Presidenza
del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche comunitarie
CIRCOLARE 6 giugno 2002, n. 8756
Normativa applicabile agli appalti pubblici
"sottosoglia"
(G.U. n. 178 del 31 luglio 2002)
IL MINISTRO PER LE POLITICHE COMUNITARIE
1. Il frequente ricorso ad appalti pubblici, con particolare riguardo al settore dei servizi di cui alla direttiva 92/50/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, aventi un importo inferiore alla soglia di applicazione prevista dalla legislazione comunitaria, rende opportuno fornire elementi interpretativi che chiariscano la normativa europea applicabile in subiecta materia, alla luce della più recente giurisprudenza comunitaria (cfr. ordinanza 3 dicembre 2001, in C-59/00, e sentenza 7 dicembre 2000, causa C-324, Teleaustria c. Post & Telekom Austria), la quale ha ribadito che anche quando taluni contratti siano esclusi dalla sfera di applicazione delle direttive comunitarie nel settore degli appalti pubblici, ciò non significa che detti appalti di modesto rilievo economico siano esclusi dall'ambito di applicazione del diritto comunitario, pacifico essendo che le amministrazioni aggiudicatrici che li stipulano sono comunque tenute a rispettare i principi fondamentali del Trattato.
2. Con la presente circolare si intende allora mettere a fuoco i principi e
le regole di condotta applicabili all'aggiudicazione di tali appalti,
evidenziando le norme di diritto primario contenute nel Trattato CE, che, come
tali, si applicano a tutti gli appalti pubblici, ivi compresi quelli che
sfuggono all'applicazione di specifiche direttive.
Si ricorda, in proposito, che una recente comunicazione interpretativa della
Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario (pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. C 121 del 29 aprile 2000) ha sottolineato che, benché il Trattato
non contenga alcuna esplicita menzione degli appalti pubblici, né delle
concessioni, molte delle sue disposizioni sono rilevanti in materia.
Si tratta delle norme del Trattato che presidiano e garantiscono il buon
funzionamento del mercato unico, ossia: le norme che vietano qualsiasi
discriminazione fondata sulla nazionalità (art. 12, paragrafo 1, ex art. 6,
paragrafo 1); le norme relative alla libera circolazione delle merci (articoli
28, ex 30, e seguenti), alla libertà di stabilimento (articoli 43, ex 52, e
seguenti), alla libera prestazione di servizi (articoli 49, ex 59, e seguenti) nonché
le eccezioni a tali norme previste agli articoli 30, 45 e 46 (ex articoli 36, 55
e 56); le disposizioni dell'art. 86 (ex 90) del Trattato.
3. La Corte di giustizia ha in particolare statuito che "sebbene le
direttive comunitarie che coordinano le procedure di aggiudicazione degli
appalti pubblici si applichino soltanto ai contratti il cui valore supera un
determinato limite previsto espressamente in ciascuna delle dette direttive, il
solo fatto che il legislatore comunitario abbia considerato che le procedure
particolari e rigorose previste in tali direttive non sono adeguate allorché si
tratta di appalti pubblici di scarso valore, non significa che questi ultimi
siano esclusi dall'ambito di applicazione del diritto comunitario" (v.,
in tal senso, ordinanza 3 dicembre 2001, in C-59/00, punto 19).
Già in precedenza il giudice comunitario aveva sottolineato la necessità del
rispetto del principio di trasparenza anche per gli appalti non rientranti
espressamente nella sfera di applicazione di una direttiva, ricordando che
"nonostante il fatto che siffatti contratti, allo stadio attuale del
diritto comunitario, siano esclusi dalla sfera di applicazione della direttiva
93/38, gli enti aggiudicatori che li stipulano sono ciò nondimeno tenuti a
rispettare i principi fondamentali del Trattato in generale, e il principio di
non discriminazione in base alla nazionalità in particolare" (sentenza 7
dicembre 2000, in C-324/98, Teleaustria c. Post & Telekom Austria, punto
60).
