettuazione delle vendite di liquidazione nell'ipotesi di cessione dell'azienda, nei casi in cui la cessione avvenga tra aziende controllate o collegate, quali definite dall'articolo 2359 del codice civile.
8. L'operatore commerciale che effettua una vendita di liquidazione è tenuto a darne comunicazione al comune nel quale ha sede l'esercizio, tramite lettera raccomandata, almeno quindici giorni prima della data di inizio.
9. Tutte le comunicazioni di effettuazione di vendita di liquidazione devono indicare:
a) l'ubicazione dei locali in cui è effettuata la vendita;
b) la data di inizio e quella di cessazione della vendita;
c) le merci poste in vendita, distinte per voci merceologiche con indicazione della quantità delle stesse.
10. Le comunicazioni relative a vendite di liquidazione per cessazione di attività devono recare indicazione, anche mediante allegazione in copia, della comunicazione di cessazione di attività per gli esercizi di vicinato, ovvero dell'atto di rinuncia all'autorizzazione per le medie e le grandi strutture di vendita; nel caso di vendite di liquidazione di cui al comma 1, lettere a) e b), il titolare dell'attività, per un periodo di almeno sei mesi successivi alla vendita di liquidazione, non può aprire un nuovo esercizio dello stesso settore merceologico nei medesimi locali.
11. Le comunicazioni riguardanti le vendite di liquidazione per il trasferimento in gestione o la cessione in proprietà di azienda devono indicare, o recare accluso in copia, l'atto registrato che attesti l'avvenuto trasferimento. È facoltà dell'esercente di produrre tale atto entro il termine del periodo di durata della vendita di liquidazione.
12. Le comunicazioni relative a vendite di liquidazione per trasferimento in altro locale devono recare indicazione, anche mediante allegazione in copia, della comunicazione di trasferimento per gli esercizi di vicinato, ovvero dell'autorizzazione al trasferimento per le medie e le grandi strutture di vendita.
13. Le comunicazioni relative a vendite di liquidazione per trasformazione o rinnovo locali devono recare indicazione, anche mediante allegazione in copia, delle comunicazioni, autorizzazioni o permessi previsti dalle leggi edilizie.
14. Per le operazioni di rinnovo di minore entità quali, ad esempio, la tinteggiatura delle pareti, la sostituzione degli arredi, la riparazione o sostituzione di impianti, la comunicazione deve recare una descrizione della natura effettiva dell'intervento.
15. Le comunicazioni di cui ai commi 13 e 14 devono, in ogni caso, indicare esattamente il periodo di chiusura di cui al comma 5.
16. Nei casi previsti al comma 1, lettere a), b) e c), le autorizzazioni o abilitazioni all'attività di vendita al dettaglio mantengono la loro validità per la durata delle vendite di liquidazione e comunque non oltre il termine di cui al comma 3.
17. È vietata l'effettuazione di vendite di liquidazione con il sistema del pubblico incanto.
18. Dall'inizio delle vendite di liquidazione, è vietato introdurre nei locali e nelle pertinenze dell'esercizio di vendita merci del genere di quelle offerte in vendita di liquidazione, siano esse acquistate o acquisite ad altro titolo, anche in conto deposito.
Art. 115. (Vendite di fine stagione)
1. Le vendite di fine stagione sono effettuate dall'operatore commerciale al fine di esitare, durante una certa stagione o entro un breve periodo di tempo, prodotti non alimentari di carattere stagionale o articoli di moda e, in genere, prodotti che, se non sono venduti entro un certo tempo, siano comunque suscettibili di notevole deprezzamento.
2. Le vendite di fine stagione possono essere effettuate, tenuto conto delle consuetudini locali e delle esigenze del consumatore, soltanto in due periodi dell'anno, della durata massima di sessanta giorni, determinati dalla Giunta regionale, sentite le camere di commercio, le associazioni dei commercianti maggiormente rappresentative e le associazioni dei consumatori.
Art. 116. (Vendite promozionali)
1. Le vendite promozionali sono effettuate dall'operatore commerciale al fine di promuovere la vendita di uno, più o tutti i prodotti della gamma merceologica, applicando sconti o ribassi sul prezzo normale di vendita.
2. Le vendite promozionali dei prodotti di cui all'articolo 115, comma 1, non possono essere effettuate nei periodi di cui all'articolo 115, comma 2, e nei trenta giorni antecedenti, né in ogni caso dal 25 novembre al 31 dicembre.
3. Le vendite promozionali dei prodotti alimentari, dei prodotti per l'igiene della persona e per l'igiene della casa non sono soggette alle limitazioni di cui al comma 2.
3-bis. In presenza di casi straordinari legati a gravi eventi calamitosi per i quali è stato decretato dal Governo lo stato di emergenza o dalla Regione lo stato di crisi, la Giunta regionale può adottare, sentite le associazioni maggiormente rappresentative del settore commercio ai sensi della legge 580/1993, nonché l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), provvedimenti motivati di deroga rispetto a quanto previsto dal comma 2. Nel caso in cui l’evento calamitoso non riguardi l’intera Regione, i provvedimenti di cui al periodo precedente possono essere adottati per singole parti del territorio regionale, anche su proposta del comune o dei comuni interessati.
Art. 117. (Informazione e tutela del consumatore)
1. Nelle vendite straordinarie è esposto obbligatoriamente il prezzo normale di vendita iniziale e lo sconto o il ribasso espresso in percentuale.
2. È facoltà del venditore indicare anche il prezzo di vendita praticato a seguito dello sconto o ribasso, nel rispetto dei commi 6 e 7.
3. È vietato all'operatore commerciale indicare prezzi ulteriori e diversi rispetto a quanto previsto dai commi 1 e 2.
4. I messaggi pubblicitari relativi alle vendite straordinarie devono essere presentati, anche graficamente, in modo non ingannevole per il consumatore.
5. Tutte le comunicazioni pubblicitarie relative alle vendite straordinarie devono contenere gli estremi delle comunicazioni al comune quando previste dal presente capo.
6. Tutte le comunicazioni pubblicitarie relative alle vendite straordinarie devono indicare la durata esatta della vendita stessa.
7. L'operatore commerciale ha l'obbligo di fornire informazioni veritiere relativamente agli sconti o ai ribassi praticati, tanto nelle comunicazioni pubblicitarie, quanto nella indicazione dei prezzi nei locali di vendita.
8. L'operatore commerciale deve essere in grado di dimostrare la veridicità delle informazioni fornite agli organi di controllo.
9. Le merci oggetto delle vendite straordinarie devono essere fisicamente separate in modo chiaro e inequivoco da quelle eventualmente poste in vendita alle condizioni ordinarie. Qualora la separazione non sia possibile, l'operatore commerciale deve indicare, con cartelli o altri mezzi idonei, le merci che non sono oggetto delle vendite straordinarie, sempre che ciò possa essere fatto in modo inequivoco e non ingannevole per il consumatore. In caso contrario, non possono essere poste in vendita merci a condizioni ordinarie.
10. Le merci oggetto delle vendite straordinarie devono essere vendute ai compratori secondo l'ordine cronologico delle richieste, senza limitazioni di quantità e senza abbinamenti con altre merci, fino all'esaurimento delle scorte. A tal fine i quantitativi disponibili delle predette merci devono essere comunicati al comune contestualmente alle altre comunicazioni sopra previste.
11. L'eventuale esaurimento delle scorte di taluni prodotti deve essere portato a conoscenza del pubblico con avviso ben visibile.
12. Nel corso di vendite straordinarie il rivenditore è comunque tenuto a sostituire i prodotti difettosi o a rimborsarne il prezzo pagato.
13. Nelle vendite straordinarie di cui al presente capo è vietato l'uso della dizione "Vendite fallimentari" come pure ogni riferimento a fallimenti, procedure esecutive, individuali o concorsuali, e simili, anche come termine di paragone.
Art. 118. (Sanzioni per le violazioni della dla Giunta regionale può adottare, sentite le associazioni maggiormente rappresentative del settore commercio ai sensi della legge 580/1993, nonché l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), provvedimenti motivati di deroga rispetto a quanto previsto dal comma 2. Nel caso in cui l’evento calamitoso non riguardi l’intera Regione, i provvedimenti di cui al periodo precedente possono essere adottati per singole parti del territorio regionale, anche su proposta del comune o dei comuni interessatiisciplina delle vendite straordinarie)
1. Le violazioni delle disposizioni di cui al presente capo sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 3.000 euro.
Capo II bis - Consumo sul posto di alimenti senza somministrazione
Art. 118-bis. (Consumo immediato di
alimenti negli esercizi di vicinato)
(articolo introdotto dall'art.
1 della legge n. 38 del 2015)
1. Negli esercizi di vicinato di cui all'articolo 4, comma 1, lett. d), del d.lgs. 114/1998, che esercitano in via prevalente le attività di vendita al dettaglio di carne e pesce freschi, è consentito il consumo immediato di prodotti di gastronomia presso i locali dell'esercizio, purché lo stesso sia strumentale e accessorio all'attività principale, con l'utilizzo di soli piani d'appoggio o di sole sedute e di stoviglie e posate a perdere, e senza servizio e assistenza di somministrazione.
2. All'attività di cui al comma 1 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2 della l.r. 8/2009, in quanto compatibili con la disciplina prevista per le attività commerciali.
Capo III - Modalità di vendita della stampa quotidiana e periodica
Art. 119. (Sanzioni per la violazione delle modalità di vendita della stampa quotidiana e periodica)
1. Chiunque viola il divieto previsto dall'articolo 5, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 170 (Riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica, a norma dell'articolo 3 della legge 13 aprile 1999 n. 108), è punito con la sanzione amministrativa da 1.000 euro a 3.000 euro.
TITOLO IV - Manifestazioni fieristiche
Art. 120. (Finalità)
1. L'attività fieristica è libera ed è esercitata secondo i principi di pari opportunità e di parità di trattamento fra gli operatori nazionali e quelli appartenenti a paesi esteri. La Regione e i comuni interessati, nell'ambito delle rispettive competenze, garantiscono la libera concorrenza, la trasparenza e la libertà di impresa, anche tutelando la parità di condizioni per l'accesso alle strutture, nonché l'adeguatezza della qualità dei servizi agli espositori ed agli utenti e assicurando il coordinamento delle manifestazioni ufficiali, nonché la pubblicità dei dati e delle informazioni ad esse relativi.
Art. 121. (Definizioni)
1. Ai fini del presente titolo si intendono per:
a) "manifestazioni fieristiche", le attività commerciali svolte in via ordinaria in regime di diritto privato ed in ambito concorrenziale per la presentazione e la promozione o la commercializzazione, limitate nel tempo ed in idonei complessi espositivi, di beni e servizi, destinate a visitatori generici e ad operatori professionali del settore o dei settori economici coinvolti. Tra le manifestazioni fieristiche si individuano le seguenti tipologie:
1) "fiere generali", senza limitazione merceologica, aperte al pubblico, dirette alla presentazione e all'eventuale vendita, anche con consegna immediata, dei beni e dei servizi esposti;
2) "fiere specializzate", limitate ad uno o più settori merceologici omogenei o tra loro connessi, riservate agli operatori professionali, dirette alla presentazione e alla promozione dei beni e dei servizi esposti, con contrattazione solo su campione e con possibile accesso del pubblico in qualità di visitatore;
3) "mostre mercato", limitate ad uno o più settori merceologici omogenei o connessi tra loro, aperte al pubblico indifferenziato o ad operatori professionali, dirette alla promozione o anche alla vendita dei prodotti esposti;b) "espositori", quanti partecipano alla rassegna per presentare, promuovere o diffondere beni e servizi, siano essi produttori, rivenditori, enti pubblici e associazioni appartenenti anche a paesi esteri operanti nei settori economici oggetto delle attività fieristiche o i loro rappresentanti;
c) "visitatori", coloro che accedono alle attività fieristiche, siano essi pubblico indifferenziato od operatori professionali del settore o dei settori economici oggetto della rassegna;
d) "quartieri fieristici", le aree appositamente attrezzate ed edificate per ospitare manifestazioni fieristiche internazionali, ovvero nazionali e regionali e a tal fine destinate dalla pianificazione urbanistica territoriale;
e) "organizzatori di manifestazioni", i soggetti pubblici e privati anche appartenenti a paesi esteri che esercitano attività di progettazione, realizzazione e promozione di manifestazioni fieristiche;
f) "superficie netta", la superficie in metri quadrati effettivamente occupata, a titolo oneroso, dagli espositori nei quartieri fieristici;
g) "enti fieristici", i soggetti che hanno la disponibilità, a qualunque titolo, dei quartieri fieristici, anche al fine di promuovere l'attività fieristica.
Art. 122. (Ambito di applicazione)
1. Le esposizioni universali restano disciplinate dalla Convenzione sulle esposizioni internazionali firmata a Parigi il 22 novembre 1928, come da ultimo modificata dal protocollo internazionale ratificato ai sensi della legge 3 giugno 1978, n. 314 (Ratifica ed esecuzione del protocollo recante modifiche alla convenzione, firmata a Parigi il 22 novembre 1928, concernente le esposizioni internazionali, con allegati, aperto alla firma a Parigi il 30 novembre 1972).
2. Sono escluse dall'ambito di applicazione del presente titolo:
a) le esposizioni di beni e servizi, permanenti oppure realizzate da un singolo produttore, organizzate a scopo promozionale e rivolte alla clientela;
b) le esposizioni, a scopo promozionale o di vendita, realizzate nell'ambito di convegni o manifestazioni culturali, purché non superino i 1.000 metri quadrati di superficie netta;
c) le attività di vendita di beni e servizi disciplinate dalla normativa sul commercio in sede fissa e sul commercio al dettaglio in aree pubbliche.
Art. 123. (Qualificazione delle manifestazioni fieristiche)
1. Le manifestazioni fieristiche sono qualificate di rilevanza internazionale, nazionale, regionale e locale in relazione al loro grado di rappresentatività del settore o dei settori economici cui la manifestazione è rivolta, al programma ed agli scopi dell'iniziativa, alla provenienza degli espositori e dei visitatori.
2. La Regione, con decreto del dirigente competente, provvede al riconoscimento o alla conferma della qualifica delle manifestazioni fieristiche internazionali, nazionali e regionali nel rispetto della normativa comunitaria e fatte salve le funzioni statali derivanti dalle norme in materia di tutela della concorrenza.
3. Le modalità per richiedere il riconoscimento sono disciplinate con il regolamento di cui all'articolo 131.
4. Il riconoscimento o la conferma della qualifica delle manifestazioni fieristiche locali è di competenza dei comuni, che trasmettono alla Regione i dati delle manifestazioni al fine della redazione del calendario regionale.
5. È fatto obbligo agli organizzatori di manifestazioni fieristiche con la qualifica di internazionale e nazionale di avere il proprio bilancio annuale verificato da una società di revisori contabili iscritta nell'apposito albo della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) o di equivalente organo di Paesi membri dell'Unione Europea o extracomunitari.
6. La Giunta regionale stabilisce le modalità di rilevazione e di certificazione dei dati attinenti agli espositori ed ai visitatori per le manifestazioni con qualifica internazionale e nazionale, nonché i tempi di attuazione dei sistemi di rilevazione e certificazione dei dati medesimi.
Art. 124. (Comunicazione dello svolgimento di manifestazioni fieristiche internazionali, nazionali, regionali e locali)
1. L'esercizio delle attività di organizzazione di manifestazioni fieristiche viene svolto dai soggetti pubblici e privati appartenenti a Paesi dell'Unione Europea secondo i criteri definiti, nel rispetto dei principi fissati dalla normativa comunitaria, dal presente titolo. I soggetti pubblici e privati dei Paesi non appartenenti all'Unione Europea possono esercitare l'attività di organizzazione di manifestazioni fieristiche in Lombardia nel rispetto delle normative internazionali e degli indirizzi di programmazione regionale.
2. I soggetti pubblici e privati che, nel rispetto dei principi contenuti nel presente titolo, svolgono manifestazioni fieristiche devono tassativamente darne comunicazione, allegando il regolamento della manifestazione, alla Regione se si tratta di manifestazioni fieristiche internazionali, nazionali e regionali o al comune nel caso di manifestazioni fieristiche locali.
3. La comunicazione deve indicare la denominazione, la qualifica posseduta, il luogo di effettuazione, le categorie e i settori merceologici e le date di inizio e chiusura della manifestazione. Entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione la Regione o il comune possono chiedere informazioni integrative.
4. La manifestazione fieristica può essere effettuata decorsi sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione ovvero, se richieste, delle informazioni integrative. Al fine di assicurare la stabilità e la trasparenza del mercato fieristico della Lombardia, attraverso una programmazione e pubblicizzazione degli eventi fieristici, la Regione attua tutte le iniziative necessarie per evitare lo svolgimento delle manifestazioni fieristiche fra loro concomitanti, anche attraverso il confronto tra gli operatori.
5. I termini e le modalità di presentazione della comunicazione sono determinati con il regolamento di cui all'articolo 131, che disciplina anche le modalità di soluzione degli eventi concomitanti.
6. La comunicazione deve comunque contenere una dichiarazione sostitutiva che attesta la sussistenza dei seguenti requisiti:
a) lo svolgimento della manifestazione fieristica all'interno di un quartiere fieristico, avente i requisiti di cui all'articolo 127, ovvero in altra sede che risulti idonea sotto il profilo della sicurezza e agibilità degli impianti delle strutture e infrastrutture, anche in relazione alla qualifica ad essa attribuita;
b) la garanzia di pari opportunità di accesso a tutti gli operatori interessati e qualificati per l'attività;
c) la garanzia di condizioni contrattuali a carico dei singoli espositori che rispondano a criteri di trasparenza, che non contengano clausole discriminatorie e prevedano tariffe equivalenti a parità di prestazioni.
7. La comunicazione concernente una specifica manifestazione fieristica è relativa all'anno di svolgimento della manifestazione stessa.
Art. 125. (Coordinamento interregionale e internazionale delle manifestazioni)
1. La Giunta regionale, nel rispetto della legislazione nazionale, promuove le opportune intese, mediante protocolli di intesa e convenzioni, con le altre istituzioni europee, sia attraverso le associazioni e comunità di lavoro Alpe Adria, Arge Alp e Quattro Motori sia con iniziative e rapporti bilaterali, atte ad evitare concomitanze tra le manifestazioni con qualifica nazionale e internazionale nello stesso settore merceologico, anche al fine di addivenire all'elaborazione comune del calendario fieristico europeo.