Prendendo le mosse da siffatte considerazioni la Corte di giustizia ha rimarcato
che anche per un appalto pubblico di lavori non eccedente il valore limite
previsto dalla direttiva 93/37, "l'art. 30 del Trattato osta a che
un'amministrazione aggiudicatrice inserisca nel capitolato d'oneri relativo al
detto appalto una clausola che prescrive per l'esecuzione di tale appalto
l'impiego di un prodotto di una determinata marca senza aggiungere la menzione o
«equivalente»" (Corte giust. ord. 3 dicembre 2001 cit, ove si mette
in rilievo come la riserva del mercato ai soli offerenti che intendano
utilizzare materiali prodotti in un certo Stato, nella specie l'Irlanda, può
ostacolare le correnti d'importazione nel commercio intracomunitario, in
contrasto con l'art. 30 del Trattato; v., in tal senso, sentenza Corte giust. 24
gennaio 1995, causa C-359/93, Commissione/93).
4. Anche il Consiglio di Stato, riconoscendo la giurisdizione del giudice
amministrativo in un appalto di servizi di importo inferiore a quello previsto
dalla disciplina comunitaria, ai sensi dell'art.
33, lettera d), nel testo attuale del decreto legislativo n. 80 del 1998 e
dell'art. 6, comma 1, della legge n.
205 del 2000, ha richiamato e condiviso gli orientamenti della Corte di
giustizia, puntualizzando che norme comunitarie vincolanti ben possono imporsi
oltre il ristretto ambito applicativo delle direttive sugli appalti e che i
sistemi di scelta del contraente ispirati alla par condicio presentano sempre i
medesimi requisiti strutturali e richiedono, sul fronte del contenzioso, le
medesime tecniche di indagine e giudizio (cfr. decisione del Consiglio di Stato,
sezione IV, 15 febbraio 2002, n. 934, Consiglio nazionale dei chimici c. Azienda
elettrica città di Bolzano).
In un'altra precedente decisione i giudici di Palazzo Spada avevano già esteso
la giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie pertinenti a gare
ad evidenza pubblica di importo inferiore alla soglia comunitaria espletate da
una società avente i caratteri sostanziali dell'organismo di diritto pubblico (cfr.
decisione del Consiglio di Stato, sezione VI, 2 marzo 2001, n. 1206, relativa a
Poste Italiane S.p.a.). Nelle citate decisioni, i giudici amministrativi hanno
richiamato la posizione della Commissione UE, secondo la quale, anche nei casi
in cui non trova applicazione la direttiva sugli appalti di servizi (in
particolare, nel caso delle concessioni di pubblici servizi) la scelta del
contraente incontra i limiti indicati dalle norme del Trattato in materia di
libera prestazione di servizi e dai principi generali del diritto comunitario,
tra cui la non discriminazione, la parità di trattamento, la trasparenza.
Si impone così una scelta ispirata a criteri obiettivi e trasparenti, tali da
assicurare in ogni caso la concorrenza tra i soggetti interessati (v. i progetti
di comunicazione interpretativa della Commissione del 24 febbraio 1999 e del 12
aprile 2000; v. anche, per l'affermazione dei medesimi principi e per la
rilevanza generale degli obblighi di trasparenza nella scelta dei contraenti,
specie quando si tratta di servizi pubblici, Corte di giustizia CE, 7 dicembre
2000, C-324/98). La giurisprudenza amministrativa, pur citando principi espressi
dalla Corte di giustizia con riferimento alle concessioni di servizi pubblici,
che è figura diversa dall'appalto di servizi, ha riconosciuto agli stessi
"una portata generale che può adattarsi ad ogni fattispecie che sia
estranea all'immediato ambito applicativo delle direttive sugli appalti. Del
resto, è utile ricordare che la tradizione dell'ordinamento interno è sempre
stata quella di favorire la libera scelta del concessionario, introducendo ampie
deroghe al regime dell'evidenza pubblica, e di considerare con maggior rigore,
all'opposto, proprio la scelta del contraente appaltatore" (dec. n.
934/2002 cit.).
5. Per delimitare correttamente l'ambito di applicazione della presente
circolare che intende fornire il quadro normativo applicabile agli appalti di
servizi sottosoglia, e più in generale ai contratti di appalto ed alle
fattispecie pattizie della pubblica amministrazione non interessate da normative
comunitarie di dettaglio, è utile richiamare altre due circolari di questo
Dipartimento (cfr. circolare n. 12727 del 19
ottobre 2001 in tema di "Affidamento a società
miste della gestione di servizi pubblici locali", pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 264 del 13 novembre 2001 e circolare n. 3944 del 1 marzo
2002 in tema di "Procedure di affidamento delle concessioni di servizi e di
lavori" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 2002) con
le quali, con riferimento al regime di gestione dei servizi pubblici locali
anteriore alle modifiche apportate all'art. 113 del decreto legislativo del 18
agosto 2000, n. 267, dall'art. 35 della legge finanziaria per il 2002 (legge 28
dicembre 2001, n. 448), si è precisata la normativa applicabile in tema di
affidamento della gestione di servizi pubblici locali a società miste
(pubblico-privato).