2. La Regione promuove forme di coordinamento interregionale per definire criteri omogenei per l'applicazione delle qualifiche internazionali e nazionali, per i requisiti minimi dei quartieri fieristici, per le modalità di composizione e pubblicizzazione del calendario fieristico nazionale.
Art. 126. (Calendari fieristici)
1. Entro il 30 novembre di ogni anno, è pubblicato il calendario regionale delle manifestazioni fieristiche comunicate dagli organizzatori per l'anno successivo.
2. Il calendario ha anche una proiezione pluriennale per le manifestazioni fieristiche internazionali che si tengono con cadenze superiori all'anno.
3. Entro il 31 gennaio di ogni anno, gli organizzatori di manifestazioni fieristiche comunicano alla Regione la richiesta di inserimento nel calendario regionale e per l'eventuale riconoscimento della qualifica internazionale, nazionale o regionale, e ai comuni la richiesta per la qualifica locale. Fatto salvo il diritto degli organizzatori ad effettuare comunque la manifestazione decorsi sessanta giorni dalla comunicazione alla Regione, qualora tale comunicazione pervenga alla Regione dopo il 31 gennaio, la manifestazione decade dal diritto di inserimento nel calendario regionale relativo all'anno seguente.
4. Entro il 31 marzo di ogni anno, la Regione comunica agli organizzatori il riconoscimento di qualifica. Tale riconoscimento si intende definitivo salvo la verifica, da attuarsi in sede di coordinamento interregionale, dell'insussistenza di concomitanze con manifestazioni di altre regioni.
5. Entro il 31 luglio di ogni anno, la Giunta regionale approva il calendario regionale per le manifestazioni con qualifica internazionale nazionale e regionale, che contribuisce alla formazione del calendario nazionale.
6. Ai fini della pubblicazione del calendario regionale, le CCIAA provvedono alla trasmissione alla Regione dei calendari delle manifestazioni locali comunicate ai comuni, entro il 15 settembre dell'anno precedente a quello in cui si svolgono le manifestazioni, sulla scorta di un elenco predisposto dai comuni e trasmesso alle CCIAA competenti per territorio entro il 30 luglio di ogni anno.
Art. 127. (Quartieri fieristici)
1. Competono ai comuni le verifiche di conformità dei quartieri fieristici di cui all'articolo 121, comma 1, lettera d), ai requisiti previsti dal regolamento di cui all'articolo 131, comma 1, lettera b). Nell'ambito delle procedure di valutazione e approvazione dei piani territoriali di coordinamento provinciale (PTCP) e dei piani territoriali dei parchi regionali, la Regione valuta che le destinazioni di eventuali nuove aree in cui ubicare nuovi quartieri fieristici siano coerenti agli indirizzi della programmazione regionale.
Art. 128. (Riordino degli enti fieristici)
1. La Giunta regionale gestisce e aggiorna l'elenco degli enti fieristici dotati di personalità giuridica al fine di monitorare l'evoluzione del settore, delle tipologie concorrenziali e degli eventuali fenomeni di concentrazione, nonché della distribuzione sul territorio lombardo delle manifestazioni fieristiche.
2. L'elenco degli enti fieristici e i progetti di trasformazione anche in società di capitali sono disciplinati dal regolamento di cui all'articolo 131, comma 1, lettera e), che stabilisce i requisiti e le procedure per l'iscrizione nell'elenco e le modalità di verifica dei progetti di trasformazione.
3. Al fine di assicurare trasparenza e parità di condizioni tra tutti gli operatori, gli enti fieristici che svolgano anche attività di organizzatori di manifestazioni fieristiche sono tenuti alla separazione contabile ed amministrativa delle diverse attività.
Art. 129. (Commissione regionale consultiva per il settore fieristico)
1. Presso la Giunta regionale è costituita la commissione regionale consultiva per il settore fieristico, nominata con decreto del direttore generale competente per materia e composta da rappresentanti della medesima direzione, delle autonomie locali e funzionali, degli organismi associativi delle manifestazioni fieristiche, degli enti fieristici, dei poli fieristici ed esperti in materia fieristica, nonché da rappresentanti delle direzioni generali interessate per materia.
2. La composizione della commissione, le modalità di designazione dei suoi componenti e di funzionamento, nonché l'entità degli eventuali compensi spettanti ai componenti sono stabiliti con deliberazione della Giunta regionale.
3. La commissione esprime parere consultivo in merito:
a) al monitoraggio del corretto svolgimento delle manifestazioni al fine di favorirne lo sviluppo, comprese le modalità di raccolta e certificazione della veridicità dei dati ufficiali delle manifestazioni;
b) allo studio di iniziative destinate alla promozione e all'internazionalizzazione delle manifestazioni e delle imprese;
c) alla stesura del regolamento di cui all'articolo 131.
Art. 130. (Sanzioni)
1. Salvo che il fatto costituisca reato, in caso di organizzazione o svolgimento di manifestazioni fieristiche che non corrispondano alla normativa regionale vigente in materia di fiere ovvero in caso di svolgimento di manifestazioni fieristiche con modalità diverse da quelle comunicate, l'autorità competente a ricevere la comunicazione dello svolgimento della manifestazione dispone nei confronti dei soggetti responsabili l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 5 euro ad un massimo di 50 euro per ciascun metro quadrato di superficie netta, nonché la revoca della qualifica e l'esclusione dal calendario regionale e dal riconoscimento di qualifica per un periodo compreso da due a cinque anni.
2. In caso di mancata o tardiva comunicazione da parte degli organizzatori della manifestazione fieristica l'autorità competente dispone una sanzione amministrativa pecuniaria da 8.000 euro a 20.000 euro. Nel caso di recidiva la sanzione è aumentata a 100.000 euro. La Regione dispone inoltre l'esclusione della manifestazione dal calendario regionale e dal riconoscimento di qualifica per un periodo compreso da due a cinque anni.
3. Salvo che il fatto costituisca reato, in caso di abuso della qualifica di "fiera internazionale", "fiera nazionale" o "fiera regionale", l'amministrazione competente per l'attribuzione della qualifica dispone nei confronti dei soggetti responsabili l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari a una somma compresa tra il 10 per cento e il 30 per cento del fatturato della manifestazione, nonché l'esclusione dei medesimi soggetti dall'inserimento nel calendario regionale e dal riconoscimento di qualifica nei due anni successivi.
4. In caso di violazione degli obblighi sulla correttezza e veridicità dell'informazione e della pubblicità verso gli utenti è disposta nei confronti dei soggetti responsabili una sanzione amministrativa pecuniaria pari a una somma compresa tra l'1 e il 10 per cento del fatturato della manifestazione.
5. L'accertamento delle violazioni è delegato ai comuni nel cui territorio si svolge la manifestazione fieristica.
6. Per l'applicazione delle relative sanzioni e la riscossione delle somme dovute dai trasgressori si osservano le norme della l.r. 90/1983. (ora articoli da 24 a 30 della legge reg. n. 1 del 2012 - n.d.r.).
Art. 131. (Regolamento di attuazione)
1. Anche sulla base di intese tra le regioni, la Regione stabilisce con regolamento:
a) i requisiti e le procedure per l'attribuzione o la conferma della qualifica delle manifestazioni fieristiche;
b) i requisiti minimi dei quartieri fieristici, anche in relazione alla qualifica delle manifestazioni che possono ospitare, nonché quelli delle altre sedi espositive temporaneamente adibite allo svolgimento di manifestazioni fieristiche;
c) i termini e le modalità di presentazione delle comunicazioni concernenti lo svolgimento delle manifestazioni fieristiche e i criteri atti ad evitare che manifestazioni fieristiche di rilevanza internazionale si svolgano, anche solo in parte, in concomitanza tra loro o in concomitanza con manifestazioni fieristiche di rilevanza nazionale;
d) i criteri atti ad evitare che manifestazioni fieristiche internazionali, nazionali e regionali, con merceologie uguali o affini, si svolgano nell'ambito della stessa regione, anche solo in parte in concomitanza tra loro;
e) la disciplina relativa al riordino degli enti fieristici di cui all'articolo 128.
Art. 132. (Disposizioni in materia di promozione e sviluppo del sistema fieristico lombardo)
1. La Regione può organizzare manifestazioni fieristiche, direttamente o per mezzo di enti o aziende dipendenti di cui all'articolo 48 dello statuto, previa approvazione del relativo regolamento, adottato secondo le competenze stabilite dallo Statuto.
2. La Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, può disporre la propria partecipazione a manifestazioni fieristiche.
3. La Giunta regionale approva il programma di partecipazione a manifestazioni fieristiche internazionali o ad eventi promozionali sui mercati esteri, mettendo a disposizione delle piccole e medie imprese lombarde spazi totalmente o parzialmente gratuiti; per l'attuazione di tali iniziative la Giunta regionale può avvalersi delle CCIAA lombarde singole o associate o di altri organismi specializzati nella promozione all'estero che siano diretta espressione associativa della realtà imprenditoriale e che non abbiano fini di lucro, nonché concedere contributi agli stessi soggetti.
4. La Giunta regionale può promuovere l'intervento a manifestazioni fieristiche in Lombardia di delegazioni di operatori economici stranieri e la loro partecipazione alle connesse attività informative anche presso aziende di produzione e di servizi interessate alle manifestazioni stesse.
5. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, approva annualmente i criteri di priorità, nonché le modalità per la realizzazione degli interventi di cui ai commi 3 e 4.