Si è in particolare chiarito che "la normativa europea
in tema di appalti pubblici, in particolare di servizi, non trova applicazione
(e pertanto l'affidamento diretto della gestione del servizio è consentito
anche senza ricorrere alle procedure di evidenza pubblica prescritte dalle norme
comunitarie) solo quando manchi un vero e proprio rapporto giuridico tra l'ente
pubblico e il soggetto gestore, come nel caso, secondo la terminologia della
Corte di giustizia, di delegazione interorganica o di servizio affidato, in via
eccezionale, «in house» (cfr. Corte di giustizia, sentenza del 18 novembre
1999, causa C-107/98, Teckal). In altri termini, quando un contratto sia stipulato tra un ente locale ed una
persona giuridica distinta, l'applicazione delle direttive comunitarie può
essere esclusa nel caso in cui l'ente locale eserciti sulla persona di cui
trattasi un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e questa
persona (giuridica) realizzi la parte più importante della propria attività
con l'ente o con gli enti locali che la controllano. Segnatamente, ad avviso
delle istituzioni comunitarie per controllo analogo s'intende un rapporto
equivalente, ai fini degli effetti pratici, ad una relazione di subordinazione
gerarchica; tale situazione si verifica quando sussiste un controllo gestionale
e finanziario stringente dell'ente pubblico sull'ente societario. In detta
evenienza, pertanto, l'affidamento diretto della gestione del servizio è
consentito senza ricorrere alle procedure di evidenza pubblica prescritte dalle
disposizioni comunitarie innanzi citate".
6. Dall'esame delle coordinate fin qui esposte si ricava il corollario alla
stregua del quale anche per gli appalti pubblici sottosoglia, e più in generale
per i contratti stipulati da pubblici soggetti in settori non regolamentati sul
versante europeo, il diritto comunitario considera il ricorso alla scelta
diretta, in deroga ai principi di trasparenza e di concorrenza, quale evenienza
eccezionale, giustificabile solo in presenza di specifiche ragioni tecniche ed
economiche, necessitanti di adeguata motivazione, che rendano impossibile in
termini di razionalità l'individuazione di un soggetto diverso da quello
prescelto, ovvero che evidenzino la non rilevanza di un'operazione sul piano
della concorrenza nel mercato unico europeo.
Alla stregua dei principi
comunitari fin qui tratteggiati, si ricava, infatti, come le pubbliche
amministrazioni, che intendono stipulare contratti non regolamentati sul piano
europeo, pur non essendo vincolate da regole analitiche in punto di pubblicità
e di procedura, siano comunque tenute ad osservare criteri di condotta che, in
proporzione alla rilevanza economica della fattispecie ed alla sua pregnanza
sotto il profilo della concorrenza nel mercato comune, consentano senza
discriminazioni su base di nazionalità e di residenza, a tutte le imprese
interessate di venire per tempo a conoscenza dell'intenzione amministrativa di
stipulare il contratto e di giocare le proprie chances competitive
attraverso la formulazione di un'offerta appropriata.
Siffatti canoni devono in
definitiva guidare l'amministrazione nel valutare e nel dosare il tipo di
procedura congruo in relazione alle peculiarità del caso concreto, anche
accedendo ad una interpretazione del quadro normativo interno che tenga conto
della primauté del diritto europeo ora cristallizzata dal nuovo testo
dell'art. 117, primo comma, della
Costituzione. Tali essendo i principi
ricavabili dall'ordinamento comunitario, questo Dipartimento invita le
amministrazioni interessate a conformarsi alle ricordate prescrizioni in sede di
stipulazione di contratti sottosoglia e gestione delle relative procedure
selettive.
Si segnala conclusivamente che le inosservanze delle regole comunitarie sopra descritte potrebbero rendere lo Stato italiano destinatario di procedure di infrazione da parte dell'Unione europea ed imporre l'attivazione di consequenziali provvedimenti.
Roma, 6 giugno 2002
Il Ministro: Buttiglione