TITOLO V - Promozione e sostegno delle attività commerciali
Capo I - Disposizioni particolari per determinate aree
Art. 133. (Disposizioni in materia di commercio e distribuzione)
1. Nei piccoli comuni può essere autorizzato lo svolgimento congiunto in un solo esercizio dell'attività commerciale, ivi compresa la somministrazione di alimenti e bevande, e di altri servizi di particolare interesse per la collettività, anche in convenzione con soggetti pubblici o privati.
2. I piccoli comuni possono applicare il limite massimo di 250 metri quadrati per i negozi di vicinato in deroga al criterio della consistenza demografica.
Art. 134. (Disposizioni particolari)
1. Nelle aree montane e nei comuni e frazioni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti si può autorizzare in un solo esercizio lo svolgimento, insieme con l'attività commerciale, di altri servizi di particolare interesse per la collettività, anche in convenzione con soggetti pubblici e privati; tali attività sono autorizzate in base a convenzioni stipulate ai sensi dell'articolo 11 della l. 241/90 e sono esentate dai tributi regionali.
Art. 135. (Nuovi impianti di distribuzione carburanti)
1. I comuni appartenenti alle comunità montane ed i piccoli comuni di cui alla l.r. 11/2004 possono autorizzare, anche in deroga ai vincoli stabiliti dal capo IV del titolo II, l'apertura di un nuovo punto vendita di distribuzione carburanti nel caso ne siano sprovvisti e non esistano altri impianti a distanza stradale inferiore a 4 chilometri dall'impianto che si prevede di realizzare. Le procedure amministrative ed ogni altra previsione relativa all'applicazione del presente comma sono determinate dai provvedimenti di cui all'articolo 83 del presente testo unico.
Capo II - Contributi
Art. 136. (Interventi regionali per la qualificazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese commerciali)
1. La Regione Lombardia, al fine di favorire una razionale evoluzione e lo sviluppo della rete distributiva regionale, promuove, nell'ambito delle proprie competenze, anche attraverso azioni dirette, interventi a favore delle piccole e medie imprese commerciali, con particolare riferimento alle micro imprese, diretti a:
a) riqualificare il commercio attraverso l'ammodernamento delle strutture aziendali e dei metodi gestionali delle imprese, lo sviluppo delle forme associative e dei rapporti di collaborazione interaziendali, la realizzazione di interventi di riqualificazione urbana e l'offerta di adeguati servizi commerciali anche nelle zone marginalizzate;
b) sviluppare l'assistenza tecnica, la formazione imprenditoriale e l'aggiornamento professionale;
c) favorire il reperimento di migliori condizioni per l'accesso al credito da parte delle imprese commerciali anche con l'obiettivo di combattere il fenomeno dell'usura;
d) sostenere la permanenza e lo sviluppo delle attività commerciali attraverso l'accesso al credito agevolato e disponendo contributi a fondo perduto per l'attuazione degli interventi di cui al presente capo.
Art. 137. (Aree di intervento)
1. Gli interventi regionali di cui all'articolo 136 sono in particolare volti a:
a) favorire lo sviluppo delle cooperative di garanzia e dei consorzi fidi, costituiti fra imprenditori commerciali mediante la concessione di contributi destinati alla formazione ed integrazione del fondo rischi di cui all'articolo 141 al fine di fornire ai soci garanzie per l'accesso al credito finalizzate per gli interventi e gli scopi del presente capo;
b) favorire l'acquisizione e l'ammodernamento delle strutture immobiliari e l'adeguamento degli impianti e delle attrezzature comprendendo fra queste anche i mezzi adibiti al trasporto e alla commercializzazione dei prodotti oggetto dell'attività del soggetto beneficiario;
c) favorire la realizzazione di progetti di riqualificazione urbana finalizzati alla rivitalizzazione commerciale mediante:1) iniziative, promosse da consorzi, cooperative o associazioni costituite prevalentemente da operatori commerciali, mirate a realizzare una gestione della promozione delle attività commerciali nei centri urbani;
2) progetti di arredo urbano e per la dotazione di infrastrutture;
3) progetti per la dotazione di servizi nelle aree mercatali del commercio su aree pubbliche e progetti per le strutture ed infrastrutture delle aree stesse;d) favorire la ripresa delle attività delle imprese commerciali danneggiate a seguito di eventi straordinari;
e) realizzare progetti di assistenza tecnica, progettazione ed innovazione tecnologica e organizzativa nonché promuovere attività di formazione imprenditoriale e aggiornamento professionale;
f) realizzare lo sviluppo di forme associative tra imprese commerciali al fine di favorirne la promozione, il consolidamento e la crescita;
g) realizzare progetti finalizzati alla commercializzazione dei prodotti lombardi;
h) realizzare programmi innovativi anche in grado di attuare piani di penetrazione e presenza sui mercati esteri;
i) favorire l'acquisizione di strumenti ed attrezzature dirette a garantire le imprese commerciali sotto il profilo della sicurezza e della difesa dalle attività criminose.
2. La Regione al fine di accelerare il processo di ammodernamento della piccola impresa commerciale costituisce un fondo per promuovere studi e ricerche sul sistema commerciale urbano e progetti di sperimentazione commerciale innovativi a beneficio della piccola impresa.
3. Le risorse finanziarie stanziate dallo Stato a favore della Regione e destinate alle imprese commerciali e ad interventi di sostegno e qualificazione delle stesse sono utilizzate per gli interventi di cui al comma 1, secondo le procedure e le modalità previste nel presente capo.
Art. 138. (Soggetti beneficiari)
1. Possono accedere ai benefici del presente capo:
a) le micro, le piccole e medie imprese commerciali così come definite dalle norme comunitarie;
b) le associazioni, i consorzi e le cooperative, e loro società operative, che abbiano per oggetto la promozione ed il sostegno delle imprese commerciali per gli interventi e gli obiettivi del presente capo;
c) i comuni e gli enti pubblici, e loro società operative, che operino secondo le finalità della presente legge;
d) le cooperative di garanzia ed i consorzi fidi per quanto di loro specifica attinenza.
Art. 139. (Contributi regionali)
1. Per l'attuazione degli interventi di cui all'articolo 137, comma 1, lettere b) e d), la Regione concede contributi in conto capitale sull'ammontare attualizzato degli interessi relativi a finanziamenti concessi a soggetti pubblici e privati da istituti di credito convenzionati direttamente con la Regione o per il tramite di Finlombarda s.p.a.
2. Per l'attuazione degli interventi di cui all'articolo 137, la Regione concede contributi in conto capitale a fondo perso.
3. Per attuare gli interventi di cui all'articolo 137, comma 1, lettera c), numeri 2 e 3, la Regione può utilizzare strumenti di programmazione negoziata qualora le opere attuative dei progetti di intervento non siano conformi alle previsioni urbanistiche.
4. E' istituito un fondo di rotazione per attuare gli interventi di cui all'articolo 137. Le spese di gestione del fondo sono a carico dello stesso e le modalità di gestione, funzionamento e amministrazione sono definite dal direttore generale competente, previa deliberazione della Giunta regionale.
5. Per la realizzazione degli interventi di cui all'articolo 137, commi 1 e 2, e la concessione dei contributi di cui al presente articolo, la Regione può promuovere accordi con gli enti locali e le CCIAA per attivare programmi di azioni coordinate. Gli accordi di cui al presente comma possono prevedere il trasferimento di risorse agli enti suddetti finalizzate alla concessione di contributi ai soggetti beneficiari di cui all'articolo 138, comma 1, nonché lo svolgimento delle connesse attività amministrative.
Art. 140. (Programma triennale degli interventi)
1. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, approva il programma triennale degli interventi a favore della micro, piccola e media impresa, di cui al presente capo.
2. Il programma triennale degli interventi di cui al comma 1 in particolare prevede:
a) la misura dei contributi;
b) le spese ammissibili per gli interventi di cui all'articolo 137;
c) i termini e le modalità delle presentazioni delle domande;
d) le priorità;
e) le modalità per la concessione, la revoca, la decadenza dei benefici e la loro cumulabilità;
f) le modalità di rendicontazione delle spese effettuate;
g) i criteri di priorità territoriale.
Art. 141. (Fondo rischi)
1. La Regione per le finalità di cui all'articolo 137, comma 1, lettera a), concede altresì contributi in conto capitale alle cooperative di garanzia ed ai consorzi fidi, costituti prevalentemente da micro, piccole e medie imprese commerciali, per la formazione e per l'incremento dei fondi rischi, al fine di fornire ai soci garanzie e migliori condizioni per l'accesso al credito.
2. I contributi per la formazione e l'integrazione del fondo rischi sono concessi:
a) nella misura del 60 per cento in proporzione al rischio assunto per le operazioni di finanziamento erogate dagli istituti bancari convenzionati con i consorzi e cooperative di primo grado, a condizione che:
1) la durata minima sia di ventiquattro mesi;
2) l'esistenza in essere dei finanziamenti sia rilevata alla chiusura dell'ultimo esercizio precedente la data della domanda di contributi;b) per il restante 40 per cento in proporzione al numero delle imprese socie, alla stessa data, dei medesimi consorzi e cooperative.
3. I contributi di cui al presente articolo sono concessi alle cooperative di garanzia e ai consorzi fidi che siano in possesso dei seguenti requisiti:
a) avere sede legale ed operativa in Lombardia;
b) essere costituiti da almeno 250 imprese operanti nel settore del commercio con sede operativa in Lombardia;
c) avere concordato con gli istituti bancari convenzionati condizioni di accesso al credito coerenti con gli indirizzi ed i parametri previsti dal programma triennale degli interventi di cui all'articolo 140 con particolare riferimento:1) al tasso di interesse dei finanziamenti;
2) alla quota ed alla tipologia di garanzie richieste dall'istituto bancario direttamente all'impresa;
3) alle procedure ed ai tempi di istruttoria e di concessione dei finanziamenti stessi.
4. Nella determinazione dei contributi, di cui al presente articolo, non può essere incluso il rischio di garanzia delle operazioni perfezionate con gli istituti che non applichino gli indirizzi e i parametri del programma triennale degli interventi di cui all'articolo 140.
5. I contributi di cui al presente articolo sono altresì concessi ai consorzi ed alle cooperative di secondo grado che abbiano sede in Lombardia e che siano costituiti da almeno quattro cooperative o consorzi in possesso dei requisiti di cui al comma 3.
6. I criteri, i parametri e le modalità di concessione dei presenti contributi sono stabiliti nel programma triennale di cui all'articolo 140.
Art. 142. (Finanziamenti per le attività dei centri di assistenza tecnica alle imprese)
1. Le attività svolte dai centri di assistenza sono finanziate con il fondo di cui alla legge 266/1997.
2. I centri interessati presentano le domande di finanziamento alla Giunta regionale, allegando la seguente documentazione:
a) relazione circa gli obiettivi e le finalità dell'intervento proposto;
b) piano finanziario dell'intervento progettato;
c) tempi previsti per la realizzazione dell'intervento.
3. La Giunta regionale verifica la coerenza degli interventi proposti dai centri di assistenza con i requisiti previsti dalla l. 266/1997 e ne determina le priorità in relazione agli obiettivi ed ai criteri contenuti nei relativi provvedimenti di attuazione.
4. La Giunta regionale approva il programma degli interventi e contestualmente la relazione sugli interventi svolti nell'anno precedente e sui risultati da questi conseguiti.
Art. 143. (Norme in materia di carburanti)
1. La Regione promuove interventi diretti allo sviluppo della rete distributiva di gas metano al fine di prevenire ed abbattere emissioni inquinanti derivanti dal traffico veicolare.
2. Per le finalità di cui al comma 1, la Regione concede contributi a soggetti pubblici e privati per la realizzazione e il potenziamento degli impianti di distribuzione di metano localizzati nel territorio regionale, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato.
3. La Giunta regionale individua annualmente:
a) l'entità massima dei contributi;
b) le spese ammissibili;
c) le categorie di soggetti beneficiari;
d) i casi di revoca del contributo;
e) le modalità e i termini di presentazione delle domande nonché le modalità di rendicontazione delle spese effettuate.
Art. 144. (Sviluppo dell'offerta di carburanti eco-compatibili)
1. La Regione stipula accordi per lo sviluppo dell'offerta di prodotti eco-compatibili, anche mediante forme di incentivazione di tipo economico e finanziario.
2. Al fine di favorire una maggiore diffusione dei servizi accessori all'utente di cui all'articolo 82, comma 1, lettera j), nonché di prodotti a limitato impatto ambientale e l'autosufficienza energetica dell'impianto mediante fonti rinnovabili, i comuni individuano idonee forme di incentivazione anche mediante agevolazioni e deroghe di tipo urbanistico o interventi sulle volumetrie consentite.
3. La Regione e gli operatori del settore, anche attraverso le loro associazioni di rappresentanza, possono stipulare specifici accordi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi indicati all'articolo 89, comma 1.
Art. 145. (Disposizioni per la valorizzazione del commercio nei centri storici)
1. I comuni possono individuare, limitatamente al centro storico e contestualmente alla promozione di progetti ed iniziative finalizzati alla sua valorizzazione, zone aventi valore storico e artistico di pregio dove l'esercizio del commercio è sottoposto a particolari condizioni ai fini della salvaguardia dell'ambiente originario, quale testimonianza della cultura locale.
2. I comuni tutelano l'identità dei luoghi urbani di pregio anche tramite la valorizzazione delle attività commerciali storicamente presenti nell'area. A tal fine i comuni possono individuare, nelle zone di cui al comma 1, le attività commerciali espressione delle tipicità locali per valorizzarne le caratteristiche merceologiche nel contesto storico e artistico in cui si sono sviluppate, mediante adeguate forme di sostegno e promozione.
Art. 146. (Promozione delle attività commerciali nei centri urbani)
1. La Regione, sostenendone l'organizzazione e gestione con le risorse e gli strumenti previsti dagli articoli da 136 a 141 del presente testo unico, incentiva le iniziative delle associazioni rappresentative delle imprese commerciali e loro articolazioni territoriali o locali, finalizzate alla animazione dei centri urbani e alla promozione delle attività commerciali in tutti i giorni della settimana, comprese le iniziative che prevedono la partecipazione delle piccole e medie imprese commerciali, nonché lo sviluppo delle produzioni tipiche locali e dei percorsi di educazione al consumo.
Art. 147. (Promozione e sviluppo del sistema fieristico regionale)
1. La Giunta regionale, in coerenza con gli indirizzi strategici delineati negli strumenti di programmazione regionale individuati dall'articolo 3 della legge regionale 31 marzo 1978 n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della regione) e nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, può concorrere finanziariamente alla promozione e allo sviluppo sul mercato nazionale e sui mercati esteri del sistema fieristico regionale.
2. Al fine di programmare la promozione e lo sviluppo del sistema fieristico lombardo, la Giunta istituisce un comitato tra le diverse direzioni generali interessate, coordinate dalla direzione generale competente che definisce modalità e tempi degli interventi regionali.
3. La Giunta regionale può:
a) concedere contributi, sentita la competente commissione consiliare, ai soggetti organizzatori di manifestazioni fieristiche al fine di sostenere progetti ed iniziative di promozione fieristica in Italia e all'estero, di rilevante interesse per l'economia della Regione Lombardia;
b) concorrere a sostenere, attraverso la concessione di contributi in conto capitale, progetti di qualificazione dei centri fieristici, progetti di infrastrutturazione e di delocalizzazione dei centri, utilizzando anche le risorse delle leggi in materia di infrastrutture;
c) concorrere ad incentivare lo sviluppo di strumenti di tutela del consumatore quali la certificazione di qualità degli enti e delle manifestazioni fieristiche;
d) promuovere iniziative atte a incentivare lo sviluppo di nuove modalità espositive che facciano uso delle moderne tecnologie informatiche e telematiche al fine di concorrere all'ampliamento del settore attraverso nuove fasce di utenti contenendo nel contempo i fenomeni di congestione urbana innescati dai fenomeni espositivi;
e) concedere contributi per la formazione di operatori qualificati in ambito fieristico e per la promozione dell'informazione sul settore presso le imprese, la scuola e le professioni;
f) stipulare convenzioni e svolgere azioni dirette per lo sviluppo, la promozione e la competitività del sistema fieristico lombardo e per l'organizzazione delle manifestazioni fieristiche, in Italia e all'estero anche con enti e organismi specializzati;
g) promuovere l'intervento a manifestazioni fieristiche in Lombardia di delegazioni di operatori economici stranieri e la loro partecipazione alle connesse attività informative anche presso aziende di produzione e di servizi interessate alle manifestazioni stesse.
4. La Giunta regionale approva annualmente i criteri di priorità nonché le modalità per la realizzazione degli interventi di cui al comma 3, lettere a), c), d) ed e).
5. I soggetti che realizzano manifestazioni fieristiche e che intendono beneficiare dei contributi di cui al comma 3, lettera a), devono presentare specifica richiesta alla direzione generale competente, secondo le modalità previste nel relativo bando.
Art. 148. (Piano regionale di sviluppo dei mercati all'ingrosso)
1. Per favorire l'istituzione di nuovi mercati o l'ampliamento ed ammodernamento di quelli esistenti, in conformità con gli indirizzi del piano, la Regione può concedere contributi a comuni, comunità montane, consorzi di comuni associati tra loro o con le province, nonché a società e a enti con una partecipazione di capitale di enti locali territoriali pari ad almeno due terzi del capitale sociale.
CAPO II-bis VALORIZZAZIONE DELLE ATTIVITA' STORICHE E DI TRADIZIONE
Art. 148-bis (Finalità e definizione)
1. Il presente capo intende valorizzare le attività che, grazie all’impegno nel tempo, alle capacità organizzative, di passaggio generazionale e di adattamento a nuovi stili e consumi, contribuiscono allo sviluppo e alla identità dell’economia locale e regionale, nonché alla promozione e al miglioramento del tessuto urbano. Al fine di promuovere la valorizzazione delle attività che costituiscono testimonianza storico culturale tradizionale del territorio lombardo, la Regione riconosce e sostiene, in collaborazione con i comuni e le Camere di Commercio, le attività storiche e di tradizione.
2. Sono considerate attività storiche e di tradizione quelle caratterizzate da una combinazione di fattori legati alla continuità nel tempo della gestione, dell’insegna e della merceologia offerta, alla collocazione in strutture architettoniche, artistiche e decorative di pregio, nonché in contesti urbani di particolare interesse, al mantenimento di attrezzature storiche, alla espressività sociale, economica e culturale dell’offerta e dell’ambientazione in stretta coerenza con il contesto locale. Sono categorie di tale patrimonio:
a) i negozi storici, intesi quali unità locali che svolgono attività di commercio al dettaglio in sede fissa;
b) i locali storici, intesi quali unità locali esclusivamente o prevalentemente dedite alla ristorazione o alla somministrazione di alimenti e bevande;
c) le botteghe artigiane storiche, intese quali unità locali che svolgono la vendita diretta al dettaglio di beni o servizi, con vetrine poste su strada o situate al piano terreno degli edifici.
3. Ai fini del comma 2, il requisito della continuità nel tempo si intende soddisfatto nel caso di attività svolta senza interruzione di continuità per un periodo non inferiore a quaranta anni.
Art. 148-ter (Riconoscimento delle attività storiche e di tradizione ed elenco regionale)
1. La Giunta regionale:
a) individua i criteri necessari per ottenere il riconoscimento regionale delle attività storiche e di tradizione;
b) stabilisce le modalità e le procedure per il riconoscimento delle attività storiche e di tradizione segnalate dalle Camere di Commercio, dagli enti locali, dalle associazioni di rappresentanza delle imprese e dalle associazioni dei consumatori o segnalate direttamente dalle imprese che intendano proporre la propria candidatura;
c) istituisce l’elenco regionale delle attività storiche e di tradizione e definisce criteri e modalità per la sua tenuta e per il suo aggiornamento periodico. 2. La direzione generale competente procede al riconoscimento delle attività storiche e di tradizione e alla loro iscrizione nell’elenco regionale di cui al comma 1.
3. E’ fatta salva l’iscrizione delle imprese già riconosciute storiche ed inserite nel registro regionale di cui alla precedente disciplina purché le stesse abbiano mantenuto i requisiti richiesti.
Art. 148-quater (Misure di sostegno)
1. La Regione promuove interventi a favore delle attività storiche e di tradizione diretti a:
a) sostenere il passaggio generazionale e la trasmissione di impresa per favorire la continuità della gestione e il rilancio occupazionale, nonché l’inserimento lavorativo dei giovani;
b) favorire l’associazionismo locale per la promozione della cultura d’impresa;
c) difendere e sostenere il patrimonio storico e di tradizione attraverso la valorizzazione delle attività che ne mantengono integra la memoria;
d) sostenere interventi di restauro e conservazione di beni immobiliari, insegne, attrezzature, macchinari, arredi, finiture e decori originali legati all’attività storica;
e) sostenere interventi di sviluppo, innovazione e miglioramento della qualità dei servizi, per consolidare la competitività e il posizionamento sul mercato delle imprese storiche in un’ottica di integrazione tra storicità e modernità;
f) accrescere l’attrattività dei centri urbani e degli addensamenti dei luoghi storici del commercio, valorizzando le vie storiche e gli itinerari turistici e commerciali;
g) favorire, sostenere e valorizzare la promozione e l’utilizzo di prodotti agroalimentari di provenienza regionale.
2. Per l’attuazione degli obiettivi di cui al comma 1, la Regione:
a) concede contributi anche a fondo perduto ai titolari delle attività storiche e di tradizione iscritte nell’elenco di cui all’articolo 148-ter;
b) prevede specifiche agevolazioni per l’accesso al credito, anche attraverso convenzioni con gli istituti di credito;
c) può individuare, con legge di stabilità dei singoli esercizi finanziari, forme di agevolazione in materia di tributi regionali;
d) promuove accordi con i comuni, sentite le associazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative per i settori del commercio e dell’artigianato, per la riduzione di imposte, tributi o tariffe comunali gravanti sulle attività storiche e di tradizione iscritte nell’elenco di cui all’articolo 148-ter;
e) determina criteri di premialità nell’ambito dei bandi regionali relativi all’innovazione, valorizzazione e tutela delle imprese sul territorio;
f) promuove nei circuiti turistici l’elenco delle attività storiche e di tradizione di cui all’articolo 148 bis suddivise per aree territoriali;
g) promuove forme di accompagnamento e percorsi formativi rivolti sia ai dipendenti che ai titolari che rafforzino il mantenimento della cultura e dell’identità dell’attività delle imprese storiche e di tradizione del territorio lombardo, nonché forme di associazionismo tra imprese storiche.
3. Con deliberazione della Giunta regionale si provvede, in relazione alle misure di cui al comma 2, agli adempimenti correlati agli obblighi in materia di aiuti di Stato di cui all’articolo 11 bis della legge regionale 21 novembre 2011, n. 17 (Partecipazione della Regione Lombardia alla formazione e attuazione del diritto dell’Unione europea).
4. Al fine di tutelare la tradizione storico-culturale del territorio lombardo, attraverso la salvaguardia e la conservazione delle attività storiche e di tradizione, i comuni individuano specifiche premialità per il rilascio delle concessioni degli spazi demaniali sulla base degli indirizzi determinati dalla Giunta regionale, previo parere della commissione consiliare competente, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge regionale recante (Valorizzazione delle attività storiche e di tradizione. Modifiche alla legge regionale 2 febbraio 2010, n. 6‹Testo unico delle leggi regionali in materia di commercio e fiere›), sentite le rappresentanze degli enti locali e delle associazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative per i settori del commercio e dell’artigianato.
5. Le attività che hanno ottenuto contributi o agevolazioni ai sensi del presente articolo sono vincolate per almeno tre anni al mantenimento della destinazione d’uso dei locali, dell’insegna e della selezione tipologica della merceologia offerta.
Art. 148-quinquies (Revoche)
1. E’ disposta la revoca del riconoscimento di attività storica e di tradizione e la contestuale cancellazione dall’elenco di cui all’articolo 148-ter:
a) qualora si verifichi un’alterazione delle caratteristiche dell’attività sulla base delle quali è stato assegnato il riconoscimento;
b) in caso di cessazione o di trasformazione dell’attività o di modifica di destinazione d’uso dei locali.
2. Nei casi di cui al comma 1, nei confronti dell’attività che abbia ottenuto contributi o agevolazioni ai sensi dell’articolo 148 quaterè, altresì, disposta la revoca dei contributi o delle agevolazioni concessi nei tre anni precedenti, con il conseguente obbligo di restituzione delle somme già percepite.
TITOLO VI - Disciplina urbanistica del commercio
Capo I - Pianificazione urbanistica del commercio
Art. 149. Programmazione regionale
1. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale,
approva avuto riguardo dei motivi imperativi d’interesse generale di cui
all’articolo 4, comma 1 gli indirizzi per lo sviluppo delle diverse tipologie di
vendita, indicando in particolare gli obiettivi di presenza e di sviluppo delle
grandi strutture di vendita, anche con riferimento a differenti ambiti
territoriali o urbani.
(comma così modificato dall'art. 26,
comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
2. La Giunta regionale provvede agli ulteriori adempimenti di
disciplina del settore commerciale e alla definizione di criteri urbanistici per
l'attività di pianificazione e di gestione degli enti locali di cui all’articolo
4, comma 4-bis.
(comma così sostituito dall'art. 26,
comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
Art. 150. (Programmazione urbanistica riferita al settore commerciale dei comuni e delle province)
1. I comuni definiscono i contenuti attinenti agli
insediamenti commerciali nei propri piani urbanistici e negli strumenti di
programmazione commerciale tenuto conto delle finalità di cui al titolo II, capo
I, sezione I e capi II e III del presente testo unico, della l.r. 8/2009 e delle
indicazioni stabilite nel programma pluriennale ed indirizzi di cui all’art. 4 e
nei criteri di programmazione urbanistica del settore commerciale di cui
all’art. 149. In particolare i comuni possono individuare:
(comma così sostituito dall'art. 27,
comma 1, legge reg. n. 3 del 2012)
a) i criteri qualitativi per l’insediamento delle nuove attività commerciali, comprese quelle che somministrano alimenti e bevande, e delle attività di vendita delle imprese artigiane di prodotti alimentari di propria produzione per il consumo immediato nei locali dell’azienda, tenendo conto delle diverse caratteristiche del proprio territorio e della differente incidenza degli esercizi secondo il settore merceologico di appartenenza;
b) le zone da sottoporre a tutela, tenendo conto delle caratteristiche urbanistiche e di destinazione d’uso dei locali, dei fattori di mobilità, traffico, inquinamento acustico e ambientale, aree verdi, parcheggi, nonché delle caratteristiche qualitative degli insediamenti, dell’armonica integrazione con le altre attività economiche, con le aree residenziali interessate e del corretto utilizzo degli spazi pubblici o di uso pubblico.
b-bis) criteri per l’insediamento di locali destinati a sala da gioco o all’installazione di apparecchi per il gioco d’azzardo lecito, tenuto conto della presenza di istituti scolastici di ogni ordine e grado, luoghi di culto, impianti sportivi, strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o sociosanitario, strutture ricettive per categorie protette, luoghi di aggregazione giovanile o altri luoghi di aggregazione.
(lettera aggiunta dall'art. 8, comma 1, lett. d), legge reg. n. 8 del 2013)
2. I piani territoriali di coordinamento delle province dettano disposizioni in materia di grandi strutture di vendita tenuto conto degli obiettivi indicati dal programma pluriennale regionale. In assenza dei piani territoriali di coordinamento, le varianti di adeguamento dei piani urbanistici comunali concernenti le grandi strutture di vendita sono trasmesse, dopo l'adozione e contestualmente al deposito, alle province che formulano osservazioni nei termini previsti dalla vigente normativa.
3. Al fine di integrare la pianificazione territoriale ed urbanistica generale con la programmazione commerciale, i comuni favoriscono:
a) una integrazione armonica degli insediamenti commerciali con il tessuto urbano esistente e previsto, nel rispetto dei valori architettonici ed ambientali e del contesto sociale;
b) un adeguato livello di rinnovamento, di riqualificazione e di integrazione funzionale di tutte le attività commerciali presenti sul territorio;
c) una integrazione delle attività commerciali con le altre attività lavorative al fine di garantire la presenza continuativa delle attività umane, attraverso la creazione di zone miste con la presenza di funzioni produttive, funzioni di servizio, funzioni commerciali, funzioni direzionali, funzioni ricettive e di spettacolo; tali zone sono prioritariamente individuate nelle aree dismesse e degradate, se presenti;
d) un equilibrato rapporto tra la rete viaria e gli insediamenti commerciali in modo da evitare fenomeni negativi sulla rete viaria esistente;
e) la creazione di uno o più centri commerciali nei centri storici agevolando l'insediamento di esercizi di vicinato già presenti nel comune.
4. (abrogato)
5. In adeguamento ai criteri urbanistici di cui all'articolo 149, comma 2, gli strumenti urbanistici comunali e relative varianti, devono prevedere che le aree destinate a grandi strutture di vendita siano dotate di attrezzature pubbliche o di uso pubblico almeno nella misura del 200 per cento della superficie lorda di pavimento degli edifici previsti, di cui almeno la metà deve essere destinata a parcheggi di uso pubblico.
5-bis. In caso di
insediamento di medie strutture di vendita nei centri
abitati dei comuni con popolazione superiore a 10.000
abitanti, mediante il recupero di edificato esistente,
previo accertamento di idonee condizioni di accessibilità
pubblica e pedonale, la dotazione di parcheggi pubblici o ad
uso pubblico può essere definita da apposita convenzione con
il comune, anche in deroga alle dotazioni minime di cui al
Piano di governo del territorio (PGT) e con l'individuazione
di parcheggi limitrofi sostitutivi per l'utenza.
(comma
aggiunto dall'art. 7,
comma 1, legge reg. n. 18 del 2019)
Capo II - Disciplina urbanistica dei centri integrati all'ingrosso non alimentare
Art. 151. (Finalità)
1. Il presente capo, al fine di favorire il decongestionamento dei centri edificati interessati dalla presenza di attività commerciali all'ingrosso non più compatibili con il tessuto urbano circostante, anche in relazione ai sistemi di mobilità e di parcheggio, detta norme che agevolano le iniziative di aggregazione, concentrazione e localizzazione esterna ai centri edificati, per la realizzazione di centri commerciali all'ingrosso non alimentari.
Art. 152. (Definizione di centro commerciale all'ingrosso non alimentare)
1. Ai fini del presente capo, il centro commerciale all'ingrosso non alimentare, conformemente a quanto previsto nel D.M. 17 giugno 1988, n. 248, (Caratteristiche dei centri commerciali all'ingrosso e di quelli al dettaglio) è costituito da un numero di esercizi di vendita all'ingrosso non inferiore a cinque, inseriti in una struttura a destinazione specifica provvista di spazi di servizio comuni gestiti unitariamente.
Art. 153. (Requisiti del centro commerciale all'ingrosso non alimentare)
1. Il centro commerciale all'ingrosso non alimentare, per poter fruire della disciplina urbanistica dettata dall'articolo 154, oltre a quanto previsto nell'articolo 152, deve:
a) essere destinato prevalentemente alla commercializzazione di beni non alimentari di largo e generale consumo;
b) prevedere una superficie coperta non inferiore a 60.000 metri quadrati per lo svolgimento delle attività commerciali all'ingrosso;
c) prevedere una dotazione di adeguate infrastrutture e servizi necessari al deposito e smistamento dei prodotti commercializzati, nonché di servizi complementari e para-commerciali utili ad assicurare la compiutezza e la integrazione delle funzioni proprie del centro;
d) essere inserito in un contesto territoriale direttamente collegato con grandi vie di comunicazione;
e) prevedere un'adeguata dotazione di parcheggi in un rapporto non inferiore al 50 per cento della superficie coperta del centro commerciale all'ingrosso; la superficie a parcheggio almeno per tre quinti deve essere destinata a parcheggio pubblico o di uso pubblico;
f) essere stato oggetto di relazioni di impatto ambientale.
Art. 154. (Disciplina urbanistica)
1. La Regione definisce con regolamento i criteri e gli indirizzi per la localizzazione, la distribuzione territoriale e l'inserimento ambientale dei centri commerciali all'ingrosso non alimentari.
2. I centri commerciali all'ingrosso non alimentari, ai fini degli oneri di urbanizzazione, sono assimilati agli interventi di carattere produttivo.
3. La collocazione dei centri commerciali all'ingrosso non alimentari va prevista, di preferenza, nelle zone nelle quali gli strumenti urbanistici consentono la realizzazione di insediamenti produttivi, commerciali o terziario direzionali.
4. Qualora la realizzazione dei centri commerciali all'ingrosso non alimentare interessi aree con destinazioni diverse rispetto a quelle di cui al comma 3, oppure interessi aree nelle quali l'edificazione sia assoggettata dallo strumento urbanistico generale in vigore presso il comune interessato all'approvazione di uno strumento urbanistico attuativo, l'approvazione di tale piano attuativo è soggetta alle procedure di cui alla l.r. 12/2005.
ITOLO VII - Disposizioni finali e abrogazioni
Art. 154-bis (Clausola valutativa)
1. Il Consiglio regionale valuta l’attuazione della presente legge e i risultati progressivamente ottenuti dalle azioni messe in campo per regolare, sostenere, sviluppare e valorizzare il settore del commercio in Lombardia. A tal fine, la Giunta regionale trasmette al Consiglio una relazione biennale che descrive quanto realizzato negli ambiti di azione disciplinati dalla normativa regionale. La relazione descrive:
a) le azioni di sistema, di regolazione, di programmazione e di controllo svolte e i relativi esiti;
b) le misure implementate secondo gli indirizzi e gli atti programmatori di riferimento, specificando risorse stanziate e utilizzate, accordi stipulati, soggetti coinvolti nell’attuazione, beneficiari raggiunti e loro caratteristiche, grado di partecipazione ai bandi, grado di copertura della domanda espressa e potenziale, andamento delle richieste di autorizzazioni;
c) i risultati raggiunti, anche con riguardo agli esiti occupazionali e al contenimento dell’uso del territorio, le criticità emerse nell’attuazione degli interventi ai punti precedenti, le ragioni di eventuali scostamenti dalle attese e le soluzioni adottate per farvi fronte;
d) gli specifici temi e le questioni segnalate dal Comitato paritetico di controllo e valutazione e dalle competenti Commissioni consiliari.
2. I soggetti pubblici e privati coinvolti nell’attuazione della presente legge forniscono alla Regione dati e informazioni idonei a rispondere ai quesiti di cui al comma 1.
3. La Giunta regionale rende accessibili i dati e le informazioni elaborate per le attività valutative previste dalla presente legge. Il Consiglio regionale esamina la relazione secondo quanto previsto dal Regolamento generale e la rende pubblica unitamente agli eventuali documenti che ne concludono l’esame
Art. 155. (Abrogazioni e disposizioni finali)
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono o restano abrogate le seguenti leggi:
a) la legge regionale 22 gennaio 1975, n. 12 (Ristrutturazione dei mercati all'ingrosso);
b) la legge regionale 29 agosto 1988, n. 45 (Promozione e disciplina dei centri integrati all'ingrosso non alimentare);
c) la legge regionale 14 luglio 1999, n. 14 (Norme in materia di commercio in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 'Riforma della disciplina relativa al settore del commercio');
d) la legge regionale 21 marzo 2000, n. 13 (Interventi regionali per la qualificazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese commerciali);
e) la legge regionale 21 marzo 2000, n. 15 (Norme in materia di commercio al dettaglio su aree pubbliche);
f) la legge regionale 3 aprile 2000, n. 22 (Disciplina delle vendite straordinarie e disposizioni in materia di orari degli esercizi commerciali);
g) la legge regionale 25 novembre 2002, n. 27 (Normativa sull'occupazione abusiva del suolo pubblico per le attività commerciali non autorizzate);
h) la legge regionale 10 dicembre 2002, n. 30 (Promozione e sviluppo del sistema fieristico lombardo);
i) la legge regionale 24 dicembre 2003, n. 30 (Disciplina delle attività di somministrazione di alimenti e bevande);
j) la legge regionale 5 ottobre 2004, n. 24 (Disciplina per la razionalizzazione e l'ammodernamento della rete distributiva dei carburanti);
k) la legge regionale 28 ottobre 2004, n. 29 (Modifica della L.R. 3 aprile 2000, n. 22 "Attuazione dell'art. 15 (vendite straordinarie) del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114'');
l) la legge regionale 23 maggio 2006, n. 11 (Modifiche e integrazioni alle leggi regionali in materia di commercio, fiere e mercati);
m) la legge regionale 28 novembre 2007, n. 30 (Normativa in materia di orari degli esercizi commerciali);
n) la legge regionale 31 marzo 2008, n. 8 (Normativa in materia di commercio al dettaglio su aree pubbliche);
o) la legge regionale 7 agosto 2008, n. 25 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 5 ottobre 2004, n. 24 Disciplina per la razionalizzazione e l'ammodernamento della rete distributiva dei carburanti);
p) la legge regionale 29 giugno 2009, n. 9 (Modifica a leggi regionali e altre disposizioni in materia di attività commerciali).
2. Sono o restano altresì abrogate le seguenti disposizioni:
a) l'articolo 40 della legge regionale 21 agosto 1981, n. 50 (Rifinanziamento e modifiche di leggi regionali in attuazione del bilancio pluriennale 1981-1983);
b) i commi 2 e 3, dell'articolo 2, della legge regionale 3 aprile 2001, n. 6 (Modifiche alla legislazione per l'attuazione degli indirizzi contenuti nel documento di programmazione economico-finanziaria regionale - Collegato ordinamentale 2001);
c) le lettere a), b), c), d), e), f) e g), comma 5, dell'articolo 2, della legge regionale 22 luglio 2002, n. 15 (Legge di semplificazione 2001. Semplificazione legislativa mediante abrogazione di leggi regionali. Interventi di semplificazione amministrativa e delegificazione);
d) la lettera a), comma 7, dell'articolo 2, della legge regionale 20 dicembre 2002, n. 32 (Disposizioni legislative per l'attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale - Collegato 2003);
e) la lettera a), comma 1, dell'articolo 5 della legge regionale 18 giugno 2003, n. 8 (Modifiche a leggi regionali in materia di assetto istituzionale e sviluppo economico);
f) la lettera a), comma 3, dell'articolo 2, della legge regionale 22 dicembre 2003, n. 27 (Disposizioni legislative per l'attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell'articolo 9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della regione - Collegato 2004);
g) gli articoli 6, 7, 8 e la lettera a), comma 1, dell'articolo 9 e la lettera a), comma 1, dell'articolo 10, della legge regionale 24 marzo 2004, n. 5 (Modifiche a leggi regionali in materia di organizzazione, sviluppo economico e territorio - Collegato ordinamentale 2004);
h) l'articolo 3 della legge regionale 5 maggio 2004, n. 11 (Misure di sostegno a favore dei piccoli comuni della Lombardia);
i) le lettere a) e b), comma 8, dell'articolo 1, della legge regionale 5 maggio 2004, n. 12 (Modifiche a leggi regionali in materia di potestà regolamentare);
j) la lettera a), comma 3, dell'articolo 7, della legge regionale 3 agosto 2004, n. 19 (Assestamento al bilancio per l'esercizio finanziario 2004 ed al bilancio pluriennale 2004/2006 a legislazione vigente e programmatico - I provvedimento di variazione con modifiche di leggi regionali)
k) le lettere a) e b), comma 1, e le lettere a), b), c), d) ed e), comma 2, dell'articolo 2 della legge regionale 8 febbraio 2005, n. 6 (Interventi normativi per l'attuazione della programmazione regionale e di modifica e integrazione di disposizioni legislative - Collegato ordinamentale 2005); l) le lettere a), b), c), d) ed e), comma 2, dell'articolo 29 della legge regionale 11 dicembre 2006, n. 24 (Norme per la prevenzione e la riduzione delle emissioni in atmosfera a tutela della salute e dell'ambiente);
m) la lettera a), comma 1, la lettera a), comma 2, la lettera a), comma 3, le lettere a), b) e c), comma 5, la lettera a), comma 6, dell'articolo 2 della legge regionale 27 febbraio 2007, n. 5 (Interventi normativi per l'attuazione della programmazione regionale e di modifica e integrazione di disposizioni legislative - (Collegato ordinamentale 2007);
n) la lettera a), comma 6, dell'articolo 1 della legge regionale 18 giugno 2008, n. 17 (Assestamento al bilancio per l'esercizio finanziario 2008 ed al bilancio pluriennale 2008/2010 a legislazione vigente e programmatico - I provvedimento di variazione con modifiche di leggi regionali).
3. Sono fatti salvi gli effetti prodotti dalle leggi e dalle disposizioni abrogate dal presente articolo; permangono e restano efficaci gli atti adottati sulla base delle medesime.
4. I riferimenti normativi alle leggi e alle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si intendono fatti al presente testo unico.
Art. 156. (Norma finanziaria)
1. Alle spese di parte corrente derivanti dall'attuazione della presente legge si provvede con le risorse stanziate alle UPB 3.8.1.2.332 'Sviluppo e ammodernamento delle reti distributive', 7.2.0.2.186 'Studi, ricerche e altri servizi' e 3.8.2.2.366 "Promozione del sistema fieristico" dello stato di previsione delle spese del bilancio per l'esercizio finanziario 2010 e successivi.
2. Alle spese per investimenti derivanti dall'attuazione della presente legge si provvede con le risorse stanziate alla UPB 3.8.1.3.333 'Sviluppo e ammodernamento delle reti distributive' e 3.8.2.3.367 "Promozione del sistema fieristico" dello stato di previsione delle spese del bilancio per l'esercizio finanziario 2010 e successivi.
3. Alle stesse spese derivanti dall'attuazione della presente legge si provvede altresì con le risorse provenienti dalle assegnazioni della UE, dello Stato e di altri soggetti pubblici e privati, che saranno previste a bilancio.
3-bis. Alle spese in conto capitale derivanti dall'attuazione delle finalità di cui all'articolo 17, comma 2, e all'articolo 18 bis, quantificate in euro 146.000,00 per l'anno 2016, si provvede con le risorse disponibili alla missione 1 'Servizi istituzionali, generali e di gestione', programma 1.08 'Statistica e sistemi informativi' - Titolo II 'Spese in conto capitale' dello stato di previsione delle spese del bilancio 2016-2018.
3-ter. Alle spese derivanti dalla gestione ordinaria (comprensiva della manutenzione, gestione e assistenza dei servizi applicativi) del sistema informativo regionale di cui all'articolo 24, comma 2 bis, stimate in euro 38.000,00, si provvede, per ciascun anno del triennio 2016-2018, con le risorse disponibili alla missione 1 'Servizi istituzionali, generali e di gestione', programma 1.08 'Statistica e sistemi informativi' - Titolo I 'Spese correnti' dello stato di previsione delle spese del bilancio 2016-2018.
3-quater. Alle spese di natura corrente derivanti dall’attuazione della lettera a) del comma 1 e della lettera g) del comma 2 dell’articolo 148 quater, quantificate in € 300.000,00 per ciascun anno del triennio 2019-2021, si provvede con le risorse già stanziate alla missione 14 ‹Sviluppo economico e competitività› - Titolo 1 ‹Spese correnti› rispettivamente per € 130.000,00 al programma 1 ‹Industria e PMI e artigianato› e per € 130.000,00 al programma 2 ‹Commercio, reti distributive e tutela dei consumatori›; la missione 14 ‹Sviluppo economico e competitività› - Titolo 1 ‹Spese correnti›è inoltre incrementata rispettivamente per € 20.000,00 al programma 1 ‹Industria e PMI e artigianato› e per € 20.000,00 al programma 2 ‹Commercio, reti distributive e tutela dei consumatori› tramite corrispondente riduzione per ciascun anno del triennio di € 40.000,00 della missione 20 ‹Fondi di riserva›, programma 3 ‹Altri fondi› - Titolo 1 ‹Spese correnti› dello stato di previsione delle spese del bilancio regionale 2019-2021.
3-quinquies. Alle spese di natura corrente derivanti dall’attuazione delle misure di sostegno previste alla lettera g) del comma 1 e alla lettera f) del comma 2 dell’articolo 148-quater si provvede, nei limiti delle disponibilità delle risorse stanziate rispettivamente alla missione 16 ‹Agricoltura, politiche agroalimentari e pesca›, programma 01 ‹Sviluppo del settore agricolo e agroalimentare› - Titolo 1 ‹Spese correnti› e alla missione 07 ‹Turismo›, programma 01 ‹Sviluppo e valorizzazione del turismo› - Titolo 1 ‹Spese correnti› dello stato di previsione delle spese del bilancio regionale 2019- 2021.
3-sexies. Alle spese per investimenti derivanti dall’attuazione delle lettere a) e b) del comma 2 dell’articolo 148-quater, quantificate per l’anno 2021 in complessivi € 2.500.000,00, si provvede con le risorse già stanziate alla missione 14 ‹Sviluppo economico e competitività› - Titolo 2 ‹Spese in conto capitale› rispettivamente per € 1.000.000,00 al programma 1 ‹Industria e PMI e artigianato› e per € 1.000.000,00 al programma 2 ‹Commercio, reti distributive e tutela dei consumatori›; la missione 14 ‹Sviluppo economico e competitività› – Titolo 2 ‹Spese in conto capitale›è inoltre incrementata rispettivamente per € 250.000,00 al programma 1 ‹Industria e PMI e artigianato› e per € 250.000,00 al programma 2 ‹Commercio, reti distributive e tutela dei consumatori› tramite corrispondente riduzione per l’anno 2021 di € 500.000,00 della missione 20 ‹Fondi di riserva›, programma 3 ‹Altri fondi› - Titolo 2 ‹Spese in conto capitale› dello stato di previsione delle spese del bilancio regionale 2019-2021.
3-septies. Per gli esercizi successivi al 2021, all’autorizzazione delle spese della presente legge si provvede con legge di approvazione di bilancio dei singoli esercizi finanziari.